Le ricette di Camilleri
ANTIPASTI
VERDURE
FORMAGGI
PRIMI PIATTI
SECONDI PIATTI di pesce ...
vari...
... e di carne
CONDIMENTI
FRIGGITORIA
DOLCI
SCACCIO
BEVANDE
PRIMA COLAZIONE (DI PATRE CARNAZZA...)
Legenda:
LM = Il ladro di merendine
LA CUCINA SICILIANA
La Sicilia è terra di forti contrasti, anche dal punto di vista gastronomico.
Troviamo infatti piatti di origine greca, araba, spagnola e di numerose altre cività mediterraneee. E' proprio per questo che oggi la cucina siciliana è considerata una delle più prestigiose della gastronomia italiana.
Terra tipicamente mediterranea, solcata da tre mari, la Sicilia vanta la coltivazione dell'olivo e del grano. Dalla prima si ricava un'ottimo olio, usato spesso per condire i primi piatti ma anche il pesce e le verdure. Dal grano invece si trae la materia prima per la pasta secca, la cui qualità è garantita dal clima dell'isola, ovvero caldo asciutto e ben ventilato. Da questo eccezionale clima nasce quindi uno dei piatti preferiti da tutti i Siciliani, la pasta appunto. Si dice inoltre che siano gli inventori dei maccheroni, una delle paste più rinomate all'estero.
Tra i piatti più classici ricordiamo i maccheroni con le seppie, gli spaghetti con le sarde, la pasta con le alici.
Nella città di Siracusa tipica è la pasta con le alici, mentre a Trapani quelli all'aragosta.
Sulla pasta abbondano anche i condimenti a base di verdure e formaggi, come i celebri spaghetti allo zucchino e la pasta alla ricotta e semolino.
Nella città di Catania possiamo gustare la buonissima Pasta alla Norma, chiamata in questa modo dal compositore Bellini, autore della omonima opera lirica. Da questa pasta nasce il sugo alla Norma, caratterizzato da melanzane e pomodoro.
Il timballo siciliano è chiamato " pasta n'casciata " ed è preparato con maccheroni, carne, uova sode, formaggio, piselli e salame.
Negli antipasti il più caratteristico è quello con gli arancini, polpette di carne tritata simili per forma e colore ad una arancia.
Una delle prelibatezze è comunque proprio derivata dai prodotti ittici. Il pesce è servito fresco, aromatizzato con erbe,acciughe ed aglio o con olive e capperi. Ogni città ha la propria specialità.
A Trapani, ad esempio, si prepara il tonno in moltissimi modi, come quello essiccato, il famoso noseddu.
Celebre è anche la bottarga, il condimento per antipasti e per i primi piatti, ottenuto dalla essicazione delle uova di tonno.
Messina è invece celebre per il pesce spada, condito con pomodoro e cipolla oppure con olive e capperi. Se passate da quelle parti provate l'Agghiotta di pesce spada.
Altra specialià da provare immancabilmente a Messina è l'impanata, un involucro di pasta dolce che viene riempito di pesce spada e cotto in forno.
Il consumo di carne non è molto elevato in Sicilia. Nell'entroterra possono però essere gustati piatti come il capretto ripieno o alla griglia, lo spezzatino con i pomodori, le polpette di vitello cotte alla griglia.
Piuttosto diffusa la produzione degli insaccati, come la soppressata e la salsiccia.
Valida anche la produzione del formaggio, tra cui merita citazione il piacintinu, un formaggio di pecora aromatizzato con lo zafferano.
Tra le verdure ricordiamo l'immancabile melanzana, protagonista ad esempio della mulinciana alla parmigiana, piatto tipico di Catania, che vuole le melanzane a fette cotte al forno con pomodoro, parmigiano e basilico.
Sono però gli agrumi il vero e proprio tesoro della Sicilia. Grazie alle condizioni climatiche, pompelmi, cedri, limoni, mandarini, arance, sono molto nutrienti e saporose.
Molto ricco anche il capitolo dedicato ai dessert ed ai dolci, tra cui ricordiamo la cassata, il Pan di Spagna ricoperto di un'impasto a base di cioccolato, frutta candita, zucchero e liquore Maraschino. Citiamo anche il torrone, il marzapane ed i gelati e le granite, usuali in tutta la regione.
Quasi inutile specificare che la tradizione vinicola siciliana ha origini che risalgono all'inizio della storia. Prima i greci, poi gli arabi ed i normanni, lodavano le caratteristiche del vino siciliano, schietto e di alta gradazione alcolica. Il re dei vini di questa terra è senz'altro il Marsala, liquoroso ed inconfondibile, creato dall'inglese John Woodhouse. Costui ebbe l'idea di mescolare il vino bianco prodotto nella città di Marsala, con mosto cotto, sciroppo di uva ed alcool distillato e di far bollire lentamente il tutto. Ne risultò un vino che poi è diventato famoso in tutto il mondo, immediato e caloroso, ottimo per i dessert ed i gelati. Altri vini conosciuti sono l'Etna bianco, rosso e rosato, l'Alcamo, i Moscato di Pantelleria e Noto e la Malvasia delle isole Lipari.
