La Repubblica (ed. di Palermo), 1.5.2021
Un autore in cerca di personaggio: Cacopardo dialoga con il suo Agrò Il nuovo romanzo dello scrittore siciliano: l'ex magistrato prende le distanze da Montalbano
Nel nuovo romanzo lo scrittore siciliano interagisce con il protagonista, l'ex procuratore della Repubblica diventato avvocato
L'indagine su un omicidio incrocia un satanista, evocando la storia di Aleister Crowley attraverso un'ambigua comunità "Thelema"
«Io sono un magistrato e ho vinto un concorso serio e difficile che m'è costato mesi di studio e di sacrifici. Niente a che vedere con un poliziotto»: ci tiene Italo Agrò a marcare le differenze, a prendere le distanze dal drappello esagitato di commissari e ispettori che esondano dalle pagine dei romanzi per colonizzare serie e sceneggiati tv.
L'ex procuratore della Repubblica, partorito dall'immaginario di Domenico Cacopardo, ritorna sulle scene insanguinate del crimine dopo due anni dall'ultima avventura investigativa: adesso, però, è titolare di uno studio legale importante di Roma. Del resto, si avvertiva nell'aria degli ultimi gialli un sentore sempre più invasivo di disillusione.
Si intitola "Io, Agrò e il generale" (Marsilio, 480 pagine, 19 euro) il nuovo romanzo dello scrittore siciliano, già consigliere di stato e magistrato, da sempre soggiogato dal fascino poetico di Salvatore Quasimodo (pallino, questo, trasmesso al suo personaggio, assieme alla passione per la buona cucina, al debole per un'eleganza mai banale, alla prestanza di un fisico che sfugge alle reti dell'anagrafe) e visceralmente appassionato di Storia isolana. E quel pronome personale che dal titolo si affaccia, prepotente e intimidatorio, dà subito la misura metaletteraria di questo giallo fresco di stampa. Perché è proprio l'autore, anzi, il «narratore onnisciente» come si autodefinisce quasi subito con orgoglio demiurgico, a far ingresso nella storia sin dalla prima pagina, ingaggiando un vorticoso e divertente faccia a faccia con il suo personaggio. Il quale non gradisce affatto di essere imparentato a funzionari o ispettori troppo à la page, presenzialisti incalliti. «Ma che vai a pensare! Figurati se avevo in mente il commissario», precisa l'autore, aggiungendo immediatamente dopo: «e non ne pronunciai il nome per non accrescere ulteriormente la tensione nella quale si svolgeva il discorso». Il convitato di pietra non può che essere Salvo Montalbano, l'eroe di Vigàta e l'asso pigliatutto dello share televisivo. Non a caso, se è vero che Domenico Cacopardo non ha mai nascosto una certa idiosincrasia nei confronti della saga del commissario più famoso d'Italia, intrattenendo con Camilleri ripetute schermaglie. Anche se in questo ultimo romanzo lo scrittore originario di Letojanni pare aver preso coraggio da "Riccardino" ( dove Montalbano chiama ripetutamente in causa Andrea Camilleri): ma alle spalle dello scrittore empedoclino ci stanno Pirandello e le visite-incursioni organizzate dai suoi personaggi. Per scoraggiarle, come si legge in una delle novelle del premio Nobel agrigentino, l'autore aveva affisso alla porta del suo studio un cartellino di tal fatta: "Sospese da oggi le udienze a tutti i personaggi, uomini e donne, d'ogni ceto, d'ogni età, d'ogni professione, che hanno fatto domanda e presentato titoli per essere ammessi in qualche romanzo o novella».
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Salvatore Ferlita
Martedì 4 maggio alle 21.25, Rai1 riproporrà l’episodio de “Il Commissario Montalbano” dal titolo L’altro capo del filo, tratto dall'omonimo romanzo di Andrea Camilleri. Luca Zingaretti nei panni del commissario più amato d'Italia si ritroverà a dover risolvere un nuovo e strano enigma.
Gli sbarchi di migranti si susseguono quasi ogni notte, e Montalbano deve affrontare questa emergenza con i suoi pochi uomini, che lavorano senza sosta. E lo fa senza perdere mai la sua umanità e il suo senso di giustizia. In mezzo a tutto ciò, un terribile delitto si abbatte su Vigata: Elena Biasini viene barbaramente massacrata nella sua sartoria. L’omicidio sembra inspiegabile. Ma Montalbano saprà afferrare il filo della vita di questa donna misteriosa e straordinaria e scoprirà la lacerante verità che sta dietro la sua morte.
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Sul polverone che Antonia (il personaggio che Greta interpreta ne Il metodo Catalanotti) ha sollevato dopo l’ultima puntata di Montalbano ci dice: «Non mi aspettavo questo caos. Luca Zingaretti però me lo diceva: “La gente ti amerà o ti odierà”.
Alla fine però questa “sommossa” da parte dei fan mi fa un po’ ridere perché il racconto non l’ho scritto, c’è sempre lo zampino di Camilleri, io ho semplicemente interpretato un personaggio». E sul futuro del commissario in tv pronostica. «Mi piacerebbe che proseguissero le sue avventure con la trasposizione degli ultimi due romanzi. Non so se succederà – commenta l’attrice – spero di sì, anche per il pubblico che lo ama così tanto».
M.B.
Usta İtalyan yazar
Andrea Camilleri’nin Komiser Salvo Montalbano romanlarından uyarlanan İtalyan
yapımı televizyon filmleri Nisan ayında Netflix kataloğuna eklendi.
Güney İtalya’nın
Sicilya eyaletinde bağlı kurgusal Vigàta kasabasındaki polis karakolundan
sorumlu Komiser Salvo Montalbano, keskin zekası, derin içgüdüleri, çalışkanlığı,
tecrübesi ve ekibinin yardımıyla kasabada işlenen suçların peşinden koşuyor.
Yapımcılığını İtalyan
RAI televizyonunun üstlendiği üstlendiği filmlerde, Komiser Montalbano’yu
İtalyan oyuncu Luca Zingaretti canlandırıyor. “Il commissario Montalbano” üst başlığıyla
aslında bir televizyon dizisi olarak yayın hayatına başlayan yapım, her biri bir
TV filmi niteliğinde 37 ayrı bölümden oluşuyor.
1999’dan bu yana 15
sezon boyunca ekranlara gelen “Il commissario Montalbano”nun bölüm hikayeleri,
romanlara epey sadık kalınarak hazırlanmış. Yönetmenliğini Alberto Sironi’nin
yaptığı filmler, İtalya’nın en uzun soluklu ve en sevilen yapımlarından biri.
Komiser Montalbano filmleri, Nisan
ayı içerisinde Netflix kataloğuna eklendi. İzleyicilerle yine Netflix’te 12
Mayıs’ta buluşacak filmler de var.
Serinin tüm filmleri henüz platformun
kataloğunda mevcut değil ancak şu anda Netflix’te izleyebileceğiniz ve
önümüzdeki dönemlerde platforma ekleneceği kesinleşen filmleri kronolojik olarak
okurlarımız için listeledik.
Montalbano romanlarının yazarı Andrea Camilleri üzerine “Andrea Camilleri: Kural
Tanımayan Usta” isimli bir belgeselin de yayınlandığını belirtelim.
[...]
Il Commissario Montalbano Film su Netflix
I film per la televisione di produzione italiana basati sui romanzi del commissario Salvo Montalbano del veterano scrittore italiano Andrea Camilleri sono stati aggiunti al catalogo Netflix ad aprile.
Responsabile della stazione di polizia nella città immaginaria di Vigàta, nella provincia meridionale italiana della Sicilia, il commissario Salvo Montalbano persegue i crimini commessi nella città con l'aiuto della sua mente acuta, istinto profondo, duro lavoro, esperienza e squadra.
L'attore italiano Luca Zingaretti interpreta il commissario Montalbano nei film prodotti dalla televisione italiana RAI. La produzione, che di fatto è andata in onda come serie televisiva dal titolo "Il commissario Montalbano", è composta da 37 episodi separati, ognuno dei quali è un film TV.
Le storie a puntate de "Il commissario Montalbano", che dal 1999 è sullo schermo da 15 stagioni, sono preparate con la massima fedeltà ai romanzi. I film diretti da Alberto Sironi sono una delle produzioni più longeve e amate in Italia.
I film del Commissario Montalbano sono stati aggiunti al catalogo Netflix ad aprile. Ci sono anche film che incontreranno il pubblico su Netflix il 12 maggio.
Tutti i film della serie non sono ancora disponibili nel catalogo della piattaforma, ma abbiamo elencato i film che puoi guardare su Netflix in questo momento e che verranno aggiunti alla piattaforma nei prossimi periodi in ordine cronologico per i nostri lettori.
Da segnalare che è stato anche pubblicato un documentario su Andrea Camilleri, l'autore dei romanzi di Montalbano, intitolato “Andrea Camilleri: Il maestro senza regole”.
[Traduzione con Google Translator, NdCFC]
La madre del camilleriano commissario Montalbano era morta quando lui era piccolo:
“di lei non s’arricordava nenti, tranne ‘na speci di luci biunna ‘n movimento, come le spiche di frumento quanno supra ci batte il soli, e delle spiche di frumento quanno supra ci batte il soli, e delle spiche di frumento cataminate dal vento faciva lo stisso fruscio liggero liggero” (“Riccardino”, p. 72).
Ne “La rete di proiezione”, proiettando un vecchio filmino 8 mm. che gli è stato prestato per risolvere un antico enigma, Montalbano ha un flashback fulminante che gli ricorda sua madre:
“Da ‘u sapi Dio quali profunnità del so ciriveddro gli era tornata ‘n menti ‘na scena di quanno era picciliddro, con so patre che proiettava un filmino superotto indove compariva di spalli, e sulo per un momento, la figura di so matre. L’unica immagini che lui possidiva di lei e che ogni vota gli si apprisintava accussì, stampata nella so testa: di spalli, coi lunghi capelli biunni che si cataminavano a leggio come il frumento sutta il vento” (p. 27).
Il piccolo Salvo non si dava pace, sentiva tutta l’ingiustizia di questa perdita incolmabile:
“Pirchì era toccato proprio a lui di pirdiri la madre? Non si nni capacitava. La zia gli aviva ditto che ‘u Signuruzzu aveva addiciduto accussì, senza motivo, pirchì chista era la so volontà. E lui aviva stabilito di non prigarlo cchiù a chisto Signoruzzu. Che lo prigava a fari se doppo quello faciva come gli passava per la testa?” (“Riccardino”, p. 73).
Nel romanzo “Il ladro di merendine”, in un passo struggente, il commissario si confida col piccolo François e gli fa capire quanto gli sia mancata sua madre: “Gli confidò cose che mai aveva detto a nessuno, manco a Livia. Il pianto sconsolato di certe notti, con la testa sotto il cuscino perché suo padre non lo sentisse; la disperazione mattutina quando sapeva che non c’era sua madre in cucina a preparargli la colazione o, qualche anno dopo, la merendina per la scuola. Ed è una mancanza che non viene mai più colmata, te la porti appresso fino in punto di morte…” (p. 155).
Nel recentissimo “Riccardino” Montalbano ricorda l’usanza siciliana di far trovare ai bambini, la mattina del 2 novembre, i regali portati nottetempo dai defunti. E ripensa a un episodio della sua infanzia, struggente nella sua malinconia, che viene raccontato in un brano splendido e struggente.
Poco dopo la morte della madre, il primo di novembre il padre di Salvo viene a trovarlo e lo sveglia, con grande gioia del bambino:
“Sò patre gli aviva ditto che era tornato ‘n paìsi, macari se non era duminica, pirchì il jorno appresso, che era il jorno dei morti, sarebbiro annati ‘nzemmula al camposanto ad attrovari ‘a mamà. E gli spiegò ‘na cosa che non capiva: i morti, nella notti tra l’uno e il dù di novembriro, dal celo scinnivano ‘n terra e portavano tanti regali ai picciliddri che erano stati boni e non avivano fatto crapicci. Bastava pigliare un canistro e mittirlo sutta al letto: mentre che tutti dormivano, arrivavano i morti e ‘nchivano il canistro di giocattoli e cosi duci. Ma ai morti piaceva macari sgherzare: doppo averi inchiuto il canistro, lo pigliavano e l’annavano ad ammucciare. Epperciò abbisognava, appena susuto, annarlo a circari”.
Il padre chiede a Salvo quale regalo desidera dalla mamma («Tu che vuoi che ti porti ‘a mamà?); infatti “per sò patre, quanto per lui, era logico che a portare i regali non poteva esseri che lei”.
Il piccolo risponde senza esitare: «Un triciclo»; quindi va a letto emozionato, perché spera di poter rivedere la sua mamma, di cui ha solo un vago e luminoso ricordo:
“Di subito gli vinni un pinsero: se arrinisciva a ristari vigliante , sicuramente avrebbi veduto a sò matre. Di lei non s’arricordava nenti, tranne ‘na speci di luci biunna ‘n movimento, come le spiche di frumento quanno supra ci batte il soli, e delle spiche di frumento cataminate dal vento faciva lo stesso fruscio liggero liggero. […] Finalmente avrebbi potuto vidiri ‘a mamà, s’appromittì di ristari vigliante”.
