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L'isola che non c'è



La storia più antica

U no scricciolo, terra di nessuno e bramata da tutti: l'"Isola Ferdinandea".
Tra il 22 e il 29 giugno del 1831, scosse di terremoto ed emanazioni di acido solforico, annunciarono il fenomeno, mentre il mare diventava torbido e ribolliva. L'8 luglio si alza una colonna d'acqua e di vapori; analogo episodio qualche giorno dopo: la colonna era alta 1500 metri.
Il 16 luglio, dove il mare aveva una profondità di 200 metri, emergeva, per 65 metri e con una circonferenza di quasi quattro chilometri, un isolotto con un cratere che eruttava vapori e ceneri.
Cessato il fenomeno di parossismo, l'isola veniva erosa e smantellata dalle onde. Trentadue anni dopo, nel luglio del 1863, una nuova isola fa la sua apparizione, ma poi scompare.
La sua storia è legata ai sogni e alle speranze che originò e che ben presto naufragarono; e soprattutto agli scontri diplomatici che causò tra le nazioni europee, interessate alla sua posizione strategica nel Canale di Sicilia.
Il 2 agosto del 1831 gli inglesi, già di posta a Malta, mandarono il capitano Senhouse per piantare la bandiera britannica e la battezzarono 'Isola di Graham'. Ma i Borboni ebbero la meglio: il capitano Gualguarnera spianta la bandiera inglese e la sostituisce con la propria, denominandola 'Ferdinandea' in onore di Ferdinando I, re delle due Sicilie. Appresso giunsero anche i Francesi: il geologo Costant Prevost le diede il nome di 'Julie' dal mese in cui comparve.

La storia più recente

Oggi l'isola che non c'è' sta lì, nel Canale di Sicilia: 36-10' latitudine Nord e al 12-43' longitudine Est, 38 miglia ovest-sud-ovest da Porto Empedocle. È da qui, o dal porto di Sciacca, che salpano spedizioni scientifiche per il recupero dei campioni di roccia dalla sommersa 'Isola Ferdinandea': il 'cocuzzolo' si trova ad appena otto metri sotto il livello del mare.
L'unica parte solida e compatta dell'isola è quella apicale, di venti metri circa di altezza. Al di sotto di essa materiali incoerenti, simili alla sabbia, alla spugna lavica. Il permanere di questi strati "fragili" spiega anche perché l'isola sia stata aggredita così facilmente dal mare.
Ampiamente indagata dalla spedizione di Paolo Colantoni negli anni '70, e prima ancora da Gemmellaro e Marzolla nel 1831, l'interesse maggiore oggi è rivolto a comprendere se il fenomeno vulcanico sia in quiescenza o in fase di evoluzione. Questa è una zona molto ricca di faglie orientate da nord-ovest a sud-est; sono queste, scaturite dall'attrito tra la placca africana e quella europea, a liberare il materiale di origine vulcanica che ha generato l'isola Ferdinandea, così come Pantelleria e Linosa. Non è improbabile che il fenomeno sia ancora in corso e, quindi, che la pressione del magma dalle regioni più sotterranee possa portare ad una nuova emersione.

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L'isola efimera. Gaetano Allotta, Edizione d'arte, pp.117. E 15,00


