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Montalbano e il calcio



Tesi sostenuta a quattro mani da Franco Ravazzin e Andrea d’Amico per il Camilleri Football Club (pardon, Camilleri Fans Club)

Il 16 luglio 1950, esattamente mezzo secolo fa, nello stadio Maracanà di Rio de Janeiro nacque una delle ultime leggende del calcio.

Quel giorno l’imponente centromediano uruguayano Obdulio Varela mise a tacere centocinquantamila tifosi… Il trentatreenne "armadio" di ebano al 34’ della ripresa lanciò infatti in area Ghiggia che fece secco il portiere brasiliano Barbosa: 2-1 per l’Uruguay (Friaça al 47’ - Schiaffino al 66’).

I cronisti di allora raccontano che la palla colpita da Ghiggia battè Barbosa e colpì in pieno il suo portafortuna: una bambolina regalatagli dalla sua ragazza, che Barbosa teneva dentro la porta.

Ancora i cronisti riferiscono che,in seguito: 1° Barbosa bruciò la bambola e ruppe il fidanzamento- 2° Il responsabile della "Seleccao" Flavio Costa sparì dalla circolazione- 3° Il centromediano carioca Danilo tentò il suicidio- 4° Il radiocronista, al goal di Ghiggia, pronunciò la famosa frase "… A desgrassia cascao sobra o Brasil!!.." e troncò il collegamento.

Le righe immortali di Osvaldo Soriano celebrano con sobrietà solenne un evento che a noi, immersi fino al collo nella tragicommedia Zoff-Berlusconi, sembra ancora più lontano: l’Uruguay campione del Mondo!

E allora ?

E allora è giunto il momento di fare i conti con Obdulio! Se non ora, quando?

A questo punto i nostri 75 lettori diranno certamente: Si, certo, certo, disgraziatamente questo è un sito su Andrea Camilleri: ci spiegate che ci azzeccano Obdulio Varela e compagnia a briscola?

Calma e gesso. A noi sembra che, a ben ragionare, il nesso ci sia, seppur nascosto. Ci si propone di dimostrarlo. Ordunque.

Fonti solitamente attendibili affermano che il padre del Sommo fu noto e stimato dirigente calcistico. Quindi al Sommo la materia non è del tutto ignota: e come punto di partenza va già bene, anzi, illustri camilleriologi contattati affermano che il Sommo abbia tratto spunto per alcuni suoi titoli nientemeno che dal grande zoologo-scrittore Desmond Morris che oltre a "La scimmia nuda" e a "L’uomo e i suoi gesti" ha dato alle stampe anche "La tribù del calcio" (Mondatori-1982).

Dice Morris in prefazione "… il calcio è una delle più strane costanti di comportamento umano della società moderna… ogni centro di attività calcistica, ogni football club è organizzato come una piccola tribù, completa di territorio tribale, anziani, stregoni, eroi ..."

Successivamente abbiamo nitida la chiave di lettura che ha ispirato i titoli al Sommo. Basta leggere i titoli dei capitoli del libro di Morris sul calcio:

1° La partita di calcio come caccia rituale (La stagione della caccia)

2° La partita di calcio come rappresentazione teatrale (Il birraio di Preston)

3° La partita di calcio come battaglia stilizzata (La mossa del cavallo)

4° La partita di calcio come dimostrazione sociale (La concessione del telefono)

Si va bè, per un po’ ci avete anche convinto ma, Montalbano...?

Montalbano non è di quelli che disdegnano il calcio perché vuole sembrare snob. E’ che a lui proprio non gliene frega niente. E non solo a lui! Tutti i suoi collaboratori, da Mimì Augello a Catarella, ostentano la più sovrana indifferenza verso lo sport nazionale per eccellenza.

