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Capire Camilleri

Riflettere su Camilleri, sui suoi luoghi, sulla sua lingua porta inevitabilmente a considerare come l'essere siciliani non sia un fatto solo anagrafico. E' una condizione dello spirito. E' una ragione dell'esistenza. La sicilianità è, per l'individuo, una potenzialità che consente di esprimere il meglio o il peggio dell'umanità, ma anche la normalità, in perfetta armonia con 'l'universo creato', ma sempre fuori dalla banalità. Non è mai per caso che il buono è buono, o il cattivo è un assassino. C'è una logica matematica. Un'equazione il cui risultato è il frutto di situazioni inevitabili. Non sono mai banali o superficiali i buoni e i cattivi di Camilleri, o quelli di Sciascia, Ercole Patti, Vitaliano Brancati, Rosso di San Secondo. Ma nemmeno quelli di Federico De Roberto e di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. La ragione che condiziona le circostanze è sempre più forte e guida ciascun evento. I personaggi degli autori siciliani rappresentano categorie assolute del genere umano che potrebbero essere riassunte nell'infinito. Ma è l'atmosfera in definitiva che li assolutizza e fa divenire Giovannino Precolla il portabandiera del Gallismo assoluto, Rosario La Ciura il simbolo della origine divina dei siciliani; gli Uzeda testimoni di una decadenza che non vuole cedere, Fabrizio Corbera l'orgoglioso vinto dal disagio del cambiamenrto non in meglio. I siciliani sono originati dagli dei; il loro mare è quello di Omero: come possono essere banali. Se Montalbano riconosce il prestigio del Re Pastore, o la regalità della cucina della trattoria sperduta in mezzo alla campagna, o rispetta la vecchia maestra sorella del pervertito Gegè, lo fa nella coscienza che della superiorità di ciascun individuo nella categoria che interpreta. Per questo non si può capire profondamente Camilleri se non si è siciliani. Certo, tutti lo leggono - e meno male - ma quanti apprezzano certe sfumature che può capire solo chi è vissuto in luoghi dove riti e consuetudini parlano una lingua speciale, quella del sole, mare, del fico e dell'ulivo. Un poeta arabo (Ibn Hamdis) citava che il giuramento più sacro per un arabo dell'anno Mille era quello per il fico (suk) e per l'olivo (elaia), il giuramento sulla Sicilia. Ricordiamolo bene.

Nunzio Primavera 'u castriannisi

Capire Camilleri .... Nunzio Primavera 'u castriannisi scrive che per vari motivi " non si può capire profondamente Camilleri se non si è siciliani." Il mio dissenso e` tale che mi spinge a scrivere e a spiegare che grazie a Camilleri sto capendo la Sicilia e i Siciliani molto, ma molto meglio, anche a distanza, anche quando vedo questa isola tremenda un anno si, un anno no. Grazie a Camilleri ho capito la caratteristica dei siciliani di rispettare ognuno per quello che e`: un essere umano buono o cattivo che sia. Allora non si tratta di "capire Camilleri", ma si tratta di arrivare, attraverso uno scrittore bravissimo, a capire quell'umanita` che e` il risultato di un luogo particolare e di un condizionamento storico particolare. Certo, bisogna stare attenti a non leggere un romanziere come se fosse un sociologo...ma la bellezza del buon romanzo sta nel fatto che ci insegna delectando...E per me, l'insegnamento che traggo dai romanzi del Camilleri e` appunto quello sui siciliani e sulla Sicilia.

Livia

Cara Jana, sei forte! Sono d'accordo con te, anche se come siciliano tendo a pensare (ma quanto sono presuntuosi questi siciliani!) che certe sfumature del carattere e dei modi dei siciliani non sia facile coglierli e capirli ........................

Beppe

Beppe, vorrei che mi dessi alcuni esempi concreti di quando "certe sfumature del carattere e dei modi di siciliani non sia facile coglierli e capirli". Hai degli esempi concreti? Mi piacerebbe sentire il tuo parere. E` strano come anche mio marito (siciliano) dice che non potro` mai capire tutto il Camilleri sui siciliani - ma non riesce a darmi esempi concreti. Dice solo "Avresti dovuto vivere in Sicilia e poi potrai capire", che per me non e` una risposta...Che ne dici tu o avranno da dire qualcosa anche i membri del Club?