Però il bambino è preoccupato:
“se ‘a mamà s’addunava che lui non era ancora addrummisciuto, capace che si nni tornava novamenti ‘n celo senza farisi vidiri da lui. Abbisognava perciò fari finta di dormire, come ai gatti che pari che tenno l’occhi chiusi e invece contano le stiddre”.
Il piccolo Salvo tenta stoicamente di resistere, di restare sveglio; ma senza fortuna:
“Arrisistì tanticchia con l’occhi a pampineddra e di colpo, senza addunarisinni, calumò nel sonno”.
L’indomani mattina, al suo risveglio, Salvo trova un grande canestro che contiene “un triciclo russo fiammanti, tutto circunnato da cosi duci”. E al cimitero va con il triciclo, incontrando tanti altri bambini che giocano come lui con i regali “dei morti”. Ma mentre gli altri bambini si chiamano fra loro, ridono felici e trasformano un giorno triste in un giorno di festa, Salvo pedala per i vialetti del camposanto:
“pedalava e arripitiva: «Grazie, mamà, grazie, mamà…». E gli viniva di chiangiri e di ridiri”.
Colpisce, in questo bellissimo episodio, la delicatezza nella descrizione della psicologia del bambino, che ha subìto una terribile disgrazia e si rivela sensibile e bisognoso d’affetto; al tempo stesso, emerge da qui la remota spiegazione di tante caratteristiche del futuro commissario: la solitudine connaturata nella sua esistenza, l’abitudine alla riflessione, l’estrema sensibilità, la determinazione ma anche la fragilità.
Il piccolo Salvo, rimasto orfano di madre, era stato allevato dal padre; ne “Il ladro di merendine” il commissario analizza, seduto sullo scoglio “a ripa di mare” a lui tanto caro, il rapporto con il genitore:
“era stato, questo Montalbano non poteva negarlo, un genitore sollecito e affettuoso. Aveva fatto di tutto perché la perdita della madre gli pesasse il meno possibile. Le fortunatamente poche volte in cui, da adolescente, era caduto malato, suo padre non era andato in ufficio per non lasciarlo solo” (p. 204).
Ma quando il padre “si era portato in casa la nuova moglie”, di nome Giulia, Salvo “ne era rimasto irragionevolmente offiso” (id.); conseguentemente, “tra i due si era alzato un muro; di vetro, certo, ma sempre muro” (id.); avevano quindi finito per diradare i loro incontri, limitati a una-due volte l’anno. In queste occasioni il padre di Montalbano, rimasto nuovamente vedovo e proprietario di un’azienda vinicola, portava al figlio qualche cassetta di vino e si tratteneva mezza giornata col figlio, per poi ripartire.
Ne “Il ladro di merendine” Montalbano apprende la triste notizia della malattia di suo padre da una sgrammaticata lettera del socio di lui, tale Arcangelo Prestifilippo (pp. 201-202). Il commissario, sconvolto, lascia l’ufficio, si compra un cartoccio di “càlia e simenza” e inizia la sua abituale passeggiata sul molo, fino allo “scoglio grosso” vicino al faro. In questa occasione ripercorre mentalmente il rapporto con il padre:
“Forse c’era stata tra loro due una quasi totale mancanza di comunicazione, non riuscivano mai a trovare le parole giuste per esprimere vicendevolmente i loro sentimenti” (p. 204).
Nonostante il dolore, Montalbano decide di non andare a trovare il padre moribondo, perché “non era certo di poter sopportare l’orrore e lo spavento di veder morire suo padre” (id., p. 205).
Più in generale il commissario è profondamente turbato dalla vista degli agonizzanti:
“Un corpo morto non gli faciva ‘mpressione, era l’imminenza della morte che lo stravolgeva dal profondo, o meglio, da una profondità abissale” (“La pazienza del ragno”, p. 161).
E quando infine troverà il coraggio per andare a fare visita al padre, sarà ormai troppo tardi perché lo troverà morto da due ore (“Il ladro di merendine”, p. 245).
Mario Pintacuda
Montalbano lascia Livia con una telefonata e Gramellini lo iscrive nella “congrega dei maschi vili e indecisi a tutto” (parole sue, con il termine “vili” posto in grassetto).
Alcune considerazioni al riguardo forse sono però doverose. Innanzi tutto, chi si sorprende di un tal esito della storia, probabilmente è un po’ distratto. Mostra di non aver letto la saga del Commissario più famoso d’Italia. Se lo avesse fatto, probabilmente si sarebbe accorto che quell’epilogo non è per nulla sorprendente. È la naturale conclusione di una vicenda che dura fin da quando il personaggio di Livia fa la sua comparsa nelle pagine dei romanzi. Una storia vissuta sistematicamente “a distanza”; e non per necessità, ma per una libera scelta del carissimo Salvo, che per tutta la durata della serie non fa altro, nel rapporto con l’amata, che “collocarla” in uno spazio “altro”, diverso da quello del suo quotidiano, incapace fin dalle prime battute, di trasformare Livia in una presenza che scomoda e magari sconvolge. Livia non è stata lasciata nell’episodio finale de “Il metodo Catalanotti”. No; è stata lasciata molto prima e molte volte. È stata lasciata ogni capodanno, quando Montalbano preferiva gli arancini di Adelina alla possibilità di raggiungerla a Boccadasse per festeggiare con lei l’arrivo del nuovo anno; quando, sotto la spinta della donna amata, aveva maturato insieme a lei la decisione di adottare un bambino, e non è stato capace di fare il passo decisivo per concretizzare questo progetto sognato insieme. È stata lasciata quando, venuta in Sicilia per trovarlo, egli, invece di trovare momenti liberi da passare insieme, pensava bene di affidarla alle cure del sempre presente e disponibile Mimì Augello, forse “fimminaro”, ma sicuramente non peggiore di lui e comunque più capace di lui di mediare tra le spinte di un Peter Pan impenitente e gli impegni derivanti dalla condizione di uomo adulto e responsabile.
È inutile, allora sorprendersi. La fine della storia è la naturale conseguenza delle premesse che l’hanno animata.
Ma detto questo, ancora rimane qualcosa da dire. Sì, certo. Montalbano l’inaffidabile, il maschio vile e indeciso a tutto. Eppure, questo soggetto un po’ ci assomiglia. Ma non soltanto perché è simile alla “congrega dei maschi vili e meschini” che popolano le vie di questo mondo. No. Montalbano ci assomiglia, forse, per altre ragioni.
Sigmund Freud affermava che l’uomo maturo è colui che sa lavorare e che sa amare. Bene, Montalbano è l’epigono di una schiera di personaggi letterari (soltanto?) che raggiungono risultati brillantissimi sul piano professionale, ma che sono uno sfacelo sul piano delle relazioni interpersonali e affettive. Forse egli incarna più di altri questo modello. Ma non si può dire che non sia in buona compagnia. In fondo, a questo modello appaiono riconducibili anche altre figure che hanno popolato e popolano la letteratura contemporanea e che spesso la fiction ci mette sotto gli occhi. Un esempio? Imma Tataranni, Mina Settembre, Lolita Lobosco, Petra. Tutte presenze che hanno allietato le nostre serate covidiane e che hanno messo in scena una umanità intrisa di fragilità relazionali nonostante i successi professionali. E il fatto che molte di queste figure (se ne possono citare altre) siano anche donne, fa capire come l’indecisione di Montalbano, per quanto possa essere un problema legato a una inclinazione di genere, in realtà tradisce ferite e vulnerabilità molto più profonde, che appartengono all’uomo. E per questo appartengono a tutti, senza distinzione di sesso, genere, ceto o qualsiasi altra distinzione si voglia chiamare in causa.
Sono personaggi che ci restituiscono l’immagine di un’umanità dimezzata. Che sa sicuramente lavorare, ma che altrettanto sicuramente non sa amare. Almeno, se per “amare” intendiamo la capacità di costruire relazioni con l’altro intrise di intimità e senso di appartenenza. E allora Montalbano è sicuramente l’ultimo dei maschi vili e insicuri. Ma ci sono ragioni per credere che sia molto di più di questo; che sia l’idealtipo non soltanto della congrega maschile, ma della congrega umana, alla costante ricerca di se stessa in un mondo dove diventa sempre più difficile riconoscersi e ritrovarsi.
Marco Piccinno
Livia e Salvo Montalbano sono sulla terrazza della casa del commissario a Vigàta, intravedono un corpo in mare. Il commissario si tuffa, nuota, lo raggiunge. Ma non c'è niente da fare: il migrante è annegato. Non resta che coprire il corpo con un asciugamani. È uno dei momenti più toccanti dell'episodio del Commissario Montalbano L'altro capo del filo, che andrà in replica martedì 4 maggio su Rai 1.
"Quella scena è stata molto forte e toccante - aveva raccontato Sonia Bergamasco, che nella serie è l'eterna fidanzata di Montalbano - mi ha richiamato al presente della Sicilia e a tutto quello che questa terra sta vivendo da anni. Al di là delle polemiche politiche, non dobbiamo dimenticare che il nostro Paese ha una grande capacità di accogliere e una grande generosità".
Tutta la puntata è costellata di momenti commoventi, in cui si capisce bene come la pensa Montalbano. "Pare che durante la traversata un ragazzo si è dato per mare, magari è sbarcato, potrebbe essere uno dell'Isis, non credi?" gli dice un collega. "Ancora con questa storia che quelli dell'Isis vengono con i barconi" replica il commissario.
L'altro capo del filo racconta i migranti e l'integrazione attraverso il personaggio del dottor Osman (Ahmed Hafiene) che aiuta la polizia e la giovane Meriam (Eurydice El-Etr) che lavora nella sartoria di Elena (Elena Radonicich), protagonista del giallo che si intreccia con il tema degli sbarchi.
Anche Catarella (Angelo Russo), deve confrontarsi con il dramma dei migranti e scoppia in un pianto disperato quando soccorre una donna incinta di nove mesi sbarcata da una nave. Un'esperienza che lo segna così profondamente da chiedere di essere esonerato dal servizio al porto.
Come se il commissario Montalbano non fosse abbastanza impegnato con gli sbarchi di immigrati sulle coste siciliane, ad assorbire le sue energie ci si mette un orribile delitto: la vittima è Elena, una sarta conosciuta e stimata da tutti, uccisa nel suo laboratorio. Si intrecciano, come fili da imbastire, relazioni segrete e amanti non corrisposti.
A secret instalment of Andrea Camilleri’s Inspector Montalbano series, delivered by the author to publishers on the promise it would be released only after his death, will be published by Mantle in October.
Riccardino, the 28th book in the bestselling series, was drafted by Camilleri in 2005. After final changes were made in 2016, he handed it over on the understanding that it would be stored in a locked safe until after he passed away. Camilleri died in Rome on 18th July 2019 at the age of 93.
Maria Reit, publisher at Mantle, explained: “Riccardino was not the final Inspector Montalbano novel Andrea Camilleri wrote, though it is one of the finest. It was the author’s wish that it be published posthumously, perhaps because Montalbano’s last case holds more than the usual surprises for this incomparable detective. As such Riccardino is a wonderful conclusion to a magnificent and life-affirming series.”
Further details on exactly why the author wanted the novel kept under wraps during his lifetime have yet been revealed.
The series, known for its colourful Sicilian scenery and characters alongside the witty detective’s strong sense of social justice, has sold more than 65 million copies worldwide. It has been translated into 32 languages and adapted into an Italian television series starring Luca Zingaretti, screened on BBC4. Through Nielsen BookScan, the series has sold 711,522 print copies in the UK for £5.3m.
The new book, released on 14th October, will be supported by a year-round marketing and PR campaign to build excitement with Camilleri's fans and the wider crime community, including an exclusive run of limited edition proofs, creative partnerships and “fan-focused social activations”.
Mark Chandler
Wuz, 6.5.2021
Il Il cuoco dell'Alcyon di Camilleri Andrea
Al commissariato di Vigàta sta succedendo qualcosa: Montalbano allontanato e costretto alle ferie, la sua squadra smantellata, in breve: qualcuno sta tentando di farlo fuori.
Proprio in quei giorni arriva al porto l’Alcyon, una goletta un po’ misteriosa, nessun passeggero e pochi uomini di equipaggio. Un giallo d’azione, quasi una spy story dove si intrecciano agenti segreti, FBI e malavita locale. Situazioni più cruente che Montalbano saprà affrontare con sangue freddo e perspicacia; Adelina, Ingrid e Livia faranno la loro parte e il commissario, quasi irriconoscibile, finirà per stupire i suoi lettori.
