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RASSEGNA STAMPA

OTTOBRE 2013

 
La Sicilia, 1.10.2013
Scaffale
Guida in Sicilia nello sbarco del '43

Il 10 luglio del 1943 iniziava lo sbarco in Sicilia delle truppe angloamericane. E a settant'anni di distanza Sellerio pubblica "Guida del soldato in Sicilia", traduzione di un libretto che Eisenhower fece distribuire prima dello sbarco ai soldati americani e britannici. Il volume contiene un testo di Andrea Camilleri e una nota di Maurizio Barbato, mentre la traduzione è di Domenico Bertoloni Meli. "Soldier's guide to Sicily" - titolo originale - non era che una veloce Guida consegnata ai soldati per far conoscere loro l'Isola e i suoi abitanti. Suddiviso in argomenti, l'opuscolo traccia in linea generale le caratteristiche ambientali della Sicilia, nonché una breve analisi sullo stile di vita del popolo siciliano. Annota Camilleri: «Monti, fiumi e città sono elencati correttamente, per il resto è una raccolta di stereotipi e conoscenze superficiali ». E in effetti la Guida presenta alcune esagerazioni. In particolare, ciò si evince nella sezione "Igiene e salute" che descrive in maniera bizzarra le condizioni di pulizia dei siciliani. Nel volume vi è anche un breve riassunto della storia siciliana, più melanconico che storico. Da segnalare il capitolo riguardo gli assetti politico-militari con alcuni accenni alla mafia. Infine un vocabolario: "Grazie" diventa Grah-zi-ay, "Bere" Beh-ray, e così via. Con "Guida del soldato" Sellerio pubblica una chicca e ci offre un altro aspetto dello sbarco in Sicilia.
Alessandro Giuliana
 
 

Messaggero Veneto, 2.10.2013
«Io Mimí e Salvo Montalbano vivremo la crisi di mezza età»
Parla Cesare Bocci, spalla del grande commissario inventato da Camilleri, ospite di Grado Giallo. «La nuova serie nell’estate 2014 con me e Zingaretti oltre la soglia dei 50. E forse lui tradirà Livia»

In televisione è il vice commissario di Vigata, l’amico fraterno di Montalbano, l’imperituro e affascinante Don Giovanni, “Mimi Augello”, ma Cesare Bocci è soprattutto attore teatrale e televisivo di grande talento. Bocci, socio fondatore della compagnia della Rancia, capace di misurarsi sia con ruoli impegnati sia leggeri, da due anni è protagonista di grande successo de la Cage au folle a fianco di Massimo Ghini, è anche “narr-attore” televisivo, nella serie trasmessa da Rai3, Il giallo e il nero. Domenica alle 17 sarà atteso protagonista di un appuntamento dedicato a Camilleri dal titolo: Le indagini del Commissario Montalbano.
In questi giorni, a Grado Giallo, il pubblico la attende per conoscere i dietro alle quinte di una serie tv che ha fatto il giro del mondo (62 i paesi in cui è trasmessa). Ci svela il segreto del vostro successo?
Dobbiamo tutto a quel genio che è Andrea Camilleri, sceneggiatore straordinario e scrittore di talento. Ci ha regalato personaggi reali, ricchissimi di dettagli. Te li descrive cosí bene che riesci a immaginarti perfettamente la loro vita e, soprattutto, come attore, hai a disposizione tanti elementi per raccontarli al pubblico. Poi ci sono le location, scenografie naturali uniche, che grazie a Montalbano hanno fatto il giro del mondo e tutta la bellezza della cultura e della cucina siciliana.
Poi ci sono un gruppo di attori professionisti di alto livello
Si, (Bocci sorride) e quasi ci si stupisce che sia cosí vero? Eppure questa dovrebbe essere la norma. La Rai poi è un bene di tutti. Fare un prodotto di qualità dovrebbe essere la norma. Se tu fai una cosa bella, piace. Il problema è che di cose belle se ne fanno poche. Noi di film ne abbiamo girati, considerando i nuovi, solo 26. Io sono un sostenitore del discorso che bisogna tornare a puntare sulla qualità, invece che sulla quantità. Bisogna selezionare i prodotti e selezionare chi li fa, bisogna far diventare la nostra televisione un’industria, cosí com’è in tutti gli altri Paesi del mondo.
Da poco ha concluso l’esperienza di “Il giallo e il nero”. Che effetto le ha fatto entrare nella cronaca nera?
È stata non solo una bella esperienza professionale, ma anche umana. Ho potuto anche essere autore in modo da entrare profondamente nelle storie che sono terribili. Gli esseri umani sono crudeli in quanto a violenza e efferatezza. Gli animali sono meglio di noi.
A proposito di violenza e crimini contro le donne, cosa si potrebbe fare per educare le nuove generazioni?
Parlarne a scuola. La storia della sopraffazione degli uomini sulle donne viene da lontano e purtroppo è molto radicata nella nostra cultura. Ma non siamo piú nelle caverne. Troppo spesso le donne, oltre a subire la violenza, si vergognano di denunciare gli aggressori. Ora c’è finalmente una legge, ma servono piú risorse alla Polizia e ai Centri antiviolenza, perché le donne non si sentano sole.
Piú risorse alle Forze dell’Ordine. Attraverso Montalbano, Camilleri non risparmia stoccate alla scelte fatte dalla classe politica.
Nel ’98, prima di cominciare a interpretare Augello, ho passato una settimana a Trapani con la Squadra Mobile. I poliziotti mettevano loro la benzina. Ed è la città a piú alta criminalità mafiosa. Camilleri ha scritto una storia che è fiction, ma è attentissima al reale. Per questo il pubblico ci segue e anche la Polizia di Stato ci apprezza.
Quando la rivedremo nei panni di Mimí e come evolve il suo personaggio?
Penso che gireremo i nuovi episodi nell’estate del 2014. Nel corso degli anni Camilleri ha fatto evolvere e maturare i nostri personaggi insieme alla vita reale. Il mio Mimi ha cinquant’anni e ci sta che ogni tanto faccia “cilecca”. In quanto a Salvo, anche per lui Camilleri ha previsto la crisi di mezz’età, infatti ha tradito la storica fidanzata Livia.
Fabiana Dallavalle
 
 

Resto al Sud, 2.10.2013
Montalbano ha gli scafisti sotto casa. Perché non se ne occupa?

Montalbano c’ha gli scafisti sotto casa: se cominciasse ad occuparsene, potrebbe essere la chiave di volta per far capire all’Europa la tragedia dei barconi?
Davanti alla terrazza di Punta Secca – in onda in questo periodo in Inghilterra ogni sabato sera sulla BBC – nei romanzi e in tv l’ispettore siciliano risolve i casi di cronaca più difficili: la realtà supera però la fantasia e una storia ben più cruenta si consuma proprio sotto i suoi occhi.
Su questa spiaggia – teatro delle serie televisive “Il Commissario Montalbano” e “Il Giovane Montalbano” – lunedì tredici migranti sono annegati vicino la riva, dopo essere stati frustati dagli scafisti che li hanno costretti a buttarsi a mare nonostante non sapessero nuotare.
La vittima numero 14, invece, è stata investita a morte da un’auto, mentre cercava di attraversare la vicina strada provinciale per scappare via, con addosso i vestiti ancora bagnati e negli occhi il terrore delle cinghiate: l’automobilista non si è neanche fermato ed è scappato abbandonandolo sull’asfalto ed ignorando che – destino beffardo – si era appena salvato dallo sbarco.
In questa brutta storia c’è anche il carabiniere-eroe, Carmelo Floriddia, che si è tuffato in acqua per salvare dieci persone tra cui donne e bambini, e che ha bloccato per primo uno degli scafisti. Gli altri, tutti siriani, sono stati poi arrestati con l’accusa di aver provocato la tragedia. Non è la prima volta: sembra il macabro remake di un altro sbarco a Sampieri avvenuto otto anni fa e costato la vita a 25 migranti, adesso sepolti al cimitero di Scicli.
Gli elementi ci sono tutti per mettere il Commissario sulle tracce degli scafisti. Un tema affrontato da Camilleri solo in parte nell’episodio “Una lama di luce” durante il quale il ministro degli Interni fa tappa a Vigata nel suo viaggio a Lampedusa per l’ennesima emergenza immigrazione.
Montalbano, però, non se n’è ancora occupato direttamente. Nel Regno Unito le vicende del poliziotto siciliano stanno spopolando ed il fenomeno si riflette e si amplifica sui socialmedia: ogni particolare della fiction viene analizzato e commentato, dai temi più impegnativi fino alle ricette di Adelina e le caratteristiche dei personaggi (tanto che oggi, su Twitter, c’è anche chi esclama: “I feel like I am having a conversation with Catarella. My brain in now frazzled..”, cioè “ho il cervello così stanco che mi sembra di aver parlato con Catarella“).
Insomma, la fortunata fiction – trasmessa in molti paesi d’Europa in Francia, Spagna, Germania, Danimarca, Austria, Polonia, Repubblica Ceca, Svezia, Ungheria e Finlandia – sta facendo conoscere tutti i particolari della Sicilia al grande pubblico della TV inglese. Tutti, meno uno.
Francesca Marchese
 
 

Corriere della Sera, 3.10.2013
«Sopra le righe», sabato 5 a Chianciano
Un premio letterario per le donne e la prevenzione

In ottobre, mese dedicato alla prevenzione del tumore al seno su iniziativa dell'Oms e di vari enti, sono molte le attività di sensibilizzazione. Anche per spingere le donne a raccontare la propria esperienza e diffondere la cultura della prevenzione, torna il Premio letterario ideato da Iosempredonna onlus, «Donna sopra le righe», presidente onorario Andrea Camilleri. «Ho accettato - afferma Camilleri - perché c'è un intento sociale importante, è un modo per richiamare l'attenzione sul tumore al seno, per promuovere la conoscenza e la prevenzione, che ritengo sia importantissima, così come la cura». Che cosa direbbe a una donna che scopre di essere malata, lo scrittore risponde: «Non credo sia una domanda da fare a un uomo. Ma se fosse capitato a una mia compagna, io non avrei saputo fare altro che abbracciarla e starle accanto». Premiazione sabato 5 ottobre a Chianciano, madrina Valeria Ciangottini, nella Sala Fellini delle Terme (ore 16), con letture delle opere vincitrici per la regia di Maria Luisa Bigai. Oltre alla premiazione per le sezioni racconto breve, racconto lungo e poesia, in programma la presentazione dell'antologia che raccoglie tutti i testi pervenuti.
Ida Bozzi
 
 

Auditorium Parco della Musica, 3.10.2013
Presentata la nuova stagione di Fondazione Musica per Roma
Musica per Roma 2013-2014 La cultura fa spettacolo

Musica per Roma, spettacolo per tutti. All’Auditorium è partita la nuova stagione della Fondazione, un programma in crescendo. Dall’1 settembre al 30 giugno 2014, più di 350 appuntamenti per tutti i palati: musica, spettacolo, cultura, arte. Una sinfonia di suoni e immagini, con il mondo sottobraccio.
[…]
Altra novità di stagione, Inedito d’autore, una nuova rassegna dedicata al teatro di narrazione. Andrea Camilleri donerà a tre mattatori - Marco Paolini, Marco Baliani, Ascanio Celestini - altrettante storie destinate alla messa in scena.
[…]
Comunicato stampa
 
 

Kataweb TvZap, 3.10.2013
Commissario Montalbano, eroe televisivo senza confini premiato al Fiction Fest

Per Il Commissario Montalbano l’ottava stagione (aprile/maggio 2013) è stata quella in assoluto più premiata dagli ascolti, con una media, per i quattro episodi andati in onda, del 35,98% di share e 10.129.000 spettatori. Numeri più che importanti ma che si fanno straordinari nel computo di tutti gli spettatori dei 26 episodi, cui si aggiungono le repliche, tramessi in prima serata Rai dal 1999 a oggi: oltre 800 milioni. E si supera senza difficoltà il miliardo di spettatori globali perché il Commissario Montalbano è ormai un fenomeno internazionale e come tale, esportato e amato in tutto il mondo, non a caso è stato ricordato dal presidente della BBC in occasione del recente Prix Italia.
Il Maximo Award attribuito dalla Giuria (Enrico Lucherini, Barbara Palombelli, Gregorio Paolini, Piera Detassis, presidente Gabriella Campennì Bixio) del “Concorso fiction italiana edita, categoria drama” del Roma Fiction Fest 2013 a Una lama di luce, trasmesso il 6 maggio, episodio più visto di sempre con il 38,13% di share e 10.715.000 spettatori, giunge a coronamento di un anno di ascolti eccezionali.
Ma il Commissario, in questo caso Il giovane Montalbano, è stato doppiamente premiato dal Roma Fiction Fest che ha attribuito uno dei quattro premi all’eccellenza artistica, l’Excellence Award, a Michele Riondino, l’attore protagonista della serie di grande successo della passata stagione televisiva, con la seguente motivazione: “Per la bravura e il coraggio con cui è stato in grado di accostarsi al personaggio di Salvo Montalbano, che è riuscito a reinventare dalle origini, donandogli la propria gioventù, la propria sensibilità e le proprie qualità d’attore”.
 
 

TvZoom, 3.10.2013
Ascolti: “Montalbano” a 4,6 milioni, “Juve-Galatasaray” a 4,4, “Le tre rose di Eva 2” a 4,3, “Chi l’ha visto ?” sale 2,5. Paragone batte Rai2 e Rete4

[...]
La tv generalista mercoledì 2 ottobre proponeva una scelta densa e accattivante: la sfida – fin qui vinta di poco da Rai Uno – tra la replica de Il Commissario Montalbano (Par Condicio) e Le tre rose di Eva 2 su Canale 5, era fortissimamente destabilizzata dalla presenza del calcio della Champions League in chiaro e sulle pay, con Juventus-Galatasaray su Italia 1; Rai Due riproponeva Il commissario Rex, su Rai Tre tornava alla verifica Chi l’ha visto?, Rete 4 puntava su La leggenda di Al, John e Jack.
Alla fine Juventus-Galatasaray su Italia 1 ha totalizzato ‘solo’ 4,4 milioni e il 15,64% di share venendo battuta dalla storia del personaggio di Andrea Camilleri in onda su Rai Uno che ha conseguito 4,6 milioni di spettatori e il 17,12% di share.
[...]
Emanuele Bruno
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 3.10.2013
Alla ricerca dei soldati siciliani in Iraq

Torna a girare in Sicilia il regista Gianluca Tavarelli, torinese doc, ma profondamente ispirato dalle storie e dai luoghi dell' isola. Dopo la fiction tv dedicata al magistrato Paolo Borsellino e dopo il successo de "Il giovane Montalbano", di cui è in programmazione la seconda serie, Tavarelli sceglie nuovamente i set siciliani per il suo nuovo progetto. […] Tavarelli nel frattempo sta anche preparando le puntate della seconda serie de "Il giovane Montalbano" con Michele Riondino nei panni del commissario alle prime indagini: «Andrea Camilleri - spiega il regista - ha completato la scrittura dei racconti inediti che daranno corpo e voce ai protagonisti che animano il mondo di Montalbano, mentre sarà Francesco Bruni a sceneggiarli in funzione della fiction».
 
 

Corriere della Sera, 3.10.2013
Il commento
Nella Vigata di Montalbano irrompe la realtà dei barconi

Potrebbe anche essere la Vigata a geografia variabile del commissario Salvo Montalbano, ma è la costa di Scicli, in provincia di Ragusa, il litorale di Sampieri battuto dal vento. Quante volte questo paesaggio marino ha fatto da set per il personaggio di Camilleri. Ebbene stavolta il «centro più inventato della Sicilia più tipica», lo scenario delle fiction televisive, è diventato il centro reale della tragedia e probabilmente persino il poliziotto dei romanzi più fortunati degli ultimi vent’anni, dove pure non mancano gli sbarchi dei tunisini, sarebbe rimasto paralizzato di fronte a quello spettacolo atroce. Perché la realtà, si sa, quando vuole riesce a essere più nera di qualunque noir. Fatto sta che del «Ladro di merendine» e di «Una lama di luce» rimane solo il fondale scenografico, una bellezza inadatta alla realtà.
[..]
Paolo Di Stefano
 
 

Corriere della Sera (Ed. Roma), 3.10.2013
Ambra alla Garbatella. Nella sala un angolo dedicato all'enogastronomia
Una «fame» di teatro
Fra i nomi Michele Riondino e Rosalia Porcaro

Riparte il Teatro alla Ambra alla Garbatella.
[…]
«La vertigine del drago» è un testo scritto da Alessandra Mortelliti (nipote di Andrea Camilleri), da lei interpretato con Michele Riondino qui alla sua prima regia. Lui un naziskin alle prime armi, lei una zingara zoppa e epilettica. Dal 24 febbraio al 2 marzo la seconda scrittura della Mortelliti, nero su bianco per il 55esimo Festival dei due mondi di Spoleto.
[…]
Laura Martellini
 
 

La Sicilia, 4.10.2013
Omnibus
Teatro Stabile, un'«eccellenza» da difendere

Il presidente Nino Milazzo, il direttore artistico Giuseppe Dipasquale e l'attore Pippo Pattavina, sono stati i protagonisti dell'incontro, al Rotary club Catania Nord, con il Teatro stabile di Catania. […] Cosa possono fare concretamente i rotariani catanesi per lo Stabile lo ha suggerito Andrea camilleri, in un suo intervento registrato: «Per sostenere il teatro gli spettatori devono essere… contagiosi». Prossimo appuntamento, quindi, al botteghino.
 