Jana

Capire Camilleri .... ma non tutti capiscono Gentile Livia, lei ha scitto delle cose molto interessanti e fra l'altro che "grazie a Camilleri sta capendo la Sicilia e i Siciliani molto, ma molto meglio, anche a distanza, anche vedendo questa isola tremenda un anno si, un anno no". Vede, il problema di fondo (e non vorrei sembrare troppo appiattito sui luoghi e sui concetti di Tomasi di Lampedusa) è che i siciliani non si sono capiti mai nemmeno loro in diverse migliaia di anni si figuri un anno si e uno no. Loro si credono perfetti, si sentono Dei ( '...e dopo vengono iene e sciacalletti') quindi perchè sforzarsi a capirsi. Montalbano è perfetto, si sente anche lui una divinità olimpica alla quale basta anche restare commissario e senza interesse alcuno a divenire vicequestore; perchè lui nella sua commissariale realtà riesce a governare un mondo di eventi e in un altro ruolo forse non rappresenterebbe nulla lo farebbe trovare spaesato. Con Livia poi... basta una telefonata e un breve incontro. Il siciliano è perfetto di fronte all'universo creato per ciò che rappresenta. Forse il suo atteggiamento di superiorità di fronte agli eventi è frutto della cultura araba e delle influenze spagnole che hanno creato un miscuglio di sangue e di cartatere che fondendosi con francesi, normanni, tedeschi; e prima ancora con i fenici, i greci, gli africani di cartagine e quegli imperialisti dei romani hanno creato Montalbano che è un modello esclusivo ma che raccoglie in se caratteristiche che io ritrovo in Giovannino di Viataliano Brancati, nei vicereali Uzeda di De Roberto... devo continuare? Forse qualcuno può credere di capire i siciliani (non i siciliani stessi però, glielo dice un siciliano di Enna, un paese che Giovanni Lanza negli anni Cinquanta definiva come La Mecca), li può amare, li può odiare, li può anche prendere sul serio. Ma non chiedete a loro di farlo perchè i loro atteggiamenti non sono mai lasciati al fluire dei sentimenti, alla casualità. Camilleri non è un sociologo, come non lo era Pirandello, Brancati, Patti e gli altri. Sciascia era uno storico. E infatti le cose più belle sono la Recitazione della controversia liparitana, Il consiglio d'Egitto, Il caso Majorana, I Pugnalatori. Senza disprezzare i romanzi bellissimi che ha scritto. Camilleri è un grande narratore che ci illustra dei modelli del genere umano che fiorisce in Sicilia e (qui concordo con lei, gentile Livia) il bello di quando scrive 'sta nel fatto che ci insegna delectando'. C'è poco da dissentire, gentile Livia, i siciliani non entrano in contesa con i continentali. Ricorda il film 'Il mafioso' con Alberto Sordi. E' verosimile (glielo dice uno che l'ha vissuto) l'atteggiamento della famiglia del protagonista nei confronti della nuora milanese ed evoluta che viene guardata con commiserazione, quasi fosse una donna perduta. Loro, siciliani che vivono in mezzo alle galline e in una catapecchia, sono perfetti e tali si sentono. La milanese bella, elegante e colta è una femmina persa e senza speranza. Mi dica di dove è lei, gentile Livia e anche se le va di capire o giustificare questi comportamenti. Saluti e a presto.

Nunzio Primavera

Cari camilleriani, da meridionale continentale emigrata posso esporvi la mia teoria sulla "siclianita`" e Camilleri? Probabilmente hanno ragione sia Jana che 'u diretturi e in questo consiste la sicilianita`. Camilleri ha forse toccato e reso esplicito il nodo della contraddittorieta` e della elusivita` della natura siciliana. Come non vederlo nel muto dialogo dei due innamorati del "Birraio di Preston" e del rapido cambiarsi della commedia nella tragedia dei due corpi carbonizzati? O nella straordinaria recita del "parrino" del "Cane di Terracotta" che con il suo biberon e i suoi libri e` riuscito a costruirsi in vita il mito di se stesso? Camilleri ha reso comprensibile la sicilianita` , al di la` di superficiali analisi antropologiche, proprio mettendo in chiaro l'irriducibilita` della complessita` dell'anima siciliana. Senza le ardite architetture logiche di Pirandello o gli abissi magmatici di Sciascia, ma in modo altrettanto convincente e soprattutto rivelandone i valori profondi di tolleranza e di solidarieta`. Da napoletana forse mi e` piu` facile capire certe profonde convinzioni comuni a tutto il meridione, come il piacere delle piccole cose o il senso dell'amicizia superiore ad ogni giudizio morale (non sempre e` bene, ma e` cosi`) e vedere quindi le somiglianze, ma anche le differenze, che sono il riserbo, il pudore dei sentimenti che si puo` trovare anche nel nasconderli in seno ad un eccesso di espressivita` ( si finge di fingere...). Tutte caratteristiche della sicilianita` ma non sole e non eaustive.... il resto forse e` nella terra brulla delle campagne rade, nelle rocce denudate e consumate dal tempo, nella sensazione, affacciandosi ad esempio dal Capo Lilibeo, di essere in viaggio su una nave che corre nello spazio e nel tempo e sentire la voce di tutti quei popoli che Il Principe di Salina cita al povero Chevallier e sapere che di la` sono passati, che li` hanno vissuto... Ecco per me la Sicilia e` la Zisa di Palermo, i mostri barocchi dei balconi di Ragusa, la colonna del Capo Lilibeo, i mulini delle saline di Trapani, l'angoscia della nera solitudine dell'Etna, . Insomma, sentire tutto il peso della propria umanita`.... Come Salvo Montalbano quando siede su uno scoglio a guardare il mare di Vigata.

