Presentazione del romanzo Ad occhi chiusi Crema, Cafe Gallery, 24 novembre 2003 Domanda
(Maddalena)
Buona sera a tutti e grazie di essere qui. Rubo solo un minuto a Gianrico
perché innanzitutto voglio ringraziare ufficialmente il Camilleri Fans Club,
del quale faccio parte e soprattutto il suo Presidente Filippo Lupo, che mi ha
dato la possibilità, lo spazio virtuale e l’aiuto tecnico per realizzare la
pagina web dedicata a Gianrico Carofiglio, ospitata dal sito, appunto, del
CFC, che è vigata.org. Pagina, e sito, che vi invito caldamente a visitare! Risposta
(Carofiglio)
Grazie a tutti di essere qui. Innanzitutto devo dire una cosa: abbiamo avuto
una giornata terribile, di viaggi sotto la pioggia. L’ultimo, per arrivare
da Milano a Crema… ci abbiamo messo quasi due ore e mezza ed è stata
un’esperienza surreale. Quindi, dopo questa faticosa giornata, è un vero
piacere trovarmi in questo posto così bello [Il Caffè Gallery, NdR] e, in una giornata di grande
stanchezza come questa, fa molto piacere anche vedere così tanta gente…
Sono veramente contento. D) Tu sei un magistrato - tra l’altro titolare di molte indagini delicatissime - e presumibilmente con poco tempo libero... Quindi ti chiedo come mai un giorno hai deciso di metterti al computer e di scrivere un romanzo e soprattutto come concili le due professioni. R)
E’ come andare su due tavole da surf contemporaneamente, quindi una cosa
molto difficile… Il tempo è un’entità abbastanza flessibile. Io sono
sempre stato un sostenitore degli interstizi, cioè degli spazi vuoti che non
si utilizzano e che vengono sprecati. Quindi io mi metto a scrivere se ho una
mezz’ora libera tra una cosa e l’altra, oppure la notte; per completare
“Ad occhi chiusi” quest’estate non ho fatto neanche un giorno di
ferie… D) In “Ad occhi chiusi” affronti il problema dello “stalking”,cioè della persecuzione. Come mai hai deciso di affrontare questo argomento? Hai seguito tu stesso dei processi per questo tipo di reato? R) Persecuzione è un termine non tecnico, perché non esiste nel nostro ordinamento giuridico un reato che si chiami persecuzione, o molestie assillanti aggravate come accade invece in altri paesi. Si è portati a credere che la persecuzione (cioè le molestie assillanti) sia un reato minore, in fondo che sarà mai, qualche telefonata, qualche appostamento. In realtà si tratta di un reato di straordinaria gravità, le persone che ne sono state vittime hanno visto la loro vita letteralmente devastata. Sono azioni pericolosissime che il nostro sistema giuridico attualmente non è in grado di contrastare, perché le norme non sono adeguate a questo fenomeno. Allora mi piaceva l’idea di raccontare una vicenda drammatica in cui il fulcro fosse la persecuzione e la correlata difficoltà di tutelare in un processo la vittima. Attorno a questa idea è nata la storia. D)
Sempre su “Ad occhi chiusi”. E’ un romanzo duro e molto violento, anche
se lancia un messaggio positivo, sulla dignità e sul coraggio di affrontare
la vita. R) Non è che abbia scelto di scrivere un qualcosa che poi è risultato più duro, con meno momenti di umorismo liberatorio. Penso che se si scrive con onestà vengono fuori le storie che aspettano di essere raccontate. Non siamo noi a scegliere loro. Una storia così andava raccontata in quel modo. Nel primo ci sono stacchi umoristici più frequenti e quindi il peso della vicenda è un po’ meno… ma anche qui si ride, quantomeno c’è un capitolo che io ho scritto sperando che chi l’avrebbe letto potesse ridere. D) Era già chiaro in “Testimone inconsapevole”, ma in “Ad occhi chiusi” è ancora più evidente. Come mai le donne protagoniste dei tuoi libri hanno sempre caratteri ed atteggiamenti molto maschili? R) Ciò che è interessante, in una persona, non è il fatto che sia tutta in un modo o in un altro. Ciò che è interessante sono le contraddizioni, cioè il fatto che coesistano in una stessa persona una parte maschile e una femminile, una inclinazione al