 

Giornale di Montesilvano, 4.10.2013
Quel genio di Camilleri. Montalbano è un fenomeno internazionale

Un miliardo di spettatori globali, il commissario Montalbano è un fenomeno internazionale, esportato e amato in tutto il mondo, ricordato persino dal presidente della BBC in occasione del Prix Italia. Uno share, una porzione di pubblico, in Italia del 36%, straordinario.
Amatissimo, dunque, perché rassicurante nel suo senso di giustizia che va al di là delle apparenze, coglie l’intima verità delle cose, quella nascosta, con un geniale intuito che lo porta anche ad agire in modo non sempre formalmente corretto, ma sempre opportuno ed utile alla conoscenza della verità e necessario per la punizione dei veri colpevoli. Insomma è quello che scopre sempre il volto celato dietro la maschera.
Queste due parole, la maschera ed il volto, richiamano alla mia memoria una citazione da Luigi Pirandello usata da Andrea Camilleri nel corso di un incontro tenutosi a L’Aquila nel luglio 2010. “Di una cosa la lingua esprime la ragione, della medesima, il dialetto esprime il sentimento.”
Citò a sostegno delle profonda verità umana di questa affermazione un discorsetto che gli fece la madre quando era giovane, un rimprovero ed una minaccia perché aveva incominciato a rientrare tardi la sera. Il discorsetto fu in parte in lingua italiana ed in parte in dialetto. Per dimostrare le profonda verità umana di questo aspetto dell’uso del dialetto, Andrea Camilleri aggiunse che una volta, dopo aver raccontato questo episodio ad un vasto pubblico, una giovane donna cinese gli raccontò che le era successa la stessa cosa con sua madre.
Andrea Camilleri riportò questa idea narrando della propria esperienza di narratore, ed affermò che la sua vena narrativa si mise in moto quando scoprì che poteva esprimersi in dialetto.
Dunque la verità, il volto, dietro la maschera è espresso in dialetto, nella ricca produzione narrativa di Andrea Camilleri, il più popolare ed amato fenomeno letterario italiano dei tempi recenti. Il suo dialetto esprime il sentimento delle cose più immediate del nostro vivere quotidiano, oggi con una popolare espressione carica di significati spesso sgradevoli, si direbbe identità etnica.
Ma come spiegarsi il vastissimo successo all'estero di queste storie, la popolarità di personaggi indimenticabili ed amatissimi amici di tante serate, una volta che la narrazione sia stata privata del colore locale, cioè della carica di sentimenti espressi solo dall’uso del dialetto?
Riporto un passo dal brano iniziale de L’ODORE DELLA NOTTE, tradotto in inglese. I significati ci sono tutti, espressi in inglese ottimo, ma certamente privo del colore locale del dialetto, il veicolo dei sentimenti.
“La persiana della finestra spalancata sbattì tanto forte contro il muro che parse una pistolettata e Montalbano, che in quel priciso momento si stava sognando d’esseri impegnato in un conflitto a fuoco, s’arrisbigliò di colpo sudatizzo e, ‘nzemmula, agghiazzato dal friddo. Si susì santiando e corse a chiudere. … Evidentemente l’estate, che già da qualche giorno era trasuta in agonia, aveva addeciso durante la nottata di rendersi definitivamente defunta per lasciare il posto alla stagione che veniva appresso e che avrebbe dovuto essere l’autunno."
"The shutter outside the wide-open window slammed so hard against the wall that it sounded like a gunshot. Montalbano, who at the moment was dreaming he was in a shoot-out, suddenly woke up, sweaty and at the same time freezing cold. He got up, cursing, and ran to close everything. …Apparently the summer, which several days earlier had already entered its final throes, had decided during the night to give up the ghost and make way for the season to come, which would have been autumn."
In breve, il vastissimo successo all’estero, quello ottenuto solo con le trame ed i personaggi e non attraverso quella speciale qualità della lingua che veicola i sentimenti, indica che il personaggio e le storie hanno fascino e presa sul pubblico anche al di là del mezzo espressivo iniziale. E’ un segno che dà la misura della grandezza dell’autore, Andrea Camilleri. E’ un genio, di quelli di cui tutti dobbiamo andare fieri ed orgogliosi. La sua arte è popolare, di tutti, supera dunque le tradizioni di cultura italiana elitaria, di pochi, e si avvicina alla particolare qualità dei geni della narrativa anglosassone, del tipo Jane Austin e Charles Dickens, per cui l’arte non è privilegio di pochi, ma un patrimonio di tutti che contribuisce ad esprimere e rendere note al mondo le caratteristiche psicologiche e culturali di un popolo nella sua terra d’origine.
Emanuela Medoro
 
 

Il Messaggero, 5.10.2013
Che musica le parole di Andrea Camilleri

Bastano a Camilleri sette parole «mammalucchigne» per inventare Magarìa, favola musicale più volte andata in scena, diventata ora libro illustrato per bambini. Più del rapporto intenso tra Lullina «che manco aveva sei anni» e il nonno, più dello strano sogno della «picciliddra » che le consegna le chiavi di una strepitosa e terribile magia, più dei tre finali che lo scrittore siciliano offre ai suoi lettori, è il linguaggio ad ammaliare. Parole dal suono antico, ipnotiche, sontuose, echi di cunti mille volte narrati e sempre nuovi. Solari le tavole di Giulia Orecchia, colori e odori di un’isola-giardino: «troffe di capperi, pale di ficodindia, lame della saggina».
Fiorella Iannucci
 
 

Giornale di Sicilia, 5.10.2013
Aeroporto di Comiso: "Quota 20mila passeggeri grazie a Montalbano"

Comiso. Il nuovo aeroporto di Comiso ha registrato in transito il passeggero numero 20.000. Una crescita costante per il nuovo scalo grazie anche all'attrazione turistica per il territorio ibleo da parte degli inglesi sull'onda del successo della fiction televisiva di Montlabano. "C'è stata una fortunata coincidenza - affermano il presidente e l'amministratore delegato della Soaco, Rosario Dibennardo e Enzo Taverniti - e riguarda il grande successo nel Regno Unito della messa in onda dello sceneggiato con protagonista il commissario Montalbano, girato proprio nella nostra provincia, ma c'è anche da sottolineare come sia stato opportuno intercettare in tempo questa favorevole onda turistica, con l'aeroporto inaugurato appena possibile, in coincidenza con il crescente interesse britannico per il territorio ibleo".
 
 

BBC Four, 5.10.2013
Sat 5 Oct 2013 21:00
The young Montalbano - The Third Secret
Episode 5 of 6
Duration: 1 hour, 40 minutes

Montalbano receives an anonymous note predicting the death of a local construction worker, only to realise that the note has been delivered too late. Meanwhile, the public notice board announcing the town's forthcoming weddings is stolen. What at first appears to be an innocent prank gradually turns out to have more sinister overtones. Carmine Fazio's young son Giuseppe joins the investigating team following his father's retirement, but there are minor clashes between the enthusiastic new recruit and his boss.
In Italian with English subtitles.
 
 

Agorà Magazine, 5.10.2013
Commissario/inspector Montalbano

Un miliardo di spettatori globali, il commissario Montalbano è un fenomeno internazionale, esportato e amato in tutto il mondo, ricordato persino dal presidente della BBC in occasione del Prix Italia. Uno share, una porzione di pubblico, in Italia del 36%, straordinario.
Salvo Montalbano è amatissimo, dunque, perché rassicurante nel suo senso di giustizia che va al di là delle apparenze, della maschera, ricercando il volto. Coglie l’intima verità delle cose, quella nascosta, con un geniale intuito che lo porta anche ad agire in modo non sempre formalmente corretto, ma ogni volta opportuno ed utile alla conoscenza della verità e necessario per la punizione dei veri colpevoli.
Insomma è un fedele servitore dello stato, lontano da carrierismi ed ambizioni mondane, che scopre sempre il volto celato dietro la maschera, autorevole e mai autoritario con i suoi collaboratori.
Le due parole, la maschera ed il volto, richiamano alla mia memoria una citazione di Luigi Pirandello usata da Andrea Camilleri nel corso di un incontro tenutosi a L’Aquila nel luglio 2010. “Di una cosa la lingua esprime la ragione, della medesima, il dialetto esprime il sentimento.”
A. Camilleri citò a sostegno della profonda verità umana di questa affermazione un discorsetto che gli fece la madre quando era ragazzo, un rimprovero ed una minaccia perché aveva incominciato a rientrare tardi la sera. Il discorsetto fu in parte in lingua italiana, l’ammonizione, ed in parte in dialetto, l’espressione dell’ansia della madre per il figlio che rientrava a casa tardi. Per dimostrare le profonda verità umana di questo aspetto dell’uso del dialetto, Andrea Camilleri aggiunse che una volta, dopo aver raccontato questo episodio ad un vasto pubblico, una giovane donna cinese gli raccontò che le era successa la stessa cosa con sua madre.
Andrea Camilleri riportò questa idea narrando dell’evoluzione della sua esperienza di narratore, ed affermò che la sua vena narrativa si mise in moto quando scoprì che poteva esprimersi in dialetto.
Dunque la verità, il volto dietro la maschera, è espresso in dialetto nella ricca ed articolata produzione narrativa di Andrea Camilleri, il più popolare ed amato fenomeno letterario italiano dei tempi recenti. Il suo dialetto esprime ciò che oggi con una popolare espressione carica di significati spesso sgradevoli, si direbbe identità etnica.
Ma come spiegarsi il vastissimo successo all’estero di queste storie, la popolarità di personaggi indimenticabili ed amatissimi amici di tante serate, una volta che la narrazione sia stata privata, nelle traduzioni, dell’intraducibile colore locale, della carica di sentimenti espressi solo dall’uso del dialetto?
Riporto un passo dal brano iniziale de L’ODORE DELLA NOTTE/THE SMELL OF THE NIGHT, tradotto in inglese. I significati ci sono tutti, espressi in inglese ottimo, ma certamente privo del colore locale del dialetto, il veicolo dei sentimenti.
"La persiana della finestra spalancata sbattì tanto forte contro il muro che parse una pistolettata e Montalbano, che in quel priciso momento si stava sognando d’esseri impegnato in un conflitto a fuoco, s’arrisbigliò di colpo sudatizzo e, ‘nzemmula, agghiazzato dal friddo. Si susì santiando e corse a chiudere. … Evidentemente l’estate, che già da qualche giorno era trasuta in agonia, aveva addeciso durante la nottata di rendersi definitivamente defunta per lasciare il posto alla stagione che veniva appresso e che avrebbe dovuto essere l’autunno.
The shutter outside the wide-open window slammed so hard against the wall that it sounded like a gunshot. Montalbano, who at the moment was dreaming he was in a shoot-out, suddenly woke up, sweaty and at the same time freezing cold. He got up, cursing, and ran to close everything. …Apparently the summer, which several days earlier had already entered its final throes, had decided during the night to give up the ghost and make way for the season to come, which would have been autumn."
In breve, il vastissimo successo all’estero, ottenuto solo con i solidi intrecci delle storie e non attraverso quella speciale qualità della lingua che veicola i sentimenti, indica che i personaggi ed i fatti narrati hanno fascino e presa sul pubblico anche al di là del mezzo espressivo iniziale.
E’ un segno che dà la misura della grandezza dell’autore, Andrea Camilleri. E’ un genio, di quelli di cui tutti dobbiamo andare fieri ed orgogliosi.
La sua arte è popolare, appartiene a tutti, supera dunque le tradizioni della cultura italiana elitaria, patrimonio di pochi eletti, e lo avvicina alla particolare qualità dei geni della narrativa anglosassone, del tipo Jane Austin e Charles Dickens, per cui l’arte non è un privilegio di pochi, ma un patrimonio di tutti che contribuisce ad esprimere e rendere note al mondo le caratteristiche psicologiche e culturali di un popolo e della sua terra d’origine.
Emanuela Medoro
 
 

La Sicilia, 6.10.2013
«Al Verga la grande tradizione il Musco sarà una fucina»

Catania. Il Teatro Stabile si fa in due: un doppio cartellone con due anime diverse. «Due visioni, due modelli di teatro - spiega il direttore artistico Giuseppe Dipasquale - Al Verga si resta nel solco della tradizione del teatro d'arte, con i grandi nomi della prosa italiana da Ranieri a De Filippo, Da Orsini a Branciaroli. Al Musco una stagione volutamente frammentata, uno "specchio incrinato" in cui ciascun pezzo riflette un aspetto della realtà».
[…]
Dipasquale progetta una nuova regia da un testo di Camilleri. «Uno degli autori siciliani più conosciuti al mondo - sottolinea - che in questi anni è stato il testimonial dello Stabile di Catania».
[…]
Ombretta Grasso
 
 

Grado Giallo, 6.10.2013
Ore 17.30
Andrea Camilleri: il mondo di Montalbano
Incontro con Cesare Bocci, il Mimì Augello della fiction TV Il Commissario Montalbano
 
 

Il Piccolo, 6.10.2013
Fimminaro io? sarei subito cacciato di casa

Lui è Mimì Augello “lu fimminaro”, uno dei personaggi più popolari della saga del commissario Montalbano, uscito direttamente dalla penna di Andrea Camilleri. Ma nella vita l’attore Cesare Bocci dice che no, che per nulla assomiglia a Mimì, oltre al fatto che la moglie non gradirebbe. Da sempre impegnato sui fronti del teatro, del cinema e della televisione, Bocci sarà ospite oggi a Grado Giallo (Cinema Cristallo, ore 17.30) per parlare del mondo di Montalbano. Immagino che Camilleri sia il suo scrittore preferito? «No. O almeno non è l’unico. Mi piacciono gli scrittori in grado di emozionarmi e in quel momento diventano gli autori che preferisco. Per un periodo ho apprezzato Simenon. Per un altro ho amato il romanzo della Dandini. Poi certo, nella lista è incluso Camilleri». Che lei conosce… «Ci siamo incontrati in diverse occasioni, solitamente davanti a un piatto di cibo e questa è una situazione tipica da commissario Montalbano. La cosa più grande di Camilleri, oltre al saper scrivere, è proprio il saper parlare. È un grande oratore che conosce perfettamente i tempi dell’oralità. Io lo ripeto sempre ai giovani attori, come prima lezione dovrebbero andare ad ascoltare gli incontri di Camilleri, porre attenzione alle sue pause in grado di dare ai suoi discorsi un ritmo straordinario». Cosa ha aggiunto di suo al personaggio di Mimì Augello? «Unicamente la mia esperienza come attore. Quando siamo in presenza di un soggetto così ben scritto, non occorre aggiungere molto. È naturale che infine ci metti qualcosa di tuo, ma è un bagaglio che ha a che fare con la tua esperienza di vita. Per esempio spesso mi è capitato di interpretare il personaggio del medico. Parecchie persone della mia famiglia praticano questa professione. Indubbiamente la mia interpretazione si è avvalsa anche dell’esperienza che ho vissuto in casa. Per quanto riguarda Mimì il cosiddetto “fimminaro”, le assicuro che non potrei aggiungere nulla al personaggio, se lo facessi sarei fuori casa in dieci secondi». Secondo lei uno dei segreti del successo di Montalbano è la Sicilia? «Assolutamente. La Sicilia è una terra di una ricchezza culturale enorme sia a livello architettonico che letterario e culinario. Ci sono dei cromatismi luminosi che non si trovano in nessuna altra regione, per non parlare del mare siciliano. È una terra ricca. E c’è un popolo ricco, purtroppo poco conosciuto perché nell’immaginario collettivo dire Sicilia equivale a dire Mafia». Lei ha condotto il programma “Il giallo e il nero” sugli omicidi irrisolti. Un’esperienza intensa. «Non ero mai venuto a contatto con indagini vere e proprie, verbali della polizia, atti processuali. Quando conosci da vicino le persone coinvolte in questo tipo di tragedie ti rendi conto quanto l’uomo può spingersi oltre nella follia e nella crudeltà». Ha mai pensato di scrivere un romanzo giallo? «In realtà ho già scritto due romanzi, non ancora pubblicati. Si tratta di due testi per ragazzi. Uno si intitola “Sette vite riciclate” e narra le bizzarre avventure di un pappagallo d’ospedale. Decisamente non è un giallo».
Mary Barbara Tolusso
 
 

ANSA, 6.10.2013
Tv: Augello,qualità e merito per crescere
Bocci a Grado Giallo, serie Montalbano esportata in 62 Paesi

Grado (Gorizia) - "Per la tv italiana c'è speranza di crescere", ma solo a patto che si facciano "produzioni con ingredienti di altissima qualità e che nel settore pubblico, come nel privato, si riaffermino i principi della responsabilità e del merito''. Lo ha detto oggi Cesare Bocci, il Mimì Augello di Montalbano, intervenendo oggi alla giornata conclusiva di Grado Giallo. ''Quella di Montalbano è una serie che prosegue da 15 anni E' stata la prima ad essere esportata in 62 Paesi del mondo".
 
 

Live Sicilia, 6.10.2013
Londra
A cena con Montalbano
Ecco il 'Vigata Burger'

Nella capitale inglese arriva un panino che si chiama come il paese immaginario inventato da Camilleri. Lo ha creato un ristoratore di Porto Empedocle trapiantato da trent'anni nel Regno Unito.

