Il titolo della nuova raccolta di racconti (ben venti) potrebbe essere Le tentazioni di Montalbano. Ma sono tentazioni subito represse. E' solo un sogno provocato da un' indigestione di sarde quello di entrare in una saga alla Star Trek ed essere promosso "capo della polizia interplanetaria". Ed e' subito respinta la prospettiva di un viaggio a New York: "Io a Nuovaiorca? Manco se mi sparano". Ed e' sempre Montalbano che si rifiuta a meta' di una storia telefonando personalmente al suo creatore, Camilleri: "Non mi piace questo racconto. Non voglio entrarci, non e' cosa mia." Montalbano resta ancorato alla sua Vigata, immaginario paese di una Sicilia polverosa e barocca, popolata da sgualdrine timorate e notabili untuosi.
Racconti:
La prova generale
La pòvira Maria Castellino
Il gatto e il cardellino
Sostiene Pessoa
Un caso di omonimia
Catarella risolve un caso
Il gioco delle tre carte
Pezzetti di spago assolutamente inutilizzabili
Referendum popolare
Montalbano si rifiuta
Amore e fratellanza
Sequestro di persona
Stiamo parlando di miliardi
Come fece Alice
La revisione
Una brava fìmmina di casa
“Salvo amato...” “Livia mia…”
La traduzione manzoniana
Una mosca acchiappata a volo
Gli arancini di Montalbano
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Venti racconti pubblicati per la prima volta nel 1999, venti storie di felice invenzione dove il lettore rimarrà deliziato da un Montalbano «delle origini». Una sorta di «vita quotidiana» nel commissariato di Vigàta.
Venti racconti si dispiegano l’un dietro l’altro: in un crescendo di estri imprevedibili, e di complicazioni drammatiche, secondo un disegno di inesausto diletto che in ogni singola trama si disvela con la levità e la sottigliezza di un giocar di scene «stramme» dentro l’unità di luogo dell’arena vigatese, non senza tuttavia una qualche malinconica trasferta del primo attore. Tutto è elusivo a Vigàta, e stravagante. Vi predomina una logica che sembra sgangherata. Una coppia di vecchi attori prova la scena estrema della propria morte, a turno sul letto e sulla sedia della veglia. Una congiura di scippatori tenderebbe «alla desertificazione delle chiese», sparando a salve, di buon mattino, su vecchiette insonni o su bigotte che corrono alla prima messa. Del complotto comunista è convinto l’ottuso cronista di «Televigàta». E Montalbano, per spiegare al questore Bonetti-Alderighi la non «valenza tragica» degli attentati, fa ricorso alla semiologia di Roland Barthes fatto passare per «criminologo francese». L’ignoranza fantastica del questore è riluttante. Non si lascia persuadere da quel «Marthes», come lui lo chiama. L’innocenza fragorosamente rustica e la logica scompaginata di Catarella danno prove strabilianti. Il centralinista vuole essere coinvolto nelle indagini. A Vigàta è stata uccisa una prostituta vecchia. Catarella ha visto un telefilm su un tale che, per vendicarsi della madre malafemmina, è diventato un serial killer di prostitute. E si convince d’avere risolto il caso. Entra nell’ufficio di Montalbano. Chiude a chiave la porta dietro di sé. Ha un’«ariata» di segreto cospiratore. Spara: l’omicida è «un clienti della bottana che è figliu di bottana». Eppure un caso lo risolve davvero. È lui a scoprire il «porco maiale» che si è approfittato di una povera giovane mentalmente instabile. Montalbano è un esperto di quei geroglifici che sono i particolari minuti, da tutti trascurati, una mosca, per esempio, presa in pugno da un imputato durante il processo. Lui è il solo che sa decifrarli. Gli piacciono «assà» i Racconti di Pietroburgo di Gogol’, con la loro immaginativa. E visionariamente gogoliana è la telefonata che Montalbano fa al suo autore, per proibirgli di destinargli storie truculente. Il commissario arriva a farsi scrittore di frodo. Entra in due racconti di Camilleri e, dentro le tracce avviate, si scrive da solo, in forma di lettere, le relazioni di due sue indagini: fra l’altro condotte a distanza, basandosi solo sulla scienza della deduzione e dell’analisi. Montalbano merita alla fine, dopo una serie di virtuosi trucchi, di festeggiare il capodanno alla mensa pingue della cameriera Adelina: abbandonandosi alla ghiottoneria languorosa e sensuale di un eccelso mangiatore di arancini. La raccolta Gli arancini di Montalbano è stata pubblicata la prima volta dalla Mondadori, nel 1999.
Salvatore Silvano Nigro
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Il racconto in versione e-book.
«Livia mia, ho seguito attentamente in televisione e sulla stampa tutte le notizie sul caso. Non me lo domandi espressamente, ma ho capito il tuo desiderio: vorresti che m’occupassi del delitto». Non si tira indietro il commissario Montalbano, soprattutto se a chiederglielo è la sua amata Livia, bloccata a Boccadasse dall’atroce omicidio di una cara amica trovata uccisa da oltre quaranta coltellate nel bagno di una scuola serale, in quei giorni chiusa per le ferie estive. Una ragazza leale e generosa che nelle ore libere si dedicava al volontariato, priva di vizi, tranquilla e riservata, viveva con i genitori e con loro avrebbe dovuto trascorrere le vacanze come d’abitudine. Impossibile immaginare chi potesse volerla morta e in un modo tanto brutale.
Anche il commissario non può allontanarsi da Vigàta per via di un’inchiesta molto delicata, ma non si ferma e inizia con la sua fidanzata una corrispondenza affettuosa dentro cui sviluppa un’indagine a distanza fatta non da sopralluoghi e interrogatori ma da ragionamenti e deduzioni che supportano il lavoro del collega commissario di Boccadasse Giorgio Ligorio.
Lettera dopo lettera Montalbano mette insieme i pezzi e dispiega il suo infallibile metodo basato su fiuto e intuito, finché la verità si delinea in tutto il suo squallore: «Livia mia, credo di avere adesso un quadro chiaro di ciò che è accaduto».
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