coraggio e una alla vigliaccheria, un’amarezza di fondo e la capacità di vedere le cose in modo umoristico. Io rovescerei un attimo questa cosa: è vero, le donne - come personaggi positivi - che ho raccontato io hanno forti componenti maschili… Il protagonista, Guido, ha forti componenti femminili: sensibilità, delicatezza, debolezza tra virgolette, che sono normalmente più frequenti nel genere femminile, secondo uno stereotipo. In realtà le persone, in generale, sono un misto. A me piace molto raccontare l’ambiguità delle persone. D) Il giallo italiano sta vivendo una stagione di grande rinascita dopo anni di oblio. Cosa pensi di questo fenomeno e chi apprezzi maggiormente tra i giallisti italiani contemporanei? R)
E’ difficile esprimere un giudizio su un fenomeno. D)
Sempre parlando di giallisti contemporanei… quasi tutti hanno un rapporto
molto stretto col loro territorio… Camilleri ambienta sempre le storie in
Sicilia, Macchiavelli a Bologna, così come spesso fa anche Lucarelli. Tu sei
nato e cresciuto a Bari, e lavori ancora adesso in questa città. Quindi mi
viene da chiederti come è il tuo rapporto con essa e se la città influenza
il tuo modo di scrivere. R) Il mio rapporto con la città, col territorio, è contraddittorio. Come è giusto che sia, nel senso che un rapporto lineare con il luogo in cui si abita credo non sia produttivo di cose interessanti. Dico contraddittorio perché ci sono cose che mi piacciono e cose che mi danno molto fastidio di come Bari è adesso, di come è la gente, di come è la qualità della vita. Ci sono cose che mi colpiscono, che mi affascinano, cose alle quali sono molto attaccato. Credo che questo si veda, e credo che il rapporto contraddittorio con i luoghi di ambientazione delle storie sia un fattore di ricchezza nella storia e nei personaggi. Certamente altre storie saranno ambientate a Bari, ma non solo. Non escludo, anzi, certifico, che ci saranno storie ambientate altrove. Perché se mi piace raccontare storie ambientate a Bari, che peraltro è stata una terra, una città, in cui poca narrativa a tutt’oggi è stata ambientata, mi piace anche andare altrove, in senso narrativo. Raccontare storie ambientate in altri mondi, non solo mondi fantastici, ma mondi individuabili. D)
Tu sei edito da Sellerio, una casa editrice con una storia molto particolare,
nata dal niente e che da sempre fa scelte editoriali coraggiose. E che deve
molto a Leonardo Sciascia. Pensi che abbia un senso, al giorno d’oggi, fare
letteratura di impegno sociale nel senso sciasciano del termine? R) Io credo che qua bisogna essere molto chiari, intendersi su cosa voglia dire letteratura di impegno sociale. Penso che uno scrittore che scrive al suo computer e dichiara a sé stesso di voler scrivere un’opera impegnata, che significa in altri termini di voler scrivere un’opera narrativa nella quale è enunciato un messaggio dal contenuto politico, ideale o ideologico, si accinge a fare - e poi in concreto fa - cattiva letteratura e pessima saggistica o pessima letteratura e cattiva saggistica a seconda dei casi. Altro discorso è se chi scrive una storia, chi racconta una storia scrivendola, è imbevuto di tensione ideale, ha delle convinzioni in cui fortemente crede, ha rabbia per l’ingiustizia magari, ha il desiderio che le cose cambino; e tutto questo viene riversato non già come risultato di un’operazione intellettuale nel senso di “Adesso vi dico” per esempio per parlare di quello che scrivo io ”come dovrebbe essere la giustizia e che vuol dire giustizia e ingiustizia”, ma nel senso di ributtare nella storia, bruciandola e trasformandola, l’indignazione per le cose che non funzionano… Allora, questo è l’impegno sociale. Si misura dopo che la storia è stata scritta, non prima, e non come risultato di un’intenzione dichiarata dell’autore a sé stesso, ma come risultato della complessità umana di chi scrive, che appunto butta dentro la storia le sue letture, le sue convinzioni, le sue idiosincrasie, le sue meschinità, tutto. E assieme a tutto questo, naturalmente, anche il suo impegno sociale. D)
