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Andrea Camilleri alla Fiera del Libro di Torino, 11 maggio 2000

Gianni Riotta – Il direttore Ferrero, non so quanti di voi lo sappiano, forse Andrea non lo sa, il direttore vive nella stessa casa in cui viveva Sàlgari, e allora da questa convivenza onirica ha tratto ormai una vita epica per cui la sua gestione di tutta questa importante manifestazione è diventata i Pirati della Malesia. Anche se lui credo che sia più Yanez che Sandokan e credo comunque che si diverta moltissimo. Io innanzitutto vi ringrazio molto per essere venuti qui, so che siete venuti tutti qui per me, a sentirmi (risate del pubblico). C'è una storia… io mi scuso con Andrea che l'ha già sentita, la conosce. La racconto ancora una volta questa sera e poi basta, perché una delle cose che ci siamo detti con Andrea mentre venivamo qui dall'albergo era cercare di fare una cosa nuova,… ma la storia mi è cara e la racconto ancora una volta. Io, prima di venire a lavorare qui a Torino vivevo a New York e mia sorella mi diceva sempre: "Ma Camilleri…devi leggere Camilleri…è uno scrittore bravissimo…non lo conosce nessuno ma è grandissimo…" e io dicevo: "Sì…sì…adesso lo leggerò…." Poi, un giorno, ho letto sul supplemento letterario del Times di Londra una recensione di Masolino D'Amico, che adesso è un mio collega alla Stampa, e che ripeteva le stesse cose che diceva mia sorella. Così, con un gesto che mia sorella non mi ha mai perdonato, ho comprato il mio primo libro di Camilleri, ed era il Birraio di Preston. Siccome tenevo sul Corriere una rubrica di recensioni, ho fatto una recensione molto affettuosa, molto calorosa e critica, convinto di parlare anche con amici…e da lì ci fu poi una forte attenzione, una forte curiosità della critica e poi del pubblico. Io e Masolino abbiamo più volte cercato di convincere Andrea a darci delle royalties dei suoi diritti d'autore ma finora la discussione è rimasta piuttosto accademica. Però abbiamo avuto sicuramente delle royalties reciproche di stima e di affetto Io sono sempre stato convinto, l'ho scritto svariate volte, l'ho scritto pre-caso Camilleri…il bello dei giornali, diceva Sciascia, è che durano, sono lì, e si possono andare a leggere… Quando il caso Camilleri , il grande successo di Andrea, le edizioni, le classifiche, i 3 / 4 libri ai primi posti…uno poteva dire: ma perché i primi 4? Non poteva prendersi i primi 3 e lasciare a me il 4° posto?…. Io ero rimasto impressionato dal suo lavoro, dalla qualità […] la qualità narrativa, dalla frammistione, dal mix tra linguaggio popolare, uso del dialetto, uso delle tecniche del romanzo poliziesco, Simenon, Montalban, l'uso del linguaggio quotidiano, l'irrompere delle lavatrici, delle televisioni, sono tutte cose….adesso è tardi , ma potremmo citare Eizensberger, Benjamin, potremmo citare critici molto molto severi … Però ho sempre pensato che: evviva il successo di Andrea ad una condizione: che, come è capitato qualche volta per certi critici, per alcuni giornalisti, financo per parte del pubblico, che il successo non ci faccia dimenticare la qualità narrativa, cioè non ci faccia dimenticare che non stiamo parlando di quei best-sellers che due o tre settimane dopo che li abbiamo letti li vogliamo buttare via, ma di un lavoro letterario che a mio avviso è innovativo nella narrativa italiana. Perché la narrativa italiana, e passo la parola ad Andrea, è tradizionalmente divisa tra narrativa popolare e una scrittura alta, tra una narrativa poco colta, ruspante, e una narrativa accademica, d'élite. Il tentativo di scrittura di Camilleri è il […] come il Jazz che è una musica popolare che però è anche una musica d'élite, è come certi linguaggi cinematografici americani: che sono John Ford, che sono film che si possono vedere come grandi film western e allo stesso tempo i critici li studiano da anni come piccoli capolavori. Allora la prima questione che ti vorrei porre, Andrea, la prima domanda è proprio sul linguaggio. Ci sono altoatesini che leggono i tuoi libri con grande passione. Parlaci un momento dell'esperimento sul linguaggio che tu hai fatto…tu sai che ognuno di noi, siciliano, da vari anni si sente chiedere scusa ma che vuol dire? Perché qualcuno sta leggendo magari un tuo libro e si è bloccato su una parola…. Allora, dialetto, struttura del linguaggio, il "tuo" linguaggio.

Andrea Camilleri – Grazie. Bè, i ringraziamenti li diamo per scontati, a Ferrero, a Riotta, e a voi che siete qua. Sapete che è un problema grosso parlare a posteriori dovendo dare delle ragioni a ciò che si è fatto. Sono sempre un pochino imbarazzato di fronte a questo tipo di domande che però sono giuste. La cosa nasce [ ] cioè il modo "signor giudice non c'è stata premeditazione", cioè a dire c'è stata la ricerca di un modo di esprimermi che in qualche modo riuscisse a rendere al meglio possibile ciò che pensavo di dire, le parole per dirlo, per dirlo con Marie Cardinal. [ ] quando io ho cominciato a scrivere, scrivevo in buon italiano, e madonna, ero il primo della classe al liceo, in lingua italiana. Nel momento in cui ho cominciato, ho tentato di scrivere delle cose per conto mio, mi sono accorto che questa lingua, guadagnata dolorosamente, la lingua italiana…ricordavo poco fa venendo un proverbio, dovete scusare la volgarità perché è un proverbio contadino e dice : la Littra, cioè a dire il leggiuto e lo scrivuto in italiano si impara cu lu culo che, come sapete, non è certo un modo brillante, di cervello, per imparare. Ma intende dire: a furor di busse sul sedere, si impara, che è lo stesso sistema che i miei genitori, pur non essendo contadini, hanno adoperato nei miei riguardi, perché bisognava assolutamente parlare in italiano, scrivere in italiano, esprimersi in italiano, quindi io non finirò mai di odiare un po' i toscani che ce l'hanno avuto fin dalla nascita, eh, questo dono. "La lingua italiana è la nostra" alè, via, ed è la loro perché hanno avuto Dante… vabbè, ci siamo scordati che esisteva la scuola poetica siciliana, lasciamo perdere, non facciamo questioni di campanilismo…ne facciamo fin troppe in Italia in questi ultimi tempi, anche a proposito di mostre di libri… Allora, ho detto a un certo punto ma perché io non scrivo come parlo, con i miei, quando parlavamo in lingua e quando parlavamo in dialetto, ma perché parlavamo in dialetto in un particolare momento del giorno [ ] … Trovare una formula per cui io per 10 anni sono stato rifiutato da tutti gli editori, cioè mi dicevano, quelli che volevano rendermene conto, perché gli altri dicevano non è adatto alle nostre pubblicazioni [ ] dicevano, non ci pare adatto ai nostri lettori e via, niente, sono restato lì. Chiaramente in questi 10 anni non me ne sono stato con le mani in mano, ho continuato a elaborare dentro di me questo tipo di linguaggio, che è venuto fuori con un filo di fumo nella sua completezza. Qual è il problema? Il problema è questo, che il mio siciliano, il mio dialetto non è solo il dialetto della mia tribù, cioè a dire il linguaggio piccolo borghese siciliano [ ] metà in italiano metà in dialetto, questo dialetto era un dialetto un po' più alto del dialetto contadino, ma io fin da piccolo amavo sentirmi..mi facevo raccontare delle storie dai contadini che compravo con un pacchetto di Milit che solo uno o due persone tra di voi possono ricordare per età: erano praticamente delle travi infilate dentro delle cartine da sigarette e come ricordavo stamattina con un mio amico queste travi si tramutavano in tizzoni che cadevano e bruciavano il letto, lo scrittoio insomma erano cose piuttosto rischiose le sigarette Milit…

