Una Sicilia di sangue e passione,
int TV un Camilleri degli anni '20
108: in questi giorni sono in tanti a tirare le somme, e
Turi Vasile non e' da meno. 108 sono infatti i film che lui, sotto firme
diverse (sceneggiatore, regista, autore), ha nel suo carniere: lo
scrittore messinese e' rimasto dietro le quinte almeno tante volte quanto vi e' stato davanti.
Sempre con una particolare attenzione ai "prodotti" siciliani.
Anche adesso, sta dando gli ultimi ritocchi ad una sceneggiatura che gli
sta molto a cuore, soprattutto perche' gli riporta vicino un caro amico.
Vasile ha infatti deciso di portare sul piccolo schermo uno dei romanzi
"storici" di Andrea Camilleri, "La stagione della caccia".
A Palermo, ospite della Fondazione Federico II, per la rassegna sul
cinema del 1948, Vasile ha ricordato "gli anni piu' belli, quelli della
svolta del cinema italiano: il neorealismo cominciava a trasformarsi
e a ritrovare i suoi attori professionisti.
E veniva restituita ai registi e agli attori anche Cinecitta', ad opera
del giovane sottosegratario di allora, Giulio Andreotti."
Veniamo alla "Stagione della caccia ", ambientato in una Vigata polverosa di
fine '800. Lei produrra' la mineserie per Mediaset.
"Nella finzione televisiva ho trasportato la storia ai primi anni venti,
piu' vicini a noi. Gireremo in primavera tra Favignana, Palermo e le Eolie,
per ricostruire un' isola immaginaria.
E' un bellissimo romanzo dove domina un destino quasi sempre euripideo,
che scaturisce dalle passioni.
Il regista sara' Jose' Maria Sanchez, per gli attori stiamo cercando
di mettere insieme un cast di "tipi" siciliani, penso a Leo Gullotta
e a Turi Ferro.
Per il personaggio femminile di 'Ntonto' chiamero' un attrice nordica,
un outsider, un viso 'fuori posto".
Scritto da Camilleri parecchi anni fa, e pubblicato da Sellerio nel 1992 -
prima dunque del boom "montalbaniano" - "La stagione della caccia" nasce
da una battuta registrata nell' "Inchiesta sulle condizioni della Sicilia"
del 1876.
"All'intrerrogante che chiedeva se si fossero verificati fatti di sangue
in un paesino, veniva risposto: "No fatta eccezione del farmacista che
per amore ha ammazzato sette persone".
Su queste poche righe, Camilleri coustruisce il personaggio di Alfonso
La Matina, speziale "forasteri" che arriva a turbare un paesino di poche
anime, bilanciato tra nobili e mafiosi.
Un giallo che nasce dalla voglia "tragediatrice" tutta siciliana.
Lei conosce Camilleri da ...anta anni.
"Sono quindi anni che mi batto per dimostrare che Andrea Camilleri e' il piu'
grande narratore siciliano vivente.
Qualche anno fa, feci preparare allo stesso Camilleri ed ottavio Alessi,
la sceneggiatura di "Un filo di fumo", che considero in assoluto il suo
capolavoro, al fianco de "La stagione della caccia" e de "Il birraio di Preston"Portai la riduzione al grande critico ed ex direttore di Raitre Angelo
Guglielmini e lui la boccio' senza riserve.
Cosa che oggi nessuno farebbe ...
"Camilleri ha avuto questo straordinario e meritatissimo successo con le sue
cose meno importanti.
Questo vuol dire che l'Italia non conosce i suoi scrittori, che anzi, spesso,
aspetta che siano morti, vedi Morselli o Tommasi di Lampedusa.
"Nene'" e' stato piu' fortunato, buon per lui".
Giornale di Sicilia, 15.11.1998
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Montalbano sul set
Due personaggi illustri, l'inventore del commissario Montalbano e
Montalbano stesso, debuttano al cinema.
