22.6.2007

 

Premio Letterario Boccaccio 2007
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Circondario Empolese - Valdelsa


Il 'Boccaccio' di Andrea Camilleri
E' per l'autore siciliano il XXVI Premio Letterario Boccaccio.
Con lui la rivelazione Falcones e il direttore de La Stampa Anselmi

CERTALDO - Un Andrea Camilleri decisamente 'boccaccesco' quello che ritirerà il riconoscimento assegnatogli dalla Giuria del ventiseiesimo Premio Letterario Boccaccio, composta da Francesco Carrassi (direttore de "La Nazione"), Aldo Forbice (giornalista di Radio 2), Matteo Collura (giornalista), Paolo Ermini (giornalista "Corriere della sera"), Leone Piccioni (critico letterario), Luigi Testaferrata (scrittore) e presieduta dal Sen. Sergio Zavoli.

'Boccaccesco' perché insignito del Premio omonimo, ma anche perché un suo libro edito nei primi mesi di questo anno è proprio una novella degna del Decameron. Legata alla collana di Guida Editore 'Autentici falsi d'autore', “La novella di Antonello da Palermo” ha tutte le caratteristiche di una novella del “Decameron” che, stando a quanto spiega l'autore nella prefazione, è capitata nelle sue mani in circostanze misteriose e che Boccaccio aveva a suo tempo scartato per motivi altrettanto sconosciuti. Ex-aequo con la “Novella” viene premiato anche l'ultimo volume di Camilleri, “Il colore del sole” (Mondadori) in cui il Maestro affronta l'ingombrante figura del Caravaggio in un noir che si tinge di ombre e mistero, in un italiano seicentesco che dà ulteriore prova, sempre che ce ne fosse ancora bisogno, della versatilità dell'autore di Porto Empedocle.

Assieme al creatore di Montalbano sul palco di Certaldo Alto salirà anche Ildefonso Falcones, rivelazione delle classifiche di tutta Europa con il suo “La cattedrale del mare” (Longanesi). Avvocato, classe 1959, Falcones associa la libera professione con la passione per la scrittura che lo ha portato, in breve tempo, ad 'edificare' una cattedrale, quella di Santa Maria del mar, della quale racconta la costruzione sullo sfondo della Barcellona del 1300.
Il romanzo vincitore della sezione "Boccaccio Internazionale" ha conquistato un milione di lettori nel suo paese, con una media di 43.000 copie la settimana, ed è stato venduto nel resto d'Europa, in Cina, Brasile e Turchia.

Premio Giornalistico "Indro Montanelli" al direttore del quotidiano La Stampa Giulio Anselmi. Classe 1945, sposato e con due figli, Anselmi vanta un passato legato ai grandi nomi dell'editoria, da Stampa Sera in cui ha iniziato nel 1969, al Messaggero, La Repubblica, con la quale ha collaborato come editorialista, al Corriere della Sera, con l'esperienza della con-direzione, fino alla Rai di Ballarò e di Giovanni Floris. Anselmi, direttore della La Stampa di Torino dal luglio 2005, è laureato in giurisprudenza e, durante la sua carriera, ha anche diretto la maggiore agenzia di stampa italiana, l'Ansa, oltre al periodico l'Espresso.

La premiazione avverrà sabato 8 settembre nel Palazzo Pretorio di Certaldo Alto; al mattino, dalle 11.00 in poi, i vincitori saranno a disposizione di pubblico e stampa per intavolare un dibattito sulle opere vincitrici e molto altro.

Premio Letterario Boccaccio: Ufficio Stampa Dott. Simona Guerrini

380/5042331 simona.guerr@virgilio.it



Camilleri ed il linguaggio: perfezione e versatilità
Le opere premiate nell'edizione 2007 del Premio Boccaccio mettono in risalto l'amore e l'attenzione dello scrittore per la lingua italiana

CERTALDO - Non a caso i due volumi vincitori ex-aequo del XXVI Premio Letterario Boccaccio presentano due diversi volti del Camilleri che tutti noi conosciamo, quello legato a doppio filo con la sua creazione più nota, ovvero il siciliano Commissario Salvo Montalbano. “La Novella di Antonello da Palermo” rispecchia un Maestro in piena sintonia con la lingua toscana del 1300, con quel linguaggio che sembrava ormai scomparso e legato soltanto alcuni dei 'figli' più significativi della terra degli etruschi, come Dante, Boccaccio e Petrarca.

La capacità di Camilleri di dar vita ad un volume perfettamente in linea con le cento novelle del Decameron è lo specchio dell'amore che il Maestro ha per la lingua italiana, la sua dedizione allo studio ed all'analisi di quella lingua che, a detta degli esperti, si configura come una delle più difficili al mondo.