Maria Dixon

Si puo' capire profondamente Vasquez Montalban? E per capirlo, bisognerebbe essere catalani o castigliani? La domanda e' di basso profilo, e denota una provincialita' di tipo leghista (ne so qualcosa). La cultura non ha confini, cavalli di frisia o fili spinati. E poi Camilleri non e' Manzoni o Thomas Mann. Capire profondamente? ma va.... MM

Metelli Marco

Mi inserisco nella diatriba. Anzitutto vorrei dire che il quesito mi pare posto male. Che cosa si intende per "capire"? Io non riesco a "capire" mia figlia, mio marito, mia madre, mio fratello.....come posso aver la pretesa di riuscire a "capire" una persona? Preferisco a questo punto sostituire il termine "capire" con "conoscere" che è più limitativo ma anche più realistico. Conoscere significa prendere atto di determinate caratteristiche e realtà ed accettarle nella speranza che questa conoscenza mi permetta di comunicare con chi è diverso da me, ovvero tutti quelli che non sono me, sia costui lombardo come me o siciliano o svedese, rispettandolo, senza pretendere di capirlo. In tal senso Camilleri mi aiuta a conoscere, sotto vari profili, da quello prettamente umano a quello storico, alcune caratteristiche di alcuni siciliani. Ho detto che sono lombarda, di Brescia; conosco la Sicilia come turista e di lei amo soprattutto quelle caratteristiche paesaggistiche che ama anche Montalbano. Ho conosciuto la Sicilia anche come non turista, perchè l'estate scorsa mia figlia, in vacanza vicino a Palermo, invitata ad una festa nella casa a mare di un professionista di Messina che non voglio nominare, è precipitata nel piano sottostante della casa in quanto un invitato amico del padrone di casa per sfuggire ai "gavettoni" le ha aperto una porta e le ha detto"Ripariamoci qui". Non sapeva che al di là della porta c'era solo un piccolo pianerottolo e poi il vuoto, perchè la scala non era mai stata messa. C'è stato anche un articolo sulla Gazzetta di Messina. Mia figlia è stata ricoverata al policlinico finchè l'emoraggia a livello cerebrale si è ridotta ed è stata trasportabile a Brescia. Non le è stata curata la frattura multipla alla clavicola, per cui si intervenuti qui ma in ritardo; le resterà per tutta la vita una piccola menomazione. In ospedale la chiamavano "la leghista", suscitando le sue ire e mi guardavano con sospetto. Il padrone di casa conosceva tutti, dal primario all'infermiere e poteva entrare e uscire dall'ospedale, io, che ero la madre, no. Dal suddetto padrone di casa mi è stato "spiegato" che eravamo in Sicilia e bisognava fare le cose in un certo modo, far finta di non chiedere ma chiedere...e altre, scusate, fesserie di questo genere. Anche nei negozi mi guardavano con sospetto, come una straniera e io li capivo ma avrei voluto dire che se non ero siciliana non era colpa mia, per me loro erano come me, degli esseri umani e basta. Perchè racconto questo. Per dire che , malgrado un'esperienza che non posso definire positiva, perchè sarei pazza, che mi è venuta a costare milioni e non sono ricca, che mi ha messo di fronte a certe caratteristiche , come le case non terminate o i disagi di un'ospedale, non mi sento "prevenuta" nei confronti della Sicilia, anzi mi rifiuto di considerarla un mondo a sè stante. Perchè allora dovrei giustificare che il siciliano guardi al lombardo con diffidenza. Non pretendiamo di arrivare a capire tutto e tutti, cerchiamo di conoscerci nella reciproca diversità e di accettarci. Camilleri mette in evidenza delle caratteristiche, mi va di ricordarle per arrivare a conoscere meglio il siciliano della Sicilia o quello che abita vicino a me. Non pretendo di "capire", correrei il rischio di incorrere in errori di valutazione, di assolutizzare. Neppure i lombardi non si sono mai capiti loro stessi; e poi chi sono i lombardi? Il milanese guarda con superiorità il bresciano, il bergamasco lo odia, il mantovano è aperto e cordiale, il bresciano chiuso e introverso........ma anche queste sono solo semplificazioni, categorie, teoria. Se comunque vogliamo tornare al termine "capire" dò ragione a chi afferma che è impossibile, attraverso Camilleri, capire il siciliano soprattutto per chi non è siciliano; chi è siciliano si può riconoscere perchè, nei modelli di Camilleri c'è certamente qualcosa che riguarda lui più che un lombardo. Ma qui mi fermo. Tutti però possiamo conoscere meglio una certa Sicilia. Su una cosa non sono d'accordo con Nunzio; non mi pare vero che Montalbano si creda perfetto. Spero di finire di scrivere quello che sto preparando su di lui, ne parleremo dopo, se ti va, Nunzio. Scusate se non mi sono spiegata bene, mi sono venute in mente troppe cose.