L’isola del fuoco

La Sicilia è stata chiamata anche, « l’isola del fuoco » per il suo vulcano Etna, ma sarebbe meglio chiamarla « isola del fuoco in un mare di fuoco » se si pensa che quasi tutte le piccole isole che le fanno corona sono di origine vulcanica. I fenomeni vulcanici nel mare che circonda l' Isola sono noti fin da tempi antichissimi. Aristotele, nel libro delle Meteore, racconta che l'isola di Vulcano, nelle Eolie, spuntò dal mare fra il fragore di esplosioni vulcaniche; lo Stromboli comparve poco prima dell'età di Plinio, e gli storici romani ricordano eruzioni sottomarine nel canale di Sicilia. In questo tratto del Mediterraneo le eruzioni sono più frequenti che altrove e si verificano particolarmente nel tratto di mare che va da Capo Granitola a Capo Bianco, in corrispondenza di quei bassifondi detti banchi o secche, alcuni dei quali sono ricoperti di coralli: i famosi banchi di Sciacca. Dall’eruzione avvenuta su uno di questi banchi in epoca immemorabile, nacque l'isola di Pantelleria, esempio perfetto di isola vulcanica che culmina nella Montagna grande, avanzo di un cratere vulcanico contornato da altri 24 crateri detti « cuddìe ». Precisamente fra Pantelleria e Sciacca, nel 1831, spuntò un’Isola vulcanica che, dalla sua nascita alla sua scomparsa, poté essere seguita e studiata dai più illustri scienziati dell’epoca. Il 28 giugno 1831 si cominciarono ad avvertire a Sciacca ripetute scosse di terremoto (avvertite anche a Palermo) che durarono fino al 10 luglio e produssero lesioni in alcune case. Il mare, nel tratto nel quale doveva sorgere la nuova isola, fu violentemente agitato, come asserì il capitano Pulteney Malcon il quale vi passò col suo bastimento. Il 4 luglio si avvertì odore di idrogeno solforato proveniente dal mare, in quantità tale da annerire gli oggetti d'argento. Il 13 luglio, si vide nettamente dalla piazza di S. Domenico, sempre di Sciacca una colonna di fumo, alla distanza di circa 30 miglia, nel luogo detto: « secca di mare ». Si pensò ad un piroscafo di passaggio; poi, data la persistenza del fumo, ad un piroscafo in fiamme. In quello stesso giorno il capitano Francesco Trafiletti. Comandante del brigantino Gustavo, proveniente da Malta, riferì che a 30 miglia da Capo S. Marco aveva notato un ribollimento delle acque che aveva creduto effetto dell’ agitarsi e del dibattersi di grossi cetacei. La colonna di fumo, il ribollimento delle acque ed i boati furono notati dal 13 al 15 luglio anche dal capitano Mario Provenzano, comandante la bombardiera Madonna delle Grazie, che faceva rotta per Malta. Due giorni dopo il capitano Corrao di Sciacca ed i marinai che tornavano dalla pesca, passando da quel punto notarono gran quantità di pesci galleggianti, alcuni morti, altri tramortiti ed una colonna di fumo di circa 15 metri di altezza che si alzava impetuosamente dal mare, accompagnata da forti brontolii e dal gorgoglio delle acque circostanti. Dopo un paio di giorni cominciò l’eruzione di lapilli, di pomici. di tufi e di scorie infuocate che, cadendo roventi nel mare, ne determinavano uno spumeggiante stridore e si spingevano fino alla spiaggia di Sciacca. Il 17 luglio si era già formato un isolotto che cresceva rapidamente in dimensioni e in altezza. La Deputazione sanitaria di Sciacca mandò sul posto una barca peschereccia comandata da Michele Fiorini, il quale piantò sulle falde del vulcano nascente un remo, come primo scopritore, e portò a Sciacca le prime notizie sulla nuova isola. Questa era sorta a 37°, 11’ di latitudine nord e 12°, 44’ di longitudine est da Greenwich, in una zona profonda 180 metri, sul banco detto « secca di mare » che fu poi chiamato banco Graham. La notizia della nascita della nuova isola si sparse rapidamente; da Palermo fu inviata la real corvetta Etna, al comando del capitano di fregata Raffaele Cacàce; da Marsala partì un brigantino inglese con a bordo anche molti curiosi. I fenomeni eruttivi furono intensissimi dal 18 al 24 luglio, poi cessarono fino ad estinguersi nei primi di agosto, epoca in cui l’isola raggiunse il suo massimo sviluppo: 4800 metri di circonferenza e 63 metri di altezza massima. Essa si presentava di forma circolare ed era irregolarmente alta; infatti dal lato di nord-est aveva la sua massima altezza, dal lato sud era alta appena m. 8,50 ed ancor meno dal lato ovest. Nel mezzo era un falso piano che nella parte nord comunicava col mare ed in esso si apriva il cratere della circonferenza di 184 metri, dove si aprivano due bocche eruttive, dalle quali venivano emessi ad intermittenza, i materiali vulcanici. L'eruzione durava da mezz'ora ad un'ora e poi riprendeva dopo qualche minuto, determinando così una deposizione a strati dei materiali eruttati. Cessata l'eruzione, le due bocche del cratere si riempirono di acqua marina che vi entrava da nord e si trasformarono così in due laghetti dove l'acqua mandava vapore fino alla altezza di qualche metro. Uno dei due laghetti aveva una circonferenza di venti metri ed una profondità di due l’acqua contenuta era di color giallo rossastro ed aveva sapore salino piccante; l'altro laghetto era più piccolo e l'acqua aveva color giallo e sapore sulfureo. L'analisi delle dette acque dimostrò trattarsi di acqua marina con sali ferrosi ed idrogeno solforato. L'eccezionale fenomeno geologico fu osservato e studiato da numerosi scienziati fra cui i tedeschi Hoffinann, Schultz e Philippi, gli inglesi Davy e Smyth, i francesi Jonville e Prévost. Fra gli italiani furono: Domenico Scinà (1765-1837) che pubblicò le sue osservazioni nelle « Effeméridi siciliane » (1832 - Vol. 2°) e Carlo Gemmellaro (1787-1866) professore di geologia e mineralogia nell'Università di Catania, il quale pubblicò una chiara e precisa relazione negli « Atti dell'Accademia Gioenia di Catania » (1831 - Vol. 8°). Molti furono i curiosi chee si recarono a Sciacca per portarsi sulla nuova isola ed alcuni di essi ne hanno lasciato descrizioni in giornali e, riviste dell'epoca, specialmente gli stranieri. fra cui, in particolare modo, gli inglesi, due dei quali, malgrado il calore emanato dai materiali eruttivi, nei quali si affondava fino alla caviglia, con la classica flemma britannica, si sedettero a far colazione! Gli inglesi ebbero una particolare predilezione per la nuova isola che si trovava sulla rotta per Malta. La Gazzetta di Malta del 10 agosto 1831 riferiva che il capitano Sanhouse, comandante del cutter Hind, il 2 agosto era sbarcato sulla isola e vi aveva piantato la bandiera inglese; un altro inglese, il 7 agosto partì da Sciacca con la barca di Domenico Cusumano, portando una bandiera inglese che avrebbe piantato nell'isola, ma vista la furia del vulcano, stimò più prudente starsene ad un miglio di distanza. All'isola furono dati sette nomi: Sciacca, Nertita, Corrao, Hotham, Giulia, Graham, Ferdinandea. La Società Reale e la Società di geologia di Londra adottarono il nome di Graham, uomo politico inglese che partecipò alle vicende della costituzione siciliana del 1812 e fu poi ministro degli interni quando furono aperte le lettere di Mazzini che, comunicate al governo borbonico, causarono la fucilazione dei fratelli Bandiera e dei loro animosi compagni. Il 17 agosto 1831 Ferdinando II di Borbone, allora regnante su Napoli e Sicilia, con atto sovrano includeva l'isola nel proprio regno e le dava il nome di Ferdinandea, proposto dal Gemmellaro. Il 29 settembre il francese Derussat, che faceva parte della spedizione scientifica del prof. Prévost, issò la bandiera francese sulla parte più alta dell'isola, alla quale fu dato il nome di Giulia a ricordo della sua apparizione nel mese di luglio. Intanto la nuova isola, flagellata dalle onde, diminuiva progressivamente; quando la visitò il Prévost il suo perimetro era ridotto a 700 metri. Verso la fine di ottobre l'isola emergeva di circa un metro dal livello del mare ed il cratere era appena riconoscibile. L'8 dicembre il capitano Vincenzo Allotta, comandante del brigantino Achille, al posto dell'isola trovò una piccola colonna di acqua calda « con puzza di bitume ». Il 17 dicembre due ufficiali dell'Ufficio topografico di Napoli, recatisi sul posto, trovarono che tutta l'isola era stata coperta dal mare. Nel gennaio dell'anno successivo (1832) il vice ammiraglio Hugon e il capitano Swinburne trovarono solo un bassofondo. Verso la fine del 1835 al posto dell'isola esisteva un piccolo monte subacqueo esteso per circa 1100 metri e la cui cima era a circa tre metri dalla superficie del mare, costituendo un pericolo per la navigazione. Il 12 agosto 1863 il cratere si riaprì ed in pochi giorni si formò una nuova isoletta che fu subito distrutta dalle onde marine. Secondo gli ultimi rilievi fatti dall'Istituto Idrografico della Marina Militare (1925) dell'isola rimane, nella parte sud orientale del banco Graham, un cono vulcanico, la cui base ha la forma di un cerchio di circa 500 metri di diametro, alla quota di circa 25 metri sotto il livello marino e la cui sommità sale ad otto metri sotto il livello del mare.

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Da dumas a Camilleri: i suoi cantori

L'isola dei sette nomi (Sciacca,Nertita, Corrao, Hotham, Julie, Graham,Ferdinandea) ha ispirato studiosi, scrittori, poeti e pittori di tutta Europa. Il primo a studiarla fu Carlo Gemellaro (1787-1866), geologo dell'Universita' di Catania, che la dedico' al Re Ferdinando II. Fu descritta da Alexandre Dumas, nel suo Viaggio in Sicilia e, in tempi piu' recenti, e' stata protagonista del romanzo Un filo di fumo di Andrea Camilleri. Alcuni pittori dell'800 ci hanno invece regalato le uniche testimonianze visive della sua attivita' vulcanica. Una bella immagine delle Ferdinandea la si puo' ammirare a Villa Pignatelli a Napoli.





Quasi due secoli di battaglie per una terra che non esiste

La questione della sovranita' sull'isola Ferdinandea si trascina da 170 anni. Il times ha scritto, a proposito dell'eventuale riemersione, " nel Mediterraneo sta per risorgere un pezzo di impero britannico". In effetti, quando l'isola spunto' dal mare nel 1831, l'ammiraglio inglese Senhouse fu il primo ad avvistarla. Ma basta questo a fare della Ferdinandea territorio britannico? No perche' l'isola si trova a 30 miglia da Sciacca ma ad appena 22,5 dal punto piu' vicino della costa siciliana, Capo Granitola. Le acque territoriali italiane si estendono per 12 miglia, ma altre 12 (si arriva dunque a 24) potrebbero essere riconosciute al nostro paese come Zona Contigua Marittima, in omaggio alla Convenzione di Montego Bay che lascia margini di auto difesa ad ogni paese contro violazioni delle norme internazionali. Tale convenzione andrebbe pero' attivata da una norma interna che l'Italia non ha ancora. Un'altra possibilita' e' quella di appellarsi alla Convenzione di Gineva del '58 sulla piattaforma continentale, dal momento che il Banco di Graham, dunque la Ferdinandea, sono stabilmente ancorate a quella su cui risiede anche l'Italia. Terza opportunita' e' quella di proclamare la zona di Graham "Area specialmente protetta di importanza Mediterranea", sulla base del Protocollo di Bracellona del '95. Chiunque si appelli ad antichi diritti sull'isola, guadagnati quando questa emerse e legati al concetto di res inventata (una cosa appartiene a chi la trova, secondo il diritto romano) e' destinato a veder soccombere le sue pretese. Ma e' tornata sott'acqua, e li giace da 170 anni ...