Come se questa prova non fosse stata sufficientemente ardua, il Camilleri contemporaneamente si cimentava anche con un'altra forma di italiano, quello seicentesco, per il volume “Il colore del sole”, in cui affronta la complicata personalità di uno dei principali artisti della nostra storia, ovvero il Caravaggio. Con un linguaggio che si tinge di nero, in una alternanza fra luci ed ombre, fra allucinazioni e realtà, Camilleri ci mostra il periodo trascorso da Michelangelo Merisi, il Caravaggio, a Malta ed in Sicilia nell'estate del 1607.

Pensare che, per quanto riguarda invece le sue opere più conosciute al grande pubblico, lo stesso Camilleri ammette di non adoperare la fedele trascrizione del dialetto siciliano. "È una reinvenzione del dialetto - afferma il Maestro - ed è il recupero di una certa quantità di parole contadine, che si sono perse nel tempo. Cataminarisi ("muoversi"), per esempio, non viene adoperata nel linguaggio piccolo borghese che era il nostro: era linguaggio contadino".

Nato a Porto Empedocle (Agrigento) nel 1925, Andrea Camilleri, che da anni vive a Roma, nasce come regista, autore teatrale e televisivo, e fino dal 1949 lavora come regista e sceneggiatore legando il proprio nome alle più note produzioni poliziesche della tv italiana, che vedevano come protagonisti il tenente Sheridan e il commissario Maigret. Col passare degli anni ha affiancato a questa attività quella di scrittore, con importanti romanzi di ambientazione siciliana nati dai suoi personali studi sulla storia dell'isola. Il successo e l'adorazione del grande pubblico sono poi arrivati con il Commissario Montalbano, protagonista simpatico ed irresistibile nonostante un (ostentato) pessimo carattere corredato da un cuore d'oro e da una spiccata simpatia, che ha saputo colpire al cuore l'opinione pubblica.

Una curiosità: Salvo Montalbano era un professore del vecchio liceo "Empedocle" di Agrigento. A lui deve il suo nome il protagonista di tante avventure poliziesche nato dalla penna di Camilleri.



Una cattedrale che nasce, un talento che si scopre
L'edificazione della cattedrale di Santa Maria del mar a Barcelona ha dato la notorietà all'avvocato Ildefonso Falcones.

CERTALDO - Nel suo primo ed unico romanzo (per il momento, ma sta già lavorando alla seconda opera) Ildefonso Falcones ha descritto una Barcellona travolta dagli eventi di un'epoca che la ha resa allo stesso tempo grande e violenta, unica e pericolosa. Avvocato specializzato in diritto civile, Falcones può vantare oltre un milione di copie vendute per il suo romanzo, e la traduzione in numerose altre lingue fra cui il cinese ed il turco.

Ildefonso Falcones nasce nel 1959, e attualmente vive a Barcellona con la famiglia. Di lui si può proprio affermare che non si sia fatto abbattere dalla prima sconfitta: “La cattedrale del mare”, così come noi la conosciamo, è la nona versione di un romanzo che l'autore ha modificato altrettante
volte sottraendo quotidianamente un'ora al meritato riposo, dopo aver dato la priorità al proprio lavoro (che, fra l'altro, non intende abbandonare), prima che la casa editrice Grijalbo accettasse di pubblicarlo. "È vero, ho riscritto il testo varie volte, ma senza mai snaturare la storia - afferma l'autore - Questo non è un libro costruito a tavolino sulle ricette degli addetti ai lavori. I suggerimenti esterni li ho sempre vagliati a modo mio: ho mantenuto, ad esempio, scene crude che potevano risultare spiacevoli perché le sentivo necessarie. Ho sentito il desiderio di scrivere un romanzo secondo il mio gusto - conclude - evitando la moda dell'esoterismo e puntando su un'ambientazione storica rigorosa, molto calata nel sociale e ricca di avventure".

Il valore del romanzo “La cattedrale del mare” sta nel saper bene mescolare la ricostruzione storica con l'immaginazione narrativa, dando vita a un personaggio e a moltissimi comprimari, credibili e interessanti. La critica, anche quella più agguerrita, ha parlato di un romanzo appassionante e ben scritto, che non deluderà i lettori amanti dei gialli storici.