Odeia

Cari Amici, prendo parte al dibattito sulla necessita' di essere siciliani per capire a fondo Camilleri, facendo un'affermazione ancora piu' radicale: non si puo' apprezzare a fondo la narrativa di Camilleri se non si e' agrigentino o addirittura "marinisi" (gli abitanti di Porto Empedocle). Naturalmente la mia e' una provocazione, che esprime accordo con tutte e due le tesi esposte dagli estimatori del romanziere siciliano. Io credo che la grandezza di Camilleri sta nella possibilità di una lettura e di una comprensione a diversi livelli, altrimenti non si spiegherebbe il successo che sta riscuotendo. Chi e' siciliano sicuramente puo' apprezzare con maggiore forza la comicita' di certe situazioni ed espressioni. Per esempio "U sticchiu di so' soru" nella lettera della Concessione del telefono ha ovviamente una carica semantica fortissima per un siciliano. Cio' non toglie il valore universale dei racconti e delle situazioni narrate che penso possano essere apprezzate anche dai lettori del Nepal, semmai sara' realizzata una traduzione nella loro lingua. Un caro saluto a tutti

Alberto Bartolomeo

La lettera di Odeia, per la verità mi turba e mi ferisce un poco. Innanzitutto perchè raccontandoci alcune cose personali mette il dito su una piaga purulenta della Sicilia e poi perchè per farlo deve fare ricorso ad una disevventura veramente brutta in cui la poveretta è incorsa con la sua famiglia. Disavventura che non sarebbe mai accaduta con le modalità vche ci racconta e che sono tipiche se non del carattere dei siciliani, quanto meno di una certa fauna che rappresentano le 'iene e gli sciacalletti' contro cui un certo principi ci metteva in guardia. Ribadisco che da siciliano quale io sono sento di avere solo io il diritto di parlare male di Sicilia e siciliani e che sono pronto a tirare fuori il 'liccasapone' se sento da altri infangare il sacro nome della mia adorata terra. La povera Odeia è, comunque, incappata in un'avventura che, più che capire, credo, le ha insegnato a conoscere un aspetto della Sicilia che gli stessi siciliani intelligenti deprecano: l'indeterminatezza con cui molti vivono che è divenuta una caratteristica di molte zone. Guardiamo il panorama dei paesini alle pendici dell'Etna, del circondario di Palermo e dei numerosi centri tra Messina e Catania lungo l'autostrada. Quanti fabbricati non finiti che deturpano un paesaggio che ha innamorato i più grandi viaggiatori del mondo. Odeia, anzi la sua figliaola, è stata vittima di un gravissimo infortunio occorsole in un fabbricato 'non finito' e, ancora di più, è stata vittima successivamente, in una situazione di notevole gravità, della stupidità di infermieri o addetti vari di enti ospedalieri pubblici che per quel minimo di potere che hanno si sentono in dovere di esercitarlo come se gli fosse stato assegnato per volontà divina. La stupidità non ha latitudine, ma quando nasce ad un certo parallelo (che è quello che favorisce, più che il fiorire della Mafia, l'attegiamento mafioso delle mezze figure che non hanno atro potere che quello di disturbare il regolare corso delle cose) allora diviene qualcosa di sublime che rasenta la follia. Pensare che qualche imbecille abbia definito Odeia o la sua figliola in quella situazione drammatica 'leghista' mi irrita profondamente e mi muove a chiedere a Odeia da siciliano perdono profondamente per quello che le è accaduto con la speranza che continui, almeno lei, se non la sua figliola, ad apprezzare la Sicilia e i siciliani (ce ne sono anche che sono persone civili). Fino a quando alcuni siciliani non capiranno che la devono smettere di comportarsi come ha fatto il padrone di casa di Odeia, allora ci sarà sempre bisogno di fare ricorso al pezzo grosso locale per qualsiasi cosa anche per i più elementari diritti, e così una certa mafiosità di comportamento sarà una cosa che accomunerà tutti i siciliani. Quello che scrivo con il dibattito su capire Camilleri c'entra, credo, perchè ci mostra un aspetto dei siciliani che è presente in tante opere del 'nostro'. Ricordiano il commendatore Longhitano della Concessione del telefono o nel Birraio di Preston il mafioso locale amico del Prefetto e via sul filo della memoria i tanti altri personaggi. Camilleri conosce questi atteggiamenti e li eleva alla potenza perchè li depreca fortemente e indica in Montalbano una speranza di legalità, che si esprime in atteggiamento integerrimo e civile cui si può fare riferimento. Nemmeno io mi ci metto a comprendere certi siciliani del tipo di quelli che ha incontrato Odeia perchè più che del genere letterario al quale ci stiamo riferendo noi, fanno parte di quella categoria di bestie che sono presenti un po' ovunque e contro le quali si può vincere solo emarginandole e richiamando se stessi al buon senso. Il siciliano che tramite Camillerisi si può comprendere è qualcosa di diverso da quello che la gentile e sventurata Odeia ha incontrato, per fortuna. E' un siciliano civile. E' il re pastore, è il ginecologo che dopo avere messo incinta la giovane che ha visitato con sua moglie quasi pirandellianamente l'adotta facendola divenire una sorta di figlia. Il siciliano di Camilleri è un'altra cosa. E' -ha ragione Odeia- un modello nel quale io riconosco tanti che ho conosciuto nella mia vita e che non sono certamento lombardi. Poi, gentile Odeia, aggiungo un'altra cosa. Non è Montalbano di per se stesso a credersi perfetto. E' il siciliano che in assoluto si sente un semidio, anzi una divinità. Avrà certamente letto, la nostra amica, il Gattopardo. Ma di Tomasi di Lampedusa legga anche nei Racconti 'La Sirena' e forse si potrà fare un'idea più precisa di cosa intendo dire. O meglio ancora legga i Vicerè di Federico De Roberto. Così potrà conoscere meglio i siciliani e quella Sicilia che è descritta negli eccezionali caratteri dei personaggi dei racconti del nostro amico Camilleri.