(m.m)



Benvenuti sull'isola che non c'era. E ora riemergera'

Benvenuti sull'isola che non c'e'. O meglio: che c'e', ma sta sott'acqua e potrebbe emergere da un momento all'altro. Gia', perche' mentre Stromboli a colpi di lava si sgretola e frana in mare, continuando a creare allarmi, dalla parte opposta della Sicilia un isolotto, proprio grazie ad un'eruzione vulcanica, potrebbe presto a rivedere la luce del sole. E' l'isola Ferdinandea, poco piu' di uno scoglio a 22 miglia dalla costa siciliana, ma con alle spalle una storia affascinante, fatta di interrogativi scientifici e contese diplomatiche che durano da 170 anni.

A Sciacca, paese in provincia di Agrigento, il conto della rovescia, per gli esperti provenienti da tutta Europa, e' gia' cominciato. La speranza e' di poter assistere in diretta alla riemersione della Ferdinandea. Un evento verificatosi per l'ultima volta nel 1831, quando l'isola mise il suo naso rovente fuori dall'acqua per appena 5 mesi. A bordo della motovedetta Mazzinghi della Capitaneria di Porto di Palermo, insieme al sub della Lega Navale di Sciacca, oggi ci sono inglesi e francesi, alcuni dei quali, sfidando l'ira dei siciliani, hanno portato con se' i loro vessilli nazionali da piantare sul cono sommerso: quasi a voler ripetere le gesta dei loro antenati, ce avevano scatenato una mai risolta bagarre diplomatica per imporre il proprio dominio su questo pezzetto di terra e sabbia infuocate. La Ferdinandea e' un mito tornato di attualita', da quando Enzo Boschi, direttore dell'Istituto Nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), ne ha pronosticato l'imminente ricomparsa. In realta', oggi sulla Ferdinandea (o Graham, come la chiamo' l'ammiraglio inglese Senhouse, in onore di Sir Graham, primo Lord dell'ammiraglio inglese, o ancora Julie, vezzoso nome datole da due studiosi francesi, in omaggio al mese della sua apparizione, luglio) non si fanno molti controlli: l'unico sismografo della zona (collocato a Pantelleria dall'Istituto Ettore Maiorana di Erice) e' ormai fuori uso. Gli esperti dell'Ingv di Catania, pero' si stanno organizzando.

L'ultima campagna oceanografica nella zona Ferdinandea risale a due anni fa, dice Massimo Pompilio. All'epoca non c'erano segni che facessero pensare a un'eruzione imminente. Ora abbiamo deciso di tornare la', nel piu' breve tempo possibile, per vedere cosa sta succedendo. Con quali strumenti? Un vulcano sottomarino va tenuto sotto controllo per mezzo di sensori che, posizonati in punti strategici, offrano continui rivelamenti, risponde Pompilio. Si potrebbe utilizzare una stazione sisimica chiamata Obs, gia' rodata su altri grandi vulcani in tutto il mondo, come il Kilauea, nelle Hawai, o il Kick'em Jenny, nelle Antille. Ma come sta davvero la Ferdinandea? E cosa succederebbe nel caso decidesse di svegliarsi? Qualcosa di molto simile, pare, a quello che e' successo a Stromboli. Per essere certi della ripresa dell'attivita' vulcanica dovremmo registrare i tipici "sciami" di scosse sismiche, l'aumento dell'attivita' gassosa e la mutata composizione chimica della lava. Ma questi segnali devono manifestarsi contemporaneamente, dice SIlvio Rotolo, un ricercatore dell'Universita' di Palermo che sta studiando proprio le rocce basaltiche provenienti dall'atollo sommerso.

Finora a Ferdinandea non e' stato registrato nulla di tutto questo. E il fatto che l'isola stia risalendo (negli ultimi tre anni e' passata da -8 metri di profondita' a -5,70) non rientra tra i parametri-spia. In ogni caso, se la Ferdinandea emettesse anche una sola goccia di magma succederebbe il pandemonio. Tutto sotto controllo, dunque. Ma l'isola cara a Re Ferdinando II di Borbone, resta pericolosa, ancorata com'e' a 190 metri di profondita', proprio al di sotto del braccio di mare che separa Sciacca da Pantelleria. Sono venti milioni di anni che tutta la zona e' sottoposta a grandi tensioni, dovute al continuo scontro tra due grandi placche continentali, quella nordafricana e quella euroasiatica, che proprio nel canale di Sicilia hanno la loro cerniera, dice Rotolo. In quel punto la crosta terrestre e' molto sottile e favorisce la fuoriuscita di magmi. La Ferdinandea, poi, si trova proprio in corrispondenza di una spaccatura della crosta, attraverso la quale il magma risale dal mantello, e da li' pesca lava, attraverso un canale lungo circa 25 chilometri. Inoltre, al contrario dell'Etna, non c'e' una camera in cui il magma si accumula prima dell'eruzione. E questo complica il compito di chi deve prevedere il comportamento del vulcano. Ma il Mediterraneo e' in ebollizione e la cautela e' d'obbligo. Dopo l'Etna e lo Stromboli potrebbe essere la volta della Ferdinandea. E c'e' gia' chi, vista l'aria che tira, pensa di tenere sotto stretta sorveglianza anche il Marsili, una montagna sottomarina alta 3000 metri, a meta' strada tra Cefalu' e Salerno. E' il piu' grande vulcano d'Europa e il suo risveglio potrebbe provocare un'onda anomala dagli esiti catastrofici su tutto il Tirreno.

Marco Merola



Nascita dell'isola Ferdinandea nel 1831
problemi di Diritto Internazionale tuttora irrisolti.