Nelle vicende montalbanesche troviamo ortopedici incapaci, spazzini inguaiati, svedesi col pallino della carburazione, fragili omosessuali epilettici tanticchia maneschi, nani fascisti che si chiamano Lohengrin Pera, violinisti bravissimi e deturpati... insomma non si può dire che non sia un bel campionario di umanità!

Mai uno che giochi al pallone! O che ascolti "Tutto il calcio minuto per minuto" o sia di cattivo umore perché la sua squadra ha perso.

In una puntata dello sceneggiato televisivo Galluzzo legge la Gazzetta dello Sport e questo è quanto. Ma chi ci dice invece che Galluzzo non debba taliare la Gazzetta per conto di tutto il gruppo?

Chi ci assicura che Catarella non sia alla domenica un ultrà dell’A.C. Vigata?

Chi ci assicura che Fazio, per le sue conoscenze all’Ufficio Anagrafe, non sia quello che ha fornito la documentazione per la naturalizzazione di Veron?

Ma dove vivono questi? Vien da pensare che il Sommo l’abbia fatto apposta. Come se una certa beceraggine, una certa volgarità sia insita nel calcio e Lui non voglia annoiare se stesso e i lettori introducendo il pallone anche nelle virginali copertine blu della Sellerio. Ma chi lo dice che è becero il calcio? I tifosi, si, quelli possono essere talvolta beceri quando non criminali. Ma il calcio no. Il calcio è una mitologia. Poche cose (anzi a nostro parere nessuna) possono risvegliare istinti così primordiali in così tante persone, oggi… e questo può anche essere poetico. Il vecchio Desmond ancora ci soccorre: "… la tribù del calcio si avvale dei consigli tribali (Dirigenti), dei giudici tribali(lega/federazione/arbitri), degli stregoni tribali (Direttori/tecnici/allenatori/giornalisti).

Si, va bene. Ma continua a non avere nulla a che fare con il CFC!

Eh,un attimo! Adesso ci arriviamo.

In uno stadio madrileno -tribuna d’onore- un vecchietto con la pipa schizza su ed esulta!

E mica fa finta il partigiano Sandro. Nell’esultanza: a) spintona Juan Carlos b) palpa il sedere a Sofia c) fa il "gesto dell’ombrello" ad Helmut Schmidt (cartellino giallo per eccesso di esultanza)!

Io c’ero… posso testimoniarlo.

Adesso alzi la mano chi non ha capito di chi stiamo parlando.

E secondo voi Montalbano stava lì a leggersi Montaigne, quella sera?

Suvvia, siamo seri! Salvo, allora dodicino, stava controllando le Panini "... con sgomento taliò che glie ne mancavano tre (Rossi-Tardelli-Altobelli) e cominciò a santiare..."

Montanelli sostiene che gli italiani sono privi di identità nazionale perché, fra le altre cose, non c’è più il Re (nonostante Berlusca si sia candidato a farlo): noi scambiamo volentieri settantacinque identità nazionali pur di non avere certi re sui cabasisi!

Ma se c’è una cosa che (a parte pochissime eccezioni) ci accomuna, quella è proprio il calcio.

Insomma questo è un dato di fatto.

C’era una volta Pasquale Bruno. Era un terzino destro del Toro (omaggio all’Hidalgo desaparecido). Il suo soprannome era tutto un programma: "O animale" (poi copiato da tale Edmundo mezzasega sudamericana dopata). Un criminale, se mai criminale abbia calpestato un campo di calcio. Ma di lì non si passava. Deliziosi trequartisti, possenti centravanti, mediani di spinta: ce n’era per tutti. Solo un tale Casiraghi, attaccante della Juve, riuscì a farla franca. Durante un famoso derby torinese lo provocò a tal punto da causare al povero Pasquale una crisi isterica con conseguente espulsione. Ma Pasquale Bruno rimase per mesi in cima alla Classifica delle Dieci Cose Per Cui Vale La Pena di Vivere (celebre sondaggio del settimanale "Cuore").