Gianni Riotta – C'erano i militari nostri che dicevano : MILIT Merda Italiana Lavorata In Tubetti, questa la sigla…

Andrea Camilleri - Eravamo lì…allora io lo regalavo a questi contadini che mi raccontavano le storie, storie che io non ricordo più…storie di briganti, di ammazzamenti…però molte parole, molti aggettivi, molti verbi che loro adoperavano mi sono rimasti impressi e allora io continuo ad usarli, ma non è il linguaggio della tribù borghese, è il linguaggio della tribù contadina, e devo dire di essere stato molto contento di leggere in questi ultimi tempi degli interventi sul linguaggio mio, uno di Sofri e uno di un giornalista che si chiama Nicotri, il quale elabora una teoria devo dire per me molto suggestiva, e che quasi mi commuove cioè a dire che uno dei fattori del successo è il recupero di una lingua italiana praticamente contadina, come passò dal latino e divenne volgare ma proprio con termini contadini, terreni, e che forse, di fronte a questa previsione che abbiamo di perdite di identità varie (che poi bisognerà vedere se è un rischio) così noi italiani ci aggrappiamo a quest'ultimo calore di questa lingua, mi piace molto anche se mi rattrista un po'.

Gianni Riotta - Prima di andare avanti nella conversazione [ ] facciamo un passo indietro [ ] anche lui siciliano in cui racconti un po' la tua vita … (fa riferimento a "la testa ci fa dire") hai accennato ai tuoi genitori, vivevano in Sicilia, piccolo borghesi, parlavano dialetto, metà in italiano…ci racconti un po' del tuo background, della tua infanzia ?

Andrea Camilleri – La mia infanzia. Io ero un bambino viziato, da abbattere e da non permetterne la crescita. Se io negli sprazzi di memoria mi vedo mi faccio un'antipatia mostruosa…

Gianni Riotta – Eri figlio unico?

Andrea Camilleri – Proprio. Ma perché…perché ci avevo la puzza al naso, perché passavo intere giornate, mi raccontava la buonanima di mia madre, passavo intere giornate sotto il letto facendo Uffa…mi annoiavo, dell'esistenza…a sei anni mi annoiavo…saputello, orrendo, sempre vestito dignitosamente, in mezzo a dei compagni che erano la meraviglia di dio, figli di pescatori, figli di carrettieri che mi hanno insegnato tutto della vita, il meglio me l'hanno insegnato loro, francamente e sono felice di essere arrivato a un certo punto, di essermi guadagnato i galloni sul campo, sono diventato un delinquente puro. Pensate che in un trimestre non sono mai andato a scuola, mai, per nessuna ragione al mondo. Facevo a sassate come nel libro cuore, ero quello cattivo del libro cuore…

G.R. – Franti

A.C. – Franti, ecco. Cose terribili, sassate, per guadagnarmi i galloni sul campo, perché quelli erano terribili, quelli menavano, non leggevano i romanzi come facevo io, Conrad a sei anni o Melville a sette, no, quelli menavano, gente concreta. Poi andai a finire in collegio, nel pianto dei miei genitori, figlio unico. …sono stati molto bravi questi genitori, perché il momento nel quale io ho deciso di andarmene a Roma a fare l'accademia nazionale di arte drammatica come regista c'erano parenti miei che facevano: Maria, che figlio perso! In mezzo ai saltibbanchi se ne va!! E i miei genitori invece no: sei saltimbanco e vai a fare il saltimbanco…mi hanno aiutato, in questo. Leggevo, leggevo molto, perché, l'ho detto altre volte, grazie al [ ] medicina che allora non aveva fatto progressi, cioè a dire io mi beccavo tutto, la scarlattina, il morbillo…una cosa meravigliosa. Io ora vedo le mie figlie…i miei nipoti, poveracci, condannati ad andare sempre a scuola, perché gli sparano questi vaccini…non hanno nulla…io, tutto! Quindi mi facevo i 12 giorni coricato a letto, vezzeggiato, coccolato…la televisione non era stata inventata, non era stato inventato il transistor, la radio era un mamozzo enorme, nel salotto buono, ricoperto da un panno verde, chissà perché…ma se fate uso della vostra memoria vedrete che sempre la radio era ricoperta da un panno verde, intrasportabile…quindi cominciavo a leggere i fumetti: l'Audace , l'Avventuroso, Rin Tin Tin il Balilla, ma dopo un'ora avevi finito, quindi dai mano alla biblioteca di mio padre che non mi proibì mai di leggere niente…quei libri terribili, Guido da Verona, Pitigrilli…non ha importanza leggi quello che vuoi. E così ho cominciato a leggere prestissimo, proprio grazie al non progresso della medicina. Bisognerebbe fermarla, questa medicina, e ridare spazio all'ozio al piacere della lettura. Questa è stata la mia infanzia, un'infanzia, in fondo, privilegiata. E una giovinezza fatta duramente, sotto le bombe, con lo sbarco degli Americani. Lo sbarco degli Americani, bellissimo, giorni esaltanti, giorni meravigliosi. [ ] Tutto qua. La voglia era, allora, di andarmene dalla Sicilia…oggi, nelle condizioni in cui si vive in Sicilia, le condizioni, le possibilità di movimento, di comunicazione…oggi non me ne sarei andato, lo dico col senno del dopo, me ne sarei rimasto nella mia terra. G.R. Perché?