Signor Presidente, il mio intervento per parlare della comparsa di un vulcano sottomarino, l'isola Ferdinandea, evento geologico che lo scorso secolo ha avuto come teatro il Canale di Sicilia, nasce dalla rinnovata attenzione verso tale fenomeno, che oltre a suscitare un forte interesse dal punto di vista scientifico, ha riproposto delle questioni di Diritto, Internazionale, apparentemente scomparse assieme all'Isola nello stesso 1831, ma in realtà pronte a riemergere, nel momento stesso in cui ne viene paventata la riemersione. Ecco i fatti. Nel giugno di quell'anno, una serie di scosse telluriche gettarono lo scompiglio nella cittadina di Sciacca: erano i segni prodromici di un evento geologico straordinario, la nascita nel bel mezzo del mare, di un vulcano, che si sarebbe manifestato in tutta la sua inquietante magnificenza, nei primi giorni di luglio. La Sicilia fremeva per l'imminente arrivo a Palermo, di re Ferdinando II di Borbone, in occasione dei festeggiamenti in onore di S. Rosalia. Anche il mare in quei giorni fremeva: sotto l'atterrito cospetto dei pescatori che battevano il tratto di mare antistante la costa sud-occidentale della Sicilia, le acque ribollivano. Dalle profondità marine, risalivano in superficie, pomici e chiazze oleose, mentre l'aria odorava di zolfo; il 5 luglio, al rimescolio delle acque, si aggiunse la fuoriuscita del fumo: i tempi erano maturi per il parto della nuova terra, evento che si manifestò infatti il 17, con l'emissione di lava infuocata, cenere e lapilli. Il tutto con il coreografico sollevarsi di alte colonne d'acqua, in uno spettacolare quanto terrificante evento, ben visibile da Sciacca. L'11 luglio era già arrivato a Palermo re Ferdinando, che alla notizia della nascita del vulcano, inviò sul luogo, la real corvetta bombardiera Etna, nome quanto mai appropriato, per studiare il fenomeno. Al comando, il capitano di fregata don Raffaele Cacace. La nave, varata il 18 settembre dell'anno precedente nei canteri di Castellammare di Stabia, era moderna ed armata di 14 cannoni. Notata l'attenzione borbonica verso la nuova terra, anche gli inglesi cominciarono ad interessarsi più concretamente al vulcano e non certo per fini scientifici: da Malta, quale risposta alla missione dell'Etna, venne inviato sul luogo, il cutter Hind, al comando del tenente Coleman. Paradossalmente, quel tratto di mare andava divenendo sempre più incandescente, man mano il vulcano si andava raffreddando. Per una vera missione scientifica, venne incaricato un famoso geologo di Berlino, Federico Hoffmann, che partito da Sciacca col battello Gesù, Giuseppe e Maria, effettuerà i primi rilevamenti a distanza dell'Isola, in quanto in piena attività eruttiva. Anche l'Università di Catania, si interessa al fenomeno ed intende studiarlo, affidandosi alla competenza di un valente scienziato, Carlo Gemmellaro: questi partirà da Sciacca il 10 agosto. Misurerà il vulcano: da ponente a levante, 200 metri, una circonferenza di mezzo miglio ed un'altezza di 27 metri. Ma appena possibile bisogna prenderne possesso e per far questo vi si deve piantare un vessillo. Il 7 agosto un viaggiatore inglese tenta di sbarcare: ha anche portato da Sciacca, da dove è partito, una bandiera, ma a causa delle eruzioni, fallisce la missione. Addirittura prima, il 2 agosto, un altro inglese, il cap. Mumphrey Le Fleming Senhouse, aveva dichiarato di essere sbarcato sull'Isola e di averne preso possesso in nome della Gran Bretagna, chiamandola isola di Graham, nome del banco marino su cui riteneva poggiasse il vulcano (il banco a sua volta era stato così chiamato, da sir James Robert George Graham, politico inglese); lo sbarco è in realtà poco verosimile, date le condizioni ambientali proibitive di un vulcano in piena attività. Ha invece successo, la deputazione sanitaria di Sciacca, che invia sull'Isola il 13 luglio, una barca peschereccia, comandata da Michele Fiorini. Questi provvede a prenderne il possesso, conficcando sulla sabbia nerissima del vulcano, un remo alla cui estremità era legata una bandiera: il tutto sancito da un verbale redatto al ritorno, nella cancelleria di Sciacca. Il 20 agosto, vi sbarca il chirurgo inglese Osborne ed altri ufficiali inglesi venuti da Malta; gli sbarchi continuano per tutto agosto. La questione dell'appartenenza della nuova terra è sempre più pressante. Gemmellaro, dato che l'isola si manifestò in concomitanza dell'arrivo del re a Palermo, volle chiamarla Isola di Ferdinando II. Il re soddisfatto, provvederà con un atto sovrano del 17 agosto 1831, a chiamarla Ferdinandea e ad annetterla formalmente al Regno delle Due Sicilie

Anche i francesi avevano tentato di darle un nome: Constant Prevost e Edmond Joinville, durante una visita per una missione geologica il 28 settembre, l'avevano chiamata Giulia (nome armonioso, molto italiano, dettato dal fatto che l'isola era nata a luglio). Essi vi piantarono il tricolore francese ed anche un cartello con data e nome dei visitatori. Il geologo inglese Charles Lyell, la chiamò Sciacca, ma la Royal Society di Londra e la Società di Geologia, la chiameranno definitivamente Graham, nome che nelle moderne carte nautiche, indica l'attuale basso fondale, ciò che rimane dell'isola. L'intenso circolare in quella zona ed in quel periodo di navi da guerra inglesi, sotto il comando del v. ammiraglio Hotham, che fa pattugliare la zona allo sloop Ferret, tradisce mire di possesso ormai palesi, per cui il governo siciliano, è costretto a sua volta ad inviare un'unità, al comando del capitano di fregata Valguarnera. Ma il mare sta già provvedendo a placare gli animi dei contendenti, volendo usare un eufemismo molto appropriato, gettando acqua sul fuoco. L'elegante pacchetto a vapore Francesco-I, viene fatto salpare da Napoli per un'ultima ricognizione, ed il 27 ottobre raggiunge un'isola che si presenta molto ridotta in ampiezza: i materiali che la costituiscono, in prevalenza sabbie pomicee, sono facile preda dei marosi e quella poco consistente terra, comincia a sfaldarsi. Non c'è più il fenomeno eruttivo a sostenerla, anzi le lave dure e resistenti, non hanno avuto neppure il tempo di raggiungere la superficie. Il 16 novembre Ferdinandea appare smembrata come un piccolo arcipelago, ma ancora qualcuno, in 2O novembre, riesce a sbarcarvi: è Walter Scott, uno scrittore scozzese. Due scosse di terremoto, una il 15 ed una il 16 dicembre, decretano la fine dell'isola. Dopo cento settant'anni, quel tratto di mare torna a brulicare di unità navali, mentre dalle sue acque, emergono rigogliose bolle d'aria: è l'aria liberata dalle bombole dei sommozzatori della Lega Navale di Agrigento e del Club Seccagrande di Ribera, mentre le navi sono quelle della Guardia di Finanza e della Capitaneria di Porto: si sta effettuando una missione scientifica sui resti sommersi del vulcano, sotto il coordinamento scientifico dell'Ordine Regionale dei Geologi. In quel tratto di Canale di Sicilia, distante poco più di 20 miglia dalle nostre coste, due placche continentali sono interessate da un movimento che tende ad allontanarle e quando questo avviene, si originano delle scosse telluriche mentre la crosta terrestre, in questo punto molto sottile, si frattura e lascia fuoriuscire del magma; se l'eruzione sottomarina dura a lungo, la lava raggiunge la superficie e si forma un'isola. In questo modo sono nate Linosa, Pantelleria e Ferdinandea e per tale motivo, questi fenomeni hanno un carattere di ciclicità. Un fenomeno potenzialmente rischioso dal punta di vista sismico per le nostre coste, come hanno mostrato i terremoti del 1831 e quello più recente del 1995, dunque da monitorare. Ecco il motivo dello operazioni ideate e coordinate dal sottoscritto, che ha portato sommozzatori e geologi, ad effettuare rilevamenti e prelievi di campioni di lava, studiati dal Dipartimento di Chimica e Mineralogia dell'Università di Palermo.