Pasta 'ncasciata a' missinisi Questa e' la versione messinese della classica pasta al forno siciliana. Ingredienti: 600 gr. di magliette di maccheroncino, 200 gr. di
tuma o caciocavallo fresco, 200 gr. di carne tritata, 50 gr. di mortadella
o salame, 2 uova sode, 4 melenzane, 100 gr. di pecorino grattugiato, salsa
di pomodoro, mezzo bicchiere di vino bianco, basilico, olio, sale e pepe.
da: La cucina tradizionale siciliana
di Anna Pomar.
Pasta con le vongole Ingredienti: 500 gr. di vongole, 500 gr. di spaghetti, 2 spicchi d'aglio,
prezzemolo, peperoncino, olio e sale.
da: La cucina siciliana di Maria
Adele Di Leo.
Antipasto di mare Ingredienti: 1 polipo piccolo, 500 gr. di vongole, 500 gr. di calamari,
1 kg. di gamberetti, 1 kg. di cozze, 100 gr. di olive nere, 2 limoni, prezzemolo,
olio e sale.
da: La cucina siciliana di Maria
Adele Di Leo.
Peperoni arrosto
(pipi arrustuti) Arrostite i peperoni sulla piastra, da ambo i lati, togliete la pellicola e tagliateli a listarelle, conditele con olio abbondante, sale, pepe, origano, aglio e prezzemolo. da: La cucina siciliana di Maria
Adele Di Leo.
Caponata di melenzane
Ingredienti: una tazza di salsa di pomodoro (preparata con 600 gr. di pomodoro
maturo, 2 cipolle piccole e basilico), 200 gr. di olive bianche, un mazzetto
di sedano, 50 gr. di capperi, 12 melenzane, 3 cucchiai di aceto, 3 cucchiai
di zucchero, 100 gr. mandorle tostate.
da: La cucina tradizionale siciliana di Anna Pomar.
Alici con cipollata Ingredienti: 1 kg. di alici, farina, olio e sale.
da: La cucina siciliana di Maria
Adele Di Leo.
Pasta con le sarde
(pasta ch''i sardi) Ingredienti: 500 gr. di maccheroni, 1 kg. di finocchietti di montagna,
2 cipolle, 3 acciughe salate, 50 gr. di uva sultanina, 50 gr. di pinoli,
1 bustina di zafferano, 500 gr. di sarde fresche, olio e sale.
da: La cucina siciliana di Maria Adele Di Leo. Pasta alla Norma
(pasta 'a Norma) E' la piu' famosa pasta con pomodoro e melenzane siciliana e prende il nome dalla celebre opera del Bellini. Ingredienti: 500 gr. di maccheroncini, 1 kg. di pomodori maturi, 1 cipolla,
4 melenzane, 100 gr. di ricotta salata, basilico abbondante, olio e sale.
da: La cucina siciliana di Maria Adele Di Leo. Pasta alla salsa corallina Ingredienti: 600 gr. di spaghetti, 100 gr. di uova di aragosta, 25-30
ricci di mare (se non trovate le uova di aragosta raddoppiate la quantita'
di ricci), 2 spicchi di aglio, olio, sale, pepe bianco macinato, un mazzetto
di prezzemolo.
da: La cucina tradizionale siciliana di Anna Pomar. Pasta con aglio e oglio
(pasta cu` l'agghiu e l'ogghiu) Di origine antichissima la pasta con aglio e olio e' una delle pietanze
piu' genuine e rinomate della cucina siciliana.
da: La cucina tradizionale siciliana
di Anna Pomar.
Nella versione al "foco vivo" il Sommo dice: " ... con sale, olio,
aglio, e peperoncino rosso secco in quantita`".
Ingredienti: 2 kg. di fave grosse fresche, un mazzetto di finocchietto
selvatico, una cipolla piccola, 300 gr. di taglierine.
da: La cucina tradizionale siciliana
di Anna Pomar.
Pasta al nero di seppia L'origine di questa ricetta e' controversa. La rivendicano i messinesi,
se l'attribuiscono i catanesi, ed e` in uso a Siracusa. E' certo tuttavia
che nasce nella Silcilia orientale.
da: La cucina tradizionale siciliana
di Anna Pomar.
Pasta con i broccoli
(pasta chi vruoccoli 'rriminati)
In uso soprattutto nel palermitano e` una specialita` della cucina
siciliana.
da: La cucina tradizionale siciliana
di Anna Pomar.
Ingredienti: 500 gr. di pennette, pomodoro, olive nere (passuluna),
basilico, capperi, olio e sale.
Pasta al forno
(Anilletti 'u furnu) Sono a Palermo il piatto della festa per eccellenza.
da: La cucina siciliana di Maria
Adele Di Leo.