Una curiosità: “La cattedrale del mare” è il libro dei record. In appena un anno ha scalato tutte le classifiche: esce in Spegna nel Marzo 2006 con una tiratura di 85.000 copie. Il mese successivo conquista le classifiche spagnole sia in catalano che in castigliano, un fenomeno rarissimo. Ha già venduto 250.000 copie. Nel maggio i diritti di pubblicazione vengono acquistati nei principali paesi stranieri, e nell'estate si vendono, di media, 43.000 copie a settimana, mentre vengono ceduti i diritti cinematografici. Nell'autunno 2006 si toccano le 850.000 copie vendute, e l'opera è in via di pubblicazione in Gran Bretagna, Germania, Francia, Polonia, Cina, Russia, Brasile, Portogallo, Olanda, Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia, Grecia, Serbia, Turchia e Stati Uniti. Arriva
in Italia nel febbraio 2007.



Giulio Anselmi, una vita dedicata all'informazione
Fin dal 1969 l'attuale direttore de "La Stampa" lega il proprio nome indissolubilmente alle principali testate giornalistiche, italiane e non

CERTALDO - "Non sono stato incendiato da ragazzo dal sacro fuoco del giornalismo". Descrive così l'inizio del proprio rapporto con la carta stampata Giulio Anselmi, classe 1945, giornalista, in realtà, da sempre. Fin dagli esordi con il Corriere Mercantile, un piccolo giornale della sua città
natale, Genova, durante gli anni della laurea in giurisprudenza. La collaborazione col Corriere Mercantile è di breve respiro perché quasi subito, nel 1969, arriva la chiamata dalla Stampa Sera e, dopo, de La Stampa.

Da allora la carriera di Anselmi è stata sempre in ascesa, iniziando dalla collaborazione con Panorama, come inviato speciale. Dal 1977 al 1984 ha lavorato al Secolo XIX; in seguito è stato direttore del Mondo e, sino al 1993, condirettore del Corriere della Sera. Dal 1993 al 1996 ha diretto il Messaggero, e dal 1997 al 1999 l'ANSA, la più grande agenzia giornalistica italiana. Successivamente è stato direttore dell'Espresso, fino al 2002, quando ha lasciato l'incarico rimanendo però nel gruppo editoriale come vicepresidente della società di controllo, la Finegil Editoriale S.p.A.. Editorialista di Repubblica, Anselmi è stato anche consulente di Ballarò, il
programma di approfondimento di Raitre condotto da Giovanni Floris, fino a quando nel luglio 2005 al comitato di redazione de La Stampa di Torino il vice-presidente della Fiat John Elkann e l'aministratore delegato della società editrice Antonello Perricone hanno annunciato il nome del nuovo direttore di testata: Giulio Anselmi, che andava a sostituire Marcello Sorgi.

Giulio Anselmi è un personaggio a tutto tondo, che non esita neanche a mettersi contro i 'poteri forti' pur di difendere le proprie posizioni, e che non ha peli sulla lingua: alla domanda "Ha mai ricevuto pressioni esterne durante la sua carriera?" lui risponde così: "Mi capitò con frequenza, quando ero a Il Corriere della Sera, come reggente del giornale, all'inizio di Mani Pulite. Feci la scelta di appoggiare i giudici di Mani Pulite, e il mondo politico di allora, in particolare i Socialisti, in particolare Craxi, intervennero molto duramente contro il giornale, sul giornale e su di me. Poi ci sono tanti altri casi, ma sono i casi spiccioli, per così dire."

Una curiosità: Durante un'intervista Anselmi ha dato qualche consiglio ai giovani che vogliono tentare la carriera da giornalista: "Io credo che sia bene essere seri
. Ci sono tanti tipi di giornalisti. C'è anche il "giornalista killer". Ci sono giornalisti che si sono specializzati nell'eseguire ordini, che spesso comprendono la demolizione di avversari politici. Questo tipo di giornalista può magari avere di fronte a sé una brillante carriera politica, ma questa è un'altra cosa. Non è giornalismo: non è giornalismo d'informazione, quanto meno. Quindi io consiglio di seguire i fatti. Nel seguire i fatti non si tratta di essere dei burocrati. Quindi ci vuole sveltezza e un pizzico di cattiveria. Raccontare le cose molto spesso significa arrecare danni e dolori. Raccontare dell'insuccesso di una trasmissione televisiva, parlando della sua conduttrice o dei suoi protagonisti, scoprire un grande scandalo finanziario, raccontare un retroscena politico, che metta in difficoltà un ministro e un intero governo, certamente non fa piacere a loro, ma questo è giornalismo. Questo va fatto, questo deve essere fatto. Quindi consiglio di stare sulle cose, ma in maniera aggressiva, cercando di fare degli scoop e quindi di mettersi in luce."