Le missioni però hanno sortito un effetto non previsto, un'attenzione enorme da parte di stampa e televisioni, non solo italiane, che hanno amplificato a dismisura, la nostra ricerca, fino a preannunciare (notizia priva di fondamento), l'imminente riemersione dell'isola e la notizia, ha spinto il governo inglese, a rivendicarne la sovranità, in base a presunti diritti accampati nel 1831. L'anacronistica quanto inopportuna rivendicazione, riportata dal Times, ha creato imbarazzo al Ministero degli Esteri della nostra Nazione, sulla cui piattaforma continentale, insiste il vulcano sottomarino; lo scrivente, ha dovuto stilare una dettagliata relazione al Ministro Dini, chiarendo che allo stato attuale, non ci sono segni di eruzione sottomarina e dunque di imminente riemersione

Come stanno dunque le cose dopo cento settant'anni? Di chi sarebbe l'Isola se dovesse riemergere? Si arriverebbe a pericolosi o quanto meno antipatici contenziosi tra nazioni, come nel 1831? La recente rivendicazione inglese, tra l'altro manifestata senza neppure il concretizzarsi dell'oggetto della contesa, ci induce ad affrontare con serenità la questione ed anche preventivamente, dato che, come affermano i geologi, l'isola potrebbe prima o poi riemergere: affrontare in anticipo la questione, eviterebbe future situazioni di imbarazzo se non di forza. Allo stato attuale, nessuna nazione può rivendicare una terra che non esiste, in quanto come abbiamo visto, ciò che resta dell'Isola, giace ad una profondità minima di -8m e massima di -190. La Convenzione Internazionale del 1982 di Montego Bay, stabilisce che comunque, il banco di Graham, distante circa 24 miglia dalle nostre coste, giace nella piattaforma continentale italiana (che arriva fino a 200 miglia dalla nostra linea costiera); l'articolo 149 della stessa convenzione, relativamente al patrimonio storico e archeologico, stabilisce che "per tutti gli oggetti di carattere storico o culturale trovati entro le 200 miglia di uno stato costiero, si deve tenere conto dell'origine storica e culturale dei reperti"; ma Ferdinandea, non è un oggetto storico. Inoltre, per quel che riguarda la competenza territoriale in materia, fiscale, sanitaria e di immigrazione, dichiarando la cosiddetta Zona Contigua Marittima, una nazione può estendere i propri poteri territoriali dalle attuali 12 miglia, fino a 24; l'Italia però non ha ancora provveduto a dichiarare tale Zona Contigua, probabilmente per il quieto vivere con Paesi dirimpettai come l'ex Jugoslavia. Dopo la recente rivendicazione britannica sulla Ferdinandea, anche gli esperti di Diritto italiani si sono posti la questione e sul numero di giugno di Rivista Marittima, il mensile pubblicato dalla nostra Marina Militare, il cap. Fabio Caffio, responsabile dell'Ufficio Affari Giuridici Internazionali dello Stato Maggiore della Marina, prendendo spunto dalle nostre missioni sul vulcano ed il tentativo di accamparne diritti da parte della Gran Bretagna, ha scritto un interessantissimo articolo intitolato "La disputa virtuale sull'isola Ferdinandea". Caffio, afferma in tono rassicurante, che oggi non si arriverebbe a risolvere il contenzioso con l'impiego della forza, in quanto si demanderebbe la soluzione della controversia, ad un Organismo internazionale, come la Corte Internazionale di Giustizia o la Corte Permanente di Arbitrato; c'è da dire di contro, che l'atteggiamento dal tono imperialistico mostrato in questa vicenda dagli inglesi, ci rassicura di meno e ci rimanda a memorie non tanto lontane, quando protagoniste di contenzioso, furono alcune sperdute isole, che si chiamavano Falkland ed il contenzioso non fu impugnato dalle Corti di Arbitrato, ma dalle navi da battaglia britanniche e dai caccia argentini. Nel 1831, l'esercizio di sovranità fu esercitato esclusivamente dai Borbone, che provvidero tra l'altro, ad effettuare sull'isola dei rilievi, compito affidato al Reale Ufficio Topografico, elaborati da Benedetto Marzolla (che nel dicembre del 1831, pubblicò la descrizione dell'Isola, corredata da pregevoli stampe); inoltre, in materia di sovranità di terre affiorate all'improvviso, la giurisprudenza arbitrale internazionale è concorde nel ritenere che il possesso di una terra debba essere aperta, esclusiva ed effettiva e non serve piantare semplicemente una bandiera: ecco perché gli inglesi non hanno nulla da rivendicare; vige poi il principio della contiguità, cioè l'interesse giuridicamente tutelato dallo Stato costiero più vicino all'Isola e dunque dall'Italia, in quanto come già detto, il vulcano insiste sulla nostra piattaforma continentale. Anche se effettivamente coloro che esercitarono tangibile sovranità sull'Isola furono i Borbone, se c'è un Paese che oggi può vantare un titolo, questi è l'Italia, quale Stato successore del Regno delle Due Sicilie. Ma per amore di obiettività, a questo punto si potrebbe affermare che in caso di riemersione dell'Isola, anche i Borbone potrebbero partecipare al contenzioso, poiché Ferdinandea si verrebbe a trovare ben oltre le acque territoriali italiane, dunque al di fuori dei suoi confini. Per fortuna questa è semplice speculazione: dobbiamo sperare che l'evento non si ripeta, in quanto un'eruzione sottomarina non è mai atraumatica e si potrebbe accompagnare a forti terremoti ed onde di maremoto; è quasi certo che un'antica eruzione con epicentro Ferdinandea, abbia determinato la distruzione della splendida città greca di Selinunte, distruzione finora attribuita ai 60 elefanti di Pirro, nel 270 a.C. Dunque un evento che a parte le implicazioni di sovranità, potrebbe comportare ben più gravi problemi. Ma la controversia, ha rappresentato anche lo spunto per un'iniziativa dal sapore provocatorio ma non politico, che ha condotto il sottoscritto ad invitare il successore al Regno delle Due Sicilie, S.A.R. il principe Carlo di Borbone, a recarsi con i nostri sommozzatori sui resti dell'Isola, per deporre nei suoi fondali una lapide, dove le lettere di bronzo, recitano che quella terra è appartenuta ed apparterrà sempre, sia culturalmente che storicamente, al popolo siciliano

Relatore dr. Domenico Macaluso - Ispettore Onorario ai BB.CC. della Regione Sicilia.