Di Casiraghi si sono perse le tracce. Pasquale Bruno, un italiano vero! Solo che non cantava con la chitarra in mano ma ranzava giù mica da ridere. Ranzava tanto che quando entrava deciso gli attaccanti li faceva "volare sull’erba" (da qui la famosa massima latina "verba volant"). Non a caso ora un certo calcio si chiama "calcio all’italiana".

Ma sicuramente nei campi della natia Puglia Pasquale Bruno ha oggi piantato degli olivi e quando ripensa a quel derby va a fumarsi la sua MS sotto l’olivo saraceno.

Hbheh, questa è un’ipotesi gratuita. Magari Bruno oggi spaccia "calia e simenza" nei pressi del Cibali! Ma noi non lo crediamo. Anzi, pare che un giornalista de "El Pais" l’abbia di recente incontrato a Jerez de la Frontera intento a dirigere una "ganaderia" e urlare ai tori "TacaToroTaca"!!!! (che non ha niente da spartire con ToraToraTora di cui a Hidetoshi Nakata).

A questo punto, se qualcuno sostiene ancora che il calcio non ha nulla da spartire con il Sommo, quindi con Montalbano… ha perfettamente ragione !!!

Ma ormai è troppo tardi, se ha letto fin qui…

Franco e Andrea



“Il commissario Montalbano si occuperà di calcio”

Alla vigilia del derby Palermo-Catania abbiamo sentito lo scrittore siciliano Andrea Camilleri che, fra un best seller e un altro, ci parla di Totti, Trapattoni e delle follie del calcio Palermo-Catania visto dal famoso romanziere è l’occasione per parlare di una terra che cerca il suo riscatto anche attraverso i successi sportivi. “La passione dei tifosi – dice l’autore de “La concessione del telefono” – è il risorgere dello stare insieme”. “La A potrebbe essere luogo di incontro per noi siciliani un po’ individualisti. Un atto aggregante” dice Camilleri. Il ricordo del padre dirigente dell’Empedoclina e di Vázquez Montalbán sostenitore del Barcellona che ispirò il nome del suo personaggio più noto. Gli arancini di Camilleri “In A tutta la Sicilia: Palermo, Catania, Messina. E Montalbano si occuperà di calcio

Il fumo della sigaretta lo annuncia come un araldo: è lui, Andrea Camilleri. Lo scrittore di Porto Empedocle, fenomeno letterario degli ultimi anni, ispiratore delle vicende del commissario Montalbano, racconta la sua Sicilia nel pallone dal suo studio nel quartiere Prati di Roma, «il mio esilio non definitivo, che altrimenti sarebbe fatale... ». Sono i giorni felici in cui tre squadre dell'isola, il Palermo, il Messina e il Catania, in ordine di classifica, lottano da protagoniste per la promozione in serie A. Ed è il segnale preciso di un Risorgimento Siciliano ben più profondo di quanto lo stadio non dica. È come, a ben vedere, una di quelle «nobilissime partite» che il «Sommo», come lo chiamano i fan, intrattiene a distanza con i lettori nei suoi romanzi tradotti in svariate lingue. Storie da vivere fino in fondo, scritte col suo linguaggio particolarissimo: dentro c'è tutto l'essere siciliano, il dialetto, l'ironia, il disincanto, gli odori, le differenze, il coraggio, la ribellione, il rifiuto della solitudine. C'è un pallone che rotola, in un certo senso. C'è la vita. E «presto», «molto presto», annuncia il romanziere ai suoi ammiratori, si celebrerà il debutto ufficiale di Montalbano nel pianeta calcio. Avrà nemici duri a morire, come la violenza negli stadi, i bilanci truccati, il doping e i decreti spalma-debiti, ma il commissario ce la farà. Ne siamo convinti. «Ha le gambe e la grinta di un mediano»: è una speranza, un atto di fede, la futura indagine di Camilleri, amante delle «geometrie e di quel certo senso di attesa tra i giocatori...».