Tv Fanpage, 6.5.2021
Il commissario Montalbano battuto dal Manchester City agli ascolti tv Sconfitta di misura per “Il commissario Montalbano”, il Manchester City di Pep Guardiola batte anche la fiction tratta dai romanzi di Andrea Camilleri ma è davvero un testa a testa: 4.231.000 (16.3%) contro 4.127.000 (17.8%). La gara dei talk show è vinta da Giovanni Floris e dal suo “diMartedì” su La7.
Il Commissario Montalbano solitamente non conosce la sconfitta. Deve invece chinare il capo alla semifinale di Champions League tra Manchester City e Paris St Germain, vinta dagli inglesi allenati da Pep Guardiola con due reti a zero. Sconfitta onorevole, però, perché la partita in onda su Canale 5 per spettatori netti fa 4.231.000 e uno share del 16.3%; la replica dell'episodio "L'altro capo del filo", romanzo pubblicato da Sellerio nel 2016 e prima volta in tv nel 2019, invece appassiona 4.127.000 spettatori netti per il 17.8% di share.
[..]
Gennaro Marco Duello
Luca Zingaretti, la dedica per un giorno importante per Il commissario Montalbano
Luca Zingaretti nelle scorse ore attraverso i suoi profili social ha voluto annunciare che oggi è un giorno importante e memorabile per Il commissario Montalbano, fiction di enorme successo di Rai1 di cui attualmente continuano ad andare in onda le repliche ogni martedì in prima serata. Il protagonista, il commissario Salvo Montalbano è nato dalla penna di Andrea Camilleri ed interpretato da tantissime stagioni proprio da Luca Zingaretti. E l’attore romano, nel dettaglio, poche ore fa con delle Instagram stories ha ricordato come oggi sia il ‘compleanno’ di Montalbano.
Il commissario Montalbano compie 22 anni, gli auguri di Luca Zingaretti: “Buon compleanno Salvo”
Per la precisione la prima puntata de Il commissario Montalbano è stata trasmessa il 6 maggio del 1999 ed il titolo dell’episodio era Il ladro di merendine, episodio in cui Montalbano era alle prese con un omicidio e con un ragazzino dal nome François che lui e Livia in seguito proveranno ad adottare. Da allora sono andati in onda 37 episodi suddivisi per 15 stagioni. L’ultimo, ad anche il più controverso per la fine della storia d’amore tra il commissario e la storica fidanzata Livia, s’intitolava Il metodo Catalanotti ed ha visto nel cast anche l’attrice Greta Scarano. Luca Zingaretti, nel festeggiare il suo personaggio, ha postato la foto visibile alla fine del paragrafo con questa semplice dedica
Dall’8 maggio, ogni sabato alle 21.20, Rai4 (canale 21 del digitale terrestre) dedicherà tre prime serate al ciclo di film tv “C’era una volta Vigata”, ispirato ai romanzi di ambientazione storica firmati da Andrea Camilleri. Si parte con “La mossa del cavallo”, diretto da Gianluca Maria Tavarelli, si proseguirà il 15 maggio con “La stagione della caccia” e, il 22 maggio, con “La concessione del telefono”, entrambi per la regia di Roan Johnson. Ispirato ad un fatto realmente accaduto nella provincia di Enna nel 1887, “La mossa del cavallo - C’era una volta Vigata” è il primo film della trilogia di gialli tratti dalle opere di Andrea Camilleri collocati nell’immaginario comune siciliano di Vigata, che fa da scenario anche alle avventure del Commissario Montalbano. Michele Riondino è Giovanni Bovara, il nuovo ispettore capo ai mulini incaricato dal Ministero di far rispettare l’invisa tassa sul macinato. Siciliano di nascita ma ligure di adozione, Bovara scoprirà prima un ingegnoso sistema per evadere la tassa, poi si troverà invischiato in un complicato sistema di depistaggi e giochi di potere. Nel cast, oltre a Riondino, Ester Pantano, Cocò Gulotta, Antonio Pandolfo, Giovanni Carta.
Mi hanno insegnato che sul giornale non si scrivono parolacce, a meno che queste non siano una precisa citazione. E allora – è proprio il caso di dirlo – Minchia!, quest’anno sono trenta. Trent’anni di Coliandro, lo scapestrato ispettore nato dalla penna di Carlo Lucarelli e trasformato molti anni dopo in un prodotto televisivo da record grazie a due registi fuori di testa, coraggiosi e innovativi: Marco e Antonio Manetti. Era il 1991. Si ragionava ancora in lire, il Pci di Achille Ochetto esalava l’ultimo respiro e la Sampdoria vinceva, grazie ai gol di Vialli e Mancini, il primo e ultimo scudetto della propria storia. E intanto – all’interno di un’antologia di noir bolognesi – usciva nelle librerie un breve racconto intitolato Nikita, prima avventura dell’Ispettore – all’epoca soltanto sovrintendente – che, un passo alla volta, avrebbe ribaltato completamente il paradigma del poliziottesco anni settanta, dell’eroe in divisa senza macchia e senza paura. Sarebbe dovuto nascere e morire con quelle pagine, in coppia con una ragazzina punk di nome Nikita, ma certi personaggi – si sa – non si esauriscono mai. Hanno vita propria, indipendentemente dalla volontà di chi originariamente li ha tratteggiati. E allora eccoci qua, trentanni dopo, in compagnia del maestro del giallo a ripercorrerne un po’ le tappe.
Lucarelli, facciamo un lungo passo indietro. Come nasce il Sovrintendente Coliandro? “Mi serviva un personaggio un po’ negativo per raccontare la metà oscura di Bologna. Con alcuni scrittori fondammo il famoso Gruppo 13 e visto che Lorenzo Marzaduri si era messo in testa di scrivere le mie cose, ovvero racconti storici ambientati al tempo del Fascismo, mi sono detto: ok, allora io scrivo le sue. E così è nata l’idea di un noir metropolitano, un poliziesco di quelli americani, d’azione”.
Ambientato a Bologna però. “Quella città stava cambiando, dovevamo in qualche modo raccontarla. Collaboravo come cronista con un piccolo settimanale di Imola e si leggevano cose assurde: rapine, raid razzisti, omicidi a sangue freddo. Sembrava di stare a Los Angeles”.
Erano gli anni della Uno Bianca. “Loriano Macchiavelli, già molti anni prima, aveva raccontato Bologna come noir. La cronaca nera non era mai mancata, pensiamo soltanto alla Strage della Stazione. Ma, a livello letterario, non c’era ancora la percezione di tutto questo. La Uno bianca in qualche modo ha sdoganato quell’immaginario. A un certo punto ci siamo guardati negli occhi e abbiamo detto: ma dove cavolo viviamo?”.
E Coliandro? “Inizialmente mi serviva una sorta di Clint Estwood, un personaggio un po’ negativo, un duro, un uomo d’azione per raccontare quella Bologna lì. Quello che il commissario De Luca non sarebbe mai riuscito a fare. Però mi sono accorto che tradurre l’Ispettore Callaghan in italiano, sradicandolo dal suo contesto, non era un’operazione facile. Le cose non tornavano”.
Il suo Sovrintendente era disperato, amaro, pieno zeppo di pregiudizi. Però onesto. Come è nata l’idea di un personaggio anche comico? “Dicono che Coliandro piaccia perché in fondo dice quello che la gente pensa. Ma la gente pensa un sacco di sciocchezze. Mentre scrivevo mi ripetevo: ma io con uno così non ci uscirei nemmeno per bere una birra! Allora mi sono inventato questo escamotage: ogni volta che Coliandro diceva un’assurdità io lo bastonavo, facendogli fare una figuraccia. In questo modo i pregiudizi di Coliandro vengono messi in campo proprio in quanto pregiudizi, non come dati di fatto. Senza dover per forza cedere al politicamente corretto a tutti i costi”.
Nel 2006, dopo 15 anni dalla sua prima missione, il Sovrintendente Coliandro è stato promosso ad Ispettore ed è sbarcato su Rai Due. Cosa ha dato e cosa ha tolto la sua trasposizione televisiva? “Di solito il linguaggio cinematografico appiattisce perché hai meno spazio per approfondire. In questo caso però è successo proprio il contrario: in televisione Coliandro è diventato tridimensionale. Ha assunto la fisionomia e la simpatia di Giampolo Morelli, oltre allo sguardo dei Manetti, diventando meno cattivo e meno disperato, forse più caricaturale. E con quello stile inconfondibile, che si rifà un po’ agli anni Settanta. Oggi non ci sarebbe più spazio per il mio Coliandro. E’ diventato ormai un lavoro collettivo, in cui ognuno di noi ci mette un pezzetto”.
Una volta ha detto: “Se Montalbano ha i fans, Coliandro ha gli ultras”. “A un certo punto su Facebook siamo stati invasi da foto in cui persino bambini e anziani si ritraevano in pose coliandresche, con i Ray Ban e il dito puntato, accompagnati dalla scritta ‘Hey bambina, questo non è un film!’. Pazzesco. Morelli in Puglia è riuscito a scovare un muro su cui alcuni ultras di calcio, a fianco delle solite scritte contro la polizia, avevano aggiunto ‘Rispettiamo solo Coliandro’. Capisce? Non credo che succeda a molti altri personaggi”.
Forse perché siamo difronte all’unico vero anti-eroe della televisione. E’ d’accordo? “Certamente, lui è pieno di difetti. Di veri difetti. E’ razzista, sessista, completamente scemo e non sa fare bene il suo mestiere. Poi si trasforma, salvo poi azzerarsi nella puntata successiva. Montalbano è bellissimo, ma è perfetto, come si fa a non ammirarlo?”.
Quando nell’ultimo episodio (Montalbano) ha tradito la compagna è scoppiato il finimondo. “Proprio per questo motivo. E’ successo anche con Rocco Schiavone, che pure è un personaggio diverso, contraddittorio e con tante sfumature, quando si è fumato una canna. Coliandro ha fatto molto di peggio però all’interno di quella dinamica si è conquistato una specie di immunità. Con lui possiamo raccontare i difetti della società, deriderli ed esorcizzarli senza il rischio che qualcuno si senta il diritto di pensare che in fondo sia giusto e divertente chiamare un ragazzino cinese ‘involtino primavera’ o ‘Sandokan’ il negoziante pakistano sotto casa. Sono pregiudizi e li mettiamo in scena in quanto tali”.
Dice cose orribili, in effetti. Anche nei confronti delle donne. “In una delle prime scene della prima stagione televisiva arriva in Procura e, vedendo la Longhi (uno dei protagonisti della serie, ndr) darsi lo smalto sulle unghie, la scambia per la segretaria del magistrato. Donna uguale segretaria, è la sua equazione. Ma il magistrato è lei. Una figuraccia che fa capire allo spettatore che un pregiudizio resta un pregiudizio”.
Il suo Coliandro diceva un mucchio di parolacce, ma anche quello televisivo non scherza. Come avete fatto a convincere la Rai? “Con la Rai il braccio di ferro è durato oltre quattro anni. Non è stato facile imporre un personaggio così distante dai soliti canoni televisivi. Oggi abbiamo conquistato un’indipendenza tale che ci consente di fare un po’ quello che vogliamo. Le parolacce sono una chiave di lettura per raccontare l’orizzonte ristretto di un personaggio che parla come si parla sulla strada. E sulla strada non dici ‘cribbio, è arrivata la polizia’, dici minchia, merda….”
Perché, pur essendo così goffo e caricaturale, piace anche alle stesse forze dell’ordine? “Non siamo realistici, ma siamo verosimili. Cioè nel nostro essere un po’ fantasiosi mettiamo in scena problemi e meccanismi reali che esistono, per cui i poliziotti forse ci si riconoscono. Però nessuno mai che mi venga a dire ‘Coliandro sono io’. Tutti che mi dicono ‘Sai, è uguale al mio collega”.
Dicono che alcune storie siano improbabili, eppure già nel romanzo “Falange Armata” Coliandro aveva risolto, con due anni di anticipo, il caso della Uno Bianca. “Quando col noir metti in scena ipotesi possibili, come quella che già circolava sul fatto che la banda potesse essere composta realmente da poliziotti, spesso ci prendi. L’ho scritto perché era suggestivo, non perché ci credessi o avessi delle prove. Noi in fondo prendiamo spunto dalla realtà, raccontiamo cose che già accadono o prima o poi accadranno. Con Coliandro abbiamo parlato di razzismo, fascismo nella polizia, di ‘ndrangheta in Emilia Romagna. Quando ancora era soltanto un’ipotesi al vaglio della commissione antimafia. Altro che trame inverosimili”.
Da I Bastardi di Pizzofalcone all’Ispettore Ricciardi. Negli ultimi anni, anche sulla tivù generalista, stiamo assistendo ad una vera e propria invasione di polizieschi o fiction dallo sfondo noir. Si è mai chiesto perché questo genere esercita ancora così tanto fascino sullo spettatore? “E’ uno dei motivi per cui scriviamo gialli, non solo perché vanno di moda. In realtà poi è sempre stato così, a parte un periodo in cui il noir è sparito dai radar a cavallo con gli anni Ottanta. Però io sono di quella generazione cresciuta con le Inchieste del commissario Maigret, Il Fantasma del Louvre, Il Segno del Comando e tutto il cosiddetto sceneggiato televisivo. Piace a livello tecnico: se io inizio a raccontarti un mistero, senza rivelartelo subito, tu per forza stai lì aspettando di sapere quello che succederà. E’ quello il gancio del noir. Ma soprattutto piace per quello che raccontiamo. In fondo anche oggi se sfogli un quotidiano ti accorgi che la metà di quello che viviamo sono cose criminali. Dietro a ogni situazione, perfino al calcio, alla gastronomia, alla musica si può nascondere un aspetto noir”.