Londra - Chissà cosa direbbe Adelina. A Londra gli inglesi appassionati di Montalbano non si sono fatti mancare neanche il "Vigata healthy burger". Il "salutare panino di Vigata" è fatto in casa e composto con il "Vigata healthy bread" (cioè il "pane di Vigata", pure questo un toccasana per la salute), presentato così: "pane artigianale fatto a mano e cotto nel forno a pietra, creato dal nostro chef ogni giorno E' leggero e soffice". La ricetta del panino - disponibile nelle diverse versioni al formaggio, vegetariano ed al pollo - comprende carne tritata di manzo, lattuga, pomodoro e cipolla rossa.
Ad inventarlo - insieme alla "Vigata Pizza" ed ai "Vigata Drinks" - è un ristoratore siciliano, trapiantato a Londra da trent'anni. Il novello Calogero si chiama Salvo Di Betta ed è di Porto Empedolce: "Vincenzella", precisa lui a LiveSicilia raccontando della contrada del paese, fiero delle sue origini nella terra raccontata da Camilleri. Su un tovagliolo mostra pure la prova del nove sulle proprie origini sicule schizzando in un disegno la mappa della costa: "Ecco - afferma, puntando la matita sul tavolo - io sono di Punta Piccola".
Dalla Scala dei Turchi alla capitale inglese: un viaggio di sola andata per Salvo, che a Londra ha messo sù il proprio ristorante e l'ha chiamato - appunto - "Vigata". Un omaggio alla sua terra ma anche un'azzeccata scelta di marketing: in questo periodo ogni sabato sera sulla BBC vanno in onda le avventure de "Il Giovane Montalbano" e, negli anni scorsi, sono state trasmesse tutte le puntate della serie culto "Il Commissario Montalbano". Non a caso, nell'ampia sala del ristorante troneggia una grande tv. "Ovviamente - spiega Salvo - il sabato sera la accendiamo per vedere Montalbano. Molti dei miei clienti sono italiani, e anche gli inglesi che arrivano qui conoscono già la serie. Gran parte di loro conosce la nostra lingua o la vuole imparare. Personalmente, però penso che il doppiaggio non possa rispecchiare la ricchezza della lingua di Camilleri, ecco perchè metto a disposizione dei miei clienti i romanzi tradotti in inglese". In un angolo del ristorante, infatti, c'è un angolo lettura formato da un divano e una mini-libreria con "Gita a Tindari", "La voce del violino" in italiano e una guida turistica della Sicilia.
Non è l'unico esempio in Europa, visto il ristorante "Casa Vigata" a Parigi e la trattoria "Grotta di Vigata" a Porto Empedocle, ma è il primo e l'unico a Londra. Nel locale - che si trova in pieno centro, a due passi dalla stazione di King's Cross - gran parte dei suoi collaboratori è made in Italy: il cuoco, il pizzaiolo, una delle ragazze del servizio ai tavoli. "Vivo in Inghilterra dagli anni '80 - racconta Salvo - ed all'inizio mi occupavo di un'agenzia di viaggi. Poi sono passato al settore della ristorazione e per anni il mio locale ha avuto un altro nome, per via del mio socio toscano. Quando l'ho rilevato io ho cambiato subito il nome e l'ho chiamato "Vigata"". Spazio anche ai socialmedia: Salvo, infatti, ha creato una pagina su Facebook (233 likes) ed i due profili Twitter @VigataBurger (61 followers) e @VigataPizza (662 followers).
Francesca Marchese
 
 

l’Unità, 7.10.2013
Il dubbio di Pietro che cambiò Ingrao
Camilleri racconta il leader del Pci: un viaggio dalla poesia alla politica
L’anticipazione. La lezione dello scrittore sull’ex presidente della Camera fa parte del primo volume della collana «Carte Pietro Ingrao» in uscita per le edizioni Ediesse

Ingrao, lo ha scritto e detto tante volte, nasce poeta, amante della letteratura del suo tempo e, in seguito, si avvicina al cinema iscrivendosi con l’amico fraterno Gianni Puccini all’appena nato Centro sperimentale di cinematografia dove, tra parentesi, insegnava anche il russo Pietro Sharov al quale, dagli anni Cinquanta e fino alla sua morte, mi legherà una profonda amicizia. Ingrao ci racconta del suo entusiasmo giovanile per le scoperte di Chaplin e dei grandi registi russi, del valore dell’insegnamento di un Umberto Barbaro e degli incontri formativi con un Rudolf Arnheim.
Insomma, pare avviato a una brillante carriera nel cinema quando, del tutto improvvisamente, abbandona il Centro sperimentale (...). Ingrao ne fornisce una sua spiegazione. Scrive che l’abbandono del Centro sperimentale fu motivato in sostanza dal contraccolpo provato per l’inizio della guerra di Spagna. Considero questo un punto assolutamente nodale del suo percorso, ma Ingrao mi pare che si limiti sempre a farne breve cenno. Forse per un alto senso di pudore. Perché penso che la guerra di Spagna invece sia stata per lui qualcosa di più di un tragico impatto, sia stato un autentico, squassante cortocircuito.
Penso che Ingrao ebbe in quel momento la lucida percezione di quello che in realtà veniva a significare la guerra di Spagna e ne ebbe esistenziale sgomento. Su di lui, sulla sua sensibilità, gravavano già da tempo quelli che Vittorini avrebbe chiamato «i dolori del mondo offeso» e la guerra di Spagna consisteva in un insopportabile aggravio dell’offesa (...). Ecco, sono convinto che Ingrao venne allora preso da un dubbio che indirizzò diversamente la sua vita: il dubbio cioè che l’arte da sola e in sé, e in quel momento specifico, fosse assolutamente inadeguata a far barriera contro il fascismo(...).
Quindi dal dubbio nasce un meditato agire. Il dubitare di Ingrao è sempre, come dire, la messa in moto di un motore che attivamente elabora il che fare più attinente al fine proposto. In altri termini, non è mai la messa in dubbio del perché, ma del come (...). Ma c’è un altro punto nodale nella vita politica di Ingrao che, ai miei occhi, ha la stessa valenza di quello del 1936. È la richiesta da lui fatta, nel 1966, nel corso dell’XI congresso del partito, di libertà del dissenso.
Com’è logico supporre, una tale ardita richiesta all’interno di una struttura rigida, gerarchica e centralista non può essere che la disperata, e ormai non più cancellabile somma finale di un innumerevole dubitare accumulato nel corso degli anni. E questa somma finale ha una precisa definizione: dissenso. Perché questo dissenso?
Scrive Ingrao: «In quella mia rivendicazione di libertà del dissenso c’era non solo il drammatico stimolo che era venuto dalla rivelazione dei delitti di Stalin, ma una convinzione più profonda che aveva anche a che fare con una riflessione sull’esistere. Mi muoveva non solo la tutela della libertà d’opinione, ma ancor più la convinzione che il soggetto rivoluzionario era un farsi del molteplice: l’incontro fluttuante di una pluralità oppressa che costruiva e verificava nella lotta il suo volto». «Un farsi del molteplice».
È in sostanza, anche questa, una crisi esistenziale e politica che nasce dalla crisi di una certa concezione ristretta della politica e postula una sua rifondazione nel recupero di quella che Hanna Arendt chiamava la politica perduta, vale a dire quella messa in rapporto diretto tra gli uomini, attraverso un’azione che corrisponda alla condizione umana della pluralità, della molteplicità.
Anche se tutti gli aspetti della nostra esistenza sono in qualche modo connessi alla politica - scrive la Arendt - questa pluralità è specificamente «la» condizione - non solo la condicio sine qua non , ma la condicio per quam - di ogni vita politica(...). Allora, qual è la funzione positiva del dubbio secondo Ingrao? Sentiamo le sue parole: «Mi appassionava la ricerca. E il dubbio mi scuoteva, vorrei dire: mi attraeva. Vedevo in esso un’apertura alla complessità della vita. Dubitare mi sembrava l’impulso primo a cercare: aprirsi al ‘molteplice’ del mondo…».
E ancora: «Il dubbio per me non significava povertà: anzi apertura di orizzonti, audacia nel cercare. Sì, vivevo il piacere del dubbio. E avvertivo anche una ricchezza per quell’interrogarsi, cercando. Come se il mondo - nella sua problematicità - si dilatasse intorno a me». «Dubitare mi sembrava l’impulso primo a cercare», afferma Ingrao (...).
Il dubbio allora nasceva non dall’opportunità ma dalla necessità di accogliere o meno le inevitabili modificazioni che quelle basilari opinioni via via subivano nel convulso procedere della Storia, senza che però ne intaccassero la verità di fondo. È stato il secolo che ha avuto, rispetto a quelli che l’hanno preceduto, una massa, proprio nel senso che vien dato in fisica a questo termine, di gran lunga superiore.
La qualità del dubbio di Ingrao perciò non attiene alla sfera del sistematicismo o se volete dello scetticismo, ma assume il carattere di un procedimento metodico di volta in volta tendente a un fine, a uno scopo: e cioè la verifica del fondamento di una ulteriore certezza.
Ingrao non dubita di tutto ciò che è dubitabile, forse questa posizione è più di un filosofo che di un politico, Ingrao limita il suo dubbio a quando scopre che su un dato argomento, su una precisa posizione, si può dubitare della possibilità del dubbio. È un dubitare a posteriori. Una postulazione di verifica. Ma pur entro questi limiti, l’esercizio del dubbio produce in lui, come egli stesso ha affermato, una sorta di dilatazione del mondo. Il dubbio quindi come mezzo di conoscenza, cioè un dubbio di marca cartesiana per il quale ogni dubbio doveva risolversi nella scoperta di un nuovo territorio su cui avventurarsi. E su questi nuovi territori di conoscenza Ingrao si è sempre inoltrato non per il gusto dell’avventura intellettuale in sé, ma quasi per assolvere un dovere politico e umano(...).
Mi sbaglierò, ma io sono convinto che del suo impegno politico egli sia rimasto maggiormente legato al periodo 1944-1945, quando, in una grigia Milano con il piede straniero sopra il cuore, lavorava all’edizione clandestina de «l’Unità», quando il vivere e l’agire quotidiani erano un azzardo, quando la possibilità dello scacco era dietro ogni angolo, quando si era uomini e no.
Andrea Camilleri
 
 

La Repubblica, 7.10.2013
Paolini e Celestini recitano a soggetto

"Quanto vale un uomo?". Per rispondere a questa complessa domanda Andrea Camilleri, in collaborazione con Annalisa Gariglio, ha ideato la rassegna Inedito d'autore. Tre appuntamenti, tre storie diverse pensate dal grande scrittore siciliano per altrettanti autori-attori del teatro di narrazione, che saranno lo spunto per riflettere sull'esistenza umana e sulla società. Attraverso gli occhi della letteratura e la lente d'ingrandimento della recitazione Marco Paolini (17 marzo 2014), Marco Baliani (22 marzo) e Ascanio Celestini (29 marzo) racconteranno vicende con protagonisti poco noti alla Grande Storia, ma la cui esistenza rappresenta un esempio di virtù non trascurabile, utilizzando solo la voce, il corpo e la loro artisticità. Sala Sinopoli, dal 17 al 29 marzo 2014, ore 21.
(g.c.)
 
 

TvZoom, 8.10.2013
Ascolti: “Morandi Live” a 5,8 milioni, “Montalbano” a 5,6, “L’incredibile Hulk” a 2,5, “NCIS” a 2,1. Male “Report” e la telepolitica

[...]
Su Rai Uno ha retto bene La pazienza del ragno che ha concluso il ciclo delle repliche con Luca Zingaretti e Vigata raggiungendo 5,6 milioni di spettatori ed il 21,33% di share.
[...]
Emanuele Bruno
 
 

La Repubblica, 8.10.2013
Camusso, Fo, Camilleri, Cacciari, Strada firmano per l'abolizione della Bossi-Fini
Il segretario generale Cgil, il premio Nobel per la letteratura, il fondatore di Emergency, il "padre" di Montalbano, il filosofo tra le migliaia di adesioni all'appello di Repubblica per l'abolizione della legge anti-immigrazione. Ci sono anche il leader di Sel Vendola. Dalla cultura, Giordano, Mazzucco, Mazzantini, Sorrentino, Comencini e Andò. Il sì del vescovo di Mazara Mogavero
LEGGI E FIRMA L'APPELLO

Roma - Il Premio Nobel per la letteratura Dario Fo, il segretario generale della Cgil Susanna Camusso, lo scrittore e "padre" di Montalbano Andrea Camilleri, il filosofo e accademico Massimo Cacciari, il fondatore di Emergency Gino Strada, il leader di Sel Nichi Vendola, l'ex magistrato e fondatore dell'Italia dei Valori Antonio Di Pietro hanno aderito all'iniziativa lanciata oggi da Repubblica: firmare l'appello per chiedere l'abolizione della legge Bossi-Fini.
[…]
Paolo Gallori e Chiara Nardinocchi
 
 

Globalist, 9.10.2013
Anche Andrea Camilleri aderisce: #ConLampedusa
Oltre allo scrittore siciliano hanno aderito all'appello di Globalist Renzo Arbore, Walter Veltroni, Giuliano Pisapia, il vescovo di Mazara del Vallo monsignor Mogavero.

Si dia a Lampedusa la medaglia d'oro al valor civile. Per il coraggio e la generosità dei suoi abitanti e dei tanti operatori che quotidianamente si prodigano per salvare vite umane e per gestire accoglienza in condizioni drammatiche. Non solo i cittadini di Lampedusa, ma tutto il mondo della cultura lancia questo appello. Tra i primi firmatari diversi giornalisti ed esponenti politici. Anche lo scrittore siciliano Andrea Camilleri.
Giustamente è stato invocato per Lampedusa il Nobel per la pace. Vedremo se mai questa proposta sarà presa in considerazione.
Ma la Repubblica italiana ha il potere di riconoscere e premiare il coraggio e la "virtù civica" dell'isola. Lo può fare subito, senza perdere troppo tempo perché la legge stessa dice all'articolo otto che il Presidente della Repubblica può dare la medaglia immediatamente "quando i caratteri dell'atto coraggioso e la risonanza che questo ha suscitato nella pubblica opinione conclamino la opportunità della ricompensa".
Non è questo il caso di Lampedusa? Cosa c'è più da attendere?
Per questo Globalist ha lanciato un appello perché a Lampedusa sia assegnata la medaglia d'oro al valor civile:
In questi giorni, come già nel passato, la comunità di Lampedusa ha dato una straordinaria dimostrazione di generosità e coraggio, operando per salvare numerose vite umane e prestando cure e soccorsi ai naufraghi, aiutando in tutti i modi le autorità preposte.
Lo slancio umanitario della comunità di Lampedusa ha suscitato ammirazione in tutto il mondo e ha contribuito a tenere alto il prestigio e l'onore dell'Italia.
Per questi motivi ci auguriamo che il Presidente della Repubblica voglia concedere a Lampedusa la ricompensa della medaglia d'oro al valor civile.

Ecco chi ha già firmato:
Andrea Camilleri, scrittore
[…]
Chi vuole aderire può mandare una mail a redazione@globalist.it oppure scrivere nella bacheca dei commenti, oppure su Facebook e Twitter con l'hastag #conlampedusa
 
 

MicroMega, 10.10.2013
Appello
Contro le carceri disumane - No all'amnistia - Si' all'abrogazione della Bossi-Fini e della Fini-Giovanardi (e Berlusconi fuori dal Parlamento, subito!) – Firma anche tu!

La condizione di vita nelle carceri italiane è incivile e indegna di un paese democratico. Ma l’indulto e l’amnistia non risolvono il problema, come già dimostrato da precedenti anche recenti. Per fare uscire migliaia di detenuti basterebbe abrogare la legge Bossi-Fini e la legge Fini-Giovanardi.
L’indulto+amnistia che oggi il Presidente Napolitano chiede in toni ultimativi al Parlamento non risolverebbe nessun problema strutturale e avrebbe come unici effetti più rilevanti quelli di fornire un salvacondotto tombale a Berlusconi, di delegittimare il lavoro della magistratura di contrasto al crimine, di umiliare le vittime e i loro parenti.
Per questo diciamo no all’indulto+amnistia. E qualora il Parlamento lo volesse comunque votare, per evitare ogni sospetto di ricatto, chiediamo che siano esclusi tutti i reati per cui è condannato, imputato o indagato Silvio Berlusconi (gli stessi che coinvolgono sciami di parlamentari, amministratori locali, manager e altri “potenti”).
Ci rivolgiamo a tutti i cittadini, democratici e autenticamente garantisti, convinti cioè che la legge sia eguale per tutti, perché si mobilitino cominciando con la firma di questo appello.
Andrea Camilleri, Roberta De Monticelli, Paolo Flores d'Arcais, Barbara Spinelli
 
 

La Sicilia, 12.10.2013
Scaffale
"Magaria" la favola di Camilleri

Una fiaba è un racconto che ha una dimensione cultural-esistenziale, è metafora della vita e contiene sogni, speranze ma anche contraddizioni. L'inventore del commissario Salvo Montalbano, nella sua voglia di sperimentare si è cimentato anche nel racconto favolistico, con "Magaria", edito da Mondadori (euro 15). Il testo di Andrea Camilleri è ben illustrato da Giulia Orecchia, che con i suoi disegni e colori è riuscita a cogliere l'essenza del racconto dell'autore. La fiaba è incentrata sul dialogo di un nonno e la sua nipotina, che fanno lunghe passeggiate in riva al mare (il mondo siciliano fa da sfondo alla fiaba con i suoi paesaggi transcodificati nei disegni pieni di luce). Tutto procede in una felice quotidianità finché un giorno accade un fatto strano, il nonno si accorge della continua distrazione della bimba. La interroga e le fa raccontare il suo sogno, un sogno pieno di magia: appare un omino minuscolo che spiega la tecnica linguistica per far sparire le persone. Recitando la formula magica è proprio la bambina a scomparire lasciando il nonno nello sconforto più totale. Che non sapendo più cosa fare denuncia l'accaduto ai carabinieri, che dopo un sopralluogo arrestano proprio lui. La fiaba dal tono noir non convince lo stesso Camilleri che a questo punto appare come voce narrante nella storia e regala altri due finali, dei quali l'ultimo è la classica conclusione lieta. di lettura e non si rivolge solo ai bambini.
Salvo Fallica
 
 

BBC Four, 12.10.2013
Sat 12 Oct 2013 21:00
The young Montalbano - Seven Mondays
Episode 6 of 6
Duration: 1 hour, 55 minutes

As Livia and Salvo prepare to go on their first holiday together, Vigata is shaken by the murder of a rich old man. Meanwhile, a series of strange occurrences takes place involving the shooting of a number of animals at the hands of an elusive gunman. With little evidence to go on, Montalbano and his team struggle to understand the logic behind the animal killings and fear that the worst may be yet to come.
In Italian with English subtitles.
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 13.10.2013
Il boom dell'aeroporto di Montalbano