A.C. Perché allora, vedi, scrivere, Gianni, avere questa voglia era… io ho sempre dato l'immagine di un sommergibile affondato. Non c'era telefono, non c'era niente, la posta non si sapeva se arrivava…quando ho vinto il premio a Firenze, per arrivare da Porto Empedocle a Firenze 2 giorni e mezzo ci ho messo…due giorni e mezzo in terza classe con le panchine di legno, allora avevo il sedere giovane e resistente, allora uno lo poteva fare: due giorni e mezzo andare e due giorni e mezzo di ritorno…Eri completamente isolato e quindi ho commesso questo gesto di dire e vabbè approfitto dell'Accademia d'arte drammatica, ci ho la borsa di studio, mi mantengo a Roma…tanto il regista io non lo voglio fare e non lo farò mai…e qui mi capitò la disgrazia di essere stato l'unico allievo ammesso all'Accademia di arte drammatica come regista, l'unico ad avere la borsa di studio come regista e ogni mattina che dio mandava sulla terra trovarmi in una stanza un po' più piccola di questa, un tavolo, io e il mio insegnante di regia che era un genio, e che era Orazio Costa, l'unico vero maestro che sono in grado…che posso dire che è stato il mio maestro. Il quale molto semplicemente, elegante gentile coltissimo, così com'era prese il mio cervello e lo dirottò letteralmente dalla letteratura al teatro, e io per 30 anni sono stato dirottato e tenuto in ostaggio dal teatro, fin quando sono riuscito a liberarmi.

G.R. Senti, Orazio Costa…Ci racconti qualche altra cosa di lui?

A.C. Guardate, Orazio Costa è stato l'unico grande maestro di regia che l'Italia ha avuto…vedete, i grandi registi come Visconti, Strehler non hanno fatto degli allievi, non hanno creato, non hanno aperto cervelli…Orazio sì. Orazio era maestro che tu potevi contraddire, avendone quasi sempre, sempre , la peggio, per la sua grandissima intelligenza e agilità intellettuale e quando io dico che è l'unico vero maestro che ho avuto riconosco che è un maestro non tanto per quello che mi ha insegnato nel teatro [ ] è quello che mi ha insegnato come scrivere. L'ultimo libro, La gita a Tindari, è dedicato a Orazio, che era ancora vivo quando l'ho terminato.

G.R. È scomparso da pochi mesi…

A.C. È scomparso da pochi mesi e le pagine che riguardano l'albero, l'olivo saraceno e la scoperta di una possibile strada di verità attraverso l'albero è dovuta a Orazio…Orazio mi ha insegnato a scrivere per sequenze, mi ha insegnato il valore del dialogo…se riconoscete nei miei libri un minimo di valore, all'interno del libro, al dialogo, questo sappiate che io non ho fatto altro che impararlo, così com'era, da Orazio… Poi, naturalmente, nel teatro avevamo delle idee diverse ma non finirò mai di ricordare che nel '74, 1974, quando si è ritirato dall'insegnamento, ha designato come suo successore me, che tra tutti i suoi allievi, dal punto di vista teatrale, ero sicuramente il più infedele.

G.R. Ci raccontavi prima che sei nato e cresciuto sotto il fascismo poi sei diventato…

A.C. Ho fatto domanda di volontario…

G.R. …un autore progressista, un uomo di sinistra…ancora recentemente hai detto: c'è un nucleo politico nei miei libri che ancora non è venuto fuori con la forza che io desidererei. Allora facciamo un attimo un passo indietro, siccome per i giovani, ce n'è un gruppo coi quali collaboro per il progetto Internet, siccome per i giovani è difficile collegarsi a questo periodo perché ormai dopo il muro di Berlino si sono aperte così tante fratture che il lavoro di collegare uno coll'altro gli episodi storici è molto complesso…ci racconti il passaggio da Camilleri giovane entusiasta del regime in cui vive al Camilleri antifascista…

A.C. Fascista lo ero, non c'è dubbio, mio padre lo era, mio padre era squadrista, marcia su Roma,….[ ] quindi io all'età di 10 anni, per esempio, c'era la guerra d'Africa, io feci domanda di volontario, di nascosto dai miei genitori…

G.R. A dieci anni?

A.C. a dieci anni, sì nel '35/'36 e scrissi a Benito Mussolini, Roma – Duce: desidero partecipare alle gloriose azioni…perché c'era un giornale, il Balilla, che narrava le avventure eroiche di questo Balilla mascotte delle nostre gloriose truppe in Africa Orientale, e io feci domanda e però mi dimenticai di mettere l'indirizzo. Mi firmai Andrea Camilleri ma non misi l'indirizzo. Quindi un giorno mi manda a chiamare Innocenzo Pirandello, il fratello di Luigi Pirandello, ed era il capo non ancora della Gil (?) che arrivò dopo, dell'Opera Nazionale Balilla, era un signore mite, con uno scialletto, perché faceva freddo, figuratevi, poi sarebbero arrivati tempi più duri. Mi disse: ma tu hai scritto a Mussolini, hai fatto domanda di volontario? Sì. Perché dal timbro postale, Porto Empedocle…e Mussolini aveva risposto, con una lettera che Innocenzo Pirandello mi fece vedere e che tenne lui, il maledetto, a quest'ora io me la terrei perché è un cimelio meraviglioso, in cui diceva: " Dite al Balilla Andrea Camilleri che nel frattempo la guerra in Africa è finita ma che non mancherà occasione" (risate)