Melenzane alla parmigiana
(Milinciani a' la parmiciana) Questo e' un antico piatto siciliano in cui, erroneamente, in tutti i libri di cucina controllati (pochi per dir la verita`), si riporta, tra gli ingredienti, il formaggio parmigiano, da cui prende nome il piatto. Niente di piu' falso. Il nome parmigiana non deriva dal nome del formaggio forastero, bensi' dall'italianizzazione dalla parola dialettale parmiciana. La parmiciana e` l'insieme delle liste di legno che compongono una persiana. Esse sono messe una sopra l'altra, come le fette di melenzane nel piatto che andiamo a descrivere. Ingredienti: 8 melenzane, 1 kg. di pomodoro maturo, 2 cipolle, 100 gr.
di pecorino o cacio cavallo (o se volete di parmigiano, va bene lo stesso),
un mazzetto di basilico, olio e sale.
Triglie di scoglio con la salsetta, aglio e prezzemolo
Ingredienti: 12 triglie di scoglio, 1 cipolla, 2 pomodori, 1 spicchio
d'aglio, prezzemolo, erbe aromatiche (timo e maggiorana), farina, olio,
burro, sale e pepe.
da: Piatti di mare alla Siciliana
di G. Randazzo.
da: Piatti di mare alla Siciliana
di G. Randazzo.
Purpi alla carrettera Ingredienti: 600 gr. di polipi, 4 grossi pomodori maturi,
4 spicchi d'aglio, un mazzetto di basilico, olio, sale e pepe.
Polipi alla napoletana "Che voli mangiari?"
Polpo alla napoletana
Per 4 persone.
Private i polpi della bocca, degli occhi e della vescica, batteteli
leggermente con il batticarne per renderli più teneri e lavateli
in acqua corrente.
Nota: alla maniera palermitana, il segreto è nella cottura: per la buona riuscita del piatto, è importante immergere ed uscire il polpo dall'acqua bollente durante la cottura, per 3 volte, quindi lasciarlo riposare dopo la cottura nell'acqua calda per un quarto d'ora circa. Francesca Signorelli Grifasi
Polpo alla napoletana (versione Camilleriana)
Pulire i polpi, levando loro la bocca, gli occhi e la vescica.
Francesca Signorelli Grifasi
Alalonga in agrodolce Ingredienti: 1 kg. di alalonga, 300 gr. di farina, 2 spicchi di aglio,
un bicchiere di aceto, 2 cucchiai di zucchero, olio, sale e pepe.
Spigole all'acqua pazza Ingredienti: 6 spigole per un totale di 1,200-1,500 kg., 4 pomodori
maturi, 1 spicchio di aglio, mezza cipolla, mezzo bicchiere di vino bianco,
prezzemolo, olio, sale e pepe.
Polipetti alla luciana
da: Piatti di mare alla Siciliana
di G. Randazzo.
Polipetti affogati
(purpiteddri affucati)
ricetta di Caterina Colomba (Castellammare
del Golfo)
Involtini di tonno arrosto
('nvoltini di tunnu)
Ingredienti: 800 gr. di tonno tagliato a fettine, salvia, alloro, rosmarino,
peperoncino, 2 pomodori maturi, 2 spicchi d'aglio, un mazzetto di prezzemolo,
1 cucchiaio di aceto, origano, olio di olive, sale e pepe.
da: La cucina tradizionale siciliana
di Anna Pomar.
Polpette di pesce
(koftas) Il commissario si mise in bocca mezza polpetta e con la lingua e
con il palato principiò un'analisi scientifica che Jacomuzzi poteva
andare ad ammucciarsi. Dunque: pesce, e non c'era dubbio, cipolla, peperoncino,
uovo sbattuto, sale, pepe, pangrattato. Ma all'appello mancavano ancora
due sapori da cercare sotto il gusto del burro ch'era servito per friggere.
Al secondo boccone, individuò quello che non aveva scoperto prima:
cumino e coriandolo.
Baccala` a' la ghiotta
Ingredienti: 1 kg. di baccala` gia' ammollato, 1 cipolla, estratto di pomodoro,
100 gr. di uva passa, pepe.
da: La cucina tradizionale siciliana
di Anna Pomar.
Rolle` o falso magro
(brusciuluni) Lu brusciuluni o falso magro e` diffuso in tutta la Sicilia. Subisce inevitabili variazioni da un luogo all'altro. L'appartenenza della pietanza alla cucina nobile la rileviamo dai riferimenti che se ne fa in altre ricette (gli anelletti del monsu`, ad esempio). L'origine del piatto e` francese e lo si desume dall'aggettivo falso, dal francese farce, farcito. Ingredienti: una fetta di carne rotonda di circa 20 cm. di diametro
e del peso di circa 500 gr. ben spianata, 2 uova sode, 100 gr. di pecorino
fresco (o caciocavallo), 50 gr. di salame (o pancetta), 50 gr. di caciocavallo
(o parmigiano) grattugiato, 50 gr. di passoline e pinoli, 200 gr. di pangrattato,
mezza cipolla, 100 gr. di sugna, 200 gr. di estratto di pomodoro, mezzo
bicchiere di vino rosso.
da: La cucina tradizionale siciliana
di Anna Pomar.