Fred Vargas parla dei gialli come di “inibitori d’ansia”. Sarà per questo che anche in un periodo così ansiogeno, pieno di dubbi e inquietudini, continuiamo ad amare la tensione del noir? “Una volta si parlava di letteratura d’evasione, ma non ci ho mai creduto. Perché se la vita è fatta di stupri, omicidi e furti uno dovrebbe evadere guardando stupri, omicidi e furti? Tra l’altro in letteratura i noir non hanno mica il lieto fine, spesso l’epilogo è tutt’altro che conciliante. Quello che noi facciamo, in quanto scrittori, sceneggiatori, giallisti, è creare ansia, ancora più ansia. Ma la gente ha bisogno di confrontarsi con quell’ansia per rispondere a domande che già ha dentro. Come in una seduta dallo psicologo che ti mette difronte ai tuoi fantasmi con l’obiettivo di sconfiggerli, di superarli. Ecco, noi facciamo così”.
E Lucarelli cosa guarda in tivù? “Un po’ di tutto a dire il vero, ma ovviamente molti thriller e gialli. Per me lavorare è anche guardare film, perfino quando so già in partenza che saranno noiosissimi. E, visto che nel tempo libero dovrei fare pure attività fisica, ho messo tatticamente il tapis roulant davanti alla televisione. Così, soprattutto in questo ultimo anno, ho visto davvero una caterva tra film e serie tivù. E naturalmente ho abbassato i valori del colesterolo”.
Ci sveli qualche criterio infallibile per scegliere cosa guardare. “Beh, io amo tutto quello che ha a che fare col mistero, tutto ciò che – se ben raccontato – ha la forza di spiazzarmi. Ultimamente però sto guardando molti film ispirati a storie vere. Mi appassiona soprattutto il modo di raccontare, in maniera sempre diversa, cose di cui magari conosciamo già l’epilogo. Eppure, se ben costruite, certe narrazioni riescono comunque a creare colpi di scena uno dietro l’altro”.
Qualche titolo che ha visto ultimamente? “Ultimamente, sempre tratti da fatti veri, mi è piaciuto molto Three Identical Strangers, questa storia incredibile di tre gemelli separati alla nascita. Ma anche Your Honor e The Serpent. Poi mi sono riguardato River, che mette insieme umanità e thriller in modo meraviglioso, e anche le due stagioni di After Life che però non è nemmeno un giallo. Tra quelli che mi sono piaciuti di più vi consiglio Messiah. E intanto su Sky ho già iniziato a guardarmi Anna, perché Ammaniti è bravissimo”.
E Coliandro quando li rivedremo in tivù? “Le riprese dell’ottava stagione sono già terminate, ma la messa in onda è stata spostata alla seconda metà del 2021. Quindi probabilmente ci rivedremo ad ottobre. E anche se non posso anticipare molto, aspettatevi il solito caro vecchio Coliandro”.
Simone Bertozzi
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Ecco dunque le coordinate del giallo affiorare già nelle prime pagine del romanzo "L'uomo del porto", ultimo libro di Cristina Cassar Scalia. Da una parte l'anima nera di Catania, densa di ombre e cenere. Dall'altra una poliziotta che solo per errore o pigrizia si può paragonare a Montalbano.
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Cassar Scalia è abilissima nell'intrecciare i piani del romanzo. Da una parte la vita della protagonista, i pensieri intimi, i ricordi, le paure, il trauma che non riesce a superare, l'impossibilità di vivere nel presente, l'amore tormentato per un uomo che potrebbe finire come il padre, morto ammazzato. Dall'altra il rompicapo intellettuale, il giallo che cattura i lettori. Il canone è rispettato, i personaggi secondari affastellano la scena: c'è la mitica vicina di casa Bettina e il commissario in pensione Biagio Patanè, uno sbirro vecchio stampo che sembra un omaggio alla figura di Camilleri. Saggio e maestro, arcaico nella lingua e nei modi, lucido e generoso. E c'è la Sicilia, terra di delitti e misteri, che resiste all'ombra della Muntagna e insegue con i suoi fantasmi anche chi, a quei fantasmi, ha dedicato la vita.
Stefania Parmeggiani
Ecco i palinsesti Rai, Mediaset, La7 e Tv8 per la settimana dal 9 al 15 maggio 2021. I David di Donatello con Carlo Conti, alcune interessanti prime tv su Canale 5 e la finale di Amici di Maria De Filippi. Ulisse sospeso, al suo posto arriva Montalbano.
PRIMA SERATA RAI – MEDIASET – LA7 – TV8
Rai 1
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Mercoledì Ulisse Montalbano (Un Diario del ’43)
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SicilyMag, 10.5.2021
La vita di Camilleri ne “I racconti di Nenè”: «Io e Andrea, un rapporto forte, fatto anche di silenzi» LIBRI E FUMETTI E' di nuovo in libreria, grazie a Zolfo editore, "I racconti di Nenè", del regista messinese Francesco Anzalone, amico storico di Andrea Camilleri, e del giornalista Giorgio Santelli, trasposizione su libro del programma televisivo "I cunti 'i Nenè". Arricchito dai disegni di Claudio Sciarrone, il libro racconta una trentina di storie di vita vissuta, che riassumono l’eccezionalità dell'esistenza dello scrittore empedoclino: «Uno straordinario raccontatore che coglieva subito gli stimoli che gli arrivavano»
Disegno di Claudio Sciarrone
Era il 2006 quando il regista messinese Francesco Anzalone, amico storico di Andrea Camilleri e il giornalista Giorgio Santelli si trovarono a lavorare insieme agli episodi de I cunti ‘i Nenè per Raisat Extra. In seguito il format televisivo, basato su una serie d’interviste allo scrittore agrigentino, fu trasformato in un […]
Laura Cavallaro
Netflix tarjoaa tällä viikolla seuraavat uutuudet:
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12.5.
Komisario Montalbano – Viulun ääni (italialainen rikoselokuva)
Komisario Montalbano tutkii hylätyksi luulemaansa huvilaa ja löytää sieltä nuoren naisen ruumiin, mikä johtaa epäilyksiin ja salaisuuksien paljastumisiin.
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Torna su Rai1, mercoledì 12 maggio, Salvo Montalbano, il personaggio interpretato da Luca Zingaretti, nato dalla penna di Andrea Camilleri, protagonista della serie “Il Commissario Montalbano”, tra le più acclamate da pubblico e critica. Alle 21.25 andrà in onda il film tv, “Un diario del ‘43”, per una nuova serata con le indagini del commissario più amato della televisione. Tre storie arrivano a Montalbano dal passato: la scoperta, dopo la demolizione di un vecchio silos, di un diario scritto nell’estate del 1943 da un ragazzo che allora aveva quindici anni, un certo Carlo Colussi. Il ragazzo, intriso di ideologia fascista, confessa di aver compiuto un atto terribile all’indomani dell’8 settembre 1943, una strage. Il giorno stesso della scoperta del diario si presenta da Montalbano un novantenne dall’aria arzilla, un certo John Zuck. L’uomo, vigatese di nascita, durante la guerra fu fatto prigioniero dagli americani. Complice anche la morte di entrambi i genitori in un incidente stradale, decise di restare negli USA e di rifarsi lì una vita. Tornato a Vigata ha scoperto il suo nome inserito erroneamente sulla lapide dei caduti in guerra. Chiede a Montalbano se può aiutarlo a far cancellare il suo nome dal monumento. Zuck fa molta simpatia a Montalbano, che prende a cuore la sua vicenda. Il giorno dopo l’incontro con Zuck un altro novantenne, Angelino Todaro, uno dei più ricchi imprenditori della città, viene trovato morto. Qualcuno l’ha ucciso, e tra le luminarie della festa di San Calorio, Montalbano capirà che le tre storie sono collegate fra loro. Ma in modo del tutto sorprendente, e tragico.
Italiani, 12.5.2021
Recensioni libri
La Pensione Eva La Pensione Eva
Andrea Camilleri
Romanzo
Con la relativa intervista all’autore di Antonio D’Orrico (12 gennaio 2006)
Sellerio
2021 (1° ed. Mondadori 2006)
Pag. 215, euro 14
Vigàta. 1937-1943. All’inizio Nené ha undici anni, alla fine diventa maggiorenne e fuma la sua prima sigaretta, in mezzo ha una varia iniziazione sessuale (invaghito della cugina Angela, più grande di due anni; prima volta in crociera, con una vedova; poi dal 1942 frequentatore della mitica agognata casa di piacere, ancora operativa nella prima parte dell’occupazione e della guerra). Il romanzo “La Pensione Eva” è una magnifica perla, si tratta come spiega l’immenso scrittore Andrea Calogero Camilleri (Porto Empedocle, Agrigento, 6 settembre 1925 – Roma, 17 luglio 2019) di “una vacanza narrativa che mi sono voluto pigliare nell’imminenza degli ottanta anni…; il racconto non è autobiografico, anche se ho prestato al mio protagonista il diminutivo col quale mi chiamavano i miei famigliari e i miei amici. È autentico il contesto. E la Pensione Eva è veramente esistita, mentre sono del tutto inventati i nomi dei frequentatori e i fatti che vi sarebbero accaduti”. Leggere per credere.
Valerio Calzolaio
Cos’è che non ti viene mai chiesto e di cui vorresti parlare? “Buona domanda! Mi verrà di sicuro in mente dopo che ci saremo salutati.” Passa qualche secondo di silenzio, che sa già di mancata risposta. Poi Giulia Ichino, editor per Bompiani con un passato in Mondadori, si illumina: “Spesso in editoria risaltano i singoli, è inevitabile. Invece è più che mai un lavoro di squadra. È davvero una casa editrice, un luogo che senza l’aiuto di tutti non sarebbe ciò che è. Un giorno mi piacerebbe leggere un’intervista a chi chiede i diritti per le citazioni, all’ufficio tecnico, al magazziniere… si vedono molto meno, ma sono fondamentali per capire davvero di cosa è fatta la materia ineffabile dei libri.”
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D’altro canto, hai lavorato con tanti grandi autori. Tra questi c’è anche Andrea Camilleri… Ho grande nostalgia di Andrea. Era un narratore strepitoso, un conta-storie, come diceva di sé. Ho avuto la fortuna di mettere al suo servizio le mie competenze editoriali, ma direi che (oltre alla sua Editrice, Elvira Sellerio) la sua editor è stata Valentina Alferj. Ho lavorato per lo più ai suoi libri in italiano, quelli che pubblicava con Mondadori. Andrea aveva un rapporto molto intimo con la sua creatività, sapeva così bene ciò che voleva fare che non aveva paura di un aiuto nei pochissimi momenti che gli potevano servire: era felice di accogliere una correzione utile, e divertito delle piccole increspature nel testo che gli erano sfuggite. Camilleri ha vissuto tutta la vita appassionandosi alle persone che incontrava. Questa sua attitudine a vibrare assieme al mondo circostante, con una saggezza che non si è mai trasformata in cinismo, fa di lui una delle persone più straordinarie che io abbia mai incontrato.
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Domenico La Magna
Netflix cieszy się ogromną popularnością na całym świecie. Aby utrzymać się na
pozycji lidera, platforma jest niejako zmuszona do ciągłego aktualizowania
zawartości swojej biblioteki.
Dzisiaj
w serwisie zadebiutowało ponad 30 nowości, które z pewnością wpadną wielu osobom
w oko.
Co
ważne, nic przy okazji nie usunięto, więc można powiedzieć, że to naprawdę dobry
dzień dla subskrybentów Netflixa. Ze wszystkimi dodanymi tytułami można się zapoznać
w dalszej części niniejszego tekstu.
Netflix niemal codziennie dodaje do swojej oferty coś nowego, ale dzisiaj
platforma przeszła samą siebie, bo ponad 30 tytułów jednego dnia to wprost
fenomenalny wynik.
Przechodząc
do konkretów, bo wszyscy jesteśmy tu dla nich, w serwisie właśnie zadebiutowały
następujące filmy i seriale:
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12. Komisarz Montalbano / Il commissario Montalbano
(1999) [+
napisy] – gatunek: kryminał, kraj pochodzenia: Włochy
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Kacper Kościański
Tv Fanpage, 13.5.2021
Montalbano in replica si prende gli ascolti tv, grande seguito anche per Chi l’ha visto? Nella serata di mercoledì 12 maggio 2021 “Il Commissario Montalbano” conquista gli ascolti tv, registrando una media di più di 3 milioni e mezzo di telespettatori, seguito da “Chi l’ha visto?” che tocca quasi i tre milioni. La trasmissione di Federica Sciarelli, che ha sempre goduto di buoni ascolti per la rete, ha subito un’impennata in queste ultime settimane, complice la nuova attenzione mediatica attorno al caso di Denise Pipitone, che ha destato particolare interesse tra gli italiani.