Nunzio Primavera

Rispondo, seppur in ritardo, a Nunzio, che è rimasto turbato dalla mia mail. Non devi esserlo; ho riferito un fatto personale solo per spiegare che non ci possiamo permettere con superficialità di dire "capisco o non capisco" le caratteristiche di una persona o di un popolo, il che è ancora più difficile. Non ho espresso un giudizio, nè negativo, nè positivo; continuo ad amare la Sicilia e così pure mia figlia; se la chiamavano leghista, c'erano dei motivi, che non erano legati a mia figlia in particolare, ma un certo nord. Voglio dire: è facile catalogare, mettere delle etichette, di siciliano, di terrone, di leghista........ma sono solo delle etichette, che non tengono conto del vissuto passato e presente. Per tutto ciò mi limito a sperare di conoscere certe caratteristiche del siciliano, non pretendo di capirle, perchè non vivo in quell'ambiente, non ho dentro di me la sua storia, le sue tradizioni. Incorrerei certamente in errori di valutazione. Conosco Tomasi di Lampedusa, Capuana, Verga, De Roberto, Pirandello, Sciascia...scusa l'ordine sparso; vi ritrovo modelli ricorrenti, che mi intrigano. Cionostante continuerò a pensare che essi mi aiutano a conoscere il siciliano, ma non potrò mai capirlo veramente perchè la sua realtà non è la mia realtà. E non c'è nessun giudizio di merito. Lungi da me l'idea di parlar male di una qualsiasi regione o nazione; e lungi da me l'idea di parlarne bene. Perciò io, lombarda di nascita, amo la Sicilia nella stessa misura in cui amo la Lombardia, ma considero la Sicilia storicamente e paesaggisticamente molto più interessante della Lombardia. Sono Odeia, non "la povera odeia" Ciao a Nunzio.