Da “Testimone inconsapevole” verrà tratto un film, che sarà prodotto
dalla Palomar, stessa casa di produzione del”Commissario Montalbano”... di
questo film tu stai scrivendo la sceneggiatura, assieme a Domenico Starnone e
Francesco Piccolo. R)
Beh, per me è nuovo tutto, perché tenete conto che un anno e mezzo fa,
esattamente, io non sapevo nemmeno se mi avrebbero pubblicato o no il primo
romanzo. Diciamo che la sceneggiatura come esperienza è nuovissima, proprio
di questi giorni. Io ho avuto qualche giorno fa la prima bozza della
sceneggiatura impostata dagli altri due sceneggiatori, che poi sono i veri
sceneggiatori, io sono l’apprendista stregone, in questo gioco. E’ stata
un’esperienza strana e surreale, perché ho visto la storia che avevo
scritto, anzi le storie che avevo scritto io, smontate e rimontate con pezzi
tolti da un punto e messi in un altro e viceversa. D) Adesso che frequenti gli ambienti letterari da protagonista, avrai avuto modo di conoscere molti scrittori. Che impressioni hai ricavato dalla frequentazione di questi personaggi? R)
Ci sono scrittori qui? D) Ci sono numerosi punti di contatto tra la scrittura di John Grisham e la tua. E’ un autore che tu hai letto, che apprezzi, nel quale in qualche modo ti riconosci? R) Non mi ci riconosco. Apprezzo di Grisham la capacità straordinaria e professionale di costruire storie che funzionano. Storie in cui non ci sono punti deboli. Sono dei congegni narrativi spesso perfetti, e questa è una cosa non da poco. Ciò che di Grisham non mi piace e non mi consente di identificarmici - ma prendo comunque il paragone come un complimento - è la sua ridotta capacità di costruire personaggi convincenti. Grisham (ha detto Stephen King, che è uno che di queste cose se ne intende) ha personaggi a due dimensioni; ed è vero. Sono personaggi sostanzialmente funzionali a far muovere il congegno narrativo. L’impressione che normalmente si ricava leggendo Grisham è che non sia particolarmente interessato ai suoi personaggi, e quindi al dar loro uno spessore, un’esistenza, trasformandoli in persone, ma che sia piuttosto interessato ai suoi personaggi come chiavi strutturali, ma solo chiavi nel meccanismo narrativo, che è ciò che più interessa. Certo, se guardiamo all’entità delle vendite, è probabile che abbia ragione lui… D)
Andrea Camilleri, alla Giornata della Giustizia indetta dall’Associazione
Nazionale Magistrati, ha dichiarato, riprendendo una frase di Sciascia, che
“Siamo sull'orlo di un regime perché si stanno smantellando giustizia e
informazione”. R)
Sì e no. Non credo che siamo sull’orlo di un regime. Credo che siamo in una
situazione preoccupante, perché giustizia ed informazione, che sono due
pilastri della democrazia avanzata, subiscono colpi violentissimi per una
serie di ragioni che sono sotto gli occhi di tutti. Qui non si tratta, credo,
di essere di destra o di sinistra, credo si tratti di condividere alcuni
principi fondamentali della convivenza civile. Uno di questi principi è che
l’informazione è uno strumento di controllo sul funzionamento del potere,
dei poteri. Se vi è intrinsecazione tra i poteri e l’informazione nella sua
totalità o nella sua maggioranza, lo strumento di controllo cessa di essere
tale e diventa perpetuazione del potere costituito. Questa è una cosa che
nessuno, che parli di basi della democrazia, può escludere. Purtroppo nel
nostro paese si assiste a un’erosione dell’attitudine al controllo
dell’informazione rispetto all’esercizio del potere, e questo non va bene. D)
Leggendo entrambi i libri, ma soprattutto questo avviene con “Ad occhi
chiusi”, si ricava a tratti una sensazione di sfiducia nel sistema
giudiziario. Sembra quasi che l’esito di un processo dipenda dal caso, da