Nella serata di mercoledì 12 maggio 2021, il pubblico italiano ha potuto scegliere tra programmi di informazione e intrattenimento che hanno occupato il prime time delle varie reti. Nonostante sia in replica, Il Commissario Montalbano non perde un colpo in fatto di ascolti e, infatti, anche stavolta l'episodio proposto da Rai1, ovvero "Un diario del '43" è riuscito a catturare l'attenzione degli italiani che hanno premiato, nuovamente, il personaggio nato dalla penna di Andrea Camilleri.
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Ascolti tv mercoledì 12 maggio
Nella serata di ieri, mercoledì 12 maggio 2021, su Rai1 Il Commissario Montalbano – Un Diario del ‘43 in replica è stato visto da 3.770.000 spettatori conquistando uno share del 17%.
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Ilaria Costabile
E’ stato collocato nel pomeriggio di oggi, a Meri, nello spazio antistante il il nuovo centro polifunzionale “Andrea Camilleri” un totem, struttura che realizza e completa il progetto voluto dall’amministrazione comunale atto a omaggiare il grande scrittore siciliano. L’assessore Arcoraci ha dimostrato il suo grande orgoglio nel presentare opera, poichè si inserisce in un piano ben preciso che ha avuto origine dall’idea del Sindaco Dott. Filippo Gervasio Bonansinga di intitolare il centro al maestro Camilleri. A seguire consiglieri e assessori hanno lavorato per rendere unico il nuovo spazio con la realizzazione della panchina collocata qualche settimana fa che riproduceva due pagine del libro “ Ora dimmi di te. Lettera a Matilda” documento testamentario con cui Camilleri racconta alla nipote il proprio passato. Il totem riproduce invece i 28 romanzi editi da Sellerio del ciclo dedicato a Montalbano che hanno reso famoso lo scrittore in tutto il mondo e che nella prospettiva dell’amministrazione si pone come elemento catalizzante di iniziative culturali. Entrambe le opere sono state realizzate dalla Pubblisud e hanno pienamente soddisfatto le aspettative di tutta l’amministrazione. Il sindaco Bonansinga ha affermato che si sta lavorando per rendere fruibile la struttura non appena appena l’emergenza epidemiologica sarà terminata e donare alla cittadinanza un luogo privilegiato dove immergersi nella cultura che sia officina di idee e di saperi.
La Repubblica - Il Venerdì, 13.5.2021
Stefania Auci, la leonessa di Sicilia Arriva il secondo, attesissimo romanzo della saga dei Florio. E sul "Venerdì" l'autrice svela il segreto del suo successo e parla dell'eterna magia della sua isola. Tra miserie e nobiltà
Il suo I leoni di Sicilia è stato un caso letterario internazionale: due anni al vertice delle classifiche dei bestseller, oltre 650 mila copie vendute, traduzioni in corso in 32 Paesi, una serie tv in arrivo. Dal 24 maggio Stefania Auci torna in libreria con L’inverno dei Leoni, secondo capitolo della sua saga dei Florio, e lo presenta in anteprima sul Venerdì in edicola domani 14 maggio con Repubblica e sulle piattaforme online.
Il nuovo romanzo è ambientato tra Otto e Novecento, anni d'oro per i Florio – che diventeranno una delle famiglie più ricche d'Europa – e per Palermo, splendida "città giardino" frequentata da regnanti e intellettuali. «Racconto la storia di un’altra Sicilia» dice Auci nell’intervista a Piero Melati, «fuori dai cliché dell’isola povera e arretrata». E spiega il suo debito con gli altri grandi scrittori suoi conterranei: primi fra tutti il Tomasi di Lampedusa del Gattopardo e Andrea Camilleri.
Ma come mai la Sicilia gode di tanta fortuna letteraria? La principessa Vittoria Alliata di Villafranca, scrittrice, storica traduttrice del Signore degli Anelli ed erede di uno dei più nobili casati dell'isola, non ha dubbi: la sua terra non ha niente da invidiare alla Terra di Mezzo di Tolkien. La storia siciliana, dice nell'intervista a Michele Gravino, è un susseguirsi di miti, epopee, eroi e antieroi, capace di affascinare ogni tipo di pubblico. Purché, sostiene, non si scelga di parlare di "piccole misere cose": per esempio, a lei quel Montalbano non piace proprio... [Ce ne faremo una ragione, NdCFC]
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Sabato 15 maggio proseguirà in prima serata, alle 21.20, su Rai4 (canale 21 del digitale terrestre) il ciclo di film ispirati alle opere di Andrea Camilleri, “C’era una volta Vigata”. Il secondo appuntamento sarà con “La stagione della caccia”, trasposizione dell’omonimo romanzo del 1992 diretta da Roan Johnson. Una lunga serie di morti apparentemente accidentali sconvolgono i Peluso, una nobile famiglia di proprietari terrieri ormai in decadimento. La mattanza, curiosamente, inizia con l’arrivo a Vigata del giovane farmacista Fofò La Matina, figlio del “camperi” dei marchesi Peluso. Nel cast di questo secondo film troviamo Francesco Scianna, Miriam Dalmazio, Tommaso Ragno, Ninni Bruschetta, Alessio Vassallo e Donatella Finocchiaro.
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Grand Tour Sicilia: ne è partito un altro, dopo quello settecentesco di Goethe, quello ottocentesco di Maupassant, quello novecentesco del Montalbano di Camilleri.
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Stefania Auci, classe 1974, trapanese trapiantata a Palermo, laureata in studi giuridici, insegnante, due figli di 16 e 14 anni, già autrice di un romanzo storico e di un pamphlet sulla scuola con Francesca Maccani: non sente - le chiedo - il peso di avere rinverdito l'eterno mito siciliano, in fondo lo stesso del Gattopardo, dei Beati Paoli, della Belle Époque?
«Mamma mia, detto così... nel 2015 ho iniziato semplicemente con l'idea di raccontare la storia di una famiglia, come io stessa avrei voluto ascoltarla. Cercavo un altro tipo di Sicilia e mi sono accorta che gli interlocutori si sorprendevano: ma guarda un po', dicevano, davvero c'era una Sicilia così? L'immagine della Sicilia era tutta vittime di mafia, piovre, delinquenza, malavita. Poi il maestro Camilleri ha aperto un'altra porta. Ho seguito i suoi passi».
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Piero Melati
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Di questo universo mitico fa parte anche il mondo di Andrea Camilleri? In fondo anche la sua è una Sicilia immaginata, reinventata... «Per carità. È proprio quel filone letterario che il mito lo cancella del tutto. Pensi solo a un dettaglio: dove abita il Montalbano della serie tv? In una casa abusiva».
Michele Gravino
Palermo. In un sottotetto buio e polveroso, tra le cianfrusaglie appartenute ai nonni, Nenè scopre i piaceri del contatto fisico con sua cugina Angela. Tempo dopo, sull'isola di Citera, una donna matura lo rende edotto sui meccanismi della conoscenza carnale. La piena maturazione avverrà nella natia Vigata presso l'elegante pensione Eva, affacciata sul manto frastagliato del mar Mediterraneo. Casa di piacere arredata e curata con grazia, palcoscenico di brevi incontri e singolari personaggi destinati a divenire ricordi intrisi di malinconia, in attesa di varcare la soglia dell'età adulta per affrontare la realtà nelle sue infinite sfaccettature.
A quindici anni dalla prima pubblicazione Sellerio editore ripropone questo romanzo di Andrea Camilleri, dove il percorso di formazione del giovane protagonista si alterna alle vicende che si susseguono dentro le quattro mura della maison, narrate con schiettezza e ironia dall'autore empedoclino. In una vera e propria galleria dolce e amara di storie e personaggi si intreccia con la storia, la tragedia ma anche la magia.
Sullo sfondo del secondo conflitto mondiale, prossimo al culmine tra disfatte e alleanze, l'amore si manifesta in tutte le sue forme all'interno di questo fascinoso microcosmo: appagamento dei sensi e abbattimento dei tabù per alcuni, momento di confronto e apertura al mondo per altri.
Una stagione irripetibile della vita, foriera di piacevoli momenti da custodire gelosamente nell'ovatta del rimpianto in un remoto cassetto della memoria. Un balsamo per l'anima che possa lenire la mestizia del tempo presente e allontanare la vaghezza di un grigio futuro. Allegata al volume anche un'intervista rilasciata da Andrea Camilleri al critico letterario Antonio D'Orrico.
Domenico Rizzo
«La lingua siciliana è materia fluida, cambia, prende la forma dei tempi, è per questo che è perfetta sia per raccontare il passato che per cantare il presente». Parola di Mario Incudine, un veterano della canzone in dialetto, che spiega così la ragione per cui un numero crescente di artisti di nuova generazione riscopre con convinzione l'uso della nostra lingua anche in contesti musicali decisamente moderni e non sempre legati alla tradizione popolare. Un'ondata che in qualche modo fa parte del fenomeno di new wave siciliana capitanato da Colapesce- Dimartino.
Incudine di recente si è reso protagonista di "La bella poesia", album antologico dedicato alla tradizione poetica siciliana e realizzato in collaborazione col musicista laziale Ambrogio Sparagna, prestigioso studioso di tradizioni popolari italiane. L'antologia comprende canti che partono dalle raccolte etnografiche di Lionardo Vigo, Giuseppe Pitrè e Salomone Marino ma poi si spingono fino a Ignazio Buttitta e Andrea Camilleri. Dello scrittore di Porto Empedocle è presente nel disco un sonetto "Donna Lionora") contenuto nella parte conclusiva de "La rivoluzione della luna", romanzo tra realtà storica e felice invenzione che prende spunto dalla vicenda seicentesca della nobildonna spagnola Eleonora de Moura cui toccò essere viceré di Sicilia. «È vero – conferma Incudine – nel 1677 la Sicilia ebbe un governatore donna, che pur nel brevissimo arco di ventotto giorni fece moltissimo per risollevare le sorti dell'Isola e assicurare una maggiore equità sociale. Il sonetto siciliano contenuto nel romanzo e dedicato proprio a questa donna straordinaria mi fu affidato personalmente da Camilleri per musicarlo e farne una canzone. Nel brano ho voluto anche inserire la sua voce mentre recita il componimento, la cui registrazione era rimasta per fortuna fissata nel mio telefonino».
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Gigi Razete
Fifty-six and faltering, Inspector Salvo Montalbano does not know how to proceed with his twisted personal and professional life. He finds himself en flagrante with women he is not comfortable with, lies unconvincingly to his steady companion Livia, ignores his professional chain-of-command and finds himself at a loss with all of it. Even food is not entirely appealing. Is this what getting older feels like to a Sicilian male?
The Inspector, in his usual fashion, breaks all the work rules in unraveling the mystery of a brutally murdered horse left on the beach in front of his home. As with many of Andrea Camilleri’s novels, the mystery is not really the point of the story.
He gives the reader a tangy taste of Sicily spiced with the sweat and fears of an Italian man growing older, worrying about his potency and his lust for life. Poor Montalbano is driven, a loose cannon at work and a lost soul in love.
The women here, Ingrid and Rachele, are very certain of their own abilities to handle life, and love. They are delightful in the ways they lead and reproach Salvo. And as always, with translator Stephen Sartarelli’s able assistance, Camilleri pokes at both Italian and world politics and gives the reader a commentary on our times.
As always, “A Track of Sand” is a delightful read.
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Excerpts from the novel:
AGING – Why had he done it?
It was a pointless question, in that he knows very well why: the fear – by now ever-present even when not visible – of the years passing by, flying by. And his having been first with that twenty-year-old girl, whose name he did not even want to remember, and now with Rachele, were both ridiculous, miserable, pitiable attempts to stop time. To stop it, at least, for those few seconds in which only the body was alive, while the mind, for its part, was lost in some great, timeless nothingness.
TELEVISION NEWS – Why did the TV people do it? To make an already horrifying crime as hair-raising as possible. It was no longer enough to report a death; they had to provoke horror. After all, hadn’t the United States unleashed a war based on lies, stupidities, and mystifications that the most important figures in the country swore to by all that was holy in front of the whole world’s television cameras? After which, those same television cameras, and the people behind them, on their own, put the icing on the cake. And by the way, that anthrax case, whatever became of that? How was it that, from one day to the next, everybody stopped talking about it?
