«Nel 2005 girerò altri quattro film di Montalbano»
Intervista al regista bustocco Alberto Sironi, reduce dal recente successo
televisivo di “Virginia, la monaca di Monza” che ha raccolto oltre 9 milioni di
spettatori
Virginia, la monaca di Monza ha ottenuto oltre 9 milioni di spettatori. Un risultato che conferma le capacità del regista bustocco, Alberto Sironi che da anni sforna per la Rai, fiction di grande successo. Su tutti i film della serie de Il commissario Montalbano con Luca Zingaretti. Sironi da anni vive a Roma e i vari successi televisivi, tra cui anche Salvo d’Acquisto e Il grande Fausto, lo hanno portato a essere uno dei registi televisivi di maggior garanzia per la Rai, con un’ottica molto cinematografica e mai scontata, sia nel modo di raccontare le storie, sia nelle tematiche affrontate. «Certamente sono molto soddisfatto del successo ottenuto da Virginia – spiega Sironi, ora sul set di una nuova serie televisiva che sarà pronta nel 2005 -. Ottenere questo risultato non era semplice, un po’ perché l’argomento era piuttosto triste, un po’ perché abbiamo voluto realizzare l’opera in modo corretto, senza facili scene lacrimevoli».
Virginia, nonostante sia una fiction storica, genere che va ora molto di moda in televisione, è un racconto piuttosto coraggioso che non dà una visione molto idilliaca della Chiesa e di quel periodo. Come ha impostato il lavoro di ricerca?
«Con gli sceneggiatori ci siamo basati soprattutto sugli atti del processo alla monaca. Anche se abbiamo dovuto parecchio edulcorare la violenza che era presente nel ‘600. Allora la vita di un uomo non aveva mica il valore di oggi, si uccideva per molto poco. Virginia è un prodotto coraggioso perché mi piacciono le sfide: è vero che voglio seguire il filone della fiction nazional-popolare, ma questo non vuol dire che debba realizzare prodotti che, come si dice, facciano “piangere le zie”. La vera fiction è un’altra e io cerco di seguire questa altra strada».
Adesso è di nuovo al lavoro. Cosa ha in cantiere?
«Si tratta di due film basati sullo stesso personaggio: un avvocato. Detto all’americana sarebbero dei "legal thriller". Le storie sono basate su due romanzi, pubblicati da Sellerio, scritti da un ex magistrato della Dia, Gianrico Carofiglio: Testimone inconsapevole e Ad occhi chiusi. L’ambientazione dei romanzi è a Bari, ma noi stiamo girando a Trani perché penso sia una cittadina con una dimensione più umana».
Potrebbe essere l’inizio di una nuova serie alla Montalbano?
«Forse. Per ora giriamo i primi due capitoli. Lo scrittore è già al lavoro su un altro romanzo. Vediamo se piaceranno queste due trasposizioni. Penso che andranno in onda il prossimo anno».
A proposito di Montalbano, Zingaretti aveva recentemente dichiarato che avrebbe partecipato agli ultimi due episodi della serie...
«Nel 2005 gireremo altri quattro episodi, due in primavera e due in autunno, sempre basandoci sulle storie di Camilleri pubblicate da Sellerio. Zingaretti naturalmente sarà ancora dei nostri».
I suoi lavori, a differenza di molte fiction, hanno non solo una regia molto cinematografica, ma anche delle tematiche particolari. Ha mai pensato al cinema?
«Certamente, il cinema è sempre stata la mia passione, fin da quando iniziai al Piccolo Tetro con Giorgio Strehler. Basti pensare che uno dei primi lavori che ho fatto è stato proprio a Gallarate dove, insieme all’amico Sandro Borgonovi, abbiamo diretto uno dei primi cineclub: negli anni ’60 realizzammo la prima “personale” italiana dedicata al grande regista svedese Ingmar Bergmam con 24 film tra cui alcuni in lingua originale. Chiamammo persino un hostess svedese per effettuare le traduzioni in simultanea durante le proiezioni».
Ha in mente di realizzare qualcosa per il cinema?
«Ho sempre sognato di farlo e prima o poi succederà. Adesso però c’è molta crisi: in questi primi mesi del 2004 sono stati realizzati in Italia solo 15 film, un dato mai visto. Inoltre, tra questa nuova fiction e Montalbano sono preso per almeno due anni. Ho in cantiere un paio di progetti per il cinema e spero di poterci lavorare nel 2006. Sicuramente non voglio realizzare il mio primo film con i soldi dello Stato».
Perché?
«Voglio fare un film per il pubblico, non fine a se stesso. Uno dei motivi della crisi del cinema è anche il fatto che non ci sono più i produttori di una volta. La maggior parte di loro, se non prende i soldi dallo Stato, li prende dalla televisione. I film non si pagano più con gli spettatori. Perciò i produttori non rischiano più, vanno sul sicuro e poco importa la fine che farà il film. Io, invece, vorrei realizzare una pellicola per gli spettatori».
Manuel Sgarella - Varese News
Venerdi 15 Ottobre 2004
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