- Professor Camilleri, il calcio siciliano sta risorgendo. Euforia, colore e calore: c'è l'attesa di migliaia di tifosi malati di ricordi. Goethe, nel suo viaggio in Sicilia, scrisse alla fine del 700: «Questo spettacolo di folla mi ha emozionato».

«È il risorgere dello stare insieme, un atto aggregante, positivo. Seppur con dialetti diversi, la A potrebbe essere un gran luogo di incontro per noi siciliani che siamo un po' individualisti. Brancati scrisse che tra l'abitazione del signor Scannapieco e quella del dirimpettaio Lo Bianco, c'è un pianerottolo: attraversarlo è come viaggiare da un continente all'altro. A Palermo, Messina e Catania va il mio augurio comune e generale».

- Essere siciliano: che vuol dire?

«In Sicilia c'è la ricchezza del mondo. Lo diceva Federico II: quest'isola è lo specchio della terra. Così felicemente bastarda: incontro di razze, vizi e virtù...».

- Un legame, il suo, fortissimo.

«Il dialetto siciliano è la mia ragione di scrittura. Ho scarsa autonomia lontano dall'isola».

- Camilleri e il calcio.

«Mo padre era dirigente dell'Empedoclina e la domenica dicevo con mamma: "Papà dov'è?", "Quando ritorna?", "Che fine ha fatto?", "Sarà all’ospedale?". Finiva sempre a cazzotti, ma erano risse sopportabili e terminava tutto lì».

- Una partita non l'ha mai vista?

«Mi è successo, invece. Qualche anno fa guardai in tv un incontro bellissimo. Rimasi affascinato dalle geometrie, da quel certo senso di attesa tra i giocatori... Mi appassionò a tal punto che decisi di smettere, altrimenti sarei diventato un tifoso incallito».

- Ci andrà un giorno, allo stadio, coi nipotini?

«Quando i tifosi di oggi si calmeranno un po'».

- Presto, però, vedremo il suo Commissario Montalbano inoltrarsi nelle vicende calcistiche.

«Succederà, succederà. Intanto, martedì usciranno per Mondadori tre racconti lunghi dal titolo "L'ultima indagine di Montalbano" [Si tratta ovviamente de “La prima indagine di Montalabano”, uscito invece giorno 1.4.2004, NdCFC] e in ottobre "La pazienza del ragno", un romanzo vero e proprio, per Sellerio. Non ci saranno in futuro più fatti di sangue e ammazzatine. Racconterò altro...».

- L’interprete del suo Commissario, Luca Zingaretti, si «aggrega» spesso alla Lodigiani, gioca per la Nazionale Attori e Cantanti, aveva una passione smisurata per le rovesciate del centravanti del Palermo Giacomo La Rosa e ha un cugino che vent'anni fa giocava nella Primavera rosanero.

«Perfetto. Si troverà a suo agio nel ruolo. E poi è tracagnotto al punto giusto e ha le gambe arcuate. Un bel mediano».

- Su internet i suoi fan le hanno dedicato un sito (www.vigata.org) come si fa per le squadre di calcio e la chiamano il «Sommo», rivolgendosi come si farebbe per un Maradona o un Pelè.

«Quando scendo in Sicilia i ragazzi dicono sempre: "Sommo, lo viene a prendere un caffè?". E io ci vado con piacere. Il mio rapporto con i lettori è come una partita di calcio».

- I suoi lettori più appassionati hanno cercato nel suoi scritti analogie. La partita come caccia rituale è «La stagione della caccia»; come rappresentazione teatrale è «Il birraio di Preston»; come battaglia stilizzata è «La mossa del cavallo» e come dimostrazione sociale è «La concessione del telefono».