Malalìa d'amuri
(zuppa di maiale) Quel giorno Taninè aveva deciso d'esibirsi in un piatto strepitoso che, chissà perché, si chiamava "malalìa d'amuri". Chissà perché: infatti non c'era possibilità che quella zuppa di maiale (polmone, fegato, milza e carne magra), da mangiarsi con fette di pan tostato, avesse attinenza col mal d'amore, semmai col mal di panza. Attuppateddri al sugo Attuppateddri, cioè quelle piccole chiocciole marrone chiaro che quando cadevano in letargo secernevano un umore che solidificava diventando una sfoglia bianca che serviva a chiudere, attuppare appunto, l'entrata del guscio. Agnello alla cacciatora
(Agneddu a` cacciatura)
Ingredienti: 2 kg. di agnello, 100 gr. di estratto di pomodoro, 100 gr.
di olive verdi, 50 gr. di capperi, 2 cuori di sedano, 1 bicchiere di vino
rosso, prezzemolo, 1 cipolla, olio di olive, sale e pepe.
da: La cucina siciliana di Maria
Adele Di Leo.
Sarde a beccafico E` una delle specialita' siciliane piu' rinomate. Di chiara influenza araba, nasce nel palermitano. Ingredienti: 1,200 kg. di sarde a linguata, 200 gr. di pangrattato,
4 acciughe sott'olio, 100 gr. di passoline e pinoli, foglie di alloro,
1 limone, un'arancia, un cucchiaino di zucchero, olio di oliva, sale e
pepe.
da: La cucina tradizionale siciliana
di Anna Pomar.
Ravioli con la ricotta
(Cassatedde) Ingredienti per la pasta: 500 gr. di farina, un bicchiere di latte,
50 gr. di strutto, 2 uova, un cucchiaio di zucchero, un pizzico di sale.
da: La cucina siciliana di Maria
Adele Di Leo.
Cannoli Ingredienti per la crema di ricotta: 1 kg. di ricotta fresca di pecora, 600 gr. di zucchero, 100 gr. di zuccata, una bustina di vaniglia, 200 gr. di cioccolato fondente, 100 gr. di scorza d'arancia candita. Lavorate bene con una forchetta, in una terrina, la ricotta, lo zucchero e la vaniglia, aggiungendo qualche sorso di latte se la ricotta e' un po` asciutta. Quando il composto sara` omogeneo passate a setaccio, in modo che la crema risulti liscia e senza grumi. Condite con cioccolatto, zuccata a pezzetti e la scorzetta d'arancia. Con le dosi indicate si otterranno 20 gusci di cannoli che andranno riempiti con la crema di ricotta. A Catania e Messina i cannoli sono riempiti anche con crema gialla o di cioccolato. I piu' famosi cannoli siciliani, giganteschi e squisiti, sono quelli di Piana degli Albanesi. Ingredienti per la scorza: 200 gr. di farina per dolci, 2 cucchiaini di zucchero, 20 gr. di sugna, 2 cucchiai di marsala, 2 cucchiaini di cacao, un pizzico di sale, olio. Versate sul tavolo di marmo la farina, incorporatevi la sugna, il marsala, lo zucchero ed un pizzico di sale e lavorate bene. Otterrete una pasta compatta come quella delle tagliatelle. Spianatela col mattarello a foglie sottilissime e ricavatene con uno stampo rotondo (un piattino da caffe`) dei cerchi, che avvolgerete attorno a stampi cilindrici (pezzi di canna di grosso diametro) della lunghezza di circa 5 centimetri. Saldate i lembi della pasta con una goccia di acqua e friggete in un tegamino nell'olio (o sugna) bollente. Mettete a scolare i cilindri in una carta assorbente ed attendete che siano freddi, prima di togliere con molta cura la canna. Riempite le scorze di cannolo con la crema di ricotta e guarnite con fettine di arancia candita. da: La cucina tradizionale siciliana
di Anna Pomar.
Granita di limone Ingredienti: 1 bicchiere di succo di limone, 2 di zucchero, 4 di acqua. Sciogliete lo zucchero nell'acqua tiepida, unitevi il succo di limone e mettete in freezer, rimestando di tanto in tanto perche` non si solidifichi in modo compatto (per questo motivo la temperatura del freezer dovrebbe essere piu' alta possibile, poco sotto lo zero). Granita di caffè La granita è composta da succhi gelati di frutta oppure di caffè,
ciccolata e cannella.
Edorado Ballone, da: Tutto città
- Palermo e provincia.
Sorbetto di gelsomino Dalla parola araba "sciarbat" ecco il sorbetto che a sua volta darà vita alla granita. Uno dei gusti più particolari è senz'altro il gelsomino, o scursunera. Edorado Ballone, da: Tutto città
- Palermo e provincia.
Frutta di martorana La pasta riali o "martorana" prende il nome dal convento palermitano dove per anni e anni s'è preparata la specialità. Si tratta di pasta di mandorle di prima qualità pestate e unite allo zucchero con un po' di acqua di cannella. L'insieme cuoce in un recipiente di rame non stagnato per poi essere forgiato, grazie alla sua morbidezza, con le mani come fosse creta. Proprio per tale caratteristica è possibile dare ai dolci forme e colori di oggetti del vivere quotidiano, prima fra tutti la frutta. Al pari di una surrealistica "natura morta" dominata da mandorle e zucchero. Edorado Ballone, da: Tutto città
- Palermo e provincia.