Diplomatic spat may develop over re-emerging Med. island

Will Malta lay claim to the volcanic island expected to emerge out of the waters off its west coast in the coming days? The island, known to the British as Graham Island, to the Italians as Ferdinandea and to the French as Julia, has been submerged since January 1832. It last emerged above sea level in July, 1831, between Pantelleria and Sciacca and had then been claimed by Sicily, the UK and France. Observers at the time wondered if a chain of mountains would spring up, linking Sicily to Tunisia and thus upsetting the geopolitics of the region. Geologists studying the seabed near Sicily say there are signs that the island is expected to resurface again in the coming weeks. The island was sighted in the Sicilian Channel on July 13, 1831, amid huge clouds of smoke and lava flows from a crack in the sea bottom. Quick to capitalise on its strategic importance, Britain had despatched HMS Rapid from Malta, and a British naval party planted a British flag on the summit despite the "nauseous gas". They named the island Graham, after Sir James Graham, the first lord of the admiralty. The English had a particular liking for the new island that was en route to Malta, then a British colony, the Grifasi - Almanacco Siciliano said, quoting from a Maltese newspaper of August 10, 1831. But the government of the Kingdom of the Two Sicilies dispatched the corvette Etna to take down the British flag, claim the new land and dub it Ferdinandea in honour of King Ferdinand II, the Bourbon King of Naples and Sicily until 1859. Soon afterwards the French turned up: represented by geologist Constant Prevost and Eduard Joinville, a painter. Bearing the flag of France, they named the island Julia, because it was 'born' in July. The eruptive phenomena were intense between July 18 and 24, slowing down until they were extinguished at the beginning of August, when the island had reached its maximum development - a circumference of 4,800 metres and a height of 63 metres. The island's size gradually decreased to 700 metres. By January of the following year, it had disappeared. First recorded in 10BC, the submerged island last featured in an international dispute in 1987, when a US warplane patrolling the area during a confrontation with Libya mistook its submerged tip for a Libyan submarine and dropped depth charges on it. Federico Eichberg, an international relations expert based in Rome, believes that should Ferdinandea reappear, it would do so within Italian territorial waters and in all probability be formally claimed by Italy. The tip of the island is currently around eight metres beneath the surface, forming a shoal regarded as a hazard to shipping. Prof. Enzo Boschi, director of the Italian National Institute of Geophysics, said recently that waters above the island had been observed "bubbling" and there were "frequent tremors". Back in 1831, before diplomatic incidents involving the Sicilians, English and French could get underway in earnest, the new island eaten away by the waves, sank back into the waters of the Mediterranean and disappeared. Forever? That remains to be seen.

Rosanne Zammit - Times-Malta Saturday, November 30, 2002

Italy stakes early claim to submerged island

A bizarre diplomatic row is brewing over the ownership of a submerged volcanic island that may be about to reappear after 170 years in the seas off Sicily because of seismic activity around Mount Etna. Italy’s official maritime organisation demanded yesterday that Rome lay claim to the island before Britain, France, Libya or any other state does so. A British claim could be based on the fact that a British admiral planted a flag when the island emerged from the sea for six months in 1831. The Italian Naval League, founded in 1897 to promote Italy’s maritime traditions and which is subordinate to both the Defence Ministry and the Transport Ministry, said that Italy must carry out a “preventive strike” to declare the island “a contiguous maritime zone, otherwise it could be claimed by other countries, including Arab states such as Libya”. The submerged island is known as Ferdinandea to the Italians, after King Ferdinand II, the Bourbon King of Naples and Sicily until 1859. On British maps, however, it is marked as Graham Island or Graham Bank, after Sir James Robert George Graham, First Lord of the Admiralty, who claimed it for Britain. France also made a claim. Enzo Boschi, head of the Institute of Geophysics and Vulcanology, said that intense seismic activity beneath Mount Etna and around the Aeolian Islands was also affecting volcanoes submerged in the sea around Sicily. “We are monitoring the situation closely,” he said. The re-emergence of the island would be “a beautiful and fascinating event”. Scientists first noted “bubbling waters” above Graham Island — which lies 30 miles from Sciacca on the Sicilian coast — nearly three years ago. Weather satellites spotted concentric wave patterns and fishermen reported spouts of hot water, shoals of dead fish and the smell of sulphur. Government scientists on an exploration vessel, the San Giorgio, reported similar phenomena yesterday and Sicilian divers have planted an Italian flag on the island as a precautionary measure. When the island last appeared, in August 1831, rising 200ft above the water, Britain sent naval vessels from Malta, with a landing party led by Captain Humphrey Le Fleming Senhouse, and the flag was planted “despite the nauseous gas”. Etna, which is Europe’s most active volcano, reawakened a month ago, sending spectacular fountains of molten rock into the air and unleashing streams of lava. It has not, so far, threatened centres of population such as Catania, which lies below it. Residents are, however, braced for a big eruption and earth tremors beneath Mount Etna continue to cause alarm. Graham Island was climbed by Sir Walter Scott, the writer, as it was becoming the subject of a fierce dispute; a party of French adventurers landed to stake a claim for France. Then it sank as swiftly as it had risen. It last featured in an international incident when American warplanes patrolling during the confrontation with Libya in 1987 mistook the island for a Libyan submarine and dropped depth charges on it. In September last year Prince Charles and Princess Camilla of Bourbon, who live in exile in the South of France, arranged for divers to plant a plaque on the island declaring that the claim to it had passed from the former Bourbon dynasty to the Italian state.

Richard Owen - Times November 27, 2002

The Island that Time Remembered
Once, it was a cause célèbre: a strategically important volcanic island in the Mediterranean that Britain, France, Spain and Sicily all claimed as their own. Then, in 1831, it sank beneath the sea. Now, inch by inch, Graham Island is rising to the surface again. And already the territorial squabbling has resumed