Chi non ha sentito parlare di Andrea Camilleri?
Ovunque vada lo scrittore siciliano viene acclamato come un divo rock.
Caso insolito per un romanziere, sebbene rappresenti un fenomeno editoriale.
Per mesi i suoi libri hanno occupato contemporaneamente diversi posti
nelle classifiche.
Titolo come "Il ladro di merendine", "Il cane di terracotta", "Il birraio
di Preston", "La voce del violino" (editi da Sellerio) o "Un mese con
Montalbano" (Mondadori), quest'estate, hanno fatto la felicita' di
centinaia di migliaia di lettori.
E ora potranno esultare anche i cinefili.
Luva zingaretti - forse il piu' intenso fra gli attori italiani della
generazione fra i trenta e i quarant'anni - prestera' il volto al
commisario Montalbano in una serie di film per la TV.
Fin qui, la norma.
La notizia delle notizie e' che sul grande schermo potremo vedere Camilleri
in "La strategia delle maschere" di Rocco Mortelliti, che sara' presentato
al prossimo Festival di Salerno.
Per tutta la vita lo scrittore ha fatto il regista, alla radio, in TV e in
teatro, e ora, alla veneranda eta' di 73 anni, approda al cineama.
Il film nasce da un'idea dello stesso Camilleri e lo spunto e' il
ritrovamento di quaranta modellini della Commedia Nuova di Menandro.
"Io saro' il burattinaio buono - spiega - Camilleri mentre sorseggia una birra
(sono le 11 del mattino) nella sua casa, che sembra un pezzo di Sicilia
a Roma.
In qualche modo manovro i fili del destino di mio nipote.
L'elemento giallo e' un pretesto per raccontare l'evoluzione di un
personaggio che, attraverso l'uso delle maschere, riesce a diventare
finalmente se stesso".
Le e' piaciuto passare dall'altra parte, debuttare come attore?
"L'idea mi divertiva. Ma il debutto riguarda solo il grande schermo perche'
avevo recitato in TV, nei gialli di Corrado Augias.
Accettai perche' avevo parti a due con un attore straordinario come
Jean Rochefort, che adoro"
Ora l'attende il ruolo del questore nei film tratti dai suoi romanzi?
"No. Siccome ho fatto il regista per tanto tempo so quanto sia rompiscatole
la presenza dell'autore.
E poi fare l'attore e' noiso, e poi fare l'attore e' noiso, ci sono tanti
tempi morti sul set.
Mi sono sempre chiesto perche' gli attori, da imbecilli, non leggevano nelle
loro roulotte.
Io ci ho provato ma non ci sono riuscito, le implicazioni psicologiche del
personaggio te lo impediscono, sei vissuto da un altro non c'e' niente da
fare".
Come mai, nonostante la sua passione per la narrativa, per decenni si e'
dedicato alla regia ?
"Il mio sogno era di trasferirmi a Roma, frequentare l'ambiente letterario con
il quale ero in contatto epistolare.
Nel '48 scrissi una commedia, l'unica della mia vita, che vinse il premio
Firenze.
Cosi' conobbi Silvio D'Amico che mi invito' a entrare come allievo regista
all'Accademia Drammatica.
vinsi il concorso e la borsa di studio che mi consenti' di pagarmi gli studi."
E il teatro l'affascino' al punto tale da farle dimenticare la letteratura?
"Ebbi la disgrazia di essere scelto come allievo regista tra trenta concorrenti
dopo due anni che non ne accettavano.
La mia intenzione era di lasciare dopo quattro giorni, se non che m'imbattei
nella fortissima personalita' di Orazio Costa, e rimasi "fottuto" dal suo
fascino intelletuale.
Ogni mattina, dalle otto alle dodici, eravamo io e lui intorno a un tavolo
a studiare.
Cosi' sono rimasto ingabbiatonel teatro per tutta la vita."
E continuava a scrivere ?