Cassata La cassata (da "quasat" che vuol dire "scodella" nel linguaggio magrebino)
è la classica squisitezza del tempo pasquale: ricotta freschissima,
zucchero a velo, vaniglia creano la crema che deve essere arricchita da
tocchetti di cioccolata e dadini di frutta candita.
Edorado Ballone, da: Tutto città
- Palermo e provincia.
Gelato di campagna Coloratissimo impasto di zucchero che niente aveva a che fare con il gelato vero e proprio. Cubàita La cubàita è un dolce fatto di mandorle tostate e miele cotto, tagliato a rettangoli o a strisce e avvolto in una carta oleata. Arancini (o arancine) Adelina ci metteva due jornate sane sane a pripararli. Ne sapeva, a memoria, la ricetta. Il giorno avanti si fa un aggrassato di vitellone e di maiale in parti uguali che deve còciri a foco lentissimo per ore e ore con cipolla, pummadoro, sedano, prezzemolo e basilico. Il giorno appresso si pripara un risotto, quello che chiamano alla milanìsa, (senza zaffirano, pi carità!), lo si versa sopra a una tavola, ci si impastano le ova e lo si fa rifriddàre. Intanto si còcino i pisellini, si fa una besciamella, si riducono a pezzettini 'na poco di fette di salame e si fa tutta una composta con la carne aggrassata, triturata a mano con la mezzaluna (nenti frullatore, pi carità di Dio!). Il suco della carne s'ammisca col risotto. A questo punto si piglia tanticchia di risotto, s'assistema nel palmo d'una mano fatta a conca, ci si mette dentro quanto un cucchiaio di composta e si copre con dell'altro riso a formare una bella palla. Ogni palla la si fa rotolare nella farina, poi si passa nel bianco d'ovo e nel pane grattato. Doppo, tutti gli arancini s'infilano in una padeddra d'oglio bollente e si fanno friggere fino a quando pigliano un colore d'oro vecchio. Si lasciano scolare sulla carta. E alla fine, ringraziannu u Signiruzzu, si mangiano! Esistono diverse varianti, per esempio: al burro (con besciamella e prosciutto) e agli spinaci (per i vegetariani). Panelle Frittura di pasta di ceci, tagliata a rettangoli (o a cerchi, NdR), a condimento di una "mafalda" (a Roma si dice "rosetta") spaccata a metà. Càlia e simenza Semi di melone e ceci abbrustoliti (caliàti). Si usa mettere in tavola alla fine del pranzo, come "passatempo", insieme
ad arachidi caliàte, noci, mandorle, frutta secca in genere.
L'insieme è chiamato scaccio.
Tinnirume Questo nome, "tenerumi", non ha in italiano un vero equivalente. "Tenerezze" sono i germogli delle zucchine lunghe che, in alcuni paesi dell'entroterra siciliana, sono detti anche "càddi di cucùzza". La passata cucinata in questo modo è una ricetta originaria del ragusano, anche se Palermo l'ha fatta sua, arricchendola con un numero consistente di varianti. Questa verdura è ritenuta, oltre che di facile digeribilità, anche molto rinfrescante e leggera. Anzi è uso comune consumarla per far riposare lo stomaco. Nel gergo locale, infatti, con "manciàri pasta chi tinnirùma" si indica un mangiare fatto di niente. Gamberetti a olio e limone Per 4 persone.
Lessare i gamberetti in acqua salata, dopo averli sgusciati e lavati
in acqua corrente.
Francesca Signorelli Grifasi
Cavatuna con olio, pepe nero e cacio pecorino I cavatuna altro non sono che i famosissimi rigatoni. Triglie di scoglio fritte Per 4 persone.
Pulite le triglie, sciacquatele in acqua corrente, infarinatele leggermente
e friggetele in abbondante olio caldo in una padella.
Francesca Signorelli Grifasi
'A munnizza Ricetta della nonna di Andrea Camilleri, da lui stesso resa nota intervenendo alla trasmissione radiofonica La Luna è di formaggio (RAI 2, 22 Gennaio 2000). Si tratta di sovrapporre per strati successivi verdure cotte e verdure crude, condirle con olio, aceto, sale, e poi mettervi dentro capperi, sarde salate, fette di arancio, fette di patate bollite, uova sode, come un millefoglie di verdure. Consiglio di lasciarlo riposare e mangiarlo il giorno dopo. Segnalata da Salvia
Pappanozza Assittato nella verandina, si era goduta la pappanozza che da tempo desiderava. Piatto povero, patate e cipolle messe a bollire a lungo,ridotte a poltiglia col lato convesso della forchetta, abbondantemente condite con oglio, aceto forte, pepe nero macinato al momento, sale. Da mangiare usando preferibilmente una forchetta di latta (ne aveva un paio che conservava gelosamente), scottandosi lingua e palato e di conseguenza santiando ad ogni boccone. Petrafèrnula Anna lo baciò sulle guance, gli pruì un pacchetto.