G.R. Ha mantenuto la promessa…

A.C. E ha mantenuto la promessa…firmato M, quella meravigliosa M… Come ci arrivai ad altri pensieri? Ci arrivai all'interno del fascismo e questo è un percorso che va studiato, cioè a dire c'erano questi settimanali, questi mensili dei GUF, L'Architrave, il Boy, il Moschetto, che pubblicavano degli scritti straordinari sul fascismo, su cosa doveva essere il fascismo e io a queste idee mi entusiasmavo…e allora si chiamavano Berto Ricci, si chiamavano Dino Garrone e andarono poi tutti amorire volontari e rappresentavano un equivoco cioè che il fascismo fosse veramente un movimento di sinistra un movimento…e allora io cominciai in un giornale, che facevamo noi al liceo, cominciai a scrivere gli articoli di fondo, quando un giorno il professore di religione mi chiamò e mi disse: il vescovo ti vuole parlare. Come il vescovo mi vuole parlare…che vuole? Allora andai da questo vescovo che mi disse: "Lo sai che tu, figlio mio, sei comunista?" Mi atterrì, mi atterrì, mi vennero i sudori freddi…come sono comunista…ma perché sono comunista…"Chi te le insegna queste cose che scrivi qui?" Come chi me le insegna…Berto Ricci, Gino Garrone, che sono fascisti….perché lei dice che sono comunista….Avevo ragione io, perché io mutuavo le idee da loro. Capitò un fatto. Capitò che quando sbarcarono gli americani portarono con loro un virus, questo virus si chiamava separatismo ed era una cosa seria, non era uno scherzo…perché lì c'erano le bande armate del bandito Giuliano, con gli assalti alle caserme dei carabinieri erano quotidiani…truppe armate di mitra (dagli americani) camminavano la notte per le strade facendo questo Cicero zà, cicero zà..zà…zà…zà.. che era il sistema usato durante i vespri siciliani per scoprire i francesi che si erano mimetizzati poveracci, gli si diceva: dicci Cicero e questi dicevano siserò e zà era la pugnalata che però li ammazzava. Bene, allora ci organizzammo: dobbiamo fare i partiti italiani in modo da collegarci con l'Italia via via che l'Italia viene liberata (siamo nel '43) … allora abbiamo allora andiamo all'amegot (???) il comando alleato occupante…vogliamo fare i partiti…potete farli dal democratico del lavoro, dal partito popolare, che allora non si chiamava ancora democrazia cristiana, fino al socialista e dissi: e i comunisti, no? Non avete il permesso…[ ] ma io sapevo che il partito comunista in quei giorni, in quegli anni, stava lottando e allora andai dal vescovo…senta, dico, potrebbe lei intercedere presso gli americani per farmi aprire una sezione del partito comunista…"Lo vedi che avevo ragione?"…aveva ragione! (risate e applausi) e mi disse, con quel meraviglioso pragmatismo che ha la chiesa, meglio tu che un altro…allora io feci il primo compromesso storico, credo, esistente, sconosciuto, gli Americani mi diedero il permesso e aprii la sezione del PCI a Porto Empedocle…durò un mese e mezzo, perché poi arrivarono i "veri" comunisti, quelli che…e io figlio di borghesi, venni allontanato, messo alla porta… Ma io sono arrivato al comunismo attraverso il fascismo, lo devo dire…le idee di sinistra di certi…per cui si verificò, per esempio…

G.R. Anche Vittorini…

A:C. Ma certo, di Vittorini…ma, scusatemi…ai vittoriali della cultura a un certo punto concorrono due giovinetti che si chiamano uno Pietro Ingrao e l'altro Mario Alicata, che fu uno dei più duri del partito ai tempi di Togliatti…e tutti e due provenivano dalle fila fasciste…cioè a dire è un discorso che andrebbe fatto con estrema onestà, con estrema chiarezza, ecco…cioè a dire c'era quel film bellissimo dove uno poteva ritrovare perfino il proprio ombrello smarrito…c'era tutto: Scipione l'Africano, ve lo ricordate? Se non lo avete mai visto, non perdetevelo, se qualche cineclub lo rifà… È un film prodotto durante il fascismo e celebrava le imprese africane di Scipione, bellissimo, queste cavalcate dei legionari con sullo sfondo i pali del telegrafo…era bellissimo, insomma era una cosa…orologio omega allora non c'era il rolex al polso di Cesare…il fascismo era questo, era un contenitore, no? Era come una coperta, che ognuno cercava di tirarsela…va bene…dalla propria parte…parlo delle ideologia, non parlo poi dell'applicazione pratica che era quello che era…

G.R. Naturalmente soltanto in Sicilia, a pochi chilometri dalla Agrigento di Pirandello, un giovane fascista può fondare la sede del partito comunista con la malleveria del vescovo e il timbro degli americani…questo spiega diciamo tante cose che ci sono dalle nostre parti … io però ti volevo [ ] Fare una domanda…anche io come te vengo dal mondo della sinistra, però tutti quelli che provengono dalla sinistra, quando guardano quello che è diventata la sinistra l'11 maggio del 2000 restano vagamente confusi, no? D'Alema, Veltroni, Prodi poi Mastella Cossiga cioè la sinistra è diventata una cosa molto intricata e molto confusa…essendo partito da questa sinistra, diciamo, bizzarra, che te ne pare della sinistra bizzarra di oggi?

A.C. Proprio sulla rivista Micromega, Paolo Flores D'Arcais mi disse di scrivere la mia idea di sinistra rispondendo ad alcune domande e io titolai Arlecchino o della sinistra…o guardate che questo non credo che sia un male…io ho una grande stima di Arlecchino come personaggio, solo che Arlecchino non può essere servitore di due padroni…adesso solo nella commedia di Goldoni riesce ad essere un servitore di due padroni…caduti gli steccati e le ortodossie ideologiche è chiaro che ci sono anche osmosi varie e diverse e però una maggiore definizione di che cos'è sinistra credo che sarebbe opportuno farlo…si finisce sempre col perdere i treni per chi ancora crede a un messaggio di sinistra [ ] ….è una necessità della sinistra perché c'è già chi non ci crede…e vabbè, ognuno è padrone di fare quello che crede…io non sono, se proprio devo essere fino in fondo sincero io non sono un uomo pessimista…invecchiando, in genere viene l'umor nero del tramonto…ah, va tutto male…io non dico che vada tutto bene, perché allora invecchiando sarei rimbecillito…sarebbe l'opposto, dico che forse c'è ci sono delle difficoltà spaventose, ma io credo nelle forme nuove, io ho un orgoglio proprio, di avere adoperato la vecchia macchina da scrivere fino al dicembre dell'anno scorso e poi aver freddamente detto da questo momento in poi adopero il computer…esserci riuscito e non poterne fare a meno…se sono riuscito io all'età di 75 anni a lavorare con un computer , perché i giovani quelli che verranno non devono riuscire a trovare forme ben diverse di quelle che possiamo proporre noi dinosauri superstiti attaccati a quel piccolo boschetto di erba dal quale ancora riusciamo a nutrirci, noi, D'Alema, Veltroni…mah, la rivedrete con le stesse idee, le stesse facce nel 2050? No, non credo che sia ipotizzabile questo…qualchecosa di nuovo succederà…è successo a me, a settant'anni, perché non deve succedere alla società?