Il nuovo aeroporto di Comiso decolla grazie al commissario Montalbano.
Appena due mesi dopo l'apertura, lo scalo ragusano, ha toccato la quota record di 20 mila passeggeri in transito. Merito anche del volo Londra - Comiso operato da Ryanair e sempre stracolmo. Agli inglesi, si sa, il Ragusashire piace da tempo, ma adesso piace anche di più grazie alla fiction sul commissario Montalbano, girata in provincia di Ragusa, che in queste settimane viene trasmessa dalla tv britannica.
Gli inglesi la guardano, l'apprezzano e sognano di visitare i luoghi del commissario e, perché no, di mangiare anche nello stesso ristorante con vista mare a Punta Secca, frazione di Santa Croce Camerina dove Luca Zingaretti nei panni di Salvo Montalbano si distrae temporaneamente dalle sue indagini con appetitosi pranzi.
Insomma, la fiction e il nuovo aeroporto sono diventati una combinazione ottima per il boom del turismo. Al punto che qualcun o già azzarda la possibilità di chiamare il Ragusano Montalbanoshire. «Da quando abbiamo inserito informazioni sulla fiction con un itinerario non solo dei luoghi, ma anche culinario, le richieste degli inglesi di visitare la provincia di Ragusa si sono moltiplicate», dice Aldo Bevacqua, tour operator che da anni opera in Gran Bretagna promuovendo pacchetti turistici per la Sicilia.
«Addirittura chi sceglie di andare a Taormina o a Cefalù, chiede come poter arrivare nei luoghi di Montalbano, fregandosene del fatto che i mezzi di trasporto in Sicilia non sono così veloci e frequenti. Montalbano è una risorsa inesauribile per noi e per i siciliani - continua Bevacqua - che va assolutamente sfruttata. L'apertura dell'aeroporto di Comiso poi ha favorito la scelta dei turisti inglesi di conoscere i luoghi che hanno ammirato nella fiction televisiva».
Il feeling dei turisti inglesi con Montalbano e i suoi luoghi lo toccano con mano gli addetti del front office di Londra dell'Ente Nazionale Italiano per il Turismo (Enit). L'ufficio informazioni di Princess Street, a due passi dalla fermata metropolitana di Oxford Circus, ogni giorno raccoglie richieste da parte di cittadini inglesi per la provincia di Ragusa e i luoghi cari al commissario creato dalla penna di Camilleri. Raccolgono brochure, libri, mappe, liste di hotel e bed and breakfast per programmare il loro viaggio in terra iblea. «I would like to go to Montalbano City - iniziano quasi tutti così - dice Francesco, uno dei dipendenti dell'Enit - e noi capiamo subito cosa vogliono. Da quando la serie tv sul commissario è andata in onda sulla BBC 4, abbiamo ricevuto tantissime richieste per Ragusa, Scicli, Donnalucata. Gli inglesi guardano al sud - est della Sicilia con molto interesse».
La fiction di Montalbano sta aiutando molto il turismo della provincia di Ragusa, per molti anni penalizzata dalla mancanza di infrastrutture. L'aeroporto di Comiso è il valore aggiunto per far decollare il turismo e Rosario Dibennardo, presidente della Soaco, la società di gestione dello scalo ragusano, si dice contento, ma non ancora soddisfatto del ritorno commerciale. «I numeri parlano chiaro - dice Dibennardo - lo scalo sta andando molto bene, la scelte delle tre rotte di Roma, Londra e Charleroi (Bruxelles) è stata azzeccata, ma siamo ancora all'inizio.
Dobbiamo riuscire in breve tempo a garantire voli che colleghino Comiso con il nord dell'Italia e aumentare le rotte estere. Abbiamo cominciato adesso a far sul serio e Montalbano ci dà una grossa mano...».
Federica Molè
 
 

La Nuova Sardegna, 14.10.2013
Magarìa
Andrea Camilleri Mondadori 94 pagine 15 euro

La piccola Lullina a spasso col nonno Un libro diverso dal solito per il creatore del commissario Montalbano, dedicato ai più piccoli e riccamente illustrato da Giulia Orecchia. La piccola Lullina ama passeggiare con il nonno, specie perché lui le racconta delle storie bellissime, spesso inventandole apposta per lei, come quella del grillo che sfidò l'usignolo in una gara canora e, inaspettatamente, vinse. Un giorno però Lullina pare distratta, come se fosse turbata da qualcosa: rivela così al nonno di aver sognato un uomo minuscolo tutto vestito di giallo che le ha consegnato una formula per far sparire le persone. La bambina non riesce a resistere alla tentazione: fa una prova, ed effettivamente scompare nel nulla. Disperato, il nonno non può far altro che mettersi alla sua ricerca, provando a scoprire il segreto di quella magia.
 
 

La Gazzetta di Mantova, 14.10.2013
Quattro racconti in quattro stagioni
G. D. Spilsbury, Quartetto sabino, Robin, 153 pag., 15 euro.

"Sabina quartet" (è il titolo originale) si compone di quattro "racconti di una terra antica vista da un'americana", scanditi nelle quattro stagioni. Questa terra, la Sabina, è una zona rurale di piccoli paesi medievali, coltivata a ulivo, a nordest di Roma. L'autrice, che in diversi periodi ha vissuto in Italia (a Trieste, Roma e in Sabina), ora lavora alla National Geography Society, a Washington, città in cui abita. I suoi racconti, tradotti da Riccardo Duranti, evocano "un mondo antico dove abitanti del luogo e forestieri hanno sempre vissuti fianco a fianco eppure separati". Passo di Raffaele La Capria in esergo e omaggio a Andrea Camilleri nel primo racconto.
(scud)
 
 

RagusaNews, 14.10.2013
Ispica, il Pd: Vogliamo Montalbano, così ci porta i turisti!
Le occasioni perdute

Ispica - 14 anni dopo l'inizio della serie televisiva, il Pd di Ispica si accorge dell'occasione mancata. Negli anni settanta, la distruzione del centro storico abbattè la possibilità, per Ispica, di diventare Unesco nel 2002. Chissà quando se ne accorgerà il Pd...
Il comunicato
Esplode all’estero la Montalbano-mania, con riflessi straordinari sul turismo per i luoghi dove le varie serie della rivisitazione televisiva dei romanzi di Andrea Camilleri sono state ambientate. Ispica, che fa parte a pieno titolo dei cosiddetti “luoghi di Montalbano”, potrebbe approfittarne e il Partito democratico propone all’Amministrazione comunale l’adozione di alcune misure per sfruttare i flussi che, grazie anche all’Aeroporto di Comiso, si stanno concentrando nella zona.
“In Gran Bretagna – dichiara il segretario del Pd, Gianni Stornello - la BBC sta dando “Il commissario Montalbano” e proprio da lì gruppi organizzati sfruttano la linea aerea Londra-Comiso chiedendo espressamente di vedere i luoghi che sono stati il set della fiction. Ad Ispica sono state girate scene importanti, specie delle serie più recenti. Ricordiamo fra gli altri il loggiato del Sinatra e i diversi interni, come quelli della società operaia “Garibaldi”, di Palazzo Modica di corso Garibaldi e del casino Bruno di Belmonte. Ci chiediamo perché non ne stiamo approfittando. Se non ci muoviamo immediatamente rischiamo di essere tagliati fuori dai pacchetti che i tour operators stanno predisponendo proprio per venire incontro alla forte domanda in tal senso. L’Amministrazione, immobile su tutto, non poteva fare eccezione in questo. Ma – prosegue il segretario del Pd – occorre preparare subito un piano: incontrare le agenzie di viaggio locali, mobilitare le strutture ricettive del posto, aggiornare il sito del Comune con banner, cioè spazi, specifici e tags, cioè parole civetta, utili per essere individuati dai motori di ricerca, prendere contatto con i tour operators britannici e comunque presenti dove le serie del “Commissario Montalbano” vengono proposte. Si tratta di misure minime per esserci, non perdere un treno utile per la destagionalizzazione dei flussi turistici e, quel che più conta, a costo zero. E’ solo questione – conclude Stornello - di buona volontà, di capacità organizzativa e di avere intuizioni utili al bene della città”.
 
 

Italia Oggi, 15.10.2013
L'opposizione a grazia ed indulto accomuna delle forze politiche e culturali disparate
Perché chiusero Pianosa e l'Asinara?
I detenuti andrebbero fatti lavorare obbligatoriamente

Quelli che dicono no all'indulto e all'amnistia. Sotto le bandiere di Matteo Renzi ma anche lontani dal sindaco di Firenze tanto che il fronte anti è assai variegato e va dai radicalchic di Micromega alla destra di Fratelli d'Italia, passando attraverso 5stelle e Lega.
[…]
Una certa sorpresa è il no espresso dai radicalchic di Micromega, in dissenso con Sel, coi partiti della sinistra radicale e con la coppia Pannella-Bonino, tradizionali e principali interlocutori della rivista, sulla quale Andrea Camilleri, Roberta de Monticelli, Paolo Flores d'Arcais, Barbara Spinelli firmano un manifesto in cui sottolineano che «la condizione di vita nelle carceri è incivile e indegna di un Paese democratico». Però poi avvertono: «L'indulto e l'amnistia non risolvono il problema, come già dimostrato da precedenti anche recenti. Per fare uscire migliaia di detenuti basterebbe abrogare la legge Bossi-Fini e la legge Fini-Giovanardi». «L'indulto e l'amnistia che il presidente Napolitano chiede in toni ultimativi al Parlamento», continua l'appello sponsorizzato da Micromega, «non risolverebbe nessun problema strutturale e avrebbe come unici effetti più rilevanti quelli di fornire un salvacondotto tombale a Berlusconi, di delegittimare il lavoro della magistratura di contrasto al crimine, di umiliare le vittime e i loro parenti».
[…]
Giorgio Ponziano
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 16.10.2013
Camilleri e i pionieri dell'antiracket

Gli antenati della ribellione al racket sparavano ai mafiosi ma finirono per essere trattati come una banda di criminali. Andrea Camilleri lascia per un attimo il commissario Montalbano per recuperare un episodio sui generis di ribellione alla legge mafiosa del "pizzo". È "La banda Sacco", il nuovo romanzo di Camilleri che esce domani per Sellerio (13 euro, 8,99 nella versione ebook) Siamo a Raffadali, provincia di Agrigento, e sono gli anni Venti del Novecento. I fratelli Sacco sono passati dalla miseria nera a una vita dignitosa di contadini con quattro salme di terra. Sono uomini liberi, di idee socialiste e hanno il senso dello Stato. La vita cambia quando una mattina il capofamiglia riceve una lettera anonima, poi un'altra, poi subisce un tentativo di furto. Luigi Sacco non ha esitazioni e denunzia le richieste estorsive ai carabinieri, che però si trovano disorientati: nessuno in paese ha mai osato denunziare la mafia, tutti preferiscono accettare e tacere. Da quel momento i Sacco dovranno difendersi. Dalla mafia e dalle forze dell'ordine, dai paesani complici, dai traditori, dai maggiorenti del paese tra tentativi di omicidio, accuse false, testimonianze bugiarde. Osteggiati dai carabinieri che li privano del porto d'armi e non li difendono, i fratelli Sacco diventano latitanti. Fronteggiano la mafia mostrando un coraggio e una coscienza civile straordinari per quegli anni, liberando di fatto Raffadali dall'oppressione mafiosa. Poi arriva Mori e inizia una repressione feroce che non risparmia neanche i fratelli antimafiosi.
Per giustificare la gigantesca caccia all'uomo che Mori scatena, i fratelli Sacco devono diventare una vera e propria banda: madre, sorelle, cognati, cugini, amici, ex sindaci socialisti, tutti vengono arrestati. Poi tocca ai fratelli che circondati da duecento carabinieri vengono feriti, arrestati, torturati. A Vanni, Salvatore e Alfonso Sacco vengono addebitati quattro omicidi e vengono condannati all'ergastolo.
 
 

Celio Azzurro, 17.10.2013
Giovedì 17 ottobre 2013, ore 18
Salita S. Gregorio, 3 - Parco del Celio - Roma
Andrea Camilleri presenta il suo libro al Celio Azzurro - la scuola dei bambini del mondo
Magarìa
Letture a cura di Mitipretese e con Alvia Reale, Sandra Toffolatti, Mariangelés Torres e con Fabrizio Falco
In caso di pioggia l’evento sarà rinviato






 
 

l’Unità, 17.10.2013
L’intervista
I fratelli Sacco, sfida alla mafia
Andrea Camilleri parla del suo nuovo romanzo
Il libro racconta la storia di cinque fratelli dell’Agrigentino
Lo scrittore: “Erano semplici contadini che, continuamente minacciati, furono costretti a difendersi… con le armi”

Un romanzo che ricostruisce una storia complessa del Novecento e nel contempo fa riflettere su alcune grandi tematiche dell'attualità. Con La banda Sacco (edito da Sellerio, pagine 192, euro 13.00), nelle librerie da oggi, Andrea Camilleri torna ad una delle sue grandi passioni intellettuali, la storia. Nel dialogo con l’Unità l’inventore del commissario Salvo Montalbano parla del suo nuovo libro, riflette su un caso giudiziario e storico, che Umberto Terracini definì «unico», quello dei fratelli Sacco. Semplici contadini divennero proprietari terrieri e si trovarono da soli a sfidare la mafia nell’Agrigentino degli anni Venti. Camilleri parla del passato e del presente, ed interviene anche sul dibattito lanciato da questo giornale sulla battaglia per la legalità e l’etica.
A differenza di altri romanzi storici, nei quali spesso ha preso spunto da un singolo documento o da una breve citazione storiografica, in questo caso ha potuto leggere diversi atti giudiziari. Come ha influito questo sul suo metodo di lavoro?
«Si vede già dal fatto che ho dovuto dividere il libretto narrando prima i fatti, così come appresi da tutti gli atti, e fare le mie considerazioni raccogliendole tutte nella parte finale del volume. Non è però la prima volta che racconto i fatti come andarono e i fatti come sono andati secondo me. Penso alla storia di Persico...».
Può raccontare ai lettori chi erano i fratelli Sacco?
«Erano cinque fratelli, onestissimi lavoratori e figli di un ancor più onesto contadino, i quali, abbandonati dallo Stato e continuamente minacciati dalla mafia, furono messi in condizioni, malgrado loro, di doversi difendere con le armi».
Denunciano le minacce ed i tentativi di estorsione dei mafiosi e la loro vita cambia...
«Cambia appunto perché i rappresentanti della legge non sono in grado di intervenire...».
Hanno qualcosa dei giustizieri tipo film western?
«Ma questa è una contaminazione che viene a posteriori. Non credo che all’epoca i fratelli Sacco potessero avere l’atteggiamento e i modi che noi siamo abituati a vedere nei giustizieri dei western. Erano piuttosto dei disgraziati, lontani dalle loro famiglie, nascosti tra montagne e che perdettero tutti i loro averi a causa di questa latitanza».
La loro cultura del lavoro, del sacrificio, il loro non piegarsi alle ingiustizie ne fa degli antesignani nella lotta contro il racket mafioso?
«Certamente! E faccio notare che non sono solo loro a non volersi piegare alle minacce della mafia, la storia comincia con il rifiuto del loro padre (che muore assassinato) di pagare il cosiddetto “pizzo”».
Nel suo libro vi è anche una denuncia del potere sottile della mafia, che non è solo quella che assassina le persone, ma cambia e sconvolge le vite degli uomini, crea un clima di terrore e paura?
«Cosa risponderle…è evidente che oggi come allora la mafia, e tutte le associazioni a delinquere che conosciamo, minano nel profondo l’essere umano, sottraendo la tranquillità, il lavoro, distruggendo il vivere quotidiano degli individui».
Come definirebbe la complessa vicenda giudiziaria dei fratelli Sacco?
«Una vicenda tragica, finita con tre ergastoli. La verità è nascosta attraverso una fitta ragnatela di falsi testimoni, di giochi politici e di menzogne ben camuffate da sincerità. I fratelli Sacco pagano non solo per quello che hanno fatto o non hanno fatto, ma pagano anche per una confusa situazione sociale e politica che regnava in quegli anni nell’isola».
Vi è una ispirazione sciasciana nella sua rilettura garantista del complesso caso Sacco?
«Dopo le “letture” sciasciane è difficile non subirne il fascino ma soprattutto il metodo di ricerca».
Dalla storia all’attualità. Il procuratore di Catania Giovanni Salvi ha detto che la Sicilia è cambiata e sta cambiando. Magistratura e forze dell’ordine hanno ottenuto molte vittorie. Ed inoltre vi è la risposta sociale, la battaglia etica di Confindustria Sicilia con Ivan LoBello e Antonello Montante, movimenti come Addiopizzo. Qual è la sua opinione?
«Sono d’accordo con il procuratore Salvi. Fortunatamente il cambiamento della Sicilia che prima era sotterraneo ora, come un fiume carsico, inizia a venire alla luce del sole ».
Su l’Unità abbiamo raccontato dell'iniziativa coraggiosa del vescovo di Acireale, che con un decreto ha deciso di negare i funerali ai boss mafiosi che non hanno mostrato alcun pentimento in vita. Cosa ne pensa?
«Che è stato coerente con il suo credo».
Ad 88 anni il suo successo cresce ancora in maniera progressiva, in ogni angolo del mondo. In Inghilterra non solo Montalbano trionfa sulla Bbc, ma vi è anche un ristorante che ha inventato un panino ispirato al commissario. Quali sensazioni prova?
«Alla mia età, appunto, cosa vuole che provi? Se non il tentativo vano di cercare di capire le ragioni del successo…».
Salvo Fallica
 
 

Giornale di Sicilia, 17.10.2013
Libri. Esce oggi per Sellerio "La Banda Sacco", ispirato ad una vicenda giudiziaria realmente accaduta a Raffadali nella prima metà del Novecento
Camilleri, quei fratelli contro la mafia - Cliccare qui per leggere l'articolo e un brano del libro (in pdf)
Da poveri a proprietari terrieri, "viddani" di idee socialiste: dovranno difendersi da soli dagli estortori
GIMA
 
 

Corriere della Sera, 17.10.2013
Realtà e leggenda? Esce da Sellerio un romanzo dello scrittori siciliano ispirato agli anni Venti
La vera storia della banda Sacco
L'ultimo O.k. Corral a Raffadali

