Tampasiannu e discurrennu con Andrea Camilleri - Intervista di
Salvatore Ferlita
Andrea Camilleri: l'altra faccia delle letteratura siciliana
- Saggio di Salvatore Ferlita
Il commissario Montalbano nella ficiton televisiva - Saggio di Paolo Nifosì
È un'isola dalla bellezza ammaliante e dalle mille contraddizioni, dalla luce accecante e dagli
inquietanti chiaroscuri la Sicilia che Andrea Camilleri racconta nei romanzi storici e nelle
avventure del commissario Salvo Montalbano. Pagine fortemente evocative, che sprigionano con
prepotenza il fascino di una terra alla quale l'autore si sente inscindibilmente legato, e
di cui immortala, nella sua inconfondibile e straordinaria lingua, quella sorta di teatralità
intrinseca che tanto la caratterizza. Di tutto ciò questo libro rende atto, inanellando un
racconto per immagini suggestivo ed efficace e accompagnando il lettore in un viaggio
appassionante nello splendore delle coste isolane, nella luce delle chiese barocche, nei
cupi verdi e marroni delle zone aride dell'interno.
Camilleri, viaggio nell'isola dei suoi gialli
«Il posto solito era la spiaggetta di Puntasecca, una corta lingua di
sabbia sotto una collina di marna bianca, quasi inaccessibile via terra,
o meglio accessibile solo per Montalbano e Gegè che fin dalle elementari
avevano scoperto un sentiero già difficoltoso a farselo a piedi». Eccola
la spiaggia di Capo Rossello a Porto Empedocle, raccontata ne "Il cane
di terracotta", la cui descrizione letteraria adesso cammina
parallelamente alle immagini di Giuseppe Leone nel libro "La Sicilia di
Andrea Camilleri - Tra Vigàta e Montelusa", curato da Salvatore Ferlita,
con un testo di Paolo Nifosì e pubblicato dalle edizioni Kalós (118
pagine, 20 euro).
Tra luoghi veri e angoli di Sicilia inventata due volte - prima dalla
penna di Camilleri e poi dalla trasposizione televisiva - il libro
delinea così una nuova geografia dell´Isola, dove la realtà cade nelle
maglie di una visione da fata Morgana. E il gioco del vero e del falso
continua per tutte le pagine: e così, «tampasiannu e discurrennu» con
Camilleri, si sfogliano le pagine dell´isola che non c´è, ma che esiste
realmente. Ed è lo stesso Camilleri a far da cicerone ai luoghi dei suoi
libri, conversando amabilmente con amici e fan al bar del paese,
firmando autografi dalle prime ore del mattino tra un sorso di birra e
l´immancabile sigaretta tra le labbra. E che in barba alle dissuasive
scritte da necrologio apparse sui pacchetti dice: «Ne fumo tre pacchetti
e me ne fotto». Da una foto a un frammento di romanzo, il viaggio nella
Sicilia di Camilleri è un modo per ripercorrere luoghi conosciuti senza
averli mai visti, e a questa defaillance tra ciò che si conosce
solamente dalle narrazioni televisive e letterarie corrono in aiuto le
immagini di Giuseppe Leone, che dà l´opportunità di conoscere le volute
barocche di Ragusa e Modica, spiagge bianche, paesaggi assolati e
rigogliosi e antiche dimore nobiliari.
E a proposito della lingua di Camilleri, il suo elemento di peculiare
riconoscibilità e fortuna, Ferlita la pone in parallelo con quella della
traduzione di Euripide in siciliano fatta da Luigi Pirandello nel 1918.
Somiglianze notevoli, per cui Ulisse e Catarella scoprono di avere molti
punti in comune.
Paolo Nicita- La Repubblica, 12.9.2003
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