Derryll White
Rai1 ripropone, martedì 18 maggio alle 21.25, “La danza del gabbiano”, episodio de "Il Commissario Montalbano" con Luca Zingaretti. L’ispettore Fazio una mattina non si presenta al commissariato e nessuno riesce a rintracciarlo. Montalbano è preoccupatissimo, crede che il suo più fidato collaboratore abbia intrapreso un’indagine solitaria, e teme il peggio. Seguendo labili tracce, Salvo trova i segni di una sparatoria nel posto dove Fazio si era recato la sera prima. Tremendamente angosciato, non può che concludere che l’ispettore sia stato ucciso o catturato. Senza concedersi neppure un minuto di sonno, Montalbano continua le indagini.
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Edoardo De Angelis, spesso in Friuli per Folkest, Mittelfest e rassegne di spessore, confida: «L'anima di Battiato era come la sua casa: grande, accogliente, ariosa, semplice, severa e strapiena di libri, di interessi, di curiosità. Provo commozione ogni volta che ascolto il frammento di Stranizza d'amuri che mi aveva regalato nella suite Spasimo per chiudere l'album del 2011 Sale di Sicilia. In quello stesso brano è presente anche la voce di Andrea Camilleri. Porterò con me l'ascolto di Spasimo a Castelnovo del Friuli, per aprire il mio concerto di domenica 23».
Alberto Zeppieri
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Vince La danza del gabbiano con 4,4 milioni e il 20,6%, Jennifer Lopez si ferma all’11,6%.
Su Rai1 la replica de Il Commissario Montalbano, con ‘La Danza del gabbiano’, con Luca Zingaretti protagonista, ha ottenuto 4,4 milioni di spettatori e il 20,6% (il capitolo in cui il fido Fazio rischia la vita, già in replica nel 2013 aveva ottenuto 4,887 milioni di spettatori e il 20,21%, ma poi era arrivato a ben 7,7 milioni e il 33,1% nel maggio del 2017 e nel 2019 a 5,330 milioni e 24,1%).
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Il commissario Montalbano, finiscono le repliche: Luca Zingaretti chiude con due episodi martedì e mercoledì
Finisce anche questo ciclo di repliche per Montalbano, fiction tratta dai romanzi di Andrea Camilleri, leader d’ascolti pur non essendo in prima visione. La settimana prossima andranno in onda due episodi de Il commissario Montalbano: Luca Zingaretti sarà infatti in video sia martedì che mercoledì, con quelle che saranno, come appena accennato, le ultime due puntate per il momento. Nel dettaglio, nella serata di martedì 25 Rai1 trasmetterà l’episodio dal titolo ‘La luna di carta’, mentre per la sera successiva è previsto l’episodio ‘L’età del dubbio’, come riportato sul settimanale DiPiùTV.
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Emanuele Fiocca
Caro Merlo, Franco Battiato, la cui scomparsa è un dolore immenso per tutti noi, lunedì ha ricevuto l'estrema unzione dalle mani dell'eterno amico Orazio Barbarino, arciprete di Linguaglossa. L'episodio mi ha ricordato la potente immagine di Sciascia (morto) con un crocifisso tra le mani. Nessuna congettura: ma il grande Battiato si limitava a partecipare, con la mamma Grazia quand'era ancora in vita, al rito della messa natalizia.
Andrea Giuseppe Cerra — Linguaglossa A Sciascia lo mise in mano la moglie. «Sì, — mi disse Camilleri — ma bisogna vedere che cosa si erano detti prima». [...]
Francesco Merlo
Una prima serata con le atmosfere di Camilleri quella di sabato 22 maggio, alle 21.20 su Rai4 (canale 21): “La concessione del telefono” è trasposizione dell’omonimo romanzo del 1998 diretta da Roan Johnson. Pippo Genuardi è un commerciante di legnami sposato con la figlia dell’uomo più ricco di Vigata. La sua curiosità per le innovazioni tecnologiche lo spinge a voler istallare un apparecchio telefonico nella sua abitazione che dà vita a una corrispondenza con il Prefetto Marascianno, uomo paranoico e complottista, mettendo in moto un meccanismo che lo porterà a trovarsi sotto il fuoco incrociato dello Stato, che lo crede un pericoloso sovversivo, e dell’uomo “di rispetto” Don Lollò, che inizia a credere che Genuardi lo stia prendendo in giro. Nel cast Alessio Vassallo, Thomas Trabacchi, Corrado Guzzanti, Corrado Fortuna.
“Non appena sarà di nuovo sicuro viaggiare, ho il cuore pronto a partire per la Sicilia“. Una bellissima dichiarazione d’amore da parte di Matthew Nugent, giornalista del The Irish Sun. Una nuova conferma del fatto che la nostra isola piace – eccome se piace! – ai viaggiatori di tutto il mondo. Il giornalista irlandese spiega che le vere ragioni che gli fanno desiderare così tanto di venire in Sicilia sono principalmente il vino e il Commissario Montalbano. “L’investigatore interpretato da Luca Zingaretti è il miglior poliziotto di Vigata, una città costiera immaginaria nel Sud della Sicilia. La serie del Commissario Montalbano è diventata una visione imprescindibile su BBC Four ogni sabato sera”, aggiunge. Il giornalista invidia al “nostro” Salvo il fatto che possa concedersi un bicchiere di vino e un piatto di pasta seduto sulla sua terrazza, nella mitica Punta Secca. Così, la fiction diventa modo per parlare della cultura vinicola della Sicilia, che ha radici millenarie.
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Diario de Cádiz, 22.5.2021
Negro sobre negro
Camilleri que estás en los cielos 'La red de protección', la primera novela no escrita sino dictada por el autor, se rebela como una obra llena de alegría donde todos los personajes brillan con fuerza
Cuando Andrea Camilleri (Porto Empedocle, 1925- Roma, 2019) escribió La forma del agua, la primera novela de su paisano el comisario siciliano Salvo Montalbano, tenía 64 años. Antes había sido guionista, director de teatro y televisión y profesor de Arte Dramático. Sin embargo, fue precisamente al alcanzar la orilla de la jubilación cuando volcó todo su talento en una saga que le ha hecho mundialmente famoso y que le ha convertido en referente para eso que se ha dado en llamar el spaghetti crime, del que forman parte autores de los que ya hemos hablado en esta página como Antonio Manzini, Marco Vichi, Luca D’Andrea o Sandrone Dazieri. Tras La forma del agua llegaron otras 29 novelas más que tuvieron como protagonista a Montalbano, bautizado así por Camilleri en homenaje a su admirado Vázquez Montalbán y su Pepe Carvalho, de cuyas fuentes también bebió para crear al personaje.
La última novela de la saga publicada en España por Salamandra y que lleva por título La red de protección tiene la particularidad que fue la primera que Camilleri no escribió sino que dictó. En un momento en que la oralidad está más de moda que nunca, con centenares de podcast y audiolibros a nuestra disposición, el autor siciliano no tuvo más remedio que recurrir a contar sus historias como si de un Homero moderno se tratara por culpa de una ceguera progresiva que se agudizó en los últimos años de su vida.
Sin embargo, quizá sea esta circunstancia la que hace a La red de protección tan divertida. Porque la obra cuenta con todos los ingredientes de los amantes de Montalbano pero, además, personajes como el telefonista Catarella, cuyos problemas con el lenguaje le siguen trayendo de cabeza; o el díscolo subcomisario Mimi Augello, cobran mayor protagonismo en una historia luminosa y suculenta, porque el buen apetito de Montalbano y la gastronomía siciliana podría decirse que son otros protagonistas del libro.
A pesar de contar con casi 90 años cuando la escribió, Camilleri conjuga esa forma tan suya de vender la vida con la crítica social de una Europa descarnada y egoísta. La trama quizá sea lo de menos, porque arranca con el rodaje de una película sueca en la tranquila Vigàta que alterará a sus habitantes, pero en seguida se bifurca en otros dos casos secundarios que van cogiendo más peso conforme avanza la novela. En uno de ello, el comisario deberá buscar en la memoria más vieja del pueblo para desentrañar los secretos de una importante familia atormentada por un presunto suicidio.
La red de protección nos plantea de paso un debate sobre las navegaciones más peligrosas:la de los migrantes que buscan alcanzar las costas de Lampedusa y la de los menores inadaptados que se lanzan al mar imprevisible de las redes sociales, que alberga monstruos ocultos. Entre tanta oscuridad, Camilleri brilla inmortal.
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Pedro M. Espinosa
Dato che qualche politico presuntuoso ha citato la “mossa del cavallo”, andiamo alla fonte: il romanzo di Andrea Camilleri, che è ambientato nella Vigata della seconda metà dell’Ottocento. È un incrocio tra due generi che Camilleri ha coltivato: il romanzo storico e il giallo. Inoltre sta nel filone migliore dello scrittore siciliano, quello sperimentale, in una forma particolare di bilinguismo: il dialetto siciliano e quello genovese.
L’enorme produzione di Camilleri può dividersi in tre filoni: la serie dei gialli del commissario Montalbano in dialetto siciliano, che lo ha reso famoso; i romanzi storici, a cui l’autore tiene molto, e infine i romanzi di costume contemporaneo in italiano, che a mio giudizio sono i meno riusciti e che sono fuori dell’ambito sperimentale. Chi fosse interessato ad uno sguardo panoramico di tutta l’opera può leggere il monumentale “Tutto Camilleri” di Gianni Bonina, edito da Sellerio nel 2009.
“La mossa del cavallo” è uno dei migliori romanzi di Camilleri, secondo solo a “La rivoluzione della luna” (Sellerio, 2013), anche quello bilingue (siciliano e italo-spagnolo), di cui qui non abbiamo ancora parlato. La storia dell’ispettore dei molini Bovara (siamo all’epoca della famigerata tassa sul macinato) avviene nell’autunno 1877 e lo spunto è da una storia vera, riportata da una contro-inchiesta di quegli anni, che si contrapponeva a quelle parlamentari. Bovara, nato a Vigata e cresciuto a Genova, viene rimandato al suo paese natio e si trova dentro una storia di mafia, in cui il capo locale, Don Cocò Afflitto, si arricchisce con un mulino mobile, evadendo le tasse.
Cocò è il vero protagonista del romanzo, il burattinaio che muove tutte le fila e che non campare mai, come è caratteristico della mafia da sempre, circondata da segreti ed omertà. Ovviamente la mafia conta sulla complicità delle pubbliche istituzioni (i settentrionali ci fanno la figura dei “pirla” presi per il naso: quando intralciano troppo vengono trasferiti, niente di nuovo sotto il sole) e dei notabili borghesi (il factotum della mafia è l’avvocato Fasulo).
Quando arriva Bovara (ragioniere a cavallo), si trova subito preso nella ragnatela delle complicità, a cui si sottrae sdegnosamente, ma viene subito giocato: si trova ad essere testimone dell’assassinio di un “parrino”, un prete, corrotto, usuraio e “fimminaro”, padre Carnazza, l’ultimo amante della vedova-buttana Tresina Locicero.
Bovara non capisce quanto gli dice in vigatese il prete morente (capisce “fan cu…lo” per il nome del mandante del suo omicidio, “Fasulo”; “cuscino” per “scuscino”, il cugino Don Memè, a cui ha sottratto molta “robba”, che è l’esecutore). Quando si presenta ai regi carabinieri, viene incolpato dell’uccisione e arrestato. Cerca di capire cosa sta succedendo e recupera il suo dialetto originario: comincia a parlare e soprattutto a pensare in vigatese. Architetta così la sua mossa del cavallo, cioè un salto di lato poco ortodosso, che spiazza i suoi nemici e che lascio alla curiosità dei lettori. Si salva dalla galera, ma non riesce a mettere in crisi la rete della mafia.
La morale è semplice: la ragione – se segue strade non ortodosse – prevale sulle passioni (denaro, sesso ecc.), ma non ce la fa con la mafia, che è problema sociale e politico con tutte le sue connivenze, per questo mai risolto in Italia.
Proprio in questi giorni (oggi, 23 maggio, ricorre l’anniversario della strage di Capaci, dove vennero uccisi Giovanni Falcone, la moglie e la loro scorta) tutti parlano della mafia e della sconfitta dello stato con la solita retorica, che cela la collusione di fondo, salvo qualche lodevole eccezione nel giornalismo d’inchiesta.
La riduzione televisiva è abbastanza fedele, ma non rende bene l’idea della mossa spiazzante (del resto difficile tra trasporre nel linguaggio cinematografico, lascio al lettore scoprire da sé di cosa si tratta), ciò ribadisce la vecchia distinzione dei linguaggi e dei generi (romanzo e cinema) e per me la superiorità del romanzo.
Questa volta Riondino, impacciato nel genovese rispetto ai panni del giovane Montalbano, è sottotono, mentre particolarmente capaci sono alcuni attori caratteristi: Don Memé, monomaniaco cugino del parrino Carnazza e la vedova assatanata Trisina Locicero.
Nel romanzo ci sono tre potenti emersioni dell’inconscio, significate dal ritorno del ragionier Bovara al dialetto della sua infanzia: la riscoperta della lingua materna, appunto il dialetto, le passionacce, che scatena in tutti gli uomini Trisina, e l’oscuro indicibile politico, le trame della mafia e le sue collusioni. In questo Camilleri è davvero un maestro.