G.R. Questa sinistra del 2050 che tu intravedi che cos'è che sicuramente deve perdere di quello che è oggi e che cos'è a tuo giudizio che deve guadagnare? A.C. Allora, innanzitutto, una maggiore attenzione al mutamento della società non partendo da uno schema precostituito…a me il marxismo mi ha insegnato a misurarmi quotidianamente con una realtà, con una realtà non modificata secondo una mia visione ma con una realtà oggettiva…dopo che hai preso contatto possesso visione di questa realtà elabori una tua strategia…una strategia non può essere mai precostituita…secondo me fino a questo momento la sinistra non ha capito che cavolo le sta capitando attorno, ecco, se aprisse gli occhiettini santi e cominciasse a dire ma che succede nel nord-est? Che succede in lombardia? Che succede in piemonte, che succede il liguria…qual è la richiesta…questi che non sono di sinistra ma che comunque non è vero che sono compiutamente di destra, e anche questo è un errore di analisi, che cosa vogliono, che cosa pensano, a che cosa mirano, non tanto per loro, perché il secolo che è appena passato è stato talmente breve e quello che verrà sarà brevissimo come concentrazione di tempi dell'esistenza dell'individuo, mi pare che non abbiamo mezzi al momento attuale…vorrei un'attenzione vera, assoluta, come c'era, c'è stata, di qualità nell'attenzione in altri momenti d'Italia…

G.R. Berlusconi sorprende costantemente la sinistra , cioè la sinistra lo caricatura sui giornali, nelle sue pubblicazioni , pensa a quanti amici, colleghi sono bravissimi a scrivere articoli brillantissimi dai quali Berlusconi esce completamente ridicolizzato, tutto quello che è il suo mondo, le sue abitudini, il suo modo di parlare, di esprimersi, il suo staff…poi arrivano le elezioni un italiano su tre, uno su quattro, due su tre, alla fine lo vota…ma come l'avevamo completamente distrutto…

A.C. No, l'avevate distrutto sulla carta…

G.R. E allora che cosa c'è, secondo te, che hai vissuto questo pezzo di storia d'Italia, che cosa c'è nel personaggio Berlusconi che affascina gli italiani….almeno la maggioranza di loro…

A.C. Ma certo che c'è qualcosa che affascina gli italiani…prima di tutto l'idea che Berlusconi stesso dà dell'Italia è una sua personale idea dietro la quale molti si accodano [ ] allora io, uomo di sinistra mi chiedo perché queste persone si accodano e condividono? Perché evidentemente Berlusconi fa da raccoglitore, nel modo più assoluto da raccoglitore di istanze che in qualche modo in questo momento ci sono, o noi le intercettiamo prima che arrivino a Berlusconi, oppure Berlusconi le intercetterà per primo…il problema non è tanto…io ho, sapete che io non amo Berlusconi, l'ho anche scritto, l'ho dichiarato, gli do parecchie responsabilità, mi assumo in pieno le responsabilità di quello che dico, trovo spaventoso che non gli sia stato permesso di portare a termine la sua esperienza di presidente del consiglio perché se voi mi interrompete in questo momento….voi fate di me…voi potete dire tutto quello che volete, però io posso dire mi hanno interrotto, non mi hanno concesso di esprimere in pieno il mio concetto, arrivati a un certo punto o si gioca veramente alla democrazia o non ci si gioca, se diciamo di essere democratici e tre italiani su quattro dicono che Berlusconi deve governare, Berlusconi "deve" in Italia governare, su questo io non ho il minimo dubbio …chi farà secessioni non renderà un cattivo servizio a Berlusconi ma a noi…l'altra sera D'Alema intervistato da Maurizio Costanzo ha detto se si facesse il governo Berlusconi coll'idea di farlo cadere non sarebbe un'idea brillante…. e infatti non lo è noi dobbiamo misurarci molto semplicemente colle armi della politica e il più possibile con le armi della politica di una volta cioè a dire che alla politica seguono i fatti, perché se restiamo solo con le armi astratte della politica nessuno di noi combinerà mai niente…mi fa piacere che venuto stasera per parlare dei miei libri stiamo parlando di politica, perché io ho fatto un piccolo rimprovero ai miei lettori è una cosa [ ] fa un po', credo un po' d'impressione, cioè …madonna quanto mi sono divertito a leggere il birraio di preston…ero sola, ero in tram e ridevo e mi vergognavo perché la gente mi guardava, questa cosa mi fa un enorme piacere…è chiaro che mi fa piacere…ma qual era il tentativo del povero disgraziato di autore scrivendo il birraio di preston? Il tentativo era di dire come è pazzesco che un gusto, una scelta di campo artistica possa essere imposta dall'alto…vedete qui veramente c'era il mio passato di comunista…critico nei riguardi di questo tipo di imposizioni ..il potere che impone una certa cosa…la concessione del telefono [ ] la manipolazione del reale che certe forze dell'ordine che noi supinamente accettiamo, ecco io volevo un minimo di attenzione in più dei miei lettori su quello che è il retrogusto, come si fa col vino, no?, il retrogusto…riflettiamoci un attimo assieme…ecco, era questo.

G.R. Senti, siccome il centrodestra candiderà Berlusconi alle prossime elezioni però il centrosinistra è disperato alla ricerca di un candidato…non è che tu vuoi per caso…

A.C. Io?