It began with the boiling of waters, 22 miles from the island of fire. It was July 1861, and off the coast of southern Sicily - the fiery island of volcanoes - in the Sicilian Channel between Europe and Africa, strange things were happening. There was a terrible smell of sulphur in the air, and jets of hot water and cinders were spat from the ocean. Dead fish floated on the surface. Commander Charles Henry Swinburne, standing on the British naval frigate HMS Rapid, watched as for only the second time since 10BC, one of Sicily's lesser-known volcanoes rose up from the sea, setting off an international dispute between Britain and Italy that is still, theoretically, unresolved. The British returned in August 1831, claiming the now sizeable hillock as Graham Island, after the First Lord of the Admiralty, and gleeful at grabbing such a strategic lump of rock: closer to Europe than Malta, Graham Island was a perfect point to control commercial and military sea traffic in the major Mediterranean shipping lanes. The Sicilians - Italy wouldn't be unified until 1870 - indignantly sent a ship to claim the island for the Bourbon Kingdom of the Two Sicilies, whose captain removed the Union Jack and named the island Ferdinandea, after King Ferdinand II. The Spanish showed an interest too, while the French sent a geologist to name it Giulia, on the prosaic grounds that it had appeared in the month of July. For five months, conflict raged in newspapers, as three nations fought over a 60m-high lump of basalt. Tourists travelled to the island to see its two small lakes and four-kilometre circumference; hardy visitors climbed to its summit through clouds of noxious gas. Sailors watched with suspicion, muttering of magic forces that must make the island pop up and down, while the nobles of the House of Bourbon reportedly planned to set up a top-class holiday resort on its beaches. But it was no use. Little by little, the island sank back beneath the waters, and by 17 December 1831, two Neapolitan officials reported no trace of it. The volcano had been drawn back down into the sea by the movement of the tectonic plates, the same way it had arisen, and the dispute was seemingly resolved - no territory, no territorial claim. Until now. The seamount (a seabed volcano) of Graham/Ferdinandea has lived on in charts, its summit - only eight metres below the surface - a constant hazard for shipping. Occasionally it has made its presence known, alarming fishermen with its steaming. In 1987, an American pilot on the way to bomb Libya thought the rock a submarine, and dropped depth charges on it. In 1995, tremors along the Sicilian coast were blamed on Ferdinandea. Then last year, the squabble over a non-existent island spluttered once more into life. Domenico Macaluso is a surgeon in Sciacca, the coastal town nearest to Ferdinandea, as he calls it ("You'll be wanting to call it Graham, I suppose," he says on the phone). A keen diver, and a volunteer Inspector of Sicilian Cultural Riches, he was horrified by the underwater foraging of the famed American diver Robert Ballard, who had been poking around in the Sicilian Channel and began to take an interest in Ferdinandea. Macaluso's interest intensified last year. "It was 5 February 2000," he states with obsessive precision, when a bout of volcanic activity prompted a newspaper article entitled "A long vanished piece of the British Empire is about to resurface". This caused "a certain embarrassment in certain quarters", says Macaluso, including in the Italian Ministry of Foreign Affairs. Anxiety pricked by rumours that two British navy ships had been sniffing around the area, possibly checking out the truth of the press story, the Italian government asked for a report on the situation from its voluntary cultural inspector. There was no chance of Ferdinandea re-emerging any time soon, the report concluded, but that didn't mean it wouldn't, one day. After all, the British had never made a formal claim to Graham, beyond sticking a flag on it. Ferdinand II had gone further, declaring with an Act of Annexation that Ferdinandea belonged to the Kingdom of Two Sicilies. But under international maritime law, Ferdinandea/Graham lies just outside Italy's 12-mile territorial waters. In theory, anyone - from Libya opposite, to nostalgic imperialists in the British fleet, to the House of Bourbon - could claim it, and the waters between Africa and Europe are as strategic now as in 1831. Macaluso decided to take action. "I'm not political," he stresses, but he is determined. He persuaded Ferdinand's descendant, Prince Carlos of Calabria, who'd never set foot in Sicily, to take part in a "cultural initiative", in the form of a 150kg marble plaque, inscribed with the coats of arms of the House of Bourbon, the Italian Navy and the town of Sciacca, and with the words: "This piece of land, once Ferdinandea, was and shall always belong to the Sicilian people." It was all done in the name of the long-dead Ferdinand of Bourbon, Duke of Castro, and placed 20m below the surface in March this year, an event commemorated by the Italian media. The publicity brought curious tourists back to this anonymous patch of sea where there was nothing to see. It brought someone else, too, because when Macaluso dived down to the island four weeks ago, he found his beloved plaque in pieces. Twelve pieces, actually, apparently bearing the marks of severe blows. He cried foul. "It's vandalism!" Italian newspapers, remembering the G8 protests in Genoa, speculated about a "Black Bloc" of underwater anarchists. More sober observers pointed to fishing anchors, accidental damage, maybe an earthquake, but Macaluso is unconvinced. "It was a considerable undertaking, to dive down there. If it had been an anchor, it would have broken in two, not 12 pieces. It was deliberate." Could it have been the dastardly British? "I don't think they could be bothered to get in a sub and go and break a piece of marble. Maybe it was someone with a grudge against the Bourbons." Filippo D'Arpa, a journalist with Il Giornale di Sicilia, pours cold water on any conspiracy theories. His novel on the events of 1831 - The Island That Went Away - published this month in Italy, is "a metaphor on the ridiculousness of power. This rock is worth nothing, it's no use as a territorial possession, and yet the English, the French and the Bourbons fought over it and nearly came to war". Even so, "even now there's a strong rivalry, because the ownership of the island has never been established. It's very peculiar that 160 years later, English and Italians are still fighting over this." Not so, says the Foreign Office spokeswoman, who downplays any claim, but knew exactly where Graham Island was. She asks briskly whether a quote she gave Time magazine would be OK. "I think we said we weren't going to make waves about it, or something humorous. It's that kind of level." But it pays to take small islands seriously, however insignificant they seem. Three miles off Southend-on-Sea, Roy and Joan Bates have defied Her Majesty's Government for 30 years to claim sovereignty for their principality of Sealand (actually a concrete gun fort). Japan's 200-mile exclusive economic zone uses a boundary marked by humble crops of coral surrounded by concrete. And in the book Lost Islands the oceanographer Henry Stommel listed many more undiscovered islands - marked on charts, but missing - which could be claimed for offshore banking services, principalities or radio stations, if anyone could find them. "It's a very thorny issue," says Martin Pratt of the University of Durham's International Boundaries Research Unit. "You can't have sovereignty without territory, and you usually need some kind of continuous possession. But theoretically, if it did emerge again, it's outside Italian territorial waters, and someone could possess it and claim it." An Italian naval captain recently wrote an article about Ferdinandea entitled "A Virtual Dispute". But a dispute it still is. Enough for Macaluso to be invited to Brussels to discuss the situation at official level, and for the Belgian newspaper Le Soir to put the story in full-colour on its front page. Enough for physicist Antonio Zichichi, who keeps an eye on the volcano from the Ettore Majorano Centre at Erice, to say immediately, "We're not interested in any plaques!" Zichichi heads a project "to understand what's going on in that part of the sea", including correlations between Ferdinandea's activity and seismic shocks on Sicily's southern coast. "I intervened because people were saying such stupid things about Ferdinandea - that it was magic, that it was going to erupt. It goes up and down because the earth's crust goes up and down, and that's that." But a Nato report last year about a similar seamount off northern Sicily speculated that a new emergence could cause huge tidal waves. And even Zichichi, a strong believer in Galileo's dictum that our lives must be governed by facts, admits that for now, Ferdinandea hasn't supplied many. "People should have started monitoring 20 years ago, not five," he says. "It's a very difficult task - in the advanced frontiers of geophysics, it's impossible to predict seismic events." And as long as the possibility that the non-existent island will exist again cannot be ruled out, the virtual dispute can rumble on. So Macaluso is determined to replace the plaque. The tourists will continue to circle over a volcano eight metres underwater. In government offices, files will build up on the what-ifs. And meanwhile, the volcano called Ferdinandea or Graham bubbles away, causing eruptions and waves in the realm of hypothesis, while its mineral sands sprout with lush underwater plants. The aristocratic beach resort is now a haven for fish and 40 varieties of microsnails. Coral has begun to form. "It's an underwater paradise," says Macaluso. "I'd prefer it to stay down there. It's better that way, for everybody."

Rose George - The Independent Digital 26 September 2001





E ora i Wu Ming scrivono un film

Sara' dedicato all'isola Ferdinandea

Un ipermercato, un figlio che nasce in acque siciliane, due ventenni punk vendicativi, un vulcanologo che indaga. Non lontano dal porto di Sciacca, in fine, affiora un isola una lingua di terra: e' Ferdinandea, l'isolotto vulcanico apparso per la prima volta nel 1831 nel canale di Sicilia. quando si inabissera' nuovamente nulla sara' piu' come prima. Si compie cosi nel segno dell'isola fantasma, il debutto cinematografico di Wu Ming. Il primo film degli autori di 54 e Asce di guerra (nonche', ancora con il nome di Luther Blisset, di Q), sara' un thriller prodotto dalla (h) films, casa di produzione milanese che opera in campo pubblicitario, e girato da un regista attivissimo nello stesso settore, Luca Maroni. Possibile uscita, la fine del 2003.