Odeia

Cara Jana, come accennavo prima, e` da un po` di tempo che ti debbo dare una risposta. "vorrei che mi dessi alcuni esempi concreti di quando certe sfumature del carattere e dei modi siciliani non sia facile coglierle e capirle". Una richiesta chiara vuole una risposta altrettanto chiara. Spero di dartela, possibilmente priva di aspetti retorici, che io, in particolare, mal digerisco. Ci provo e quindi mi inserisco nel dibattito che ci ha "animato" ultimamente. Prendo spunto da un noto (per noi siciliani) detto: "la megghiu parola e` chidda ca` non si dici" Traduzione letterale: La miglior parola (la piu` efficace) e` quella non pronunciata. Esiste piu` di una spiegazione per questo detto, o meglio piu` sfumature diverse su una base comune (ho intervistato appositamente qualche mio amico, in merito). Il significato base e` il seguente: nell'ambito di una discussione (o diverbio), l'assenza palese di opinione su un determinato argomento (ovvero il non parlare) e` un preciso messaggio per l'interlocutore e per chi sta ad ascoltare. Qualche volta il tipo di messaggio che, tramite tale codice e` inviato, e` una minaccia (ma guarda un po`!). Forse sono abbastanza criptico; mi spiego con un esempio: in una discussione (accesa) tra due o piu` persone, uno dei partecipanti, che ha sicuramento un forte (e palese) interesse sull'oggetto della discussione rimane in silenzio. Non parla. Fa parlare gli altri, ascolta. Che significa? piu` cose: - la prima e` che lui non si abbassa a discutere, non scende a compromessi. - la seconda e` una minaccia (piu` o meno larvata) per tutti: attenzione si fa come dico io! e guai a chi sbaglia! Non a caso ho utilizzato la frase si fa come dico io!. Lui non ha detto niente, ma il messaggio e` ugualmente preciso. Quasi sempre, per sottolineare il proprio comportamento ed affinche` il messaggio sia recepito chiaramente da tutti, la persona in questione, rivolgendosi all'interlocutore, dice proprio questa frase: "la megghiu parola e` chidda ca` non si dici". A quel punto chi non capisce, ha evidentemente qualche problema ...... Ho speso molte parole (pure "inturciuniate", tra l'altro) per spiegarmi, ma sto parlando con una "forastera". Se parlavo con un siciliano, bastava inviare una e-mail vuota (:-)). Un altro esempio concreto di cio` che a prima vista viene inteso in una certa maniera, ma che un siciliano interpreta in modo completamente diversa e` il seguente: e` nota la generosita` dei siciliani, ma a volte episodi di grande generosita` debbono essere correttamente interpretati (con qualche sorpresa!). Se un forastero (un amico che viene da fuori) ed un siciliano si ritrovano in un bar per prendere un caffe`, il siciliano non permettera` mai che l'amico forastero paghi il caffe`: offrira` lui. (nota: per forastero si intende un palermitano che si ritrovi a Castelbuono, un castellammarese che si trovi a Palermo, insomma chiunque provenga da un luogo diverso dal proprio). Ora, non bisogna confondere la generosita` con colui il quale offre "picchi` e` granni", cioe` per dimostrare agli altri delle grandi risorse economiche di cui dispone: non e` generosita` ma sfoggio di potere (penso tra l'altro che Odeia, nella sua pessima esperienza siciliana sia incappata in questo tipo di atteggiamento). Spero di essere correttamente inteso (soprattutto da chi e` forasteri) e non vorrei che, se mi capitera` di offrire un pranzo o un caffe`, di essere mal interpretato. Aggiungo inoltre che per un "vero siciliano" offrire ad un forastero e` indice di sola ed esclusiva generosita`. bah! chi vuol capire, capisca. (questo tentativo di spiegare (male) determinati costumi dei siciliani mi sta dando un po` sui nervi; non sono un antropologo e poi gli antropologi mi fanno abbastanza antipatia). Ritorniamo all'argomento principale. Quello che, quindi, intendevo dirti con quella affermazione ("certe sfumature del carattere e dei modi siciliani non sia facile coglierle e capirle") e` che per capire appieno, bisogna conoscere i codici comportamentali del siciliano, conoscerne il linguaggio, che e` diverso dal lombardo o dallo slovacco. Per "capire" intendo "conoscere le chiavi di lettura" della cultura e dei comportamenti dei siciliani (per inciso, ho apprezzato quello che ha scritto Odeia relativamente alla differenza dei termini "capire" e "conoscere"). Quando, inoltre, Odeia parla di modelli ricorrenti della cultura siciliana, (<<... conosco Tomasi di Lampedusa, Capuana, Verga, De Roberto, Pirandello, Sciascia...scusa l'ordine sparso; vi ritrovo modelli ricorrenti ...>>) evidentemente, attraverso tali letture riesce a conoscere modelli comportamentali e quindi, a capire. Riuscira` a capire? riuscirai tu a capire i libri di Camilleri quanto una siciliana? Secondo me ha poco importanza. A tal proposito, mi sembra molto indicativo cio` che hanno scritto sull'argomento Marco Metelli e Alberto Bartolomeo. ciao

Beppe (`u diretturi)