G.R. secondo me, guarda…

A.C. no…no…

G.R. Ti faccio l'identikit…popolare sei molto popolare…sei un uomo al di sopra delle parti…vieni anche tu dall'impresa privata…sono un uomo che s'è fatto da sé…hai creato un impero editoriale…la candidatura di Camilleri è aperta….

A.C. Sentite, io non sono un uomo politico…credo che ci voglia taglia e testa per fare l'uomo politico…sono uno che nei limiti del possibile lavora, cercando di portare il suo contributo, vuoi come cittadino, vuoi come scrittore. Cioè a dire io sono…quello è il mio lavoro politico, scrivere, non andare in parlamento o candidarmi a cose che non saprei neanche da dove si cominciano. Io invidio quelli che vengono eletti ministri dall'oggi al domani…il giorno prima stavano a casa poi dice da domani sei ministro dei trasporti…benissimo…magari c'è una crisi di governo, un governo che dura sei mesi…t'abbiamo spostato al tesoro…benissimo…io mi terrorizzerei…ma dice non ti preoccupare, sono i direttori generali quelli che sanno fare le cose. Io sono vecchio, capite, sono vecchio, cioè…che almeno saper portare un treno, il ministro dei trasporti…o un tir…va bè lasciamo perdere, sto scherzando…

G.R. Ti possiamo fare ministro della cultura…

A.C. Voglio dire che sono presidente, fatto dal governo D'Alema, dell'Ente nazionale di previdenza e assistenza a scrittori, pittori, scultori, musicisti e autori drammatici. E' un lavoro che faccio molto seriamente…

G.R. Poi guarda, in un Paese come l'Italia in cui tutti scrivono questo significa una base di almeno un milione di voti, come presidente dell'associazione degli scrittori… senti, cominciamo a camminare verso la conclusione…questo colloquio credo che almeno alcuni punti nuovi li abbia presentati…in questa fiera, in questo salone, si parlerà di internet dei giornali del libro…io sono [ ] non capisco una cosa…tu mi parlavi di internet già dall' '83 /84…adesso tutti hanno fatto i soldi con internet, solo tu che sei stato tra i primi a parlarne non li hai fatti…ma questa dev'essere la nostra particolare predisposizione a non [ ] …ti racconto un piccolo aneddoto, che è accaduto proprio adesso mentre noi lavoravamo, chiacchieravamo adesso qui con te…pubblichiamo noi domani un articolo molto colto sul fatto di come internet rischi contro la lettura…i giovani vanno solo su internet…non leggono più i libri…e quindi la cultura occidentale si perde…io ho sentito con molto piacere che tu sei entrato nel mondo dell'informatica da poco tempo ma io adesso mentre ti parlavo guardavo la folla e tutti i ragazzi, soprattutto le ragazze che lavorano con noi al progetto internet che sono non sotto i trent'anni, Andrea, ma sotto i venticinque, ti sono venuti a sentire, allora, siccome non lo sapevano che tu lavori col computer, ti sono venuti a sentire perché evidentemente leggono i libri…allora mi viene un sospetto, non è che c'è un gran luogo comune sul fatto che internet allontana dalla lettura e invece il mondo culturale assorbe tutto…macchina da scrivere, internet, i libri…

A.C. Sì, sì, sono d'accordo Gianni ma nel modo più assoluto…guardate, una volta spuntò il cinema parlante, così si chiamava…

G.R. Fatevi vedere, chi siete, dove siete, alzate la mano così Camilleri vede che non sto mentendo, vedi Andrea, sono venuti a sentirti e leggono i libri…

A.C. Allora…ci fu il cinema parlato, prima era cinema muto…era bellissimo… quelle che si aggrappavano alle tende… "voi non mi amate"…e poi invece cominciarono a parlare… prima c'era il pianista che commentava le scene tragiche e poi venne il parlato…e allora…"se il cinema parlante" è un saggio di Luigi Pirandello molto dibattuto, "se il cinema parlante abolirà il teatro" cioè a dire pensavano che quest'invenzione eliminasse il teatro…quando sono due cose completamente differenti, diverse, una cosa è il teatro, dove tu vedi il sudore dell'attore, e una cosa è il telone dove c'è il cinema…perché internet deve abbattere la lettura?

G.R. SO CHE C'E' UN SITO CAMILLERI….

A.C. Sapete che se mai la può alimentare, la lettura? È un grandissimo mezzo di comunicazione, di comunicazione…la comunicazione apre il cervello, l'intelligenza, i modi di comportamento delle genti…come si fa di fronte ad un mezzo di comunicazione come internet dire abolirà, porterà danno…non possono altro che portare benefici se porterà danno vorrà dire che l'avremo utilizzato male noi, non lo strumento per i fatti suoi …(applausi)

G.R. Plaudo anch'io…se ci sono colleghi della carta stampata, come si dice, vediamo di rilanciare questa dichiarazione di Andrea…Tu hai pubblicato con Rizzoli, hai pubblicato con Mondadori, però il tuo editore, il tuo atto di nascita, la tua biblioteca è fondamentalmente Sellerio, Sellerio…chi va in libreria vede i libri di Sellerio così, belli, eleganti …forse i lettori immaginano una grande villa a Palermo, un grattacielo… mentre invece è un piccolo ufficio, in via Siracusa, con una piccola stanza… ci racconti questa storia che soltanto chi conosce bene non la Sicilia, perché Sellerio non è una storia siciliana, lo dico non per cominciare a fare campanilismo…è una storia palermitana…è una storia del centro di Palermo, di una cultura locale…ci racconti questa storia, ci racconti questa persona che si chiama Elvira Sellerio…