La Repubblica 31.01.2003



Riemerge Ferdinandea? Quell'isola della discordia

Emerge. O forse no. Comunque l'isola Ferdinandea, o Graham, o Giulia, comparsa nel 1831 nel canale di Sicilia e poi sprofondata, ha dato segni di vita. Il vulcano sotterraneo si trova ora a otto metri di profondità, e in superficie le acque stanno ribollendo, proprio come centosettant'anni fa. Nonostante il direttore dell'Istituto italiano di geofisica Enzo Boschi si affretti a precisare che "non c'è alcuna evidenza o segnale che stia per riemergere", l'isola è già stata 'rivendicata'. Il quotidiano Times infatti titola "British isle rises off Sicily Coast" (un'isola britannica emerge dal litorale della Sicilia). Non solo: "sta per riemergere una parte dell'Impero Britannico, scomparsa per lungo tempo", è la prima frase dell'articolo. Tanto che senza alcun dubbio l'isola viene identificata come 'Graham Island', proprio come la battezzò nel 1831 il capitano Humprey Le Fleming Senhouse, che sul terreno fumante piantò l'Union Jack. Quello che lo storico Salvatore Mazzarella, autore dell' 'Isola fantasma', la storia dell'isola emersa davanti alla costa di Sciacca, definisce "poco più di uno scoglio sommerso", potrebbe dunque far risorgere lo spirito imperialista britannico. Il Times infatti parla già della possibilità che venga riaperta l'antica disputa diplomatica. Lo stemma dei Borboni, la casa reale del Regno delle due Sicilie che quando emerse l'isola Ferdinandea ne rivendicò la proprietà L'isola venne infatti rivendicata da Ferdinando II di Borbone, che mandò la nave 'Etna' per togliere l'Union Jack, e ribattezzò l'isola 'Ferdinandea', e dalla Francia. I francesi Costant Prevost ed Eduard Joinville, un geologo e un pittore, ribattezzarono a loro volta l'isola 'Giulia'. Nel periodo maggiore di emersione l'isola era alta circa sessanta metri e larga quattro chilometri e mezzo. I fenomeni osservati in questi giorni sono simili, in realtà, agli stessi osservati dai pescatori nel 1831: le acque ribollono, ci sono improvvisi getti di acqua calda e si sente un terribile odore di zolfo. Quello di questi giorni non è il primo segnale di vita dato dall'isola. Nel 1987, ricorda il Times, un aeroplano militare statunitense che stava perlustrando il canale di Sicilia durante lo scontro con la Libia vide la punta sommersa di Ferdinandea e, pensando di avere a che fare con un sottomarino, vi lanciò contro delle bombe di profondità.

Con il contributo di ANSA - Articolo messo in Rete alle 21:39 ora italiana (20:39 GMT) 5 febbraio 2000



Un filo di fumo di Andrea Camilleri



dall'evento geologico allo spunto narrativo

Cari Camilleriani, ieri pomeriggio al Teatro della Tosse di Genova, all'interno della rassegna Facoltà e Teatro, c'è stato il seguente incontro:

con Mario Tozzi della trasmissione "Gaia" di raitre (e di Che tempo che fa, di Fabio Fazio, aggiungo io) e Laura Gaggero, della Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dell'Università di Ge. Un filo di fumo era affidato alla interpretazione di un attore della Tosse (bravissimo, ma di cui ho scordato il nome) che leggeva le pagine del Sommo.

La prof. Gaggero ha riassunto in breve la trama del libro, parlando poi dell'Isola Ferdinandea come di un vero e proprio personaggio, fondamentale personaggio del racconto (si intuisce che il libro le è piaciuto molto:))

Mario Tozzi interviene proprio raccontando la storia dell'isola tra realtà e leggenda e soprattutto parlando dell'origine vulcanica di tutta la zona e del fondale infido, pieno di secche in cui era davvero facile, nell'800, andare ad incagliarsi. Parla anche del museo Gemellaro di Palermo in cui si possono vedere reperti dell'isola prima che sparisse e scritti di chi assistette all'eruzione. Poi si pone la domanda: ma questi eventi, oltre che divenire spunti narrativi, sono anche in grado di cambiare il corso della storia? Non nel caso di Ferdinandea ma in più di un caso sì. E qui Tozzi comincia ad incantare gli ascoltatori... Ad esempio, si chiede, com'è possibile che un enorme stratega qual era Napoleone si sia perso a Waterloo? La fascinosa storia di Tozzi è che proprio in quel caso il tempo meteorologico ebbe il suo ruolo fondamentale...piovve a dirotto per settimane e il terreno della piana era tutto fanghiglia, terreno completamente inadatto alla pur formidabile cavalleria napoleonica... In più Tozzi parla anche della più potente eruzione vulcanica della storia, quella del vulcano Tambora avvenuta nel 1815 in Indonesia, talmente sconvolgente che provocò fuliggini e piogge anche dall'altra parte del mondo. In tutto il periodo che va dal 1815 al 1816 ci furono piogge torrenziali e praticamente non esistette l'estate... Anche la letteratura del tempo risente di quel clima plumbeo e Tozzi cita il Frankenstein di Mary Shelley :)

A questo punto il bravo attore comincia a leggere il lungo brano da Un filo di fumo (da pag.94 " All'alba del 13 luglio del 1831" fino a pag.100 "lasciando agli uomini che aveva sopra appena il tempo di imbarcarsi) però non tutto d'un fiato.. praticamente avviene così: Tozzi - brano di un filo di fumo - Tozzi - brano ecc.

Poi si passa alle considerazioni sull'attività vulcanica di tutta l'Italia Meridionale con i suoi vulcani più o meno pericolosi...Stromboli, Vulcano, l'Etna e il Vesuvio, che per Tozzi rimane il più pericoloso, poiché molto abitato nelle vicinanze...

Molto, davvero molto ancora ci sarebbe da raccontare del bell'incontro di ieri ma ho già scritto tanto...

Grande Mario Tozzi e sempre grandissimo il nostro Sommo, che fa sempre la sua immensa figura :)

Paola

"Un filo di fumo" il romanzo sulfureo di Andrea Camilleri

Facoltà e Teatro. Mario Tozzi al "Pertini" e alla Tosse

Il romanzo di Andrea Camilleri «Un filo di fumo» (Sellerio editore) è lo spunto per l´incontro odierno della rassegna «Facoltà e Teatro» nel foyer del Teatro della Tosse (ore 17, ingresso libero) organizzato dal teatro stabile di Sant´Agostino con l´ateneo genovese. La puntata si sviluppa sul tema «Dall´evento geologico allo spunto narrativo», attraverso una conversazione con il geologo e conduttore televisivo (Gaia, su Rai3) Mario Tozzi e Laura Gaggero, docente della facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dell´università di Genova. Nella provincia di Montelusa (per Camilleri, Agrigento nella realtà) in cui si trova Vigata (ovvero Porto Empedocle, che è poi anche il teatro delle imprese del commissario Montalbano), si trovano abbondanti depositi di zolfo, asfalto, sale, marmi accanto a manifestazioni vulcaniche (sorgenti termali, emanazioni gassose, vulcani di fango). Si tratta di un territorio interessante dal punto di vista geologico, e tali particolarità si incontrano nel romanzo di Camilleri, che si dipana sull´attesa a Vigata dell´arrivo di un piroscafo per un carico di zolfo in un crescendo di umoristica drammaticità. [...]

La Repubblica (ed. di Genova), 30.03.2004





Last modified Saturday, July, 16, 2011