Ciao a tutti. Sono da poco socio e sto leggendo tutti gli interventi. Avanzo un piccolo suggerimento, ai non siciliani come me: se ancora non l'avete fatto, provate a leggere il Sommo ad alta voce e con accento siciliano: a me è servito più questo che la lettura dell'opera omnia. Provate con "La concessione del telefono". Inutili suggerimenti a parte vorrei dare il mio contributo alla discussione: non credo che sia possibile capire i siciliani, e ve lo dico per esperienza: io sono tosco-lombardo-veneto, ma la mia compagna (e la di lei numerosa famiglia) è siciliana purosangue, precisamente trapanese. Ha un difetto: non parla con l'accento siciliano, ma i parenti che abitano a Palermo sì, eccome! Ogni volta che li sento parlare rimango intimamente incantato dalla cadenza delle frasi e, soprattutto, dalla estrema concisione che riescono ad avere nello spiegare avvenimenti complessi. "la megghiu parola e` chidda ca` non si dici". Vorrei raccontare un episodio, precedente alla scoperta di Camilleri: parlando con il rappresentante di una società immobiliare siciliana, ebbi a notare di sfuggita con il mio interlocutore che il grande albergo nel centro di Milano dove ci trovavamo sembrava essere il suo luogo di incontro preferito. Mi guardò e disse: " Nostro,è" ( provate a pronunciarlo "noscro" con la "c" dolce, cambia..cambia..). Quello che voglio dire è che un milanese come me avrebbe dato una risposta fumosa, da cui non si sarebbe capito come era la situazione. A lui invece, siciliano di una certa età, sono bastate due parole per darmi il quadro, chiarissimo e netto, della situazione. Nostro,è. Saluti a tutti

Davide Cherubini

Mi avete stunato i cabbassissi (qualche doppia forse è di troppo) con i vostri capire e non capire. Siete dei provinciali. La Lega non c'entra (qualche volta l'ho votata, che altro c'era di meglio? ora non più, basta babbiare!) ma non vi sentite un po' lega del sud? Un autore lo si apprezza, lo si ama oppure no. Dipende da noi e che da lui. Io conoscevo un Camilleri quello che scrive ogni dì dei Santi sul Giornale, ora - grazie a Grasso del Corriere, non a Voi - conosco anche Andrea. E' grande, moderno nella sua quotidianità. Stando al vostro Statuto sarei socio arricanasciuto. Posso sentirlo mio e non sentire di arrubbarvelo? Tanto per precisare, La mia mugghiere è figlia di palermitani, quartiere Calderai per piegare che usi qualche termine siculo, ma mi piacciono tutte le lingue a rischio di estinzione, compreso il finlandese.

Osvaldo B.

La mia più che una scoperta è stata una rivelazione. La lettura dei romanzi mi ha fatto riscoprire il piacere di leggere con avidità il testo che avevo di fronte. La serie di Montalbano l'ho praticamente sbranata in pochi giorni. Ma vorrei fare anche qualche piccola riflessione anche sul testo in sè e sul suo autore. A mio parere il colpo vincente del commissario è sicuramente il suo carattere, la sua personalità, più che alcune stranezze anche poco realistiche della sua vita, come la sua cultura di libri o dell'arte in genere. Ciò che colpisce è la sua fermezza in ogni situazione, la sua abilità nell'organizzare i "saltafossi" o le sue luminose rivelazioni notturne, o anche le sue amicizie poco legali, ma molto umane. Si può per tutto questo invidiare un personaggio? Berh, io credo di sì. Per quanto riguarda Camilleri, ha saputo realizzare un'ottima serie di gialli. Ma ciò su cui avrebbe dovuto puntare di più è la maggior sicilianizzazione delle scene, dei personaggi, delle situazioni. Mi sembra che quasi tutte le situazioni potrebbero essere ambientate in qualunque parte d'Italia.

Simone Piccardo

Spero mi possa inserire nel dibattito anche se non sono iscritto. La realta' e' che mi sa che il titolo che avete dato a questa rubrica non e' corretto. Perche' leggendo i vostri interventi non mi pare si voglia capire Camilleri ma i siciliani. Io quando mi appresto a leggere un romanzo e come se partissi per un viaggio per cui non voglio capire ma conoscere con la fantasia luoghi e persone, odori e sapori, che il solo pensare che poi esistono realmente rende tutto piu' bello. Per questo a Camilleri preferisco Vasquez Montalban, perchè mi porta in luoghi che non conosco mentre della Sicilia conosco piu' o meno tutto. Quanto ai siciliani andiamo presi cosi come siamo: viaggiatori su una barca, con quelli di prua diversi da quelli di poppa, quelli della stiva diversi da quelli della cambusa, mozzi diversi da capitani ma sempre in viaggio e spesso seduti, dove volete voi sulla prua o sulla poppa a guardare il mare che ci circonda.