Andrea Camilleri firma un western mafioso di sangue e vendette

Quando aveva sei anni Filippo, nipote di Andrea Camilleri, imparò a tuffarsi in mare e a prendere i ricci. Il suo insegnante in queste specifiche materie era un signore dai modi affabili ed estremamente perbene, che si chiamava Giovanni Sacco, perito tecnico del comune di Porto Empedocle. Un giorno, Giovanni Sacco andò a trovare Andrea Camilleri e gli consegnò un voluminoso incartamento contenente la trascrizione di un processo e un memoriale. Era la storia della famiglia Sacco.
I fratelli Sacco erano cinque: Vincenzo, Salvatore, Vanni, Girolamo (genitore del perito tecnico), Filomena e Alfonso. Erano di Raffadali, in provincia di Agrigento. Il padre, Luigi, era poverissimo e cominciò a fare qualche soldo innestando alberi di pistacchio e acchiappando mosche per conto di un farmacista, quelle mosche speciali da cui si otteneva la cantaride, il viagra dell’epoca. Così compra un po’ di terreno. I figli lo aiutano nel lavoro e la fattoria fiorisce. I ragazzi vanno in guerra, quella del 15-18, dove si fanno onore. Tornati dal fronte, gli intraprendenti fratelli aprono un mulino, comprano un autobus che fa servizio postale e passeggeri per Agrigento. Vincenzo, nei giorni di festa, fa il fotografo di matrimoni, battesimi e funerali.
Al principio degli anni Venti la loro vita si può definire agiata. Ma un giorno arriva una lettera anonima al padre Luigi. L’uomo non sa leggere. Gliela legge, la sera, davanti al camino, Alfonso, il figlio che dovrebbe diventare avvocato secondo i piani paterni. È una lettera della mafia che reclama la sua parte. Luigi getta la lettera nel fuoco. La breve storia felice della famiglia Sacco finisce così.
Andrea Camilleri ha scritto tanti libri e di generi diversi (gialli, storici, erotici, comici, per ragazzi) ma non aveva ancora scritto un western. La banda Sacco (Sellerio) è una «Sfida all’O.k. Corral», un «Nessuna pietà per Ulzana», un «Cavalcarono insieme» (che belli che sono i titoli dei film western). Noi italiani abbiamo fatto sempre (dal cinema ai fumetti) bellissimi western, tanto da gareggiare (come ha testimoniato Quentin Tarantino con «Django Unchained») con i padri fondatori del genere. Ma senza nulla togliere a Tex e a Sergio Leone, il western nazionale più western di tutti sono state le storie di mafia, i western di cose nostre, come si intitolava un bellissimo racconto di Leonardo Sciascia, da cui fu tratto un film sceneggiato proprio da Camilleri.
Il rapporto di Camilleri con il genere western comincia dall’infanzia. Ce lo racconta lui stesso: «Quando cominciai a frequentare il cinematografo del mio paese, a sei anni, si proiettavano soltanto film western con Tom Mix, dove era più bravo il cavallo dell’attore, e film di Tarzan con Johnny Weissmuller. Se il pubblico protestava la pellicola veniva immancabilmente sostituita con «La vedova allegra» di Lubitsch che ho visto, perciò, almeno una ventina di volte e che considero da sempre una pietra miliare della mia vita».
Lo scrittore ha avuto un buon rapporto anche con il western all’italiana. «Ho perfino scritto un soggetto che dimenticai di avere scritto e che per caso riconobbi trasmesso in televisione e di cui mi sono dimenticato il titolo…».
E forse proprio grazie a questo precedente nel romanzo ci sono almeno due scene che farebbero la felicità di Tarantino. Nella prima i fratelli Sacco sparano a scopo intimidatorio una serie di colpi di fucile in rapidissima successione e stampano la sagoma dell’avvocato C. (eminenza grigia dei mafiosi) sopra al legno della porta che stava per chiudere alla fine di una riunione tra uomini d’onore. L’uomo cade a terra svenuto. Nella seconda scena gli oltre duecento uomini delle forze speciali agli ordini del prefetto Mori (il prefetto di ferro inviato in Sicilia da Mussolini per sterminare la mafia) circondano la casa in cui sono asserragliati i Sacco e cominciano a sparare, come un plotone d’esecuzione, quando questi escono arrendendosi con le mani in alto. Camilleri opportunamente scrive: «Pari in tutto e per tutto una scena di pillicula western». Poi quello che resta della banda viene fatto salire su un camion scoperto e portato in giro per le strade di Raffadali mentre il parroco (amico dei Sacco) suona la campana a morto, non per i caduti nello scontro ma perché è morta la speranza che la mafia possa essere sconfitta (come erano quasi riusciti a fare da soli i fratelli Sacco con la loro guerra privata). Dall’alto del camion, Alfonso, il più giovane dei Sacco, gravemente ferito, scambia un lungo sguardo con la ragazza di cui è innamorato che assiste piangendo al suo passaggio. Quasi quarant’anni dopo Alfonso e quella ragazza (per la cronaca, si chiamava Pina Crapanzano) si sposeranno.
Ma è tempo di fare un flashback. Dal momento in cui Luigi Sacco brucia la lettera minatoria, la mafia di Raffadali la giura a morte a quei contadini ribelli. Prima semplici avvertimenti (furti, incendi), poi agguati a fucilate (in uno di questi un nipotino di dieci anni dei Sacco resta cieco cadendo da cavallo, in un altro viene ucciso un cognato). I Sacco denunciano regolarmente ogni sopruso al maresciallo dei carabinieri che però fa loro capire di essere impotente. Seguono tante sparatorie, fughe, omicidi (del padre dei Sacco, di due capimafia), latitanze, tradimenti. Fino a quando il prefetto Mori catturerà, con eccezionale spiegamento di mezzi, i fratelli. E non si capisce tanto accanimento visto che i Sacco si trovavano, in fin dei conti, dalla sua stessa parte se il suo mandato era quello di debellare l’onorata società. Dice Camilleri: «Mori rimane una persona equivoca di cui non si sono mai riuscite a capire le vere finalità».
Anche la politica entra nella storia dei fratelli Sacco. C’entra perché erano socialisti e i fascisti di Raffadali avevano un conto aperto con loro. E c’entra perché dopo che furono condannati all’ergastolo (in un processo che a rileggere le carte, come ha fatto Camilleri, fa venire i brividi per le sue irregolarità), fecero amicizia in carcere con prigionieri politici eccellenti come Antonio Gramsci e Umberto Terracini. Fu quest’ultimo che ottenne, negli anni 60, la grazia dal presidente Segni per quegli ormai ex ragazzi diventati una leggenda.
Antonio D’Orrico
 
 

La Sicilia (ed. di Agrigento), 17.10.2013
«La banda Sacco»
Da oggi nelle librerie l'ultimo di Camilleri

Esce oggi in tutte le librerie il nuovo romanzo di Andrea camilleri intitolato »La banda dei Sacco» (Sellerio editore). «È la storia di una banda composta da cinque fratelli siciliani - dice l'autore - la cui missione è ammazzare i mafiosi. Diventano come dei vendicatori, dei giustizieri solitari, come nel Texas. Diventano degli assassini al di sopra della legge. Siamo all'epoca del prefetto Mori. Vengono condannati all'ergastolo e poi graziati da Segni perché Terracini si fece loro avvocato. Io ho avuto tutti i documenti e i processi dal nipote e ho scritto questo libro contro la mafia ma al tempo stesso contro i giustizieri solitari. Il libro dunque è a metà tra il garantismo e la lotta alla mafia. Oggi la mafia sta cambiando. Oggi della mafia possono far parte anche le classi medie, i professionisti».
 
 

AISE, 17.10.2013
XIII Settimana della lingua italiana nel mondo: Boccaccia e Verdi a Charleroi con Consolato e Comites

Charleroi - Nell’ambito della XIII edizione della Settimana della lingua italiana nel mondo, il Consolato Generale e il Comites di Charleroi hanno organizzato per domani, 18 ottobre, un pomeriggio dedicato al tema "Giovanni Boccaccio e Giuseppe Verdi tra tradizione e modernità".
Dalle 17.00 allo Château de Monceau sur Sambre verrà presentato e quindi proiettato il filmato “La nostra lingua italiana”; seguirà l’approfondimento su "L’attualità del Decamerone: Camilleri e Boccaccio ne “La novella di Antonello da Palermo” di Andrea Camilleri" e un intermezzo musicale con il Trio “Nova-Vernizzi-Costa”.
Alla presentazione e proiezione del filmato “Viva Verdi - Il sogno di libertà”, seguirà un dibattito e, infine, un piccolo rinfresco.
 
 

Kataweb TvZap, 17.10.2013
Fiction su Olivetti, Luca Zingaretti: “Sono Montalbano solo tre mesi ogni due anni”

Giudice, commissario e adesso imprenditore visionario, Luca Zingaretti dismessi (momentaneamente) i panni di Montalbano, e in attesa di vederlo in quelli del giudice Lenzi, lunedì 28 e martedì 29 ottobre sarà in prima serata su Rai1 con la fiction Adriano Olivetti, la forza di un sogno.
[...]
E sul commissario che l’ha reso famoso, taglia corto “Sono Montalbano solo per tre mesi ogni due anni”.
Lara Gusatto
 
 

RaiNews24, 18.10.2013
"Magarìa", l'ultima magia di Camilleri
In dialetto siciliano "magarìa" vuol dire incantesimo, magia. E Magaria è il titolo del nuovo libro di Andrea Camilleri, una favola che lo scrittore siciliano ha presentato a Roma in uno spazio particolare, l'asilo "Celio Azzurro", dove oltre la metà dei bambini sono figli di immigrati. L'intervista di Paolo Zefferi.


 
 

La Sicilia, 18.10.2013
"La banda Sacco" nuovo romanzo storico di Camilleri
I fratelli "giustizieri" che sfidarono la mafia

Un romanzo che affronta un caso unico della storia giudiziaria italiana, quello dei fratelli Sacco. "Un caso unico" lo definì Umberto Terracini, l'avvocato che difese i Sacco in tribunale. Andrea Camilleri ne "La banda Sacco" (edito da Sellerio, pagine 192, Euro 13,00) affronta e si confronta con una vicenda storica dalle plurime interpretazioni, e lo fa con un genere letterario che ama molto: il romanzo storico. Solo che in questo caso ha molti documenti a disposizione, non dunque solo una citazione o un breve documento a far da ispirazione per la rielaborazione e l'invenzione narrativa come in altri romanzi storici, ma atti giudiziari che ripercorrono l'intero caso. Documenti che son giunti nelle mani dello scrittore di Porto Empedocle grazie a Giovanni Sacco, un nipote dei protagonisti della vicenda narrata. Quelle carte Camilleri le ha studiate in maniera certosina ma le rende vive con la sua capacità di narratore autentico, e le sue interpretazioni emergono senza appesantire il fluire del racconto. Non muta stile né linguaggio, e con la sua scrittura avvincente fa rivivere una vicenda dimenticata.
Occorre tornare agli anni Venti del Novecento, per collocare storicamente il "caso". In provincia di Agrigento, a Raffadali, avevano la loro patria i fratelli Sacco. Erano cinque. Da semplici contadini erano riusciti a diventare dei proprietari, 4 salme di terre ben coltivate. Con il sudore della fronte e il coraggio di intraprendere avevano raggiunto una buona posizione sociale. Nessuna amicizia dubbia, erano persone libere e di idee socialiste. Quest'ultimo particolare li rendeva sui generis nel mondo dei proprietari terrieri locali. Un giorno però iniziano nei loro confronti le minacce e i tentativi di estorsione. I fratelli ovviamente non cedono, è contro ogni loro principio. E fanno una cosa per l'epoca innovativa, denunciano l'accaduto ai carabinieri. Il punto è che in quel contesto non vi erano casi simili, gradualmente vengono isolati. Si trovano tutti contro, con le spalle al muro, fin quando si danno alla macchia e da vittime si trasformano in giustizieri, in vendicatori. Qui storia e leggenda si sfiorano, vi sono diversi punti che presentano difficoltà interpretative.
I Sacco verranno catturati con uno spiegamento di forze enorme, condannati all'ergastolo. Ma poi verranno graziati dal presidente Segni, si era già ovviamente nella fase repubblicana. Camilleri ha un approccio garantista nella narrazione delle vicende, potremmo dire metodologicamente sciasciano. E sempre nel solco di scrittore civile ed impegnato, mette in evidenza il messaggio dell'importanza della battaglia contro la mafia, denunciandone i meccanismi di violenza fisica e psicologica. I meccanismi di coartazione della volontà, che non sono mutati e vanno combattuti, sempre ed ovunque.
Salvo Fallica
 
 

Il Foglio, 19.10.2013
Pifferi e tromboni
Schizofrenie cognitive e altre malattie dei non parricidabili intellò italiani. Luca Mastrantonio

Chi ben comincia è già a metà dell’opera. Gran bella frottola, e che sia attestata in Orazio non la rende meno frottola. Soprattutto, un alibi formidabile per noi pigri. Io, per esempio, ho un carnet di titoli eccellenti per libri che non scriverò mai. Due riguardano gli intellettuali italiani nell’ultimo ventennio. […]
Si può dire che i due libri Luca Mastrantonio li ha scritti entrambi in uno, “Intellettuali del piffero”, appena pubblicato da Marsilio.
[…]
C’è la Schizofrenia Cognitiva, illustrata dalle sedute di autocoscienza degli scrittori antiberlusconiani che pubblicano con Mondadori, o da Camilleri che, a seconda che a proporlo sia Prodi o Berlusconi, è favorevole o contrario al ponte sullo Stretto.
[…]
Guido Vitiello
 
 

Articolo 21, 20.10.2013
Libridine
Il 28 ottobre a Roma Andrea Camilleri intervistato da Vincenzo Mollica su “I racconti di Nenè”

L’appuntamento è per Lunedì 28 ottobre alle 17,30 alla Libreria Feltrinelli di Via Appia Nuova 427 a Roma. Ci sarà Andrea Camilleri intervistato da Vincenzo Mollica. Ma ci saranno anche altre sorprese. Si racconteranno le storie de “I racconti di Nené” il libro curato da Giorgio Santelli e Francesco Anzalone per Melampo in cui Nenè, Andrea Camilleri, racconta episodi importanti della sua vita. Dal giovane Nenè, Balilla infatuato del fascismo che scriveva a Mussolini per andare a uccidere gli Abissini, alla risposta del Duce. Dalla scoperta degli ideali politici insieme ad un gruppo di giovani endocardici che si erano fatti esonerare dai raduni del sabato e costretti a lavorare nelle tipografie fasciste, dove nacque un giornale ispirato ad una ideologia meno di parte. E’ un Camilleri inedito che si racconta nel suo mondo e che ripercorre le storie degli amici d’infanzia, le sue avventure di ragazzo e poi di regista e autore di successo.
Finisce la guerra, sbarcano gli americani e passa il Generale Patton con la sua armata.
Poi, dopo la liberazione, la sua disperazione per la strage di Portella della Ginestra, il racconto del separatismo siciliano e della mafia. L’incontro, da bambino, con “l’ammiraglio” Luigi Pirandello che entrava in divisa a casa per salutare la nonna Carolina, amica d’infanzia del poeta e scrittore.
La partenza da Porto Empedocle e le prime esperienze di teatro, l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica e il Centro Sperimentale di Cinematografia, il primo premio letterario, il rapporto con gli amici di accademia come Gigi Vannucchi, o altri come Luigi Cantoni; gli incontri con i grandi maestri del cinema, della letteratura e del teatro: Silvio D’Amico, Orazio Costa, Jean Genet, Arthur Adamov, Samuel Beckett. Gli attori diretti, fra gli altri Renato Rascel, Adolfo Celi, Alberto Lupo.
C’è anche il suo arrivo in Rai, quasi casuale. Era la Rai di Bernabei. Dopo la radio le produzioni televisive: le commedie di Eduardo con Eduardo, il commissario Maigret con Gino Cervi. E di nuovo la radio, grande passione, con le interviste impossibili, scritte da lui, da Eco, Sanguineti, Portoghesi. Un grande rapporto è quello con Leonardo Sciascia che lo porta a scrivere, per Sellerio, La Strage dimenticata.
Nei ricordi di Camilleri c’è anche la musica, il jazz innanzitutto che entra delicatamente in alcuni romanzi. E le prime pubblicazioni che lo portano a diventare un affermato scrittore: il rapporto con Niccolò Gallo, quelli con Livio Garzanti e Ruggero Jacobbi e con Elvira Sellerio, la “mamma” di Montalbano. In questo concentrato di vita c’è tanto altro, ricordi personali, suggestioni, incontri casuali come quello romano con Angelica Balabanoff o quello, più recente, con l’allievo Marco Bellocchio.
C’è anche un po’ di Rai nel libro. Perché “I racconti di Neneè” prendono spunto da una lunga intervista realizzata dai due curatori ad Andrea Camilleri per RaiSat. Alcuni di quei racconti fatti davanti alla telecamera e non utilizzati dal lavoro televisivo costituiscono parte degli aneddoti raccontati dallo scrittore nel libro.
I curatori del libro: Francesco Anzalone, regista, si è diplomato all’Accademia Silvio D’Amico, sotto la guida di Andrea Camilleri.
Attualmente è il coordinatore di WR7, una delle tre reti webradio della Rai. Giorgio Santelli, giornalista, lavora per la redazione politico-istituzionale di RaiNews 24 e collabora con l’associazione Articolo 21, di cui è stato direttore.
 
