Al Liceo classico di Ispica, in Sicilia, gli insegnanti di lettere hanno sostituito, come libro di testo, «Il birraio di Preston» di Andrea Camilleri al classico «I Promessi sposi» di Alessandro Manzoni. Lo scrittore Camilleri ha inviato al prestigioso collega licenziato questa lettera aperta.
All'Ill.mo maestro Alessandro Manzoni
Caro Alessandro, ieri mattina un flash d'agenzia... Scusami, mi rendo conto che queste mie prime parole ti risulteranno del tutto incomprensibili pur scrivendo io in italiano. «Com'è possibile?» - ti chiederai stupito. Il fatto è che l'italiano che tu hai così stupendamente adoperato, oggi non lo si usa più, quasi non si capisce più (e le cose, a parer mio, andranno a peggiorare). Provo dunque a tradurre. Flash, parola inglese che equivale a lampo oggi viene universalmente adoperata per significare sia una brevissima notizia di cronaca sia un aggeggio che permette di fotografare con poca luce sprigionando, appunto, un lampo; mentre agenzia non è un'impresa che tratta affari come intermediaria, ma una società che invia informazioni giornalistiche. In altri termini, ieri una breve nota ha diffuso alla stampa la notizia che nel liceo classico di Ispica (provincia di Ragusa, Sicilia), su proposta di un insegnante d'italiano, il professor Lauretta, la stragrande maggioranza dei docenti ha deciso di sostituire, quale libro di testo, al tuo «I promessi sposi» il mio «Birraio di Preston».
Immagino quello che stai pensando: che si tratta cioè di una rivalsa dei terroni contro i lumbard ai quali tu malauguratamente appartieni (la polemica ti sarà certamente nota). Purtroppo la questione non è politica, ma squisitamente didattica. Senti come si esprime il Preside dell'Istituto, Attilio Sigona: «Abbiamo ritenuto che l'approccio degli alunni con il romanzo manzoniano finisce con il determinare una ripulsa successiva verso la letteratura». Beh, se devo essere sincero, a me, dopo che al liceo m'ebbero fatto studiare alcuni capitoli del tuo romanzetto (il diminutivo è del tuo amico Giusti), passò del tutto la voglia di leggerti oltre (non passò, grazie a Dio, la voglia di incontrare altri autori). Ripresi in mano il tuo libro, come dire, da libero cittadino, a trent'anni compiuti, e rimasi esterrefatto. Questo scrittore vivo, coinvolgente, ironico, spietato a volte, non combaciava per niente con l'immagine scolastica del melenso moralista frequentatore di sacrestie che m'avevano fatto conoscere a scuola.
Proprio l'altro giorno, discorrendo col responsabile della più grande casa editrice italiana, convenimmo che mentre «I promessi sposi» è il nostro più grande romanzo del '900, «Il Gattopardo» di Tomasi di Lampedusa (che tu non hai avuto modo di leggere) è il più grande romanzo italiano dell'800. E che dire della tua «Storia della colonna infame» che a me (e a qualche altro delle parti mie, come esempio un tale Sciascia) ha insegnato a ragionare e a capire? Conscio delle polemiche che la decisione dei professori del liceo di Ispica solleverà, mentre da un lato mi dichiaro onorato e commosso battendomi il petto e proclamando «Domine, non sum dignus», dall'altro m'è parso doveroso, in questo momento, rinnovarti i sensi della mia più profonda e convinta devozione. Credimi, posso serenamente dichiarare non «adsum qui feci». E per concludere, ti invito a una riflessione: avresti capito le prime parole di questa mia se non te le avessi tradotte? E allora, stando così le cose, non sarebbe stato più giusto se avessero deciso di adottare due testi, il tuo e quello di uno scrittore contemporaneo (io o un altro andrebbe bene lo stesso)?
Tuo aff.mo
Andrea Camilleri
Andrea Camilleri La Stampa 08.10.2000
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