Beppe Corlito
La Pensione Eva diventa blu. Una galleria dolce e amara di storie e personaggi fatta di umorismo e di tragedia, di magia e di morte. Un romanzo di formazione sullo sfondo di una Vigàta d’altri tempi. Lunedì 24 maggio alle 19 Antonio D’Orrico e Andrea Vitali presentano La Pensione Eva di Andrea Camilleri.
Corriere di Roma, 5.2021
IX Seminario di studi sull’opera di Camilleri Nonostante la scomparsa del grande autore siciliano, la sua produzione letteraria è talmente vasta che rappresenta un campo di indagine ricco e diversificato, capace di sollecitare continuamente nuovi argomenti di riflessione e approfondimento
Dopo la forzata interruzione causa Covid dell’edizione del 2020, il Seminario sull’Opera di Andrea Camilleri ha visto, poche settimane fa, la celebrazione della IX edizione, articolata con collegamenti da remoto e con la contemporanea trasmissione sulla rete Ejatv.
Il titolo scelto per questo evento è stato “La memoria e il progetto” e fedeli al tema i vari relatori hanno evidenziato il percorso fin qui sviluppato dai Seminari e individuato alcune linee progettuali future.
Nonostante la scomparsa del grande autore siciliano, avvenuta il 17 luglio del 2019, la produzione letteraria (e non solo) di Andrea Camilleri è talmente vasta e soprattutto ricca di spunti che rappresenta un campo di indagine ricco e diversificato, capace di sollecitare continuamente nuovi argomenti di riflessione e approfondimento.
Argomenti che variano dalla linguistica alla narratologia, dalla semiotica alla traduttologia e poi ancora alla filologia, alla dialettologia, all’antropologia, alla sociologia per sconfinare nella psicologia applicata e perfino nella psicopatologia.
Le trame e i personaggi, ma soprattutto lo stile narrativo di Camilleri, consentono questo sguardo a 360° che, anche grazie alla traduzione in oltre 30 lingue e alla popolarità raggiunta in molti Paesi del mondo, supera barriere e confini nazionali ed entra a pieno titolo come oggetto-soggetto di studio e interpretazione.
Come consuetudine a fare gli onori di casa di questa edizione del Seminario, è stato il suo “inventore”, il prof. Giuseppe Marci (Università di Cagliari) che già nel 1998 intuì la forza narrativa di Camilleri, ancora prima che lo scrittore siciliano e il suo personaggio di successo, rappresentato dal Commissario Montalbano, diventassero conosciuti al grande pubblico sia letterario che televisivo, promuovendo negli anni a seguire appunto le varie edizioni del Seminario.
Quest’anno l’organizzazione dell’evento è stata affidata al prof. Duilio Caocci (Università di Cagliari) che ha coordinato nei due giorni della manifestazione gli interventi dei Prof. Maria Elena Ruggerini (Università degli Studi di Cagliari) Veronka Szoke (Università degli Studi di Cagliari) Rafael Ferreira (Universidade Federal do Ceará) Alberta Lai (Direttrice Istituto Italiano di Cultura di Praga) Monica Zecca (Direttrice Istituto Italiano di Cultura di Beirut), Giovanni Caprara (Universidad de Málaga) Simona Demontis (Universidad de Málaga) Maria Dolores Garcia Sanchez (Università degli Studi di Cagliari) Caterina Carlini (Université libanaise New Rawda Liban), Luigi Matt (Università degli Studi di Sassari) Sabina Longhitano (Universidad Nacional Autónoma de México) Morena Deriu (Università degli Studi di Cagliari) e di Stefano Salis, giornalista del Sole 24 Ore.
Come si evidenzia una partecipazione internazionale che, oltre alla qualificata presenza italiana, ha visto coinvolti studiosi afferenti dall’America latina, dal Medio Oriente, dalla Spagna e dalla Repubblica Ceca.
Molte le domande e le riflessioni proposte durante gli spazi di discussione e giunte ai relatori via Web che hanno consentito, ovviamente in parte, di colmare e far fronte alle limitazioni imposte dall’impossibilità di svolgere in presenza un evento che negli anni si è sempre confermato ricco, partecipato e stimolante.
Giuseppe Fabiano
Nuova serata insieme alle indagini del commissario più amato della televisione. Torna su Rai1, martedì 25 maggio, Salvo Montalbano, il personaggio interpretato da Luca Zingaretti, nato dalla penna di Andrea Camilleri, protagonista della serie “Il Commissario Montalbano”, la tv movie collection tra le più acclamate da pubblico e critica. Alle 21.25 andrà in onda il film tv, “La luna di carta”, con Cesare Bocci, Peppino Mazzotta, Angelo Russo, Davide Lo Verde e Marcello Perracchio e, in questa puntata, Pia Lanciotti, Francesca Chellini, Roberto Nobile, Giovanni Visentin e la partecipazione di Antonia Liskova.
Quando Angelo Pardo, informatore medico dalla vivace vita sentimentale, viene ucciso con un colpo a bruciapelo in casa sua, la pista più probabile è quella passionale. Montalbano però non si lascia ingannare dalle apparenze, tanto più che cominciano a saltar fuori altri cadaveri, uomini politici uccisi da una partita di droga tagliata male. Ma la vera sfida per il commissario sono due donne, entrambe possibili assassine. E per sbrogliare l’intricata matassa Montalbano deve prima capire il loro ruolo nella faccenda…
Ancora un appuntamento per "Il Commissario Montalbano" che mercoledì 26 maggio alle 21.25 torna su Rai1 con l’episodio "L'età del dubbio", che vede tra i protagonisti della puntata Isabella Ragonese e Caterina Vertova. Montalbano soccorre una ragazza che ha problemi con l’auto e che deve andare al porto turistico di Vigàta, dove ha un appuntamento con la zia. Quando finalmente arriva lo yacht della zia - in ritardo, perché l’equipaggio ha trovato un cadavere in mare - la ragazza sparisce. Intanto il dottor Pasquano scopre che l'uomo ritrovato cadavere in realtà è stato avvelenato. A complicare il tutto ci si mette pure il tenente della Capitaneria di Porto che aiuta Salvo nell’indagine: l’ufficiale è una bellissima trentenne, Laura, che fa perdere la testa al commissario.
Incubo non inusuale, sognare il proprio funerale. Accade, in L'età del dubbio , anche a Montalbano richiamato alla realtà da nuovi fatti in quel di Vigata: soccorre una ragazza, bloccata dal fango durante un temporale, diretta al porto per l'arrivo di sua zia su un lussuoso yacht, ma l'imbarcazione è in ritardo perché l'equipaggio s'è imbattuto in un cadavere...
Roma - Ci siamo. Tra tappe tagliate per il maltempo di un maggio pazzo o per la sciagura della funivia, il Giro d'Italia dell'uscita dal Covid, della gente tornata sulle strade ad incitare i corridori (cancellando le gesta di qualche inevitabile idiota), sta correndo verso la conclusione. Ha restituito momenti di sogno ad un Paese provato e forse contribuito a far crescere il riscoperto fascino della bicicletta. E per chi, dopo la conclusione a Milano, volesse provare a riassaporare questo fascino, un suggerimento in quattro libri intorno al Giro appena usciti. Perché nessuno sport come il ciclismo, sin dall'inizio della sua storia, è stato anche un fatto letterario, una infinita antologia di grandi scrittori.
Gino Cervi: "Ho fatto un Giro, diario di una corsa fuori stagione", Touring Club
Tre settimane al seguito di un Giro d'Italia anomalo, quello dell'edizione fuori calendario del 2020 a causa della pandemia, al principio dell'autunno: colori, temperature, atmosfere e anche strade diverse, meno assolate e meno affollate. Ma è sempre il Giro: dallo scirocco di Monreale, alle nebbie spesse della Sila, dalla tardiva estate di Vieste ai temporali di Romagna, dai tornanti pieni di neve del passo dello Stelvio al desolato finale in piazza del Duomo, a Milano. Sono 21 capitoli pieni di storie di tutto quello che si muove attorno alla Corsa Rosa, pieni di personaggi e di richiami gastronomici, di rimandi letterari per ognuno dei territori attraversati. Di piccoli e grandi racconti, dal carabiniere che prima della tappa dipinge sull'asfalto una dedica alla sua fidanzata alla storia narrata da Andrea Camilleri della sua bicicletta con la quale da ragazzino si lanciò in una folle corsa verso la sua Porto Empedocle per scoprire che il padre era ancora vivo e che la guerra era davvero finita.
Solo un assaggio: "Il ragazzo Camilleri imboccò la lunga discesa che da Agrigento conduce a Porto Empedocle, forse la stessa strada che ieri ha fatto la corsa del Giro, ma al contrario. Giunto al porto, Andrea vide una scena che nessuno meglio di lui avrebbe potuto descrivere: il mare non c'era più. Era stato sostituito da un ammasso di acciaio e ferro, da centinaia di navi affiancate fino a perdersi all'orizzonte, erano in attesa del loro turno per scaricare i rifornimenti bellici per l'esercito alleato. Restai esterrefatto. Un tale, che mi stava in silenzio accanto, a un tratto commentò: si potrebbe arrivare a piedi in Tunisia".
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Angelo Melone
Roma - Ancora un vittoria nel prime time di ieri sera per il Commissario Montalbano di cui è andato in onda su Rai1 la replica dell'episodio 'La luna di carta' vista da 4.659.000 telespettatori (share del 22,07%).
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Canazei (Trento)
E i baffi, Damiano, dove sono finiti? «Erano diventati una responsabilità troppo grande. Facciamo parlare di me per quello che sono in bici, non per i baffi. E poi non c’è il tempo di curarli bene, mi sembrava di essere un po’ trasandato». Il sole illumina le Dolomiti sopra Canazei. Eppure Caruso da Marina di Ragusa, il professionista più a sud d’Europa, ha preso l’acqua in allenamento anche ieri mattina verso il Passo San Pellegrino.
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Lei è cresciuto a Punta Secca, i luoghi del Commissario Montalbano. «Il mio motto? “Caruso, sono”. Mia cognata Letizia ha recitato in una puntata. Io mi affacciavo al balcone e vedevo Zingaretti nel suo camper, la troupe e gli attori che mangiavano. Questo era un borgo di pescatori diventato meta di pellegrinaggio tutto l’anno per una foto, un selfie, tutta l’economia della zona ruotava attorno ai film. Adesso che non ci sono più le riprese si è fermato tutto».
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Luca Gialanella
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Su Rai1 il nuovo passaggio de ‘Il commissario Montalbano’, con ‘L’età del dubbio’, con Luca Zingaretti, Peppino Mazzotta, Angelo Russo e Cesare Bocci nel cast, e con Isabella Ragonese guest star, ha riscosso 4,429 milioni di spettatori e il 20% di share.
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Una delle località più celebri e incantevoli della Sicilia è la “Scala dei Turchi”, una bianchissima falesia rocciosa che si erge a picco sul mare lungo la costa di Realmonte, in provincia di Agrigento. Il nome le è venuto dalle antiche incursioni dei pirati saraceni, soprannominati genericamente “Turchi”; costoro, infatti, trovavano riparo in questa zona meno battuta dai venti, che costituiva un approdo sicuro.
La Scala (che dunque per i Siciliani non è un teatro lirico…) è costituita di “trubi”, rocce sedimentarie di probabile età pliocenica, in parte calcaree e in parte argillose, costituite prevalentemente da gusci di microfossili (foraminiferi planctonici) depositatisi per decantazione nell’ambiente marino. Questa curiosa scogliera si erge tra due spiagge di sabbia fine; per accedervi si procede lungo il litorale e poi ci si arrampica per una salita somigliante a una grande scalinata naturale di pietra calcarea. Dalla sommità della scogliera il paesaggio abbraccia la costa agrigentina fino a Capo Rossello.
La Scala dei Turchi è diventata negli ultimi vent’anni una vera e propria attrazione turistica, sia per l’aspetto straordinario, sia per la popolarità acquisita dai romanzi di Andrea Camilleri che hanno per protagonista il commissario Montalbano.
La suggestiva località viene descritta nel racconto “La prima indagine di Montalbano” (2004), che dà il titolo all’omonima raccolta ed è ambientato nel 1985, allorché il giovane Montalbano, in qualità di vicecommissario, viene spesso trasferito da un paese all’altro.
Come Camilleri scrive nel racconto “La veggente”, Montalbano “aveva trentadue anni, allora, e lo usavano come una specie di commesso viaggiatore: a ogni cangio di stagione lo trasferivano da un paese all’altro ora a fare una sostituzione, ora a tappare un buco, ora a dare una mano d’aiuto in una situazione d’emergenza. Ma i quattro mesi di Carlòsimo furono i peggio di tutti. Era un paesotto di collina dove ragionevolmente non avrebbe dovuto farci tutto quel freddo che sempre ci faceva e invece un misterioso incrociarsi e combinarsi di eventi meteorologici faceva sì che uno a Carlòsimo il cappotto pisanti e la sciarpa non se li levasse mai, a momenti manco quando andava a corcarsi”
Ancora peggio il giovane vicecommissario si trova poi a Mascalippa, un immaginario paese sui monti Erei, nel quale si sente profondamente smarrito, perché “era omo di mare”. Anche qui a tormentare Montalbano (da sempre incurabilmente meteoropatico) è soprattutto il clima rigido e umido: “Aviva affittato un quartino di dù cammare, bagno e cucina propio in centro al paisi. Non c’era riscaldamento e a malgrado delle quattro stufe elettriche sempre addrumate certe sirate di ‘nvernu l’unica era di andarsene a corcari e, incuponato, tenere fora dalle coperte un vrazzo solo a reggere un libro”.