Sauro imperiale con la cipollata Raprì il frigo e fece un nitrito di pura felicità. La cammarera Adelina gli aveva fatto trovare due sauri imperiali con la cipollata, cena con la quale avrebbe certamente passato la nottata intera a discuterci, ma ne valeva la pena. Per quartiarsi le spalle, prima di principiare a mangiare volle assicurarsi se in cucinac'era il pacchetto del bicarbonato, mano santa, mano biniditta. Assittato sulla verandina, si sbafò coscienziosamente tutto, nel piatto restarono le resche e le teste dei pesci così puliziate da parere reperti fossili. Condimento del carrettiere Oglio aromatizzato con aglio e peperoncino. pasta cu 'a ricotta frisca
Ingredienti:
500 gr. di cataneselle,
100 gr. di ricotta fresca,
50 gr. di lardo, 100 gr. di pecorino grattugiato,
olio, sale e pepe q.b.
Purpi a strascinasali Il polpo a strascinasale o stricasale e' solo bollito in acqua salata e servito intero ( si tratta di polpi piccolini,detti anche frajeddi ) con aggiunta solo di sale ed eventualmente di limone. Alberto ( socio buongustaio ) Merluzzi bolliti "Adelina gli aveva priparato un piatto da malati: merluzzi bolliti. Solo che erano enormi, freschissimi e in numero di sei. Non li quadiò, gli piacivano friddi conditi con oglio, poche gocce di limone e sale". Fragaglia con il termine "fragaglia", si intende quel misto di pesce minuto che rimane in fondo alla rete, tipo trigliette, alici e merluzzetti, con i quali si prepara una frittura. (consultazioni cibernetiche varie avvalorate da Adriana e dal socio buongustaio) Coniglio alla cacciatora
Ingredienti e Dosi per 4 persone:
1 coniglio 1 cipolla 1 sedano 200 gr di olive verdi 1 cucchiaio di capperi 1/2 kg di pomodori maturi 1 tazza di brodo Farina q.b. 1 bicchiere di aceto 1 cucchiaio di miele Olio q.b. Sale e pepe.
Involtini di carne Queste bracioline sono diffuse in tutta l'isola e per di più con pochissime varianti. Fatevi preparare dal vostro macellaio delle fettibe ben spianate (circa 700 gr.) di carne di manzo. Preparate il ripieno facendo appena abbrustolire 6 cucchiai di pangrattato nel quale incorporate 2 cucchiai di pecorino grattugiato, 1 cucchiaio di pinoli ed i di uva passa, 1 cipolla ben tritata, sale e pepe. Inumidite d'olio la parte interna delle fettine di carne, disponetevi un poco del composto preparato, fatene delle piccole braciole che infilzerete, tre alla volta, negli spiedini, alternandole con foglie di alloro e cipolla. Cuoceteli alla piastra o, meglio nella carbonella. "Draceno" rosso è il vino che ci vuole Costi 'mbriachi "
Costi 'mbriachi "ossia coste di maiale annegate nel vino e nello stratto di pummadoro"
Pollo bollito "Rapruto il frigorifero, ebbe un'amare sorpresa. Adelina gli aviva sì rimesso in ordine la casa, ma come mangiare gli aviva priparato solo mezzo pollo bollito. E che fitinzia era? Quello era un piatto da malati! Da oglio santo addirittura." " S'assittò sulla verandina e ingoiò il pollo lesso coll'aiuto di un intero barattolo di sottaceti."
Un ringraziamento particolare a Carla per il suo lavoro relativo al "giro di boa".