A.C. Mah, sentite, io il primo libro l'ho pubblicato da un editore che si faceva pagare e che io non ho pagato, si chiamava Lalli, non perché sono rimasto moroso nei suoi riguardi, tutt'altro, perché siccome poi questo romanzo venne fatto in televisione, sceneggiato, lui disse va bè, allora glielo stampo io così ci ho la pubblicità, il secondo lo pubblicai da Garzanti il terzo lo pubblicai da Sellerio, e con questo terzo che non era un romanzo ma un saggio, iniziai la mia collaborazione con la casa editrice Sellerio. C'era stata, al mio paese, nel 1848 una strage di 114 persone tutte ammazzate in una notte e io non riuscivo a trovare documenti, nessuno ne sapeva niente di questa spaventosa strage, ma perché non esistono documenti nella torre di Carlo V che allora era un carcere, poi riuscii a scoprire i documenti…erano 114 condannati per reati contro la proprietà… e siccome erano scoppiati i moti del '48 il comandante della prigione decise di ammazzarli in maniera che non potessero unirsi ai rivoltosi che c'erano fuori…una cosa spaventosa…ma perché non se ne parlava di questo? Erano ladri, erano servi di pena, cioè a dire non avevano più una personalità. E allora questa cosa mi indignò moltissimo: una duplice strage, prima dei corpi e poi della memoria…allora raccolsi tutte queste carte e un giorno dissi a Leonardo Sciascia, Leonà, ti do delle carte e vorrei che tu ci scrivessi sopra qualche cosa come la sai scrivere tu…venne a casa mia e io gli diedi le carte…dopo quindici giorni mi telefonò, ci rivedemmo e mi disse senti, ma picchì unn' a scrivi tu?

G.R. Ma perché non la scrivi tu? Siamo al nord, Andrea…

A.C. Dico, Leonà, ma io nun la saccio scrivere come la scrivi tu…io non la so scrivere come la scrivi tu ..e iddu m'arispunnia …lui mi rispose: ma picchè l'hai da scrivere come la scrivo io…scrivila come la sai scrivere tu…ed era molto logica…molto perfetta…e allora dissi, vabbene la scrivo io, ma poi chi me la pubblica?60 pagine …te la faccio pubblicare io da Elvira Sellerio. E così mi fece pubblicare questo libro da Elvira Sellerio che andai a conoscere con un certo batticuore a Palermo…perché con un certo batticuore ? perché, malgrado avessi avuto a che fare con un fior fiore di editore come Livio Garzanti caratterino come mai ce ne fu, a me estremamente simpatico ma da tutti ritenuto una persona terribile [ ] …ogni tanto io ci ho questi ritorni in patria…mi capitò ad esempio di andare al Cairo, arrivare lì a mezzanotte, mettermi a girare fino alle due di notte, mai stato prima al Cairo…alle due di notte mi telefona mia moglie e mi chiede come stai? A casa dissi…ero a casa mia (!!) tranquillo, non sapevo l'arabo, non me ne fregava niente, giravo benissimo, conoscevo tutti, salutavo…la stessa cosa mi capitò nella casa editrice Sellerio, entrai a casa mia ed è diventata casa mia nel senso che certe volte io dovendo prendere, partire la sera col treno [ ] il sabato, dice, guarda, il portiere ti dà le chiavi, tu vai in casa editrice …lavati, riposa, fai quello che vuoi, poi…io apro, vado in casa editrice, mi lavo mi faccio il sonno, mi piglio un libro, leggo…bellissimo…è un po' difficile avere questi rapporti con Segrate…sto dicendo la dimensione c'è tutt'intera là dentro, rimasta, un miracolo…cioè a dire l'intelligenza di Leonardo Sciascia, ovunque lui adesso si trovi, la sua intelligenza lì dentro ancora ci sta, nelle sedie dove si sedeva, nella poltrona che gli piaceva, nello scaffale che guardava…lì c'è ancora , conservata da questa splendida casa editrice…e se volete sapere veramente di che cosa io vada orgoglioso è di avere tirato fuori la casa editrice, che si trovava un po' in cattive acque, e averla portato all'altra riva, avere …dice, Camilleri è uno scrittore…. mi fa piacere ma può anche lasciarmi indifferente, dovete credermi, perché la cosa che mi ha fatto veramente piacere è dire vabbè otto posti di lavoro sono rimasti otto posti di lavoro, con quelle cose che scrivevo…che meraviglia…è una cosa di cui vado orgoglioso…(applausi) …di questo e di altre cose, per esempio ricevo centinaia di lettere, questo è facile capirlo, ci sono quelle che poi dicono posso carezzarle il sopracciglio…

G.R. E tu cosa rispondi?

A.C. Faccia pure…era una ragazza, che vuoi dire? Dice ma è vero che lei si è spaventato? No, spaventarmi perché…mai, di una ragazza che ti fa una richiesta di questo genere…

G.R. Magari di un ragazzo…

A.C. Magari di un ragazzo mi avrebbe un po' impressionato…ma anche questi son fatti superati… [ ] …la vecchiaia, sì…Camilleri sei grande…cose bellissime…[ ] di due o tre persone, in mezzo a centinaia di lettere [ ] sto male, sto in queste condizioni, la ringrazio…per essere riuscito a farmi sorridere due o tre volte nelle condizioni…a queste persone glielo permetto di ridere e non pensare ad altro… quelli che mi scrivono lettere di questo tipo.

G.R. Comunque qui abbiamo la signora Colorni che mi dice che ti da le chiavi di Segrate, anche, se vuoi, non ha nessun problema…vai là…tutti gli editori ti danno le chiavi, il bagno…Paravia, Giunti…in qualunque città vai…edizioni paoline…non c'è problema… A.C. Era un modo paradossale per dire che quella è una piccola casa editrice che è come casa tua…

G.R Sciascia…l'hai nominato…ricordalo brevemente, com'era…eri suo amico…

A.C. No, io non ero amico di Sciascia, no, no, Sciascia aveva gli amici veri che lo chiamavano Nanà, poi c'era una cerchia più grande di persone che lo chiamavano Leonardo e poi c'erano quelli che lo chiamavano Sciascia…io lo chiamavo Leonardo e quindi non appartenevo a quella cerchia di persone con le quali lui aveva dei rapporti di vera e profonda amicizia…che lui mi stimasse è un dato indubbio che gli desse fastidio, molto fastidio il mio modo di scrivere è anche vero…Maria quante parole siciliane ci metti, Camillè…leggendo un filo di fumo, no? Perché il suo italiano era meraviglioso, che affilava ogni giorno perché fosse più puntuto, perché penetrasse proprio…questo italiano meraviglioso suo…molte cose mi dividevano da Leonardo Sciascia, fatta salva la profonda…non dico stima…qualche cosa di più…cioè quei silenzi insieme che abbiamo passato…questo dei silenzi fra siciliani è bello, cioè sedersi, andarsi a trovare…stare due ore in silenzio (risate) …