 

La Sicilia, 21.10.2013
L'intervista. L'attore catanese impegnatissimo con le fiction tv: di prossima uscita la serie su Ambrosoli al fianco di Favino
Da padre di Montalbano a padre di Oriana Fallaci
Ma Adriano Chiaramida, per molti resta "Zio Carlo"
«E ora preparo un film tutto mio, "La quintessenza", una commedia nel segno della magia»

I ruoli di padre non solo per l'età matura ma sicuramente per un nonsocchè di rassicurante che esprime si attagliano ad Adriano Chiaramida: l'abbiamo visto in tv genitore del «Giovane Montalbano», padre di Leonida Bongiorno nella fiction «Edda Ciano e il comunista», al cinema padre di Crocetta, una delle «Amiche da morire». Lo vedremo padre di Oriana Fallaci nella miniserie tv prodotta da Raifiction e Fandango prossima al ciak e che andrà in onda su Rai1.
[..]
Quale dei padri che ha interpretato rifarebbe?
«Il padre di Montalbano giovane con Gianluca Tavarelli: si stanno scrivendo nuovi episodi e il personaggio del padre ha avuto un ottimo successo. Camilleri nella prima serie ha allungato una scena al cimitero dove io e mio figlio (Riondino) siamo davanti alla tomba della madre: in principio erano quattro battute».
[..]
Maria Lombardo
 
 

Italia Network, 21.10.2013
Cultura italiana nel mondo - Francia - All'Istituto Italiano di Cultura una serata dedicata alla letteratura italiana con "Orlando Furioso" e l'inaugurazione di "Copy" in Italia
Uno spettacolo teatrale ispirato all'opera di Ariosto e di una mostra di libri e autori italiani di tutto il mondo a partire dal dopoguerra Giovedi 24 Ottobre all'Istituto Italiano di Cultura di Marsiglia

Nell'ambito della mostra di pittura di Gilbert Un orlando Furioso promosso dalla Camera di Commercio di Marsiglia Provenza Italiana e dall'Istituto Italiano di Cultura propongono un viaggio nella letteraria italiana epica, tra parole, musica e canzoni, con Ludovico Ariosto e Antonio Vivaldi, Miguel de Cervantes e Matteo Maria Boiardo e Italo Calvino nel Teatro dei Pupi Siciliani.
[...].
Ma ci terrà anche una mostra "Copy in Italia, autori italiani nel mondo dal 1945" Da Primo Levi, Umberto Eco, Italo Calvino, Roberto Saviano, Giovannino Guareschi Andrea Camilleri, dopoguerra esportati suoi autori Giuseppe Tomasi di Lampedusa Gianni Rodari italiani e le loro opere che hanno stampato nella memoria collettiva e ha contribuito a definire l'immagine di Italia all'estero.
La mostra prodotta dalla Fondazione Mondadori, si concentra sulla traduzione e la serie di testimonianze e opere critiche di alcuni casi emblematici, decripta il ruolo della mediazione editoriale nell'esportazione della cultura italiana nel mondo.
Migliaia gli autori italiani tradotti in tutto il mondo, raccolti e catalogati in anni di lavoro in archivi privati e biblioteche storiche editori.
La mostra rivela le copertine originali dei libri best-seller italiani all'estero della Liberazione in poi. E c'è anche un nome famoso, quella di Umberto Eco, che ha venduto 10 milioni di copie per il singolo "Nome della Rosa". Ma è seguito da vicino da Andrea Camilleri e il suo commissario Montalbano. [...]
Per quanto riguarda Andrea Camilleri, notare la curiosità il suo commissario Montalbano ha in copertina giapponese la barba, piccoli occhiali, un cappello e un impermeabile (che è originario di un siciliano immaginario ) ....
[...]
 
 

La Repubblica (ed. di Palermo), 22.10.2013
Lo scrittore parla del suo nuovo romanzo “La banda Sacco” delle connivenze e della “trattativa”
La mafia secondo Camilleri
"Quei rapporti oscuri tra Stato e Cosa Nostra"

Vogliono solo lavorare, Luigi e i suoi cinque figli. Coltivare la terra, pascolare le mucche, macinare il grano, trasportare i viaggiatori con i primi arrancanti autobus. E perfino scattare fotografie nei matrimoni. Gente soda, ingegnosa, solidale, tutti insieme una forza della natura a Raffadali, nell'Agrigentino. Che a essere tutti così intraprendenti i siciliani avrebbero messo le ali all'Isola. La mafia però con le buone e con le cattive chiede il suo senza metterci una goccia di sudore. E qui comincia la tragedia. I sei si ribellano ed è la loro fine. Da onesti faticatori che sono, ai primi degli anni Venti diventano "la banda Sacco", braccati da Cosa nostra e da uno Stato miope e colluso. Tra due fuochi senza via di scampo. La storia la racconta Andrea Camilleri nel consueto siciliano impastato di italiano nel suo ultimo libro Sellerio.
Professore, qual è la morale di questa vicenda?
"Che dalla notte dei tempi in Sicilia la mafia coesiste con il potere, spesso si fa potere essa stessa".
Cosa è cambiato negli anni?
«Prima lo scenario si svolgeva in uno spazio circoscritto, un paese, dove le forze dell’ordine per quieto vivere chiudevano gli occhi, ora con gli interessi sterminati in ballo il gioco è più complesso. Mafia, politica, finanza, sono strettamente intrecciate. Si intuisce il torbido, ma svelarlo è arduo».
Come si è imbattuto nella banda Sacco?
«Il figlio di uno dei protagonisti mi ha fornito i documenti, gli atti del processo e il memoriale dello zio, Alfonso Sacco. Da cui si evince l’accanimento delle istituzioni contro una famiglia di onesti lavoratori, spingendola a oltrepassare il confine della legalità».
Perché accade tutto ciò?
«I Sacco sono socialisti, e forse comunisti dopo la scissione di Livorno del 1921, e questo il regime fascista non può tollerarlo. La loro ribellione alla mafia inoltre mette in discussione gli equilibrio del territorio. La mafia chiede il conto con le lettere di estorsione e loro vanno in caserma a denunciare. Una, due, tre volte. Inutilmente. Anzi, a frittata rivoltata, è Vanni, uno dei fratelli a finire in galera, per una falsa accusa di furto. Non solo, viene anche aiutato a evadere per spingerlo alla latitanza. Quando i Sacco capiscono che lo Stato è sordo al loro urlo di aiuto, anzi è sfacciatamente nemico, cominciano a farsi giustizia da soli. In questa guerra cadono due capimafia e da qui in un tragico crescendo i cinque fratelli, Vincenzo, Salvatore, Vanni, Girolamo e Alfonso, si ritrovano dentro una vita che non è la loro. Di giorno e di notte a scansare agguati e tradimenti. Diventano la banda Sacco, a cui accollare ogni nefandezza. Alla fine devono rispondere di sette omicidi. E tre di loro si beccano l’ergastolo e gli altri due oltre un decennio di galera. Ma che briganti sono, visto che non rubano, non ricattano, non fanno male a una mosca? Lottano contro la mafia e sono socialisti, ecco la loro colpa».
Lei paragona questa vicenda alla manzoniana “Storia della colonna infame”. Non le pare una forzatura?
«Per niente. E a chi possiamo paragonare una persecuzione scientifica, a freddo? Prove contraffatte, riaperture di inchieste archiviate, atti truccati, testimoni intimiditi dai magistrati, processi con la condanna incorporata. Una cosa immonda. Così mentre il prefetto di ferro a Gangi esorta la gente a ribellarsi alla mafia, va a Raffadali con una schieramento di forze spropositato per catturare i cinque fratelli».
A proposito, che idea si è fatta della campagna di Cesare Mori contro la mafia?
«Tutto fumo. Il prefetto ha fatto volare quattro stracci e non ha toccato i pezzi da novanta. Ne è prova che alla fine del fascismo i Genco Russo e i Calogero Vizzini sono tornati in auge come se nulla fosse. È debellare la mafia questo? Non mi pare».
La questione mafia, con la sua scia di inquietudini, oggi è sempre di attualità. Cosa ne pensa della presunta trattativa tra Cosa nostra e lo Stato, oggetto di un processo a Palermo?
«Altro che presunta. Per me la trattativa c’è stata, eccome. Il capo dei capi, mettiamo Provenzano o Riina, si è trovato davanti un qualche ufficiale a cui ha chiesto chi rappresentasse. E di fronte ai nomi e alle circostanze addotte il contatto è andato avanti. Come e fino a dove non ci è dato di sapere. E nutro poche speranze che dal processo scaturisca una qualche verità che faccia chiarezza».
Quando scriverà un romanzo che indaghi in questa direzione? Magari partendo dalle stragi di Palermo. Chissà come si muoverebbe il suo Montalbano?
«Lasci stare il commissario di Vìgata. Lui si trova a suo agio negli intrecci di provincia. Per la mafia c’è la Direzione distrettuale antimafia. Le stragi sono ancora troppo vicine per consentire uno sguardo più distaccato».
Perché la mafia la fa entrare solo di striscio nelle sue trame?
«L’ho detto altre volte. Quando lessi “Il giorno della civetta” di Sciascia restai affascinato dalla figura di don Mariano Arena. Allora ho giurato che non avrei mai corso il rischio di esaltare un boss, seppure involontariamente. Per il libro sulle stragi comunque un pensierino ce lo farò. Lì non ci sono boss, ma solo carnefici».
I Sacco condividono la cella con i comunisti Gramsci e Terracini. Lei però registra questi contatti e passa oltre. Come mai non ha dato più spessore a queste presenze, magari aiutandosi con la sua inventiva?
«Come romanziere avrei avuto una grande voglia di metterci del mio. Però ho voluto attenermi alle carte che non mi dicevano di più. Però scrivo che i tre ergastolani sono stati graziati dal presidente Segni grazie all’interessamento di Terracini».
La sua ricostruzione ha un impianto anomalo rispetto agli altri suoi libri storici con in coda quindici note che ricostruiscono gli sfondi delle vicende di ogni capitolo. Un qualcosa in più. Perché?».
«È stata un’idea di Elvira Sellerio. Io avevo messo ogni nota dopo i capitoli. “Così non funziona”, mi disse, “disturba la narrazione”. Aveva ragione».
Quindi il libro è stato scritto quando donna Elvira era ancora viva?
«Sì, cinque anni fa. La stagionatura fa bene agli scritti».
Salvatore Silvano Nigro nel risvolto di copertina annota che lei rappresenta la sua solita Sicilia rurale, assolata e arida...
«Sì è questa l’isola che amo. La Sicilia del mare che pure è nel mio cuore, in questo periodo mi fa soffrire. Che pena le stragi nel Canale. Quei poveri morti, donne incinte, bambini, uno strazio. Il sindaco del mio paese, Porta Empedocle, l’altro giorno mi ha detto che nel porto erano allineate 400 bare, le vittime degli ultimi naufragi. E chi sopravvive viene incriminato, colpevole di essersi salvato. Vergogna».
Tano Gullo
 
 

Mondadori, 22.10.2013
News
Andrea Camilleri presenta "Magarìa": "I bambini sono la vera magia"
 
Cliccare qui per tutte le foto di Marta Mazza e Giulia Orecchia

Il 17 ottobre, nel tramonto d'ottobre di Roma, Andrea Camilleri ha raccontato Magaría e tante altre storie ai bambini dell'asilo Celio Azzurro - la scuola dei bambini del mondo, un asilo internazionale, incentrato sull'interculturalità, che si trova nel Parco del Celio, nel cuore di Roma. Gli attori della compagnia Mitipretese, tra le risate dei bambini e i sorrisi dei genitori, hanno magicamente inscenato la favola del Maestro, che ha poi preso la parola regalando tante storie ed emozioni. Ha raccontato del suo pulcino con la gamba di legno, e del suo amico di scuola ebreo ritrovato in teatro anni dopo, e di quando, invece di andare a scuola, fuggiva in campagna per mangiare ciceri verdi e limoni interi... e poi ha risposto alle domande dei bambini curiosi, per esempio:"Perché hai scritto tre finali?" ha chiesto la piccola Greta. "Con due finali brutti si apprezza di più quello bello!", ha risposto il Maestro.
Il 17 ottobre, al tramonto nel Parco del Celio, siamo tornati tutti bambini mentre un signore speciale ci raccontava storie tra gli alberi.
 
 

L'Unione Sarda, 22.10.2013
Un saggio di Stefano Jossa sulla reticenza italiane a costruire icone. “E forse è un bene”
Il nostro eroe nazionale? Montalbano

In Francia hanno D'Artagnan, in Inghilterra Robin Hood, in Svizzera Wilhelm Tell. In Italia "il garante della felicità collettiva su un piano simbolico, pre politico e pre razionale, l'eroe che incarna valori e ideali facilmente riconoscibili come patrimonio di tutti", non esiste. Ma abbiamo bisogno di eroi? Risponde Stefano Jossa (che insegna Letteratura e cultura italiana alla Royal Holloway University of London) con "Un Paese senza eroi. L'Italia da Jacopo Ortis a Montalbano" (Laterza, 283 pp. 22 €), saggio sulla reticenza italiana ad adottare un eroe patriottico partendo dalla letteratura. Per questo, dice Jossa, «l'Italia è un Paese senza nazione; è un Paese senza coesioni e tessuto sociale; è un Paese senza memoria; è un Paese senza italiani a volte e i titoli che gli storici, sociologi e politologi hanno dedicato all'Italia "senza" con l'elenco delle mancanze italiane sono numerosissimi. Io invece volevo parlare di un "senza" che fosse positivo. Di un Paese che grazie al fatto che non ha una coesione così forte intorno a icone o miti potrebbe avere potenzialità maggiori in termini di sviluppo e persino dei conflitti nella misura in cui non sono fonte di disagio e tensione, ma produttori di differenza e quindi di confronto e dialogo».
La mancanza d'eroi priva l'Italia di qualcosa?
«Secondo me un Paese senza eroi non è privo di niente A volte seguiamo troppo passivamente i modelli stranieri, puntiamo a essere come gli altri quasi fosse un valore assoluto, mentre esistono storie diverse, e quello che altrove è un bene può non esserlo da noi. Io insisto molto sul fatto che l'eroe è un rischio di omologazione piuttosto che uno strumento di condivisione».
Ma perché in Italia non si è mai affermato un Robin Hood?
«A causa di una egemonia culturale concentrata soprattutto sul discorso letterario. Si è evitato in tutti i modi di dare al personaggio una funzione simbolica, senza che avesse anche una dimensione più realistica caratterizzata dalle sue sfumature ideologiche e dalla sua complessità psicologica. In altre culture come quella inglese, francese e svizzera, sono emersi personaggi che hanno avuto una funzione simbolica molto forte. Ma a mio giudizio non è stato un bene».
Perché?
«Perché alla fine personaggi come D'Artagnan, Wilhelm Tell e Robin Hood hanno assunto una funzione che li ha destituiti di personalità e di proprietà individuali, sino al punto di creare una sorta di modello collettivo che ha reso acquiescente la società, ha spostato i conflitti e ha destituito di vitalità la dimensione politica del confronto pubblico».
Il commissario Montalbano rischia di diventare il nostro eroe nazionale?
«Montalbano rappresenta proprio la zona grigia di tensione iconica potenziale. Si è imposto grazie soprattutto allo sceneggiato tv, sino a diventare un'icona dell’italiano medio, ma conserva delle zone di resistenza dovute alla dimensione ironica, al gioco di Camilleri con l'uso della lingua. Identificarsi con lui sarebbe triste perché un'icona così forte farebbe appiattire le differenze, la soggettività, la responsabilità».
Francesco Mannoni
 
 

La Sicilia, 23.10.2013
Il caso dell'attentato al vescovo Peruzzo ricostruito in un saggio di Vincenzo Lombino
Agrigento 1945, il Pastore e le pecore
Verrà presentato il 29 ottobre, alle 18 nella chiesa dell'Immacolata di Agrigento, il libro "Il pastore e le pecore" di Vincenzo Lombino. Interverranno Enzo Lauretta e Calogero Mannino, modererà Angelo Chillura.

Vincenzo Lombino, docente di Patristica nella Facoltà Teologica di Sicilia a Palermo e nello Studio Teologico S. Gregorio Agrigentino, ha analizzato la figura di mons. Giovanni Battista Peruzzo, vescovo di Agrigento preso a fucilate nel luglio 1945 e sopravvissuto all'attentato forse ordito dai latifondisti. Il libro, edito dal Centro Studi Cammarata di S. Cataldo (diretto da don Massimo Naro) e dalla Lussografica di Caltanissetta, vuol essere una risposta "a distanza" data ad Andrea Camilleri, che nel 2007 aveva riportato l'attenzione sulla vicenda del presule con il suo "Le pecore e il pastore" ove focalizzava soprattutto l'aspetto per lui più sconcertante, il presunto "sacrificio" di dieci giovani monache del monastero benedettino di Palma di Montechiaro che si sarebbero lasciate morire proprio per impetrare la sopravvivenza del loro vescovo. Insomma dieci vite date in cambio di una, un sacrificio offerto a Dio e da Dio accettato se è vero che il vescovo si salvò, per come avrebbe scritto a Peruzzo (11 anni dopo i fatti) la madre badessa del monastero.
Un suicidio-martirio di massa, dunque? Una questione decisamente inquietante, oltre che sul piano umano, sul quello prettamente religioso: ed ecco dubbi, interrogativi, riflessioni di un Camilleri che non trova risposte.
«Il romanzo di Andrea Camilleri - scrive oggi Lombino - tocca, in pratica, la questione del sacrificio di sé e centra ancora una volta un argomento quanto mai vivo e dibattuto nelle tribune culturali dell'occidente. Senza scendere nella polemica, noi abbiamo voluto raccogliere lo spunto, se vogliamo, la "provocazione" dello scrittore sulla questione morale cristiana circa l'oblazione della propria vita». E rilancia l'interrogativo: «Se il martirio è martirio "volontario", è lecito per un cristiano, e per l'uomo in genere, alienarsi il bene della vita? ».
Su questo tema Lombino prova a far parlare nel suo libro lo stesso Peruzzo, anche tramite la pubblicazione (per la prima volta) di sei omelie, riportate in appendice ove si riscontra inoltre uno scritto dallo stesso inviato a papa Pio XII per ragguagliarlo sull'attentato del 1945 subìto nell'eremo della Quisquina. Sull'episodio viene comunque confutata la tesi Camilleriana della presunta matrice mafiosa, e ribadita quella della vendetta di un componente la comunità dell'eremo, dedito alla delinquenza e per questo allontanato da Peruzzo. Così come non risulta dai registri la morte delle dieci giovani monache (ma solo di alcune e a distanza di anni): e su questo Lombino sostiene che la badessa abbia detto una bugia al suo vescovo «formulata per ricavarne qualche vantaggio e in ogni caso non giustificabile».
Walter Guttadauria
 
 

Circolo Leopardi - Il Cannocchiale, 23.10.2013
Andrea Camilleri
I racconti di Nenè
Ed. Melampo, 2013