Andrea Camilleri. I piatti della nonna dentro Montalbano I profumi, i sapori, l'atmosfera e i segreti della cucina della casa di campagna a Porto Empedocle sono entrati nelle pagine dei suoi libri e non per semplice caso. Ogni squisitezza del ricettario di nonna Elvira ha la sua storia, anche i mitici arancini del commissario Montalbano arrivano da lì. Svelare i misteri dei piatti della cuoca-generalessa significa ritornare all'infanzia e alla prima conoscenza della sua indimenticabile Sicilia "E così lei vuole sapere da me la storia degli arancini di Montalbano, dei suoi polipetti alla napoletana, dei suoi involtini di tonno arrostito. Vuole farmi arriminare in quella zona della mia memoria dove sono sarbàti i profumi, gli aromi, i sapori, le atmosfere e i segreti della tavola del commissario. Cioè della mia. E va bene, parliamone: questo è un tema che puntualmente spalanca la porta della mia giovinezza, è un piccolo viaggio nel tempo che faccio con piacere. Ma sappia che è una storia lunga, che principia quando io - che oggi ho quasi ottant'anni - ero un picciliddro che aveva sì e no sette anni. Ha voglia di sentirla? E allora s'assittasse. Da dove cominciamo? Senza dubbio da mia nonna Elvira, che era la generalessa della cucina. Vede, la mia era una famiglia numerosa, nella quale ognuno aveva il suo ruolo preciso. Mia madre e le sue sorelle, che erano le classiche donne di casa siciliane, al momento opportuno avevano il compito primario di assistere mia nonna Elvira. Una cuoca formidabile, sia chiaro. E non solo: fu lei a farmi conoscere il mio primo libro, "Alice nel paese delle meraviglie", leggendomelo capitolo dopo capitolo quando io non avevo ancora imparato a leggere. Ma il suo regno era la cucina. A essere precisi, la cucina della casa di campagna. La quale distava dalla casa di città - stiamo parlando di Porto Empedocle - meno di un chilometro e mezzo. Un chilometro e mezzo di trazzera, però. Ora, in quella casa c'era tutto, eppure bisognava portare sempre qualcos'altro: non ho mai capito perché. Così si andava sulla trazzera col carretto, lentamente, e ogni volta, puntualmente, mio nonno all'arrivo mormorava: "Mamma mia che viaggio terribile!". A mia nonna piaceva fare il pane. Cominciava a famiare il forno, per portarlo a temperatura, e intanto lavorava l'impasto con lo scanaturi. Alla fine, perché venissero ben schiacciate, lei faceva un salto e si sedeva sopra lo scanaturi, spianando bene tutte le forme prima di infornarle. A me toccava la scanatedda, un panino meraviglioso, croccante e profumato. Lo aprivo col coltello, ci mettevo olio, pepe nero e pecorino e lo mettevo nella pressa del nonno. Così questo panino, sciaff, diventava sottile sottile. Io mi andavo a sedere sotto un albero di carrubo con la mia scanatedda spianata e questo, a dieci anni, mi bastava e avanzava per essere felice. Poi c'era il rito degli arancini. Gli arancini di Montalbano, certo. Mia nonna diceva che prepararli era lungariusu, ci voleva tanto tempo. Perché bisognava preparare la carne, tanto di maiale e tanto di vitello, spezzettandola col tagghiaturi, la mezzaluna. Ci voleva tempo. Si aggiungevano i piselli, un po' di caciocavallo ragusano e qualche pezzettino di salame, si impastava tutto in un pugno di riso e si passava l'arancino nell'uovo, nella farina e nel pangrattato, per l'impanatura. Ma non si friggevano subito. No, bisognava aspettare una notte, lasciarli riposare in pace. E il giorno dopo, a tavola, si vedeva com'erano venuti. Perché il problema dell'arancino era il dosaggio, che non era mai lo stesso, e dunque ogni volta mia nonna passava un esame. "Comu vinniru stavota?" domandava. "Un tanticchia asciutti. L'autra vota erano megliu" rispondeva mio nonno. Un giorno li fece in un modo davvero sublime, e io stavo per dirglielo. Mio zio Massimo mi diede un cavuciu sotto la tavola. "Boniceddu" mi sussurrò. Ma perché?, gli domandai. "Perché lei deve sempre superare se stessa: se tu le dai soddisfazione, è finita". Da nonna Elvira ho imparato una ricetta speciale, un piatto inventato da lei e battezzato "a munnizza". Il nome è buffo, d'accordo, ma il piatto è fantastico. Anche lei vuole conoscere questa ricetta? E va bene. Ci vogliono otto o dieci verdure diverse, alcune crude e altre cotte. Poi si prendono delle gallette e si copre il fondo della teglia affinché assorbano l'eccesso di olio e di aceto. Si comincia con uno strato di verdure cotte, e lo si copre con un altro strato di verdure crude. Poi ancora cotte, e di nuovo crude. Tanti strati, insomma, finché non diventa una sorta di panettone coloratissimo. Che va condito con olio, aceto e sale e ricoperto con acciughe, fette di arance amare, capperi, olive verdi, patate, rape e uova sode a fette. Però bisogna mangiarlo il giorno dopo, quando tutta questa roba si è amalgamata a dovere. Ogni volta che la rifaccio, assaporo il piacere di tornare indietro nel tempo. Ho provato, le dico la verità, anche a ripetere altre cose meravigliose della mia infanzia. Come prendere il pane caldo, andare dalla capra e mungere il latte direttamente sulla fetta. Non ci sono mai riuscito. La verità è che i sapori del passato sono irripetibili. Una volta, bevendo l'uovo appena