G.R Se posso correggere, non è esattamente silenzio…a un certo punto uno dei due dice mah….allora il suo interlocutore che può essere uomo o donna dice mah!… e il primo che ha detto il primo mah dice ma veru mah…e questo è un colloquio che ho ascoltato varie volte…mah…mah…e veru mah…

A.C. Leonardo, poi, quando parlava, diceva con estrema franchezza…vi ricordate che lui volle fosse messo sulla sua lapide "contraddisse e si contraddisse", cioè a dire era pronto a riconoscere…a contraddirsi…mi sono sbagliato, volevo dire un' altra cosa [ ] capito male…ce ne fossero…ancora oggi c'è molta polemica, ogni volta che si nomina Sciascia c'è qualcuno che salta su a dire qualche cosa. C'è qualcuno che è arrivato a scrivere che noi siciliani soffriamo di questo "complesso di superiorità…l'ho notato quando Sciascia ha attaccato esplicitamente Borsellino e implicitamente Falcone…". Allora, siccome non ha mai attaccato Falcone, né implicitamente né esplicitamente, quindi bisognerebbe davvero misurare le parole… quando attaccò Borsellino lo attaccò…e la vicenda è stata chiarita…ma di fronte a dichiarazioni simili a me viene da riprodurre una vignetta che vidi su New Yorker una volta dove c'era un signore disteso sul divanetto dell'analista e l'analista sorridente che diceva: "sono veramente lieto di doverle dire che lei non ha alcun complesso di inferiorità…lei è realmente inferiore…" mi sentirei di applicarla…(applausi)

G.R. Forse c'è tempo per un paio di domande prima che Ferrero venga qui a spegnere la luce… c'è qualcuno che vuol fare qualche domanda? Ah, sì, prego, signora…perché so che vi volete fare firmare i libri e quindi…

Signora del pubblico. Perché dottor Camilleri nel libro La mossa del cavallo è molto importante capire cosa passa per la testa di questo siciliano cresciuto a Genova…scrive in genovese i suoi ragionamenti interni…io sono stata sette anni a Genova, ma per capire ho fatto molta difficoltà…allora, come ripeto, era una cosa importante perché lui in fin dei conti i suoi ragionamenti interni li faceva in genovese…è stato difficile…è stato difficile…allora perché ha voluto scrivere in questo modo?

A.C. Sì, sì, in questo modo un po' difficile, certo, un po' roccioso per uno che non è genovese… Anche per me è stato faticoso, signora, una fatica bestiale…meno male che poi c'era l'amico Riolfo che poi ha messo un po' d'ordine a tutto quello che io [ ] è una fatica…anche una scrittura siculo-spagnola che mi sta costando una fatica del diavolo…

Signora del pubblico Ecco, e poi una cosa ancora…ringraziarla per quelle due pagine che vanno…dico due per dire…dalla 97 alla 100 della Gita a Tindari in cui [ ] Grazie.

G.R. Un'altra domanda….

A.C. No, volevo dire…il genovese perché devo contrapporlo nel modo più totale al siciliano…una difficoltà vera, quasi fisica che deve esserci…ecco perché ho sottoposto i miei lettori a questa disagevole lettura…

G.R. Un'altra domanda…poi gliele fate direttamente, perché vorrei finire…[ ]

Signore del pubblico Una domanda abbastanza breve…[ ] non era la faccia che gli aveva dato lui…è la stessa cosa per il suo Montalbano dopo averlo visto in TV ?

A.C. E ci mancherebbe altro fosse la stessa faccia….voglio dire che è una osservazione, mi si perdoni, un po' sciocca, cioè a dire nel momento nel quale un autore ha scritto di un suo personaggio [ ] però voglio dire…uno scrittore se lo immagina in un certo modo…poi c'è quello che fa un attore…l'importante è che per quell'ora e mezza l'attore la dia a bere…e Zingaretti certo che ci riesce a dartela a bere…poi ci ha 15 anni di meno del mio personaggio, non ci ha un capello in testa mentre il mio personaggio ce li ha…non ha il fisico del ruolo …questo che conta? Quante volte l'ho detto e lo ripeto, e lo ripeto ancora una volta…andiamo a vedere dei meravigliosi Amleti…usciamo e diciamo…madonna che Amleto meraviglioso, e ci siamo dimenticati che quell'attore ci ha 40 anni, la pancetta ed è calvo…ma è riuscito a darci un Amleto che ha coinciso, combaciato col nostro orizzonte di aspettativa….Zingaretti lo ha fatto…che m'importa se non ha la faccia…mi va benissimo così com'è…

G:R: Andrea un'ultima domanda: discussioni se questa manifestazione deve restare a Torino o andare in altre città, smembrarsi, finire, ecc. …le mie credenziali come torinese sono scarsamente credibili, recenti…quindi se io dico che a mio giudizio il salone [ ] ha bisogno di un editore e infine ha bisogno di un lettore, senza il lettore il libro non cammina…questa è una città in cui ci sono gli autori, in cui ci sono le case editrici, in cui ci sono moltissimi lettori come vedi questa sera [ ] le gondole di Napoli…no, le gondole devono stare a Venezia…sto salone non deve stare qua, no, io ho l'impressione di sì…tu che dici?

A.C. Mah, io su questa cosa dei palii…in Toscana lo fanno il palio, ci hanno le loro contrade e fanno il palio…si chiama Santa Fiora…e fanno il palio, i cavalli che corrono…poi c'è il palio di Siena e non è che dice Santa Fiora il palio si fa solo qui, a Siena non si fa più…non può pretenderlo… [ ] che ognuno si faccia il palio suo, come diceva Petrolini [ ] e Tigellino fa "piripà" e lui fa "a Tigellì, se voi fa piripà te fa un impero per i fatti tua"…e allora voglio dire una cosa che è nata, vissuta…che non è che dice, sai è in declino, no…ma mi pare che stia bene, proprio, bella prospera…Milano si faccia la sua…perché deve venire a toccare una tradizione torinese…qui hanno avuto l'idea…qui hanno la tradizione…diciamo [ ] che la Fiera del libro sia qui…. (applausi)

G.R. Signore e signori: Andrea Camilleri.

(applausi)

A.C. Grazie, grazie.

(applausi)

Trascrizione di Paola Rossi da registrazioni in video e voce caricate sul sito Raisatzoom, ora non più disponibili.




Last modified Saturday, April, 08, 2017