Questo libro è un particolare libro di racconti del grande Andrea Camilleri. Si tratta di racconti “narrati” da Camilleri a due intervistatori televisivi, Francesco Anzalone e Giorgio Santelli, su incarico della RAI.
Rispetto a tutti i libri di racconti pubblicati, questo insieme (meglio, questa antologia) è essenzialmente composto da ricordi autobiografici dello scrittore. I racconti sono esposti, come Camilleri dice nell’introduzione, come “… una chiacchierata tra amici”. E gli intervistatori, uno dei quali allievo di Camilleri all’Accademia di Arte Drammatica, dove lo ebbe come insegnante di regìa, concludono l’opera con le loro due postfazioni.
La trasmissione, andata in onda su RaiSat, altro non era che una lunga intervista televisiva di cui (sempre citando le parole di Camilleri nell’introduzione) “… qui appare solo l’audio”: l’autore si rammarica che non si vedono gesti ed espressioni che colorivano il racconto stesso.
Ho letto questo libro durante l’estate, proprio mentre ero nella terra natale di Camilleri. Ne ho apprezzato tantissime cose, che raccontano – oltre alla sua vita e ai suoi incontri – anche i tempi e la vita del nostro paese in anni diversi dagli attuali. Si va dal fascismo agli anni ’80, passando per lo sbarco degli americani in Sicilia, poi per le esperienze siciliane che videro Camilleri ragazzo, adolescente e giovane. Il racconto, vera e propria testimonianza storica della vita dell’autore, passa poi per la sua attività teatrale, qui descritta in modo completo, iniziata a Roma, chiamato all’accademia da Silvio D’Amico in persona. Camilleri descrive le sue prime difficoltà da allievo e poi da docente del corso di regia. Da allievo ebbe come maestro Orazio Costa, di cui loda la scuola che ne ha ricevuto.
Le esperienze teatrali, che prendono la parte centrale del libro, sfociano poi nel lavoro presso radio e televisione. In questa fase è inserito il suo rapporto con Sciascia, che caratterizza, nel corso del tempo, il suo passaggio dalla fase di uomo di teatro a quella di scrittore. Si passa poi alle difficoltà di pubblicazione del suo primo romanzo, e poi del secondo. Le difficoltà dell’esordio come scrittore sono seguite da altri episodi, come la montagna, l’insegnamento, la paura dell’aereo (verso la fine del libro) e il mare.
I racconti, tutti di agevole lettura, dato lo stile di Camilleri, sono proprio un divertimento per il lettore, specie per un lettore attempato (come chi scrive) che si immedesima, come già detto, anche nelle epoche, oltre che nei personaggi. Questo aspetto è sottolineato dal secondo intervistatore in un capitolo conclusivo intitolato “Note” nel quale appaiono tutti i personaggi di rilievo che sono stati nominati nei racconti. Seguono le due postfazioni, contenenti le opinioni dei due intervistatori – e coautori, almeno organizzativi, dell’opera – e i loro profili professionali.
Insomma un libro abbastanza inconsueto del Camilleri scrittore, ma che tutti i suoi lettori appassionati della sua esperienza multiforme potranno apprezzare particolarmente.
Lavinio Ricciardi
 
 

La Sicilia, 23.10.2013
Tra Molière e Wilde «Ma tengo moltissimo a "Se nummera" con Luna e Pirrotta»

Catania. E' un momento di grande soddisfazione professionale per l'attrice Valeria Contadino che dal lontano debutto sulla scena dello Stabile nel '98 con Il birrario di Preston diretta da Giuseppe Dipasquale è riuscita a imporsi all'attenzione del pubblico e della critica per la freschezza delle sue interpretazioni.
[…]
A quale ruolo è più legata tra quelli interpretati negli ultimi anni?
«Sicuramente a quello della studentessa nella Lezione di Ionesco accanto a Pattavina diretti da Ezio Donato. Un testo modernissimo, complesso, molto stimolante. Penso poi a Ecuba accanto alla grande Ida Carrara, al ruolo di Ero in Troppu traficu ppi nenti da Shakespeare nella traduzione di Camilleri, al piccolo ma importante ruolo di Iana nella Governante di Brancati».
[…]
Giovanna Caggegi
 
 

24.10.2013
La lingua batte dove il dente duole
Sarà in libreria il 7 novembre "La lingua batte dove il dente duole" (Laterza), un dialogo su lingua e dialetto fra Andrea Camilleri e Tullio De Mauro.
 
 

Panorama, 24.10.2013
"La banda Sacco" di Camilleri subito primo nella classifica dei libri
Altre novità: l'autobiografia di Javier Zanetti, le romanticherie americane di Jamie McGuire, l'ateismo secondo Papa Francesco

Il libro più venduto in Italia nell'ultima settimana è La banda Sacco di Andrea Camilleri, appena uscito per Sellerio. Il maestro scalza il discepolo: Argento vivo di Marco Malvaldi (Sellerio pure lui) scende al secondo posto. Nelle nuove pagine di Camilleri non troverete Montalbano ma la storia, vera e romanzata, della dinastia siciliana dei Sacco, famiglia di gran lavoratori perseguitata per quasi un secolo dalla mafia, dal fascismo e dalla giustizia.
[...]
Redazione InMondadori It
 
 

The American University of Rome, 25.10.2013
Italian Novelist Andrea Camilleri to Receive AUR Honoris Causa Degree
The ‘Montalbano’ series author will lecture on American Literature in Fascist Italy:
Wednesday, October 30, 2013
5.30 pm
Auriana Auditorium, Via P. Roselli 16, Janiculum, Rome

Italian novelist Andrea Camilleri, best known for his ‘Commissario Montalbano’ series, will receive a Doctor of Humane Letters, Honoris Causa Degree from The American University of Rome (AUR) on Wednesday, October 30.
The award, announced last May during AUR’s 2013 Commencement exercises, will honor Camilleri for “his long and distinguished career, the integrity of his work and his contribution to literary history; for giving Italy and the world one of the most engaging literary characters of all time, Commissario Montalbano; for having introduced to the world the complicated beauty of Sicily and its people, and for having examined the nature and effects of corruption, born witness to dramatic changes in Italian history and culture, and provided a penetrating cultural critique in the elegantly wrought form of the thriller.”
The ceremony will be held in the AUR Auditorium, situated in Via Pietro Roselli 16, on the Janiculum, and will be followed by a brief Lectio Magistralis titled “American Literature in Fascist Italy”.
Due to limited seating, access to the event will be subject to restrictions. For further information please contact honoriscausa@aur.edu or call 06 58330919, ext 209.
 
 

RAI, 25.10.2013
Radio2: Brave Ragazze, Camilleri racconta

Giura di essere stato migliore come nonno che come padre anche se ai suoi nipoti ammette di non aver mai raccontato storie anzi di averne ascoltate da loro. Oggi, che a quasi 90 anni, si cimenta per la prima volta in una fiaba per bambini, "Magarìa". Lo scrittore siciliano racconta in un'intervista a "Brave Ragazze", in onda su Radio2 in onda domenica 27 ottobre alle 13.00, i motivi che lo hanno spinto a scrivere questo romanzo e si lascia andare anche a qualche confidenza sulla vita privata: "Non sono stato un buon padre, ero molto impegnato fuori Roma, sempre in giro per via del teatro, quindi ho cercato di recuperare da nonno e questo libro l'ho scritto proprio per i miei nipoti, per ripagare loro delle storie che mi hanno raccontato quando erano piccoli". Camilleri ricorda di come i nipoti fossero una presenza costante nella vita di tutti i giorni anche mentre si ritirava per scrivere: "Si mettevano tutti sotto la mia scrivania e mi scrivevano dei bigliettini o fingevano di passarmi telefonate per distrarmi". L'autore di Montalbano svela un particolare che riguarda una delle sue nipoti: "Alessandra presto avrà una bambina, Matilda, ed io diventerò "catanonno" perchè in siciliano bisnonno si dice così". Ma a Camilleri chi raccontava fiabe quando era piccolo? "Nessuno - ammette -. Mia nonna Elvira mi leggeva “Alice nel paese delle meraviglie” anche se non capisco come mai fosse appassionata di questo libro che non appartiene alla nostra cultura, tuttavia è stata proprio lei ad aprirmi la fantasia". L'ultima battuta è sul Camilleri lettore: "In questo momento sul mio comodino c'è l'ultimo romanzo di Georges Simenon".
 
 

Vibonesiamo.it, 25.10.2013
Una sicilianità che piace al resto del mondo

Di tutti i personaggi usciti dalla fertile penna dello scrittore siciliano Andrea Camilleri, il commissario Montalbano è forse, in un certo senso, quello più riuscito stilisticamente e letterariamente. Ma è anche quello più popolare e più conosciuto dai lettori più vari e più diversi. Forse non credo di esagerare se dico che questo personaggio ha fatto, in fondo, la fortuna del proprio creatore.
Salvo Montalbano è un commissario di polizia di una cittadina immaginaria nel cuore della Sicilia, che ha nome Vigata. Una cittadina che di inventato ha forse soltanto il nome poiché, per il modo realistico in cui viene presentata, potrebbe essere benissimo una qualunque cittadina della Sicilia, con tanto di strade e stradine inondate da un sole stupendo, palazzi, monumenti e chiese barocche immersi in un tempo che scorre lento e a ritroso, intercalato da un paesaggio naturale esotico e pienamente inserito all’interno dei propri confini, con sempre sullo sfondo un mare limpido, azzurro, increspato dalla brezza calda che giunge dall’Africa.
Non a caso, forse, il commissario Montalbano vive in una bella villa tra l’antico e il moderno, con un terrazzo incantevole che da su questo mare quasi da sogno, sul quale a volte egli si affaccia per ammirare tutto ciò e spesso vi consuma una solitaria colazione, prende un caffè con un ospite inaspettato o si concede una cena a lume di candela insieme all’eterna fidanzata Livia, la quale vive a Genova e scende a trovarlo in Sicilia solo di tanto in tanto, o magari con una presenza di sesso femminile di passaggio nella sua strana situazione di scapolo “quasi per destino”. Si può ritenere, per un momento, che fra Salvo Montalbano e il mare vi sia una sorta di rapporto speciale; infatti egli non si risparmia quasi mai un tuffo e una nuotata all’alba appena sveglio o addirittura a mezzanotte prima di andare a letto al termine di una lunga giornata piuttosto movimentata. Cosa ha voluto trasmettere Andrea Camilleri al lettore con il personaggio del commissario Montalbano?
Thothsas
 
 

Messaggero Veneto, 26.10.2013
Anche Camilleri ricorda Siro Angeli

Udine. Cent’anni dalla nascita di Siro Angeli, l’intellettuale carnico, scrittore, poeta, drammaturgo, sceneggiatore, che ha lasciato un segno importante nella cultura del Friuli e d’Italia. Lo ricorda, per la ricorrenza (caduta lo scorso 27 settembre), anche Andrea Camilleri, il celebre padre del commissario Montalbano, che di Angeli fu amico al tempo del comune lavoro in Rai, con la lettera, che qui pubblichiamo [Purtroppo non siamo riusciti a recuperare il testo della lettera, NdCFC], indirizzata a Glauco e a Donatella, rispettivamente figlio e nuora di Siro. Non è la prima volta che Camilleri rivolge un affettuoso ricordo ad Angeli: lo fece anche nel 2011, per il ventennale dalla morte (22 agosto 1991).[…]
 
 

La Stampa, 26.10.2013
Ai punti
Camilleri avvocato dei banditi

Veloce rotazione. Tra i primi 10, sempre guidati da Malvaldi con 100 punti in discesa sotto le 7 mila copie, quattro escono […] e quattro entrano: Camilleri avvocato di onesti ribelli alle angherie della mafia fattisi banditi-giustizieri perché abbandonati dallo Stato […].
Luciano Genta
 
 

L'Arena / Bresciaoggi, 26.10.2013
Argento vivo in realtà sono due romanzi. E uno è da riscrivere

A parlare con Marco Malvaldi ci si sente come al caffè, meglio: al BarLume dei suoi primi romanzi, con il «barrista» Massimo e i vecchietti, in testa quella canaglia di nonno Ampelio.
[…]
Gli episodi di BarLume sbarcheranno in novembre su Sky. Anche Andrea Camilleri ha riscosso molto successo in tv con Montalbano, pure lui scrive gialli apprezzatissimi e pubblica per la Sellerio. Si sente il suo erede?
”Diciamo che sono un nipotino, con tanta strada da fare”.
[…]
 
 

Brave ragazze, 27.10.2013
Andrea Camilleri
Una bellissima intervista delle brave ragazze al Maestro Andrea Camilleri. Tutta da ascoltare!
Cliccare qui per ascoltare la puntata
Di e con Nicoletta Simeone e Federica Gentile.
 
 

Il Mattino, 27.10.2013
L’intervista
”Quai banditi che sfidarono la mafia”
Camilleri racconta le imprese della banda Sacco: ex contadini contro cosche e carabinieri

Andrea Camilleri, ormai è noto, è grande anche senza Montalbano, e soprattutto lo è in questo libro in cui riepiloga la storia de La banda Sacco (Sellerio, pagg. 181, euro 13). «Un caso unico», lo definì Umberto Terracini, l'avvocato che difese i fratelli Sacco in tribunale. Dei cinque figli di Luigi Sacco, i quattro maschi (Vincenzo, Salvatore, Giovanni e Gerolamo) all'inizio del Novecento nella zona di Raffadali in provincia di Agrigento, divennero banditi per combattere gli abusi mafiosi. L'uomo che aveva imparato a innestare gli alberi di pistacchio con grande maestria, e con enormi sacrifici era riuscito a crearsi una famiglia onorata e comprare un piccolo podere sul quale sgobbavano grandi e piccoli, si ribellò alle richieste mafiose di pizzo. Luigi Sacco e i figli, anziché pagare denunciarono l'estorsione ai carabinieri. Per un mondo che ancora viveva in un clima feudale, fu un capovolgimento pazzesco. Ma l'onorata società non poteva ammettere rifiuti, e la sua risposta non si fece attendere: case incendiate, alveari distrutti, campi devastati, agguati armati. Quando Luigi fu ammazzato brutalmente, i figli si dettero alla macchia, in lotta su due fronti: la mafia e i carabinieri che sembravano in combutta con i delinquenti. La storia ora ricostruita da Camilleri è «assolutamente autentica»: dopo anni di scontri e latitanza, i Sacco furono catturati con un enorme spiegamento di forze voluto in pieno fascismo dal prefetto Mori, condannati all'ergastolo (in prigione conobbero Gramsci e Terracini) e in seguito graziati dal presidente Antonio Segni.
Camilleri, non le sembra che in questa vicenda fosse già avvenuto quel famoso patto tra Stato e mafia di cui tanto si occupano le cronache del nostro tempo?
«In un primo tempo lo Stato attraverso i suoi uomini, carabinieri e polizia si dimostrò assolutamente latitante. In un secondo momento le forze speciali del prefetto Mori ebbero come alleati i superstiti mafiosi di Raffadali e dintorni. Quindi, effettivamente un accordo ci fu: ma attenzione, si trattò di un pano momentaneo e strettamente locale. Il patto di cui si parla ai nostri giorni aveva ben altra vastità e ampiezza d'intenti».
I Sacco, per difendersi dalla legalità passarono all'illegalità...
«Uno degli errori più grossi è cedere all'istinto del difendersi da se perché porta inesorabilmente a situazioni senza sbocco, come appunto quella in cui si vennero a trovare i fratelli Sacco. È vero, oggigiorno, ci sono troppi casi di malagiustizia, ma, dall'alto della mia veneranda età, sono sicuro che così come venti anni fa si credeva nella Giustizia torneremo presto a quello stato di diritto che l'Italia è».
I Sacco sono un esempio di uomini fieri e coraggiosi, idealisti fino alla disperazione e per questo anche ingenui, o perseguitati perché socialisti?
«Direi che è un po' tutto insieme quello che lei mi dice. Ad ogni modo non c'è certezza che non abbiano mai violato le regole, per quanto abbiano tentato il possibile per evitare di violarle».
Nel suo "Memoriale" Alfonso Sacco, già allora definì la mafia una "Piovra", mezzo secolo prima del famoso sceneggiato televisivo.
«È impressionante questa definizione di Sacco. Dopo aver letto il suo "Memoriale" vorrei dire che Alfonso Sacco, l'unico dei fratelli ad aver studiato, appare come un uomo estremamente colto e che sa usare la sua cultura per definire con estrema precisione la loro situazione assurda di fuorilegge rispettosi della legge».
Cesare Mori, il "prefetto di ferro", diventa per i Sacco il braccio esecutivo dello Stato. Questo personaggio che ci era stato tramandato come un onesto e inflessibile uomo di legge, nel suo libro appare un po' machiavellico. Quanto ha influito sul suo comportamento il potere fascista?
«Il prefetto Mori, adoperando metodi possibili solo sotto una dittatura, senza nessun rispetto per i diritti degli imputati o pseudo tali, ha effettivamente inferto un durissimo colpo alla mafia per ciò che riguarda "l'esercito" e i graduati mafiosi, ma ne ha risparmiato sostanzialmente i capi, tant'è vero che appena è caduto il fascismo i capi mafiosi di allora che erano momentaneamente "in sonno", si risvegliarono e ripresero il loro potere criminale».
Francesco Mannoni
 
 

l’Unità, 27.10.2013
L’infaticabile Camilleri in versione fiabesca e con doppio lieto finale

La magia delle fiabe ha da sempre affascinato Andrea Camilleri, che si è cimentato anche in questo genere. Così il papà del commissario Salvo Montalbano è nelle librerie anche con una fiaba, Magaria (pubblicata da Mondadori), illustrata in maniera efficace da Giulia Orecchia. Un testo che fu pubblicato (e commentato) in anteprima nel 2005 (come è ricordato nel libro) da L'Unità. Una fiaba di incantesimi e di magia, che aveva già avuto successo come opera teatrale messa in scena dal regista Rocco Mortelliti, e che ora è diventato racconto scritto ed illustrato, con colori ed immagini di paesaggi che ricordano tanto la terra di Andrea Camilleri. Il mare, la spiaggia, la vegetazione, i ficodindia (già raffigurati in copertina), sono elementi che rimandano alla Sicilia. La fiaba ha come protagonisti un anziano uomo e la sua nipotina. Lullina è affascinata dai racconti del nonno, che inventa storie incredibili per la bambina. E così trascorrono le giornate in una dimensione di felicità idilliaca. Finché un giorno la bambina assorta nei suoi pensieri fa preoccupare il nonno, che la interroga sui motivi della sua distrazione.
Lullina inizia a raccontare un sogno in cui le è apparso un nano giallo che le ha rivelato una formula magica per scomparire. La bimba recita la formula e scompare. La vita del nonno è distrutta, va dai carabinieri, ma per lui si aprono le porte del carcere. Camilleri a questo punto anticipando le proteste del pubblico inventa altre due conclusioni a lieto fine. Così ognuno si sceglie il finale preferito. La sperimentazione sul piano narrativo di Camilleri è continua, costante. L'autore spazia dai romanzi gialli montalbaniani ai romanzi storici, al genere fantasy, ai romanzi borghesi, alle fiabe, con una curiosità che non si estende solo ai generi letterari ma alla vita.
Il suo rapporto con la letteratura, la cultura, è lo specchio del suo rapportarsi all'esistenza. Nell'indagare e curiosare instancabilmente vi è la cifra della sua personalità, della sua attitudine esistenziale, vi è la filosofia narrativa e vitale camilleriana. Dietro la chiarezza scritturale vi è uno sforzo di espressione concettuale che traduce una metafora di Camilleri sulla narrativa: lo scrittore deve essere come un acrobata, deve riuscire a far apparire semplice anche il gesto più complesso. A monte vi è un gran lavoro, ma la grazia dell'esecuzione non fa apparire tutta la fatica e la sperimentazione che stanno dietro quel gesto.
Salvo Fallica
 
 

La Repubblica, 27.10.2013
Camilleri scavalca Malvaldi Sorpresa Zerocalcare

È durata solo una settimana la vetta di Argento vivo, il nuovo romanzo di Marco Malvaldi (Sellerio). Perché in testa è tornato, dopo una breve assenza, Andrea Camilleri, ma con un altro libro, ossia La banda Sacco (sempre Sellerio). [...]
 