«Le analogie ci sono, eccome, ogni indagine è una sfida da giocare fino in fondo, tra autore e lettore. Alcuni mi hanno chiesto che ne pensavo del fatto di essere in testa alla classifica delle vendite dei libri con Totti e il suo libro di barzellette. Ho risposto che non mi sentivo affatto toccato. Quando un calciatore racconta barzellette vuol dire che ha autoironia. E se lo fa per beneficenza, ancora meglio. Se c'è poi un personaggio del calcio che mi sta simpatico, quello è Trapattoni. Ha un linguaggio tutto suo».

- Il calcio è come uno spettacolo sul palcoscenico di un teatro. Lei è stato anche regista, autore e sceneggiatore.

«E per la tv ho scritto [In realtà ha diretto, NdCFC] un atto unico che s'intitola la "Solitudine di un portiere". Racconta della tragedia di un estremo difensore che, avendo reso cornuto il suo terzino destro, si ritrova inoperoso per tutte le successive partite, dal momento che il compagno comincia a spazzare via avversari uno dopo l'altro e non gli permetterà più di parare. Che terribile noia...».

- Quasi tutti i giocatori di Palermo, Messina e Catania non parlano il dialetto siciliano. I presidenti Zamparini (del Palermo) e Gaucci (del Catania) arrivano da lontano. E molti giocatori di serie A sono stranieri.

«L'integrazione è positiva. Non sono più i tempi in cui quell'imprenditore del Nord disse che la Sicilia era un Far West. Gente come Zonin viene a fare il vino da noi. Dall’incrocio di razze, si trae giovamento. Ben vengano, in Sicilia».

- Il suo amico che non c'è più Manuel Vàzquez Montalbàn aveva una squadra del cuore, il Barcellona, e sposava cause civili importanti. In occasione dell'Olimpiade del ‘92, scrisse pagine memorabili contro un certo «olimpismo ipocrita»...

«Aveva ragione. E io, che lo andai a trovare nel '91, mi resi conto che Barcellona stava cambiando e che in queste occasioni non mancano le speculazioni».

- Esiste un calcio di sinistra e uno di destra?

«Mi auguro di no».

- Il viceministro dell'Economia di Forza Italia, Gianfranco Miccichè, palermitano, la definì un anno fa «assassino del Polo».

«Opinioni di Miccichè, e tali restano. Io sono un avversario politico, e basta. Sono un uomo di sinistra: accetto che certa destra vada al potere, ma sono, questo sì, un anti-Berlusconi».

- Quando scrive, lei che fa, va in ritiro come le squadre di calcio?

«Tutt'altro, voglio avere con me un grandissimo bordello. Mia moglie dice che più che uno scrittore sembro un corrispondente di guerra. Voglio avere vicino i miei nipoti, che mi devono interrompere, tirare per la giacchetta. E poi voglio sentire sempre il canto degli uccellini...».

- Sua moglie come un allenatore?

«Dura, ma affettuosa».

- Ma allora ce lo dice chi vince il derby Palermo-Catania, chi festeggerà?

«Si gudissero la partita in paci e cun suddisfaziuni...».

