INTERVISTA AD ANDREA CAMILLERI DI CARLO LUCARELLI
Pagine intere sugli inserti culturali dei giornali che parlano di giallo, editor di prestigiose ed esclusive case editrici a caccia di giallisti, i primi posti della classifica, anzi tutta la classifica di narrativa italiana occupata da romanzi gialli, anzi: dai tuoi romanzi gialli... come la spieghi questa rapidissima affermazione del genere giallo o noir o come lo si voglia chiamare?
Come è successo, come è successo... senti, mi è capitato di rileggere un capitoletto di Gramsci sul romanzo poliziesco che dice che la coercizione dell'esistenza colpisce sempre di più le classi medie e intellettuali: c'è troppa avventurosità nella vita quotidiana, troppa precarietà nell'esistenza e quindi la ricerca dell'avventura bella e avvincente, ma anche predeterminata, che sai che c'è una soluzione, affascina. E' una cosa che in parte spiega il successo nostro... o anche di 007, se vuoi.
E' quello che dicono i sudamericani, Taibo e Sepùlveda, per esempio: il romanzo giallo come nuovo romanzo d'avventura. A questo proposito mi ricordo di averti sentito dire una cosa al primo Festival della Letteratura di Mantova, che i nemici della lettura sono: a) la televisione; b) il progresso della medicina. Per la televisione passi, ma per la medicina abbiamo pensato tutti aleè, si è preso un colpo di sole e invece spiegasti subito che quando non c'erano tutti i vaccini che ci sono adesso si passavano settimane a letto con le più svariate malattie infantili e si leggeva. Ovviamente era provocatorio, ma anche vero e io ho cercato di ricordarmi cosa leggevo quando avevo la febbre: Il barone rampante di Calvino, ma anche storie di pirati, di banditi...
E' su quelli che ci siamo formati... Ponson du Terraille , Rocambole, le dispense Nerbini... grandi storie di forti emozioni con grandi personaggi e grandi temi come la Vita e la Morte, il Vero e il Falso, la Giustizia siamo noi. Noi, in fondo, surroghiamo quelli che una volta erano i grandi romanzi di avventura, per questo la gente ci legge.
C'è qualcosa che non torna, però... i tuoi romanzi, per esempio, quelli in testa a tutte le classifiche, non sono romanzi facili o commerciali. E' il lettore d'emozione e d'avventura che è cresciuto o è sempre esistito un lettore popolare intelligente?
Io credo proprio che sia sempre esistito e qualcuno non se n'era mai accorto. Ho questa netta sensazione... che nel momento in cui una certa editoria e una certa critica hanno cominciato a interessarsi della faccenda hanno soltanto scoperto l'acqua calda.
Oltre all'efficacia delle sue dinamiche narrative, la forza di un genere la fanno comunque i suoi scrittori. Sei d'accordo? Ci sono gli scrittori, secondo te?
Sì. Le ultime cose di questo genere che ho letto sono due italiani e un francese. Uno è Marcello Fois, del quale avevo scritto la prefazione a Sempre caro, uscito da poco per il Maestrale di Nuoro... e l'altro, devo dire, malgrado un articolo stupido intitolato Guerra tra i giallisti, è Ferrandino, che non ha nulla a che fare con il genere di indagine poliziesca, ma è un signor scrittore, straordinario, che mi ha interessato moltissimo, ma proprio molto.
E il francese?
Manchette, Posizione di tiro, pubblicato da Einaudi.
Senti, i giovani scrittori, o gli aspiranti tali, oggi frequentano spesso scuole di scrittura. Tu credi che le strutture narrative del giallo, la sua grammatica e le sue regole, possano essere utili per imparare a scrivere, scrivere in tutti i sensi e non solo di giallo?
Credo che sia il sistema migliore per imparare a scrivere. Perché nel giallo tutti i conti devono tornare e non solo nel senso degli indizi e delle prove, ma proprio come struttura narrativa. Col giallo impari e insegni proprio le regole dei gioco... che poi giustamente disattendi come sempre si deve fare. In questi giorni ho letto tanti libri che insegnano a scrivere e devo dire che quelli tra i giallisti sono i migliori... quello della Highsmith...
Ti riferisci a Suspense. Pensare e scrivere un giallo, uscito per La Tartaruga.
Bravo, quello: quello è esemplare perché non pretende altro che insegnare dei modi di giustapposizione delle parti narrative. Col giallo si imparano gli strumenti del mestiere, la narrazione allo stato elementare… non sei d'accordo?
Ci mancherebbe, io insegno thriller nella scuola di Baricco, sarei un truffatore se non ci credessi. Ed è anche uno dei motivi per cui scrivo gialli e uso questa struttura narrativa: la sua efficacia e la sua capacità di adattamento al servizio del raccontare storie. E tu, perché lo fai?
Io ho cominciato a scrivere gialli per dare un ordine mentale alla mia
scrittura. Perché è proprio rigoroso il giallo... c'è
sempre un rigore sotto la sua grammatica narrativa. Quello è il
mestiere vero, non c'è niente da dire, un mestiere di rigore. E
come diceva Leonardo Sciascia: di onestà.
Pubblicato su L'indice, Novembre 1998