 

SienaFree.it, 27.10.2013
'La banda Sacco' di Andrea Camilleri

1920: la famiglia Sacco vive, lavora e prospera a Raffadali, un paese in provincia di Agrigento. Tanta prosperità viene però notata dalla mafia che tenta di estorcere del denaro al capofamiglia con pesanti minacce. L’uomo si affretta a denunciare l’accaduto, ma a causa delle numerose connivenze tra chi dovrebbe proteggerli e chi li vuole vessare, il dramma diventa quasi una farsa: i Sacco si ritrovano arrestato con l’accusa di essere in realtà una banda di malfattori. Alla fine, giungeranno all’amara conclusione che per avere giustizia, devono farsela da soli.
Annamaria Guerrini Vanni
 
 

la Feltrinelli Libri e Musica, 28.10.2013
Incontro con Andrea Camilleri
Andrea Camilleri presenta I racconti di Nenè (Melampo). Interviene Vincenzo Mollica
Lunedì 28 Ottobre 2013 dalle ore 17:30, via Appia Nuova 427 - 00181 Roma RM
Alla presentazione saranno presenti anche i due curatori del volume, Giorgio Santelli e Francesco Anzalone

Le storie di Andrea Camilleri sono straordinarie non solo per quello che raccontano, ma anche per lo sguardo insieme ironico e affettuoso che l'autore riserva ai suoi personaggi. Le storie contenute ne I racconti di Nenè (Melampo), ci riservano una sorpresa in più, perchè i personaggi si chiamano Leonardo Sciascia e Luigi Pirandello, Eduardo De Filippo e Renato Rascel, Samuel Beckett e George Patton. Ed è così che Camilleri ci porta per mano dentro storie vere, che appartengono alla sua vita e alla sua memoria: dallo sbarco degli alleati in Sicilia alle amicizie, la famiglia e i grandi maestri, e poi lei, su tutti: la Sicilia. Interviene Vincenzo Mollica.


 
 

28.10.2013
I racconti di Nenè - Presentazione alla Feltrinelli di Via Appia a Roma


Vincenzo Mollica e Andrea Camilleri (foto Claudio Grassi - Camilleri Fans Club)

Dalle favole per bambini alle favole per adulti, il Sommo affabulatore alla Feltrinelli di Via Appia ha regalato l’ennesimo viaggio tra i ricordi di una vita, storici, letterari, televisivi e di costume. La presentazione de “ I Racconti di Nenè” ha regalato ai tanti accorsi ossigeno, per i sorrisi regalati. Gli aneddoti di Camilleri viaggiano in ordine sparso, appena guidati da un intimidito Mollica che alle prime battute entra nel ruolo dell’affascinato uditore dimentico di quello del moderatore. Tra ricordi da giovane Balilla (“ognuno deve ricordarsi che nella vita si hanno dei momenti in cui si è veri imbecilli”), alle telefonate balbettanti con Samuel Beckett, a ricordi di una televisione pionieristica (Eduardo fu il primo intellettuale di sinistra in televisione...), Camilleri ci ricorda l’Italia dei Pirandello, degli Sciascia, dei Garzanti, delle Elvira Sellerio (“non so se sarò più grato a chi mi fece pubblicare per il libro o per avermi presentato la Sellerio”).
I curatori: Francesco Anzalone (“sono stato un suo allievo”) indulge nell’essere il Garrone con il maestro Perboni e Giorgio Santelli interviene con analisi del metalinguaggio televisivo della defunta Raisat Extra da cui è tratto il libro, intervento travolto dall’immagine di Camilleri che dirige Eduardo.
Il libro presenta quasi in forma di singoli racconti, piccoli e grandi aneddoti, nulla di nuovo o seminuovo, un libro da collezionare per l’opera Omnia, ma forse, come la sua presentazione e quello che Camilleri tramite questi ci dice, il patrimonio di una memoria di intelligenza (senza la pretesa di essere intellighenzia) che non può essere dissipata e ciò che in fondo ci regala è un pensiero, che si chiama speranza.
Claudio Grassi (Camilleri Fans Club)
 
 

Adnkronos, 28.10.2013
Libri: da Mussolini a Pirandello, Camilleri ricorda i suoi 'incontri'

Roma - Ad appena dieci anni ha scritto a Mussolini, che non esitò a rispondergli. Ha incontrato pezzi da novanta come il premio Nobel Luigi Pirandello. Ha collaborato con un genio del palcoscenico come Edoardo De Filippo. Ha intrattenuto rapporti "amministrativi e di cortesia" con Samuel Beckett, il maestro del teatro dell'assurdo. E ha avuto come mentori uomini del calibro di Leonardo Sciascia che "quando si metteva a ragionare era tagliente come un laser e non assolveva nessuno". Andrea Camilleri si racconta nelle pagine autobiografiche de 'I racconti di Nené', libro curato da Francesco Anzalone e Giorgio Santarelli e pubblicato da Melampo, che prende spunto da una lunga intervista realizzata, dai due curatori al papà di Montalbano, per Rai Sat.
"Avevo dieci anni - ha ricordato questa sera lo scrittore siciliano dialogando con Vincenzo Mollica nella libreria Feltrinelli di via Appia a Roma- quando, nel 1935, l'Italia decise di farsi l'Impero e così dichiarò guerra all'Etiopia". All'epoca, ha spiegato Camilleri, "naturalmente ero fascista, ero balilla. Tutta la gioventù era in divisa. Il sabato facevamo le adunate e le esercitazioni con un moschetto di legno. In quei tempi avevo solo un'ambizione: ammazzare un abissino". Il giovane Camilleri si rivolse direttamente al Duce. "Caro Mussolini - scrisse in una lettera- voglio partire volontario per l'Africa orientale e combattere la guerra fascista".
Dal timbro postale, poiché che la lettera non era firmata, identificarono la zona di partenza. Mussolini rispose con parole chiare e indiscutibili: "Fate sapere al balilla Andrea Camilleri che è ancora troppo giovane, ma che non mancherà occasione per difendere la patria in armi". Uno scambio epistolare che, per Camilleri, nasconde una sola morale: tutti trascorrono "un'età nella quale si è irrimediabilmente e incredibilmente imbecilli".
 
 

Adnkronos, 28.10.2013
Libri: da Mussolini a Pirandello, Camilleri ricorda i suoi 'incontri' (2)

La lettera inviata a Mussolini è solo uno dei tanti 'incontri' di cui si è reso protagonista Camilleri che, da bambino, veniva soprannominato Nené. Incontri non comuni come quello con Pirandello che bussò, in un caldo pomeriggio di giugno, a casa del futuro scrittore per salutare la nonna Carolina.
"Quando ci incontrammo- ricorda Camilleri- Pirandello aveva già vinto il premio Nobel. Era il 1934. Era vestito come un ammiraglio in alta uniforme. Non sapevo che quella era anche la divisa dell'Accademia d'Italia. Quando seppi, da grande, che non era un ammiraglio ma uno scrittore ebbi un rigetto nei suoi confronti, che ho superato negli anni" visto che "ho fatto quaranta regie di Pirandello".
Nella lunga galleria di personaggi evocati dalla fervida memoria di Camilleri non mancano maestri del teatro come Silvio D'Amico e il regista Orazio Costa, che lo ha aiutato a muovere i primi passi come regista."All'Accademia d'Arte Drammatica - evidenzia- mi trovai ad essere l'unico allievo regista per il primo anno. Avevo Costa come una sorta di insegnante privato. Mi ha insegnato soprattutto a leggere, prima ancora che a scrivere". Dalle prime 'avventure ' giovanili nella sua Sicilia ai tanti successi, passando per i fatti tragici come la strage di Portella delle Ginestre, la vita di Camilleri è intessuta di memorie e appuntamenti con la storia. Un'esistenza affascinante proprio come un romanzo.
 
 

La Sicilia (Agrigento), 29.10.2013
Peruzzo e il presunto sacrificio
Lombino presenta «Il pastore e le pecore»

Verrà presentato oggi, alle 18, nella chiesa dell'Immacolata di Agrigento, il libro «Il pastore e le pecore» di Vincenzo Lombino. Interverranno Enzo Lauretta e Calogero Mannino, modererà Angelo Chillura. Lombino, docente di Patristica nella Facoltà Teologica di Sicilia a Palermo e nello Studio Teologico San Gregorio Agrigentino, ha analizzato la figura di Giovanni Battista Peruzzo, vescovo di Agrigento preso a fucilate nel luglio 1945 e sopravvissuto all'attentato. Il libro, edito dal Centro Studi Cammarata, vuol essere una risposta «a distanza» data ad Andrea Camilleri, che nel 2007 aveva riportato l'attenzione sulla vicenda con il suo «Le pecore e il pastore» ove focalizzava soprattutto l'aspetto del presunto «sacrificio» di 10 giovani monache del monastero di Palma di Montechiaro che si sarebbero lasciate morire per impetrare la sopravvivenza del loro vescovo.
 

 
 

Università degli Studi di Enna “Kore”, 29.10.2013
Comunicato stampa
Riparte il ciclo di incontri “Dialoghi alla Kore”.
Lunedì 4 novembre incontro con Marco Panara, scrittore e giornalista di “La Repubblica”

“Dialoghi alla Kore” riparte il 4 novembre (lunedì, 10.30) con il giornalista e scrittore Marco Panara, curatore de "Affari & Finanza" de La Repubblica. Riprende così la manifestazione organizzata dall'università di Enna, coordinata e condotta dal giornalista Salvo Fallica.
[…]
Il presidente dell'ateneo Cataldo Salerno afferma: “Dialoghi alla Kore è l'esempio di una iniziativa che vede l'università come agorà, come luogo del dialogo e del confronto fra studenti, docenti, protagonisti del giornalismo e della cultura. Ed è nel contempo un trait-d'union fra l'università e l'opinione pubblica. Quest'anno il programma di “Dialoghi alla Kore” sarà ampio e vasto, con altri prestigiosi protagonisti del mondo dei media, della letteratura, delle professioni, dell'arte. Vi saranno anche i dibattiti incentrati sulla figura di Andrea Camilleri. Con una grande iniziativa che riguarda proprio Camilleri, ma su questo non faccio altre anticipazioni...”.
[…]
I protagonisti della nuova stagione:
Intellettuali, scrittori, giornalisti, editorialisti, registi, artisti, protagonisti della storia d'Italia sono coloro che animeranno la nuova stagione de “Dialoghi alla Kore”. Marco Panara, Armando Massarenti, Paolo Mauri, Emanuele Macaluso, Nino Frassica, Gaetano Savatteri, Ivan Lo Bello, Carmine Abate, Santo Piazzese, Silvano Nigro, sono alcuni degli autorevoli protagonisti della nuova stagione de “Dialoghi alla Kore”. Vediamo nel dettaglio il vasto programma:
[…]
 
 

Il Piccolo, 30.10.2013
Minirecensioni. La banda Sacco, Andrea Camilleri, Sellerio, pagg. 188, euro 13
Romanzo storico negli anni Venti

Andrea Camilleri, il popolare autore siciliano, firma un nuovo, appassionante romanzo, intitolato “La banda Sacco”. Un romanzo storico ambientato ancora una volta nella sua isola. Anni Venti del diciannovesimo secolo: a Raffadali, in provincia di Agrigento, i fratelli Sacco sono passati da una situazione economica disastrosa, ai confini della fame, a una vita più agiata da contadini. Con il tempo si sono avvicinati all'ideologia socialista, ma nel contempo hanno un forte senso dello Stato. La loro vita cambia quando il padre Luigi denuncia alle forze dell'ordine un tentativo d'estorsione di stampo mafioso. Da quel momento in poi i Sacco diventeranno nemici sia della mafia, che delle forze dell'ordine, e dovranno passare la vita a difendersi...
 
 

La Repubblica (ed. di Roma), 30.10.2013
Minirecensioni. La banda Sacco, Andrea Camilleri, Sellerio, pagg. 188, euro 13
Da Lombardi alla Lojodice dieci spettacoli in diretta

Dieci appuntamenti teatrali "live" per il pubblico romano, con messa in onda in diretta su Rai Radio3 dalla Sala A di Via Asiago, e, tra archivio e cicli, un totale di 31 serate di cultura da palcoscenico costituiscono il programma, da domani al 30 novembre, del III "Tutto esaurito!" voluto dal direttore di Radio3 Marino Sinibaldi, commentato dal Direttore Generale Luigi Gubitosi ("Doverosa proposta della Rai"), e curato da Antonio Audino e Laura Palmieri. […] Facendo leva su importanti materiali d' archivio, "Tutto esaurito!" si avvarrà anche di […] Teatrino di Tommaso Landolfi con regia (nel 1963) di Andrea Camilleri […].
Rodolfo Di Giammarco
 
 

ANSA, 31.10.2013
La banda Sacco
di Andrea Camilleri

Andrea Camilleri racconta come la mafia ''non solo ammazzi ma, laddove lo Stato è latitante, sia anche in grado di condizionare e di stravolgere irreparabilmente la vita delle persone'' nel suo nuovo romanzo 'La banda Sacco' pubblicato da Sellerio e velocemente arrivato in testa alle classifiche dei più venduti. E' un ''western nostrano'' come lo definisce lo stesso Camilleri rievocando Sciascia, nella nota in calce al libro in cui spiega anche di aver potuto raccontare questa storia ''assolutamente autentica'' grazie a Giovanni Sacco - alla cui memoria è dedicato il romanzo - che ''m'ha invitato'' a parlare delle vicende della sua famiglia. Giovanni, uno dei sei figli di Girolamo Sacco, ha fornito allo scrittore documenti e anche gli atti del processo al centro della vicenda.
Camilleri ha cambiato ''talvolta qualche nome'' o ha usato ''delle false iniziali'' per dar voce a una storia che vede i fratelli Sacco da braccianti, grandi lavoratori combattere l'omertà e finire in carcere dove fanno degli incontri importanti, incrociano Antonio Gramsci e conoscono Umberto Terracini su sollecitazione del quale, decenni dopo la caduta del fascismo, i fratelli Sacco otterranno nel 1962 la grazia. Siamo nella seconda metà dell'Ottocento e il patriarca Luigi Sacco, intraprendente bracciante stagionale, riesce a diventare uno specialista di innesti di alberi di pistacchio e può finalmente sposarsi con la sua innamorata e costruirsi una casetta. Dal matrimonio nascono cinque figli maschi e una femmina. Nella prima guerra mondiale tre di loro, Salvatore, Giovanni e Girolamo sono chiamati alle armi e partono per il fronte. Tutti grandi lavoratori si danno da fare e raggiungono una certa agiatezza ma ''c'era la mafia''.
''I carrabbinieri, contro la mafia imperante, possono fare picca assà, squasi niente" scrive Camilleri. La loro vita cambia nei primi mesi del 1920 e peggiora via via quando la mafia gli dichiara guerra anche a colpi di carta bollata. La latitanza diventa obbligatoria e quando arriva il fascismo che vuole battere a tutti i costi Cosa Nostra comincia inspiegabilmente la caccia ai Sacco costretti a diventare una vera e propria banda. Tra emigrazione transoceanica, agguati e tradimenti è un escalation di violenza fino alla repressione e al processo che prende il via il 28 marzo del 1928 in cui tre dei fratelli vengono imputati di due omicidi e altri due di associazione aggravata e cominciano a fare ''il giro infernale delle carceri''. A Turi, Vanni e Girolamo incontrano Gramsci che per i Sacco ''nutre una certa simpatia'' racconta Camilleri. E i due fratelli ''sono letteralmente soggiogati dalla cultura e dall'umanità di quell'uomo''. E quando Girolamo, scontata la condanna, viene rimesso in libertà, Gramsci gli affida alcune carte. ''Il succo della storia, di questo western nostrano di onest'uomini indotti e costretti a farsi vendicatori, è di declinazione manzoniana'' come sottolinea Salvatore Silvano Nigro nella nota di copertina.
Mauretta Capuano
 
 

 


 
Last modified Sunday, November, 06, 2016