Ben presto però, grazie al (non richiesto) interessamento della sua fidanzata di allora, Mery, insegnante di Latino a Catania, Montalbano – appena promosso commissario – apprende il nome della sua futura sede: Vigàta (che, come è noto, nella finzione dell’autore rappresenta il suo paese natale, Porto Empedocle).
La notizia è accolta con grande gioia dal giovane, che decide di fare un’esplorazione della sua nuova sede e un giorno si reca, da solo, a Vigàta.
La cittadina non è più quella di un tempo, ma ammalia ugualmente il giovane con l’aria di mare, gli odori del porto, il fascino dei ricordi. Dopo il suo primo pranzo alla “Trattoria San Calogero”, con un freschissimo menu a base di pesce che gli fa dimenticare la pesante cucina montana di Mascalippa, Montalbano inaugura quello che diventerà un suo immancabile rituale: la passeggiata dopo pranzo sul molo, fino allo scoglio piatto che sarà il suo rifugio preferito. Un’escursione alla “Scala dei Turchi” conclude una giornata serena, al termine della quale il commissario è incantato (“affatato”), stordito (“sturduto”) dai colori accecanti, paragonati con potente sinestesia a “vere e proprie grida”; e si sente felice.
Ma cediamo la parola a Camilleri, che descrive così l’impatto visivo ed emozionale di Montalbano: “Passato un promontorio, la Scala dei Turchi gli apparse ‘mprovisa. Se l’arricordava assai più imponenti, quanno si è nichi tutto ci appare più granni della realtà. Ma anche accussì ridimensionata conservava la sua sorprendente billizza. Il profilo della parte più alta della collina di marna candida s’incideva contro l’azzurro del cielo terso, senza una nuvola, ed era incoronato da siepi di un verde intenso. Nella parte più bassa, la punta formata dagli ultimi gradoni che sprofondavano nel blu chiaro del mare, pigliata in pieno dal sole, si tingeva, sbrilluccicando, di sfumature che tiravano al rosa carrico. Invece la zona più arretrata del costone poggiava tutta sul giallo della rina. Montalbano si sentì sturduto dall’eccesso dei colori, vere e proprie grida, tanto che dovette per un attimo inserrare l’occhi e tapparsi le orecchie con le mano. C’era ancora un centinaio di metri per arrivare alla base della collina, ma preferì ammirarla a distanza: si scantava di venirsi a trovare nella reale irrealtà di un quadro, di una pittura, d’addivintare lui stesso una macchia – certamente stonata – di colore. S’assittò sulla sabbia asciutta, affatato. E accussì stette, fumandosi una sigaretta appresso all’altra, perso a taliare le variazioni della tinteggiatura del sole, via via che andava calando, sui gradoni più bassi della Scala dei Turchi. Si susì al tramonto”.
Per Montalbano il ritorno nel suo habitat naturale è riuscito perfettamente: e l’“omo di mare” caccia via definitivamente il disagio del “montanaro” morto di freddo.
Mario Pintacuda
"Una spia tra le righe", il titolo del nuovo libro di Salvatore Silvano Nigro (Sellerio, 360 pagine, 18 euro), in prima battuta rimanda a un vero informatore segreto, ossia a Antonio Pérez, segretario del re di Spagna Filippo II cui si devono relazioni e carte di ingente valore letterario. In realtà, andrebbe riferito all'autore stesso del volume: al suo modo cioè di operare da lettore un po' cecchino e un po' rabdomante, come spiega Matteo Palumbo nell'introduzione. Nigro, infatti, ha sempre compulsato le opere letterarie spingendo il suo sguardo tra le righe, accanto alle parole, sotto di esse, rintracciando in modo sorprendente citazioni nascoste, rimandi insospettati.
Dunque, Nigro è la spia che viene però dal caldo (vive a Catania, le sue origini sono legate a Carlentini) e che, da impenitente ulisside, ha insegnato in giro per il mondo (da Parigi a New York, da Bloomington a New Haven) travalicando i secoli nella veste di filologo, di storico della letteratura e di consulente editoriale come dimostra il libro in questione, che allinea saggi dedicati, tanto per avere un'idea dell'apertura di compasso dei suoi interessi, a Brunelleschi, ad Alessandro Manzoni e a Mario Soldati. Nel suo stile inconfondibile, affabulante e incantatorio, mille miglia distante dagli ammiccamenti urticanti degli addetti ai lavori, l'autore compie le sue passeggiate ermeneutiche in lungo e in largo, si perita in scalate vertiginose, offrendo al lettore una prospettiva sempre nuova da cui sporgersi. Spicca, nel drappello di scrittori tallonati da Nigro alla stessa stregua con cui un detective si mette sulle tracce del sospettato, un manipolo di siciliani: un'autrice tutt'ora misconosciuta e in attesa della meritata ribalta, ossia Elvira Mancuso di Caltanissetta, che si trova gomito a gomito con i grandi autori del secolo scorso, da Tomasi di Lampedusa a Sciascia, da Buttitta a Bonaviri, da Consolo a Camilleri. Ne viene fuori una costellazione isolana che, nel cielo di carta e inchiostro, il cannocchiale di Nigro intercetta e ingrandisce restituendone l'abbagliante luminescenza. Mai pago, infatti, delle bibliografie cristallizzate e spesso reiterate ciecamente, l'autore mostra un dato nascosto, disseppellisce una traccia critica, ricostruisce il percorso accidentato di un'opera, sciacquando spesso i panni degli autori in acque europee.
Così Tomasi di Lampedusa viene sorpreso in dialogo con Marguerite Yourcenar, chino sulle pagine delle " Memorie di Adriano" (attraversate come sono dal desiderio di morte e segnate dal sedimento del lutto), che gli arrivano in edizione francese per mezzo della madre di Gioacchino Lanza. Il "ghepardo" nel quale l'imperatore aveva identificato la sua felina virilità è strettamente imparentato col felino che, dallo stemma della casata, si affaccia. Mentre Sciascia, ancora oggi censito quale autore della realtà e dell'impegno civile, qui si impone in forza de "Il Consiglio d'Egitto", «macchinazione narrativa di un prestigiatore della scrittura » , vera e propria «impostura di quinto grado» in cui la verità viene dichiarata attraverso la menzogna della letteratura. Sciascia, dunque, è stato un formidabile compagno di viaggio di Manganelli, tanto per intenderci. Ma di Sciascia Nigro ricostruisce pure il ruolo di lettore di professione: la cura per i libri degli altri, le bandelle di copertina vergate sempre in stato di grazia, la sollecitudine con cui pensava alle immagini di copertina.
La "divina foresta" di Giuseppe Bonaviri è disegnata con «dotti inchiostri», danteschi prima di tutto ma anche leopardiani e trova definitiva collocazione in una biblioteca del fantastico, in contiguità con Luciano di Samosata, Ariosto, Swift. E alla geografia del chimerico appartengono le pagine di Consolo, zeppe di grafie barocche, sostanziate da suoni e immagini. Lo stesso Andrea Camilleri qui dismette le vesti del giallista pluriacclamato per indossare quelle dello scrittore fantastico, alle prese di volta in volta con una donna sirena, albero e capra, in un dialogo fitto con Tomasi di Lampedusa e con Tommaso Landolfi. E ancora Buttitta, intento a rincorrersi con Pasolini, e Elvira Mancuso, che a suo tempo si era illusa di trovare sostegno in Capuana: l'idea di ripubblicarne il romanzo dedicato al difficile riscatto di una donna in una società patriarcale era stata di Italo Calvino, che a Sciascia e a Nigro si era rivolto.
Salvatore Ferlita
La Repubblica (ed. di Palermo), 30.5.2021
Un nuovo film, il ritorno di "Boris" e le sue radici: l’interprete di "Mediterraneo" si racconta
Antonio Catania: "Ora un attore siciliano non ha bisogno di partire" A Milano mi chiamavano "Marocco" è stata dura Io sono cresciuto nella "vanedda" in una società matriarcale Qui voglio formare giovani
Antonio Catania è il dirigente Rai della serie tv "Boris" ed è stato uno degli interpreti di "Mediterraneo" di Gabriele Salvatores
La valigia dell'attore si fa pesante quando, in nome della passione e delle esigenze familiari, sei costretto a trasportarla da Acireale a Milano. Per fortuna ad aiutare l'attore Antonio Catania a reggerla, nel corso della sua carriera, sono arrivati amici come Gabriele Salvatores, Silvio Orlando Diego Abatantuono e Claudio Bisio, rendendola meno pesante nello spostarla da un set all'altro.
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Ha anche detto "provo raccapriccio" per il siciliano parlato in Montalbano, "per la distruzione che fanno del siciliano".
«Premetto che non ce l'ho con Luca Zingaretti o Cesare Bocci, ma con altri attori della fiction che recitano in siciliano e capisci che non lo sono. Non sono drastico, ma un certo modo di recitare è fastidioso».
Ha definito anche Andrea Camilleri "Uno Sciascia molto Hag", in pratica decaffeinato e depotenziato. Perché?
«Sciascia è Sciascia, e Camilleri è Camilleri. Non ci possono essere paragoni. Andrea Camilleri racconta una sicilianità colorata, di costume, datata e divertente.
Leonardo Sciascia ci racconta una Sicilia dal sapore politico che è stata, che è e che sarà».
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Vassily Sortino
succedeoggi, 5.2021
Consigli per gli acquisti
Storie di malinconia La “fisica della malinconia” di Georgi Gospodinov, la casa dei piaceri e dei segreti di Andrea Camilleri e gli incubi argentini di Samanta Schweblin: tre modi di raccontare i sogni e la solitudine
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Bordello. Questa è la storia di una casa chiusa. Storia che ne contiene altre. L’autore è Andrea Camilleri, il testo è stato pubblicato dalla Mondadori nel 2006. L’editore Sellerio, che ha lanciato il compianto narratore siciliano, lo ha riportato nella sua elegante scuderia. Scrive nella nota finale l’autore: «Questo scritto intende essere semplicemente una vacanza narrativa… non è un racconto storico né un racconto poliziesco, è un racconto fortunatamente inqualificabile… e non è autobiografico». S’intitola La Pensione Eva (211 pagg., 14 Euro). Tre ragazzini, tra cui Nenè, sognano lo «sciauro» (profumo) e il corpo delle “signorine”, che a scadenza stabilita cambiano città. Venivano chiamate “la quindicina”. Vicende anche di amore appassionato, di spionaggio politico (a favore del Pci durante il fascismo), di suggestioni religiose. La “casa” si trova a Vigata, cittadina inventata da Camilleri e teatro delle imprese del commissario Montalbano. Per esempio, durante un bombardamento alleato una delle ragazze sale sul tetto a vedere le stelle. A un certo punto scende davanti a lei un paracadutista “mericano”. Lei crede sia un angelo. Lo nasconde in un contenitore senza acqua, gli porta da mangiare e alla fine racconterà tutto alla maitresse Flora. Al ragazzo viene concesso di pranzare con le prostitute (divieto assoluto di “consumare”). Lì fa anche i compiti e prende lezioni da alcune donne più acculturate di altre. Curiosa anche la vicenda di un “baronello”, ultra sessantenne che s’innamora perdutamente di una sensuale ragazza. Il padre si irrita e gli taglia i fondi. Capita che una bomba sventri la sua villa. È ritrovato un braccio, il suo anello infilato a un dito. Ovviamente è dato per morto. A guerra pressoché finita, Nenè lo ritroverà a bordo della sua fuoriserie e scoprirà il mistero della sua apparente morte… Alla Pensione Eva le vicende si accavallano. Alcune molto strane. Come quella di Stefano che aspetta nel salone il suo turno. Ha con sé una valigetta. Passa molto tempo nella stanza di Liuba e desta curiosità. Flora scoprirà che nella valigetta ci sono due abiti, quello di un prete e quello di una suora. Stefano si veste da suora e si confessa e racconta del diavolo che lo tormenta. Nenè, passati mesi avventurosi altrove, torna a Vigata con un amico. La Pensione è ridotta in macerie, ma nessuno è morto. I due mangiano pesce e bevono tanto vino in spiaggia. Poi tornano là dove c’era il miraggio del piacere. Nenè accetta dall’amico una sigaretta. Non aveva mai fumato. Camilleri conclude così il romanzo: «E si fumò la prima sicaretta della sua vita».
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Pier Mario Fasanotti