Ciao Liotru

Cari soci, leggendo le vostre riflessioni su il Sommo mi è venuta voglia di dire la mia.Quello che mi ha colpito della scrittura di Camilleri, e la facilità con cui riesce a far capire la complessità del carattere dei siciliani. Molti di voi avranno letto Brancati, Verga, Pirandello, Sciascia, non credete che anche loro lavorando su gli stessi scenari, abbiamo bisogno di una preparazione culturale elevata per poterne cogliere tutte le sfumature. La grandezza di Camilleri e nella sua capacità di descrivere luoghi, situazioni, stati d'animo, con parole semplici, chiare e anche quando usa il dialetto lo inserisce in un contesto che lo rende comprensibile anche a chi non è siciliano. Per non parlare poi da come riesce a spiegare i vari caratteri che si trovano in Sicilia e anche L'ambiente in cui si sono formati, il tutto in maniera non seriosa, anzi con quel tocco umoristico che ti fa digerire anche la Bolla di componenda. Dono che per me hanno pochissimi scrittori, in più lui ci mette il carico da undici quando si trasforma in insegnante,come nella mossa del cavallo e per seguire la storia ci obbliga a fare gli esercizi di genovese. Io grazie a lui ho ripreso in mano Pirandello, e ho cominciato a capirci qualcosa mentre prima lo trovavo molto ermetico e difficile. Poi noi possiamo discutere per secoli le diversità fra siciliani, piemontesi, lombardi, intanto lui e riuscito a mettere su carta quello che io siciliano appena alfabetizzato non riuscivo a spiegare ai miei amici piemontesi, adesso gli regalo un libro è risolvo il problema.

Antonino Rapisarda u mastru

Leggere Camilleri, a mio parere, non è semplicemente leggere un "giallo" o un "poliziesco" come tanti, ma addentrarsi in un mondo unico e "veritiero" fatto non solo di carta e lettere, ma di colori, senzazioni, profumi, piaceri e dispiaceri propri della vita quotidiana cui tutti viviamo. Leggendo altri autori ci si interessa della storia in quanto tale e si cerca con affanno di giungere alla risoluzione del caso, anche e sopratutto azzardandosi detective, tralasciando le particolarità "caratteriali" dei personaggi e del loro "habitat", dando invece notevole peso ai concatenamenti letterrari, pur logici se non scontati, delle scrittore. Con le storie di Montalbano invece il gusto ed il piacere della lettura si manifesta proprio nella squisitezza del linguaggio, semplice e ragionato, nella rappresentazione quasi pittorica delle scene di vita quotidiana che, grazie allo sfondo dell'isola di Sicilia, divengono ancor più odorose e colorite. Essenzialità dei racconti sul Commisario è pertanto, non la storia più o meno "misteriosa" in quanto tale, ma la descrizione e la rappresentazione della stessa, che induce il lettore non a ricercare da se la verità ma semplicemente a gustarsi con delizia l'esposizione dei fatti e degli accadimenti tipica di Montalbano, vista con gli occhi dello stesso, con le sue monotone ma così semplici e invidiabili abitudini.

Marco Benizio, Lecce

Credo che il problema non sia conoscere o capire la Sicilia, ma più semplicemente "sentirla". Un lettore, non siciliano, attento, acuto, colto potrà forse imparare a conoscere e a capire quest'isola, ma non a sentirla. E questo che fa tutta la differenza ! Vivo in Provenza da un anno, ma ho cominciato a venirci quasi dieci anni fa. Ne ho studiato in parte le tradizioni e penso di avere capito molte cose di questa terra, ma sono lontana dal sentirle e non pretendo che ciò accada. Semplicemente non appartengo a questi luoghi e loro non mi appartengono...

Yvelyse Martorana

...mi sono spesso chiesto perchè mi affascinavano le assolate colline intorno Enna di fine giugno ( e quando dico assolate non rendo degnamente l'idea del caldo che fa) , ma leggendo Camilleri e il suo personaggio Montalbano ho rivisto quell'amore per una Sicilia (non sono siciliano e scendo in Sicilia forse due volte l'anno per lavoro) che è fatta di sacrifici , di sudore , di morte e riconciliazione sopratutto con un territorio aspro e generoso al tempo stesso , in parte responsabile del successo editoriale dello scrittore di Porto Empedocle ,pardon ,Vigàta.

Ho detto in parte responsabile ,perchè della Sicilia (... se Montalbano fosse stato Veneto o Umbro o Laziale , a voi la scelta , l'effetto non sarebbe stato analogo ) o meglio della sicilianità fanno parte , come in una equazione molto complessa , numerose variabili delle quali il territorio siciliano non è che una delle tante ; e lentamente ,silenziosamente o se volete inesorabilmente questa sicilianità mi è entrata nel cuore , vuoi per il calore del'affetto degli amici ( e non più "colleghi") siciliani , vuoi per la loro parlata multiforme , vuoi per le tradizioni e per le tante altre "variabili" .

Tutto questo per dire che per comprendere Camilleri c'è una "via di mezzo" ,tra il nativo siculo e il lettore che abbisogna del dizionarietto, ed è una via del cuore , fatta di delusioni e di riscoperte , di sapori (e che sapori ! ) e di odore di mare e di zolfo , di silenzi che parlano più di mille parole e di valori , nel bene come nel male , che , per fortuna nostra , ancora esistono in un mondo dove sembra non contare più niente.

...alla memoria dell'olivo saraceno di Montalbano

Roberto Ferrini Donati



Last modified Wednesday, July, 13, 2011