chi viene nominato, dall’umore del giudice etc etc… R) Sì e no. Questo è uno degli aspetti che certamente esiste, in ogni sistema giudiziario, non solo nel nostro, una fortissima componente legata alla natura del sistema giudiziario, che è fatto da uomini in un sistema di regole complesse, complicate, delicate che facilmente si inceppa, anche nel migliore, nel più efficiente degli ordinamenti possibile, figuriamoci nel nostro, dove le cose non vanno troppo bene. Non credo che vi sia sfiducia, nelle storie che racconto. Vi è una percezione di modi e tempi del sistema, ma i protagonisti positivi lottano all’interno del sistema e faticosamente conseguono dei risultati superando una serie di problemi che naturalmente esistono, nella narrazione come nella realtà. Io non credo che in generale, e in particolare rispetto al sistema giudiziario, ciò che scrivo includa un messaggio di sfiducia o di pessimismo. Credo piuttosto che includa un messaggio di ottimismo critico, di coraggio complicato, si torna al discorso sulle contraddizioni… D) Chi sono i tuoi maestri in campo letterario? E a chi ti piacerebbe essere paragonato come scrittore? O quale scrittore ti piacerebbe fosse paragonato a te? R)
Siamo tra amici… e allora vi dico una cosa che mi hanno detto, mi è
piaciuta enormemente ma vi prego di non prenderlo come il delirio di uno che
ha trascorso una giornata un po’ così e che sta pericolosamente virando
verso quella “C” maiuscola del creatore… Una persona che ha letto il mio
nuovo romanzo mi ha detto che gli ricorda “La linea d’ombra” di Conrad,
questa cosa mi ha tramortito. Non ho idea del perché gli ricordi Conrad, lo
sto rileggendo. Non so se sia giusto, né cosa volesse dire, ve la racconto
così. A chi mi piacerebbe essere assimilato… DOMANDE DEL PUBBLICO D)
Chi ha ucciso il bambino in “Testimone inconsapevole”? R)
La prima domanda è più che legittima: è la domanda che avrei fatto io
all’autore, se non l’avessi scritto io. D) Pensi di scrivere prima o poi un libro sulla criminalità organizzata pugliese? R) Credo di no. Mi è stato chiesto ultimamente di scrivere o di partecipare alla scrittura di almeno un paio di libri-cronaca su vicende delle quali mi sono occupato. Non mi piace l’idea. Come dicevo prima, per me l’aspetto gratificante dello scrivere sta nell’inventare. Non mi diverte, perché non appartiene al mio gusto, l’idea di raccontare storie vissute, di prenderle dalla realtà, scrivendo appunto un libro verità. Tra l’altro noi che facciamo questo lavoro - giudice o pubblico ministero - le storie verità dobbiamo raccontarle tutti i giorni. Quindi la cosa mi annoierebbe. D) Ha mai pensato di scrivere un giallo storico? R)
No, non ho mai pensato di scrivere un giallo storico. Credo di sapere anche il
perché. Io credo che quando si racconta una storia, il contesto della storia,
la sua collocazione in ambito temporale, geografico, ambientale, debba essere
impeccabile. Cioè, credo che non si debbano introdurre elementi - su cose
sostanziali dell’ambientazione - di fantasia dell’autore, che stridano
rispetto a come è il vero contesto. Spiego con un esempio: si leggono libri
di veri o presunti giallisti, che raccontano storie di avvocati o magistrati o
poliziotti dicendo delle stupidaggini colossali su come funziona il lavoro
giudiziario. Allora se uno scrittore scrive una sciocchezza che distrugge
l’ambientazione, commette un vero e proprio delitto nei confronti dei
lettori. Fosse anche solo uno il lettore capace di scoprire l’errore di
ambientazione. Quando io leggo dei gialli e scopro un errore prendo il libro e
lo chiudo. Ma non perché io voglia fare il professore, ma perché raccontare
una storia è un’operazione delicatissima. Si entra in un mondo parallelo,
che deve avere una sua coerenza. Il bello è vivere quelle ore in cui sei col
libro davanti e leggi una storia, il bello è essere altrove. Se io che faccio
il magistrato leggo una storia scritta da un ingegnere - faccio per dire - il
quale ad un certo punto dice delle stupidaggini su come funziona
un’indagine, questa magia, questo incantesimo all’improvviso si spezza.