"No anche se Costa mi invogliava a farlo non ero piu' in grado.
Il teatro ti entra nel sangue, non si puo' fare part time, come dicono
gli inglesi.
Questo le ha permesso di lavorare con tutti gli attori italiani.
"Tra teatro, radio e televisione, praticamente si.
Renato Rascel, che ho diretto in Beckett, Adolfo Celi, Lilla Brignone, Gianni
Santuccio ...."
E ha lavorato con Gino Cervi per il Migret televisivo.
"Ero il produttore esecutivo di tutti i Maugret, ho fatto due serie del
Tenente Sheridan e come regista tanti grandi romanzi sceneggiati, come
"La figlia del capitano".
Non trova che ormai Cervi e Maigret siano una cosa sola nell'immaginario della gente?
"Si era perfetto in quel ruolo.
E per il mio commissario Montalbanoih gli ho copiato molti degli atteggiamenti
ricorrenti mentre interpretava Maigret.
Ricordo che giravamo gli esterni a Manziana: lui e io, in una trattoria, ci
"spanzammo" a livelli mostruosi, mangiammo di tutto.
Poi Gino telefono' lla moglie e disse:
"Non ho mangiato, cara. Non ho mangiato quasi niente. Con Andrea, abbiamo
mangiato un panino sul set"".
Perche' lei non e' mai passato alla regia cinematografica ?
"Mi spaventava, non avevo dimestichezza con le immagini filmate.
Tuttavia ho insegnato al Centro Sperimentale direzione dell'attore, un mio
allievo e' stato Marco Bellocchio.
Un giorno mi chiamo' Monica Vitti e mi disse che si era stufata di fare i
soliti film di Antonioni.
con lui scrivemmo, in deu mesi di lavoro intenso, un soggetto intitolato
"A donna che t'ama proibisci il pigiama".
Ma, via via che andavamo avanti, Michelangelo si rivelava sempre meno
convinto."
Sentiva che non era il suo genere ?
"Si il comico ha bisogno di situazioni concrete e lui non era persuaso.
cosi' un giorno mi invitarono a pranzo e mi chiesero di dirigere il film.
Io, che non avevo ancora cominciato a fare TV, non me la sentii di
accettare, benche Antonioni mi offrisse il suo ausilio tecnico."
Lei, che ha curato la regia televisiva di tante commedie di Eduardo De
Filippo, come lo ricorda ?
"Era cattivissimo, anche se mi e' venuto il sospetto che la sua fosse una
cattiveria costruita, che si fosse inventato un personaggio di tipo
molieresco.
Quando finii la produzione con lui, diressi il fratello Peppino in otto
commedie.
Un giorno, Eduardo mi vede vicino alla RAI e mi corre dietro, nonostante
avesse avuto da poco un'operazione al cuore: "So che dopo di me avete
lavorato con mio fratello - mi dice, e fa una pausa delle sue - Camille',
coraggio, che ci volete fa? E' la vita ...". Mi da' una pacca sulla
spalla e se ne va, con grande senso teatrale"
Ora non si sente violentato dal fatto che il suo Montalbano diventa film ?
"Proprio no. James Cain non ando' a vedere il film, "Il postino suona sempre
due volte", tratto dal suo libro.
Quando gli amico gli dicevano "Se sapessi, come hanno ridotto il tuo libro ..."
lui si alzava, andava alla libreria dove teneva copie del romanzo e rispondeva
"A me sembra in ottime condizioni!".
Ci mancherebbe altro che la riduzione cinematografica fosse copia conforme
al libro, sarebbe sbagliata".
E' contento della scelta di Luca Zingaretti ?
"Ottimo attore, e' stato anche marginalmente mio allievo.
L'ho seguito sempre a teatro.
Il problema e' quello del fisico. ma da bravo attore sapra' far credere che
lui e' l'unico Montalbano possibile"
Film Tv , 15-21.11.1998
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