Alessio D’Urso - La Gazzetta dello Sport, 3.4.2004

Speciale Palermo - Bentornati in serie A

Ora mi scopro di nuovo innamorato

Voglio mettere subito le carte in tavola: non sono un appassionato di calcio. Però, il fatto che il Palermo sia stato promosso in serie A non può che riempirmi di gioia. È vero che non sono un tifoso scatenato, ma non posso restare impassibile di fronte al grande salto della squadra di Guidolin. Il Palermo è il simbolo della Sicilia, la capitale. Mi sa che non mi perderò una partita del prossimo campionato. Quella che sta vivendo un po´ tutta l´isola è un´avventura straordinaria, a cominciare dal fatto che il presidente della squadra sia un imprenditore friulano. Se da quella "latata" c´è qualcuno che se la sente di investire da noi, vuol dire che si stanno finalmente sgretolando certi pregiudizi, che le propagande negative non attecchiscono più come un tempo. Questo evento della promozione ci dice che la Sicilia, anche per chi sta al nord, non è più vista come il far west, ma come una delle tante regioni italiane, dove si può investire con un certo profitto. Il calcio, mi viene da dire, può essere il miglior viatico per un gemellaggio significativo, come questo tra la Sicilia e il Friuli. C´è poi un altro motivo di gioia: la presenza di due palermitani in squadra. Ormai si è perso il senso di appartenenza di una squadra a una città. L´invasione di calciatori stranieri ha trasformato il tifo in un´astrazione. Se invece, come nel caso del Palermo, ci sono giocatori locali, vuol dire che c´è qualcosa in più, l´appartenenza appunto. Il mio pensiero non può che andare a chi è lontano dall´Isola, dal momento che le immagini dei gol del Palermo fanno il giro del mondo. Tutto ciò significa che si possono ancora dare dei segni positivi, in grado di annullare quelli negativi. È una bellissima occasione da sfruttare questa, per esportare un´altra immagine della Sicilia. A questo punto però devo precisare quanto ho detto all´inizio, confessando che da ragazzo, durante gli anni del collegio, ho pure giocato a pallone. Certo, come capita a chi non è proprio una cima, ero costretto dai miei compagni a mettermi in porta. Ma cercavo comunque di essere competitivo: volevo eccellere non soltanto a scuola, ma anche nelle prove fisiche. E allora, da improbabile portiere, facevo uscite a tal punto rischiose, direi azzardate, da beccarmi sempre pedate dolorosissime. Certo, nemmeno Leonardo Sciascia impazziva per lo sport, anche se da giovane seguiva le partite tra Racalmuto e Grotte. Un giorno, però, decise di non andare più allo stadio, dal momento che gli incontri degeneravano sempre in risse. E proprio a quest´ultimo aspetto è probabilmente legata la mia disaffezione nei confronti del calcio. Mio padre era un dirigente dell´Empedoclina, la squadra del mio paese. La domenica sera per mia madre e per me, figlio unico, era un incubo: non avevamo sue notizie, non sapevamo se era all´ospedale, se l´avevano arrestato. Infatti, le partite con le squadre dei paesi confinanti erano quasi sempre ad alto tasso di litigiosità. L´ansia che mi montava dentro ancora la ricordo. Però, tempo fa, mi è capitato un fatto strano: stavo davanti la tv, e facevo zapping. Tra un canale e l´altro, mi soffermai sulle immagini di una partita di calcio. Cominciai a seguirla distrattamente: il gioco era bellissimo, i calciatori era come se danzassero. Riuscivo a vedere la geometria del gioco. Mannaggia, ho pensato, cosa mi sono perso sino a ora. Mia moglie però, che stava accanto a me, si sentì tradita, come se mi avesse scoperto a letto con una bionda. Cambiai subito canale. E a proposito della geometria del gioco, Pasolini era solito paragonare le azioni dei calciatori latino-americani alla poesia, mentre quelle degli giocatori europei alla prosa. In ogni caso, il gol rappresentava, per l´autore di "Ragazzi di vita", un´invenzione, una sovversione del codice. Mi viene da pensare che i gol del Palermo, e la conseguente promozione, rappresentino proprio una sovversione del codice, calcistico, geografico, e anche una rinascita. Non bisogna mai sottovalutare questi fenomeni di massa. Dietro agli undici giocatori, c´è una volontà popolare che li sospinge, che li incita. Per concludere, se dovessi scegliere il titolo di un racconto sul ritorno del Palermo in serie A dopo 32 anni, mi verrebbe in soccorso Dumas, il quale una volta ha scritto: "32 anni dopo, ieri ci dicevamo?". Mi pare perfetto.

Andrea Camilleri (testo raccolto da Salvatore Ferlita) - Repubblica (ed. di Palermo), 31.5.2004




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