fatto, ti accorgevi subito se la gallina aveva sconfinato nel campo di trigonella. Oggi... lasciamo stare. Parliamo d'altro. Del gelato, per esempio. A Porto Empedocle aveva il suo tempio nel Caffè Castiglione, che aveva un segreto per i pezzi duri. Meravigliosi. Il giorno che Mussolini passò da lì - fermandosi in tutto 15 minuti - gli offrirono proprio il gelato del caffè Castiglione. Dopo un po' di tempo telefonarono da Roma alla capitaneria di porto avvertendo che stava ammarando un idrovolante per caricare un pozzo di gelato per il duce. Il gelato del Caffè Castiglione. Da quella volta, ogni sabato si ripeteva l'operazione. Così, quando Mussolini inaugurò la prima autostrada italiana, da Roma a Ostia, mio zio Riccardo che era antifascista disse a mio padre, fascistissimo: "Pippi', lo sai picchì Mussolini fici 'sta strata? Picchì si scantava ca i gelati c'arrivavunu squagliati". Poi venne la guerra, e il cibo cominciò a scarseggiare. Non era facile neanche trovare il pesce. Mio padre una volta riuscì a comprare una partita di linguate, che sarebbero le sogliole. Dunque organizzò una grande cena all'aperto e furono invitati anche gli ufficiali amici suoi. Capitò che proprio nel momento in cui vennero servite queste magnifiche linguate, suonò la sirena dell'allarme aereo. Fu un fuggi-fuggi. I soldati alle mitragliatrici, gli altri nel rifugio. Mio padre non si mosse, restò davanti alla sua linguata. Papà, gli chiesi mentre correvo verso il riparo, e gli aerei? "Mi ni futtu" rispose. Quando uscimmo, lui era ancora lì, e s'era mangiato anche la mia linguata: "Così impari a scantarti". Dell'arrivo degli americani ho un ricordo nitidissimo. Mi venni a trovare a Serradifalco, proprio sulla linea difensiva tedesca. Ogni giorno bombe e cannoneggiamenti. Si mangiavano due fave cotte e basta. Finché una mattina sentii cantare gli uccelli. Niente bombe. Mi affacciai e vidi che i tedeschi si erano ritirati. Ma la cosa che mi terrorizzò fu una specie di casa gigantesca che avanzava in mezzo alla strada. Non avevo mai visto un carro armato così grande. Il quale si scansò per far passare una jeep con un soldato di colore e, accanto a lui, in piedi, un ufficiale con tre stelle sull'elmetto: era il generale Patton. Fece fermare la jeep proprio davanti a me, perché aveva visto la tomba di un tedesco con una croce di legno sopra. Scese, prese la croce e la spezzò. Poi diede un colpo allo sportello e la jeep ripartì. Io ero pietrificato. E mi trovò così l'ultimo soldato del gruppo, uno con una ghirlanda di bombe a mano attorno al collo. "Baciamo la mani paisà" mi disse. "C'avissi pì casu un poco d'acitu, di chiddu nostru? Aiu a fare l'insalatedda o' mè tenenti. A virduredda di campagna la truvai, e macari l'olio e il sale. Mi manca l'acitu. Ce l'hai?". Ce l'ho, gli risposi, e mi misi a piangere. Lo so, venivano a liberarci dal fascismo: ma per me, in quel momento, quei soldati erano degli invasori. Il soldato tornò dopo due ore. Io gli diedi l'aceto e poi gli mostrai la croce spezzata da Patton. Lui capì: "Come generale non ce n'è uguali. Come omo, è 'na cosa fitusa". Finita la guerra, potemmo tornare alla casa di campagna. E nonna Elvira riprese il suo posto di comando. Lei era la vera regina di quella casa, e aveva un rapporto speciale con le cose. Parlava con gli oggetti, per dire. Una mattina la sentii parlare da sola, e sbirciai attraverso la porta socchiusa. Si rivolgeva a una saliera del '700, una cosa meravigliosa. "Tu sì 'na cosa fitusa" diceva. "Tu hai vistu mòriri a mè nonnu, hai visto mòriri a mè patri, e ora si ccà e aspetti che moru io. Ma io ti futtu!". La prese e la buttò dalla finestra: finì in mille pezzi, quella stupenda saliera. Era capace di inventarsi parole nuove. "Zùnchisi", per esempio. Essere "zùnchisi", in quella casa, voleva dire essere noioso, camurriùso. Gli estranei, ovviamente, non capivano. Cosa che capitò anche quando arrivò da Milano la zia Franca, la donna che aveva appena sposato mio zio. Deve sapere che, a Porto Empedocle, muoversi si dice cataminarsi. Perché il nostro mòviti significa l'opposto: stai fermo. Ora, la povera zia Franca non poteva immaginarlo. E alla fine del pranzo di famiglia organizzato per darle il benvenuto, si alzò in piedi mostrando l'intenzione di dare una mano a sparecchiare. Un gesto di cortesia, che naturalmente non poteva essere accettato. Così tutti cominciarono a gridarle: "Mòviti, Franca!", "mòviti!", "mòviti!". Lei, intimidita, prese qualcosa e corse verso la cucina. E solo allora scoprì che tutti volevano fermarla, intimandole "mòviti". Tirò un sospiro di sollievo: "Per un attimo, confessò, mi sono chiesta dov'ero capitata!". Mia nonna sorrideva, di queste cose. Era un personaggio unico, che riusciva sempre a catturare l'attenzione. Quando la portammo in udienza da Papa Giovanni, a un certo punto lui disse: "O trovate una sedia per questa signora o le do la mia". Era felice di essere venuta a Roma. Mia moglie la portò a Tivoli, nella villa di Adriano. Dopo averla vista, lei si appoggiò a una ringhiera, mormorando: "Tutto questo è bellissimo". E morì. Sebastiano Messina - La Domenica di Repubblica, 10.7.2005 |
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