Perché io vedo che ha scritto una stupidaggine e capisco che è finto. Lo so
benissimo da prima, ovvio, che è
finto, ma la cosa straordinaria è proprio la magia dell’entrarci anche se
sai che è fantasia. Ma se lui ti dice una stupidaggine su come funzionano le
cose spezza l’incanto e mi fa passare la voglia di leggere. Tutto questo
tortuoso discorso serve per spiegare che per quello che mi riguarda io non
avrei i mezzi tecnici - nel senso delle conoscenze approfondite nel dettaglio,
non so se altri le hanno… Umberto Eco sicuramente sì, ma altri epigoni
probabilmente meno - per raccontare un giallo storico, la realtà,
l’ambientazione, in maniera impeccabile, convincente anche magari per lo
studioso di storia cui queste cose piacciono. D) Il suo personaggio avrà lunga vita? R) No, no! Ecco, io credo che Camilleri abbia perfettamente ragione quando dice che il suo personaggio è un serial killer, nel senso che uccide le altre storie… Io non ho intenzione di fare la stessa cosa. Quindi il prossimo romanzo, che è già in buona, in massima parte scritto, è tutt’altra cosa. Poi vediamo. D) Uno dei più bei libri della storia è “Memorie di Adriano”, è eccezionale. Descrive dei fatti che sono storici. La Yourcenar ha creato un’opera d’arte. R) Marguerite Yourcenar aveva gli strumenti per farlo, io non sto dicendo che è impossibile, che non si può fare, dico che io non sarei capace. E vedo che molti che lo fanno non ne sono capaci. Questo non significa che non si può fare. D)
Tu sei un magistrato dell’Antimafia e svolgi la tua attività a Bari, la
città dove vivi, sei cresciuto, hai la famiglia, un contesto sociale. Che
tipo di difficoltà incontri a rapportarti nel tuo lavoro con questa realtà? R) Non ho particolari difficoltà. Bari è una città abbastanza grande da non presentare i problemi che invece incontrano persone che fanno il mio stesso lavoro in centri piccoli, nei quali sono nati. Certo, chi fa il pubblico ministero a Palmi essendo nato a Palmi, che ha 20.000 abitanti… Bari è una realtà grande. Come città ne ha quasi quattrocentomila, il territorio di riferimento è una delle province più grandi e popolate d’Italia. Occupandomi di Antimafia, la competenza è sulla provincia di Bari e su quella di Foggia, il che significa credo 2 milioni e mezzo di persone. Francamente non ho particolari problemi in rapporto a questa città, in relazione al fatto che ci sono nato. Certo a volte capita che ti trovi di fronte come avversario un amico con cui sei cresciuto, ma questo normalmente tra persone civili non è un problema, e non lo è mai stato. D) Ci sono in “Ad occhi chiusi” un paio di pagine dove lei descrive l’odore della paura. E’ un’esperienza personale? R) Sì, questa è una cosa che non può non venire dall’esperienza personale. Personalmente sono molto sensibile agli odori, fin da quando ero piccolo. Anche se la cosa strana è che la sensibilità agli odori, cioè la capacità di conoscere il mondo attraverso l’olfatto, è una cosa che non viene dichiarata dalle persone, viene quasi considerata una cosa un po’ vergognosa. Stamattina proprio, alle 8 appena ho acceso il cellulare, è squillato… un’amica mi ha detto “Ho letto stanotte il tuo libro e sono rimasta sconvolta da questa cosa degli odori perché è una cosa che succede anche a me e non ho mai detto perché mi vergognavo. Non credevo succedesse a qualcun altro”. Sento gli odori. E la questione della paura è una cosa vera. L’ho verificata nel 92, lo ricordo benissimo. Era una cosa abbastanza simile a quella raccontata nel libro. C’era stato un omicidio, era stato ucciso il proprietario di un bar per motivi banalissimi da un piccolo balordo che aveva avuto un diverbio con lui, insomma questo balordo, che era un parcheggiatore abusivo, era andato al bar con la pistola e gli aveva sparato in faccia. Questa era la ricostruzione, noi all’inizio non sapevamo tutto questo. In base alle indagini prendemmo questo posteggiatore abusivo e lo portammo verso l’una e mezzo di notte in questura e l’interrogatorio iniziò verso le due. E fu un interrogatorio duro, intendo verbalmente. Ad un certo punto sentii che si diffondeva nella stanza questo strano odore , un odore come di animale. Questo accadde più o meno in concomitanza del momento in cui si rese conto di essere incastrato. Non riuscivo a capire ma era intensissimo, pungente . Poi negli anni l’ho sentito altre volte ed ogni volta accadeva questa cosa quando una persona, proprio come un animale, si sentiva braccata o sul punto di essere presa. Ed è una cosa di cui non ho, credo, mai parlato con nessuno. Mi è venuto del tutto spontaneo scriverla. E’ una cosa molto inquietante ed io in generale credo sia molto interessante conoscere il mondo che ci circonda utilizzando tutte le possibilità che abbiamo. a cura di Maddalena
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